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Politica

Conte bis: capo del governo giunto al bivio

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Il pressing delle forze di maggioranza è diventato assedio, la chance dello showdown in Aula è annegata nella pioggia torrenziale di questo inizio 2021, la clessidra per la crisi di governo è ormai capovolta. Giuseppe Conte, nelle prossime 48 ore, è chiamato alla sua decisione finale.

Archiviato il Conte-bis così come lo conoscevamo fino ad oggi, il capo del governo è giunto al bivio. Intraprendere la via, non facile, del Conte-ter o pilotare l’esecutivo verso la crisi.

E, nelle ultime ore, riprende quota la prima opzione. Un accenno di mediazione, secondo alcune fonti di maggioranza, starebbe emergendo, sebbene modalità ed esito siano tutti da definire. “Si sono prima avventurati in minacce di voto, minacce che sono sterili. Poi si sono affannati a cercare Responsabili, ora ci aspettiamo buon senso e responsabilità”, sottolinea in serata il capogruppo di Iv al Senato, Davide Farone, traducendo in tv l’input arrivato da Matteo Renzi ai suoi: ci giochiamo la partita a viso aperto e nell’interesse del Paese. “Qualcosa devono fare altrimenti la prossima conferenza di fine anno Conte se la guarda da casa”, prevede un big renziano. Tra il 6 e il 7 gennaio, ovvero a ridosso del Cdm per il via libera al Recovery Plan, il leader di Iv chiederà alle sue due ministre di dimettersi. Potrebbe essere quella la miccia per l’avvio dell’iter formale del Conte-ter.

Nel frattempo, M5S e Pd (“difficile andare avanti senza un chiarimento”, avverte Luigi Zanda) attendono la decisione di Conte con pazienza via via minore e, sottotraccia, aumentano il loro pressing per un governo-ter, con annesso rimpasto e con qualche seria concessione a Renzi. Nelle prossime ore, il capo dell’esecutivo, per evitare una crisi al buio nel mezzo della pandemia, dovrà certificare alcune modifiche nel Piano di Ripresa e Resilienza. A partire dalla cancellazione della fondazione per la cybersecurity presente anche nell’ultima bozza del piano. Tuttavia, per placare l’offensiva di Renzi, non basterà. La delega ai Servizi, in uno schema che vede il sorgere del Conte-ter, dovrà essere ceduta, se non ad un esponente politico, ad una personalità terza che Conte considera di sua fiducia. E poi c’è il dossier rimpasto, esplicitamente citato da Maurizio Martina. “Non capisco perché dovremmo escluderlo a priori”, spiega l’esponente Dem.

Ed è un assunto che, nel Pd trova in tanti d’accordo. Le dichiarazioni di Martina rimbalzano nelle stesse ore in cui, da più fonti di maggioranza, si parla di una mediazione al fotofinish tra Conte e Renzi. Mediazione che Palazzo Chigi non conferma, così come fonti di Iv negano che, almeno fino al tardo pomeriggio, ci sia stato un contatto tra il premier e il leader di Iv. Eppure, parlando al Tg4, Maria Elena Boschi – ovvero colei che tiene tradizionalmente il filo tra Palazzo Chigi e Renzi – è meno tranchant del solito. “Noi non vogliamo la crisi di governo” ma l’esito di questa situazione “dipende dal Presidente del Consiglio”, spiega l’ex ministro renziano. Il tema, per Conte, è che l’operazione Responsabili è fallita. Non la volevano il Pd e parte del M5S, non la voleva il centrodestra più dialogante e, forse, era difficile da spiegare anche al Quirinale. Il presidente Sergio Mattarella, osservano fonti parlamentari, ritiene che di fronte ad un’emergenza come quella pandemica servano un governo con una maggioranza solida e un vero programma e non soluzioni abborracciate solo per evitare il voto. Voto che, al Quirinale, non si è mai negato.

L’alternativa al Conte-ter, in teoria, potrebbe essere quella di un governo istituzionale ma non fino al 2023, bensì fino ad elezioni politiche da tenersi prima di luglio. Ed è una strada che Conte, forse, non esclude a priori. A quel punto, una sua discesa in campo rientrerebbe nella logica. Con una sua lista o persino come candidato premier del M5S. Ma per ora si viaggia sull’onda dei rumors, gli stessi che, in queste ore, indicano Marta Cartabia come possibile premier di un esecutivo di tal tipo. Rumors che esaltano più la possibilità che sia Mario Draghi a guidare il post-Conte. Forse perché è una possibilità che non esiste o forse perché, mai come ora, ha una sua concretezza.

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