CONDANNA BUONINCONTI: LA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO PUNTA IL DITO SU INQUIRENTI E GIUDICI

di Domenico Leccese 

Dopo la condanna a 30 anni, inflitta in primo grado a Michele Buoninconti, torniamo ad intervistare la criminologa consulente della difesa Ursula Franco.

Che cosa si aspetta dalla motivazioni della sentenza del Tribunale di Asti ?
Nulla di nuovo, nessuna prova si è formata in dibattimento e le ordinanze che hanno condotto all’arresto di Buoninconti e poi al processo non sono sostenute da alcun indizio degno di questo nome, si è arrivati a condannare un innocente per un omicidio che non c’è stato sulla base di supposizioni illogiche che la procura non ha provato.

Le perizie dell’accusa, secondo lei non hanno provato nulla ma nonostante tutto Buoninconti è stato condannato a 30anni. Perché?

E’ proprio questo il punto, attraverso le errate interpretazioni degli inquirenti e dei giudici dei dati emersi dalle indagini si è ridotto un procedimento penale dell’anno 2015 ad un procedimento più vecchio di almeno cent’anni e dal punto di vista della psichiatria ci troviamo catapultati in un era pre freudiana, il goffo tentativo di affrancare la Ceste dalla malattia psichiatrica che già gli era stata diagnosticata dal perito dell’accusa è un segnale di un’arretratezza culturale che fa venire i brividi, coloro che negano la psicosi di Elena hanno grosse responsabilità nei confronti di Buoninconti perché hanno contribuito a farlo condannare per un omicidio che non c’è stato e sono responsabili pure dell’ulteriore dolore inflitto ai suoi figli ed anche dell’aver lasciato passare il messaggio che una malattia psichiatrica sia uno stigma di cui vergognarsi.

Che cosa intende dire quando sostiene che è stato un processo vecchio?
Intendo dire che non serve assolutamente a nulla fare delle perizie se non si è in grado di valutarne i risultati nel modo giusto. La perizia medico legale ha concluso che non si poteva ricavare una causa di morte dallo stato dei resti di Elena Ceste, l’inferenza dei medici legali che ipotizza una morte asfittica non ha valore di prova, non prova assolutamente l’omicidio, è un’idea che si sono fatta questi consulenti i quali non hanno potuto escludere l’assideramento ed hanno ripetuto in aula che era impossibile avere certezza della causa della morte della Ceste, quella dei consulenti medico legali rimane un’inferenza limitata allo studio dei resti della Ceste, l’inferenza finale su una causa di morte dubbia si fa dopo aver studiato gli atti. Il giudice Amerio ha condannato un uomo senza avere la certezza che fosse stato commesso un omicidio e niente di ciò che è emerso dalle indagini sorregge questa condanna.

La perizia sulle celle telefoniche invece cosa prova?
Prova l’esatto contrario di ciò che ha sostenuto la procura, prova che alle ore 9.00 Michele si trovava a casa e lo prova anche la testimonianza di Marilena Ceste, che è stata però completamente ignorata, la donna ha detto di aver visto Michele dalla finestra 5 minuti dopo le 8.55, quindi alle ore 9.00 proprio quando la procura sostiene che fosse ad occultare il corpo di Elena. L’interpretazione errata dei dati chiari delle due perizie telefoniche dell’accusa ha annullato il senso delle stesse. Se le celle hanno localizzato Michele al Rio Mersa solo alle 9.02.50 non vi è motivo di collocarlo lì prima, avendo invece a suo favore la testimonianza della vicina che lo vide dalla finestra proprio a quell’ora e tre telefonate tra le 8.55.4 e le 9.01.48 che agganciano la cella di casa sua.

Che cosa manca all’accusa secondo lei?
Manca la prova dell’omicidio, manca la prova del trasporto del cadavere in auto, manca la prova dell’avvenuto occultamento, mancano il movente ed eventuali intercettazioni probatorie, le intercettazioni presentate come tali sono paradossalmente un autogol per la procura, ma bisogna essere liberi da pregiudizi ed abili nell’analisi del linguaggio per leggerle nel modo giusto.

Da quanti mesi lotta per dimostrare la sua tesi innocentista su Buoninconti?
È dal 31 ottobre 2014 che ho risolto questo caso e per fortuna non sono complice dello strazio che ha condotto alla condanna di un innocente a 30 anni, da questo punto di vista sono serena ma umanamente ciò che è stato fatto a Buonincont ed a i suoi figli non riesco ad accettarlo.

Se potesse parlare agli italiani colpevolisti che gli direbbe?

Mi piacerebbe dire agli italiani di non farsi manipolare, di ribellarsi a questo stato di cose, al modo di lavorare degli inquirenti, alle violenze che i media riservano alle famiglie colpite da disgrazie come quella di Buoninconti, violenze di cui sono responsabili in primis le procure che fanno filtrare gli atti solo perché gli fa comodo, i contenuti degli interrogatori delle persone informate sui fatti spesso sono noti prima alla stampa che agli avvocati degli indagati. Non mi sembra che sussistano più i presupposti per chiamare questo paese una democrazia. Aprano gli occhi coloro che urlano all’assassino senza le competenze per giudicare ed in specie quando non vi è prova, alcuna, potrebbero essere loro stessi a breve le vittime di un nuovo errore giudiziario.

Qual è la sua soluzione?
Forse è una guerra persa, ma credo che ci sia bisogno di un garante che tuteli gli indagati, che impedisca alle procure di divulgare gli atti giudiziari e che vieti lo strazio degli impuniti talk show televisivi dove si passa il tempo a manipolare informazioni sui vari casi ed ad infangare gli eventuali sospettati solo per soddisfare l’odio morboso dei telespettatori ed infine c’è bisogno di lavorare per migliorare le competenze di chi indaga perché è proprio da lì che comincia l’errore e poi si propaga.