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di Emanuel Galea
Lo scandalo del decreto "Salva Roma" ha messo a nudo un dilagante dilettantismo nella conduzione di assemblee di Camera e Senato. Regna anche su quegli alti scranni il molto “apparire” e il poco “essere”.
Dopo il caso del “Salva Roma”, il capo dello Stato richiama i presidenti di Camera e Senato esortandoli a una maggiore attenzione all'ammissibilità e l'attinenza delle modifiche proposte ai decreti in discussione. Il ruolo principale del presidente della Camera, assegnatogli dalla Costituzione, è quello di provvedere al corretto funzionamento della Camera dei deputati. E’ suo compito garantire l'applicazione del regolamento e provvedere al buon andamento delle strutture amministrative della stessa. In aula, fra l’altro, suo maggior compito è giudicare la ricevibilità dei testi.
Ad analoghi compiti è chiamato ad adempiere il Presidente del Senato.
Durante la presentazione degli emendamenti al decreto “Salva Roma”, finanziamenti a pioggia (dal trasporto pubblico della Regione Calabria a fondi diversi per svariati comuni), decreto pasticciato e reso irriconoscibile rispetto alla versione uscita da Palazzo Chigi, inizialmente approvato per scongiurare il rischio default della capitale dopo la scoperta di una voragine di 867 milioni di debiti, che poi è stato ritirato di corsa a seguito dell’altolà di Giorgio Napolitano.
Quello che segue la reprimenda del Presidente non rassicura alcuno e dimostra una Camera e un Senato in balia di persone inesperte e poco preparate a giudicare la ricevibilità dei testi, ad affrontare assemblee mosse e stravolte da variopinti interessi pronti a stravolgere qualsiasi provvedimento, come effettivamente hanno fatto con il decreto “Salva Roma”. La toppa che ha voluto mettere il Presidente Grasso sarebbe stato meglio non metterla, l’effetto è stato pietoso: "I criteri indicati dal Colle sull'esame dei D.L. siano rigorosamente rispettati", ha detto durante la riunione della conferenza dei capigruppo "o non esiterò a dichiarare improponibili, per estraneità della materia, emendamenti di qualunque provenienza, anche se presentati dai relatori o dal Governo o già approvati dalla Commissione con i pareri favorevoli dei relatori e del Governo". Domanda che può apparire ingenua: perché si doveva aspettare il richiamo del presidente? Perché non l’aveva fatto prima? Forse non si era accorto di niente?
Peggior magra figura ha fatto il Presidente della Camera. Inizialmente nulla aveva da eccepire a riguardo degli emendamenti scandalosi e solo dopo l’altolà del Presidente si è accorta che qualcuno barava: "Mi auguro che nelle prossime settimane potremo riuscire a finalizzare un testo sulla riforma dei regolamenti parlamentari che è stato finalizzato da un gruppo di lavoro per poterlo portare all'attenzione dell'Aula".
Questa non è una legislatura normale. Nuovi movimenti, nuove proteste, temi nuovi e atmosfere turbolente. Si cerca il cavillo e ci si attacca alla virgola. Il Presidente del Senato è stato un emerito giudice antimafia, splendida figura in quel campo. Fa poca luce come Presidente del Senato.
La Presidente della Camera dimostra la sua totale inesperienza ogni volta che a Montecitorio, si presenta un ingorgo legislativo. Sono tempi difficili e a guidare 965 voci che strillano e si dimenano in quelle Camere c'è bisogno di figure che richiamano a personaggi come Nilde Iotti, Pietro Ingrao, Sandro Pertini e altri di pari stesura.
Ora come ora sia alla Camera sia al Senato sembrano esserci dei trapezisti senza rete di protezione, senza filtro.
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