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Tempo di lettura 2 minutiROMA – Con un colpo finemente magistrale degno dei migliori pokeristi, Atac si è garantita il servizio di Capodanno, salvando le capre del Campidoglio e i cavoli del personale. E poco è importato, ai piani alti di via Prenestina, se, nel rilanciare al controbuio, i sindacati Confederali siano rimasti spiazzati e con il cerino – ovvero l’accordo – in mano. Lo spettacolo deve proseguire, the show must go on (anche a costo di dissanguare le casse aziendali?) e consentire al personale di rimanere in sella dalle 17 alle 4.00.
A calare gli assi, e lenire l’entusiasmo della triplice, ci ha pensato il Direttore del Personale Cristiano Ceresatto con il Comunicato ai Lavoratori n. 9 emanato questa mattina, contenente le “precisazioni intensificazione del servizio nella giornata del 31/12/2018”.
Il primo capoverso stabilisce che “il personale che effettuerà la chiusura del servizio alle ore 3.30 del 1 gennaio 2019” può richiedere la monetizzazione del giorno di recupero”. Il secondo, invece, quello più succulento, vede corrispondere al “solo personale di condotta e di scorta”, cioè macchinisti e capotreno, “l’indennità di corsa omnicomprensiva pari a 25 euro lorda per ognuna delle corse effettuate e non previste nel turno ordinario”, che ricadono “nella fascia oraria dalle ore 19.01 del 31 dicembre 2018”. E questo oltre al trattamento economico già riconosciuto dal famigerato accordo del 20 dicembre. Che, nella superficie come nel metroferro, è sempre omnicomprensivo (tale voce sta a significare che sono incluse le retribuzioni previste nel Contratto Nazionale in caso di prestazione ordinaria o festiva).
Una mossa che riconosce,
implicitamente, le lacune contenute nel documento sottoscritto dai Confederali,
sventolato da questi come fosse una vittoria epica, e premia, al contempo, chi lo
aveva fermamente avversato, fin dalla prima ora. Da un lato i macchinisti della
Metro B, dall’altra quelli della
ferrovia Roma-Viterbo, che non ne
volevano proprio sapere di tirare la manetta per vedersi appioppare un
corrispettivo oggettivamente infelice, rispetto alla gravame di lavoro prospettato
e ai rischi connessi. Che non sono pochi.
Ma c’è il rovescio della medaglia, come in ogni cosa
Anzitutto c’è da dire che aver alzato la posta in gioco non garantisce, sia chiaro, la copertura dei turni, specie quelli serali dove si registra l’emorragia maggiore. E laddove il meccanismo riuscisse, la decisione unilaterale dell’Azienda, a conti fatti, crea una grave discriminazione tra macchinisti e gli autisti, i quali, come i primi, saranno sulla breccia a girare la ciambella, tra la confusione generale, ma non usufruiranno dell’extra-bonus. Dovevano alzare la voce anche loro? Sicuramente. Portare un bus o un treno nella Capitale, durante i festeggiamenti del Capodanno, è un’impresa da titani che meriterebbe l’encomio da parte sia dell’Azienda che dell’Amministrazione. Altro che indennità. Iniquità di trattamento che è sempre figlia di quell’accordo sindacale (a perdere), che, in termini economici, ha messo sullo stesso piano tutti i lavoratori, indistintamente, senza fare alcuna distinzione tra chi se ne starà seduto sulla sedia e chi, al contrario, in mezzo alla strada o sui binari. C’è poco da rimanere stupiti, del resto divide et impera.
David Nicodemi
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