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di Christian Montagna
Firenze – "Francesco Schettino abbandonò la Costa Concordia e lasciò i passeggeri in balia di se' stessi". Ad affermarlo sono stati i giudici nella sentenza di condanna a 16 anni per il naufragio della Costa Concordia dell'ex comandante. "Schettino nel momento in cui saltava sulla scialuppa per abbandonare la nave, si legge ancora, era consapevole della pendenza sul lato sinistro della Concordia o comunque che si allontanava in modo definitivo dalla Concordia accettando in tal modo il rischio di lasciare le persone in balia di se stesse". Dichiarazioni accusatorie e ferree quelle dei giudici che ritengono Schettino responsabile della morte delle 32 persone a bordo della Costa Concordia lo scorso 13 Gennaio 2012. Secondo i giudici, l'ex comandante ha indugiato al punto che "quando è stata data l'emergenza generale, la situazione a bordo era scivolata verso un'estrema confusione e assenza di univoche indicazioni, con conseguente caos diffusosi tra equipaggio e passeggeri". E quando scese dalla nave, aveva "la precisa intenzione di non risalirvi”.
La condanna. Sedici anni è la pena assegnata dai giudici per il naufragio davanti alle coste dell’Isola del Giglio del 13 Gennaio 2012. In quella drammatica notte, morirono 32 persone e 157 rimasero gravemente ferite. Enorme il danno ambientale causato alle acque dell’isola. In cinquecento pagine, la sentenza di primo grado ha spiegato tutte le motivazioni secondo cui Schettino sarebbe colpevole. I fogli ripercorrono tutte le fasi e le manovre di quella notte, si sottolinea come il cambio di rotta venne deciso autonomamente da Francesco Schettino per fare un “favore” al maitre Tievoli e ai suoi parenti che abitano proprio all'isola del Giglio. Non ci furono, secondo i giudici, degli interessi commerciali relativi alla rotta, tanto che nessuno fra i passeggeri era al corrente del cambiamento.
L’inchino al Giglio fu “scelta criminale”. Un gesto criminale fu quello di portare una nave di quelle dimensioni e con quelle caratteristiche in prossimità dell’isola. Lo hanno scritto i giudici in merito all’inchino al Giglio considerato gesto irresponsabile. “E' stato Schettino, continuano i giudici, che ha volontariamente portato la nave, di notte e a elevata velocità, così vicino alla costa, senza programmare adeguatamente la manovra ma improvvisando e navigando praticamente a vista. La situazione di pericolo è stata, infatti, creata dall'imputato". Sapeva benissimo della presenza incombente degli scogli ma era sicuro di poter condurre l'azzardata manovra con tranquillità. Schettino, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, non ha dato l’allarme falla, ragion per cui, quando è stata data l’emergenza generale, la situazione a bordo era scivolata verso un’estrema confusione e assenza di univoche indicazioni, con conseguente caos diffusosi tra equipaggio e passeggeri".
Il rapporto con Domnica. Quella sera, con Domnica, ricordano i giudici: "aveva prenotato un tavolo per due persone". Durante la cena aveva chiesto di rallentare la velocità della nave per ritardare l'inizio dell'accostata perché voleva avere il tempo per finire con tranquillità la cena, come riferito dalla stessa Cemortan" che stava finendo il dessert.
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