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YARA GAMBIRASIO: L'APPROFONDIMENTO DE L'OSSERVATORE D'ITALIA

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Tempo di lettura 12 minuti All'interno l'analisi e i dettagli sul caso

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A cura di Alessandra Kitsune Pilloni, di Sashinka Gorguinpour, di Laura Clemente di S. Luca

Ecco una approfondita analisi degli elementi probatori a carico di Massimo Bossetti. Diverse firme per una attenta analisi e un commento dopo circa 4 anni anni di indagini sulla morte della piccola Yara Gambirasio. 

 

La svolta alle indagini è ancora lontana

di Chiara Rai


Oggi verrà presentata l'istanza di scarcerazione per Massimo Bossetti da parte dei suoi due legali Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni. Sappiamo bene che questa può essere anche concessa quando sostanzialmente viene a cessare il pericolo di fuga e la reiterazione del reato. Di fatto senza volerci sostituire alla competenza del pm che valuterà gli atti depositati dai legali, ci limitiamo a constatare che Massimo Bossetti ha trascorso oltre 80 giorni in una cella d’isolamento senza che ci fosse nessuna prova che possa essere considerata “Regina” a sostegno della tesi d’accusa. Ad oggi possiamo asserire che non si conosce il volto dell’assassino di Yara Gambirasio e nonostante ci si attorcigli in voli pindarici per attribuire a Bossetti la piena colpevolezza di un omicidio commesso con l’aggravante della crudeltà, di fatto si è di fronte ad indagini costellate di incertezze.

L’arresto di Massimo Bossetti avviene dopo quasi 4 anni di indagini serrate, in cui la pista dell’esame scientifico è stata quella privilegiata. E’ stato giusto concentrarsi maggiormente su prove scientifiche la cui integrità è opinabile, soprattutto alla luce del fatto che il cadavere di Yara è stato trovato in un campo all’aperto di Chignolo d’Isola in avanzato stato di decomposizione?

Il corpo è stato ritrovato a febbraio del 2011 quando la ragazza è scomparsa il 26 novembre del 2010. Può essere stato spostato, può essere successo di tutto. La bambina è stata riconosciuta solo grazie ai vestiti che indossava e all’apparecchio ai denti.
In tutto questo tempo Bossetti, il muratore di Mapello, non ha mai lasciato la sua casa e i suoi tre figli Nicolas, Alice e Aurora. Contro di lui una traccia di Dna trovato sugli slip della vittima oltre a “coincidenze” ed elementi da considerarsi poco influenti. Insomma di certo sappiamo che Dna di Massimo, 44 anni, padre di tre figli, coincide con quello di "Ignoto uno", e cioè con il presunto assassino della tredicenne Yara Gambirasio. Sembrerebbe che per la Procura il movente dell’omicidio sia di natura sessuale e forse per questo si continua a scavare nella vita privata di Bossetti e nel suo rapporto con la moglie. Ma quali indizi di colpevolezza si cercano? La coppia Bossetti – Coma non ha mai dichiarato di avere problemi ma anche se ci fossero, dove sarebbero le prove per mezzo delle quali si potrebbe narrare la presunta follia omicida di Bossetti?

Da non sottovalutare, è il fatto che dai computer di casa Bossetti sia stato visionato materiale pedopornografico. L’accesso a pedoporno e la ricerca di parole chiave come “tredicenni” certo non volgono a favore del muratore di Mapello ma questo non significa che sia lui l'assassino di Yara.
In Italia migliaia di persone, purtroppo, hanno visionato questo genere di materiale e la polizia postale è continuamente al lavoro per scovare questi malati morbosi che adescano minorenni o scaricano infinità di materiale che le riguarda. Le indagini potrebbero concentrarsi piuttosto su eventuali casi precedenti che vedono coinvolto Bossetti in questa sfera. Ma finora non sembra esserci niente di più di circa cinque visualizzazioni di materiale pedopornografico.

Bossetti frequentava le vie di Brembate di Sopra dove Yara andava a prendere il bus e andava dal dentista. Il furgone Iveco di Bossetti è inquadrato dal benzinaio davanti alla palestra frequentata da Yara. Di fatto la svolta nelle indagini ancora è da ritenersi lontana. Il corpo di Yara è stato soggetto ad intemperie, contatto con animali e quant’altro in quel maledetto campo di Chignolo d’Isola. Si deve cercare l’assassino e non costruirlo. 

 

DNA: la prova scientifica nel processo penale

di Alessandra Kitsune Pilloni

Mai come negli ultimi tempi il DNA è stato al centro della cronaca. Sebbene si sia parlato nei primi giorni di prova regina, fuor di retorica, la questione della prova scientifica, ed in particolare del DNA, nel processo penale, è molto più complessa di quanto comunemente si creda.
Nell’indagine sull’omicidio della piccola Yara Gambirasio, la pista del DNA ha finito per essere l’unica direttrice seguita.
Dopo anni di ricerche si è giunti ad un nome, quello di Massimo Bossetti, il cui DNA coinciderebbe con quello di Ignoto1, fonte del materiale genetico rinvenuto sul corpo di Yara, in un’area “attigua ad uno dei margini recisi” dei leggings e degli slip.
Un nome giunto al culmine di un’indagine per molti aspetti irrituale, che potrebbe rivelare molti colpi di scena.
Se è vero, infatti, che il DNA costituisce un indizio forte, è altrettanto vero che ben difficilmente una singola traccia di DNA, per giunta di natura biologica incerta, potrà essere considerata una prova regina, soprattutto se avulsa da un corollario di indizi univoci che possano confortarne la valenza probatoria.
Un indizio forte, ma insufficiente, da solo, a fare di un uomo un assassino.
Non è certo un caso che dopo l’entusiasmo dei primi giorni, nei quali si ventilò perfino l’ipotesi di una richiesta di giudizio immediato, la realtà abbia rivelato spesso un’indagine che sembra arrancare ed arenarsi su elementi di dubbia rilevanza.
L’inappellabile condanna mediatica potrebbe, in buona sostanza, non rispecchiare una realtà fattuale.
Si è parlato tanto di DNA, ma ciò che in pochi si sono presi la briga di dire all’opinione pubblica è che il DNA, al netto di (pur possibili e concretamente verificatisi, specie in ambito statunitense in cui si fa un grande uso del DNA nei processi) errori di laboratorio, serve unicamente ad identificare un individuo.
Nel caso di Massimo Bossetti, è quasi certo che il test genetico non sarà ripetibile dalla difesa, in quanto è altamente probabile che non vi sia più materiale da estrarre dalla traccia originale, ma anche qualora procedure di estrazione, campionamento ed analisi si rivelassero impeccabili, la questione non sarebbe affatto risolta: una traccia di DNA indica appartenenza, non colpevolezza.
La confusione della probabilità statistica che una traccia di DNA appartenga ad un determinato soggetto con la probabilità che il soggetto sia colpevole è comunemente detta “fallacia dell’accusatore”, espressione che designa una fallacia logica che abbraccia tutti quei casi nei quali una probabilità statistica viene attribuita ad una classe di fatti diversa da quella alla quale si riferisce.
La domanda, dunque, qualora non vi fosse alcuna contestazione di ordine scientifico, sarebbe come il DNA è arrivato nel punto e sul corpo in cui è stato trovato.
Potrebbe sembrare una domanda retorica, ma non lo è: tra i due più evidenti limiti del DNA nell’accertamento processuale vi sono infatti non databilità e facile trasportabilità, due elementi che portano come inquietante corollario la possibilità che la fonte del materiale genetico rinvenuto sulla scena del crimine non sia implicato nel crimine stesso.
Un gran numero di studi scientifici dimostra che il trasferimento secondario di DNA, che si verifica quando il DNA depositato su un elemento o una persona viene trasferito su un altro oggetto o su un’altra persona senza che vi sia stato alcun contatto fisico tra il depositante originale e la superficie finale è ipotesi scientificamente possibile.
In assenza di certezza sull’origine biologica della traccia, si potrebbe perfino ipotizzare che possa avere un’origine tale da facilitare ulteriormente il trasferimento secondario.
Anche qualora la traccia fosse certamente ematica, inoltre, una possibilità di questo tipo non potrebbe essere esclusa.
La nota genetista forense Marina Baldi ha più volte spiegato che in presenza di un’unica traccia di DNA l’ipotesi di un trasferimento secondario verificatosi, ad esempio, attraverso un’arma del delitto precedentemente contaminata è scientificamente possibile.
Viepiù che astrattamente possibili, ipotesi analoghe risultano essere già incluse nella casistica giudiziaria: il criminologo Ezio Denti, ad esempio, ha illustrato un caso concretamente verificatosi in cui il DNA di un uomo fu trovato sul corpo della vittima, uccisa a colpi di cacciavite.
L’uomo al quale era riconducibile il DNA, tuttavia, non era l’assassino: era semplicemente stato ferito in una rissa due giorni prima dell’omicidio con lo stesso cacciavite poi usato come arma del delitto, ed il suo aggressore risultò essere il vero colpevole.
E come nel delitto di dostoevskijana memoria confessò la sua colpa.
In fondo gli antichi, sia pure senza le indagini all’insegna della genetica forense, lo avevano capito meglio di noi, eternandolo nell’annoso brocardo regina est confessio probationum.
La confessione è la regina delle prove.
Il DNA invece, per quanto utile, potrebbe essere spodestato.

 

Gli elementi indiziari: tracce, prove e smentite

di Sashinka Gorguinpour

Nonostante non si sappia granché dell'autopsia, perché anche i risultati di questa sono secretati e nemmeno i familiari hanno potuto accedervi, i pochi elementi a disposizione si possono reperire dall'ordinanza di custodia cautelare a carico di Massimo Bossetti, nella quale si evidenzia che il corpo ed alcuni indumenti di Yara Gambirasio, riportano polveri riconducibili a calce e che nelle scarpe e in alcune sedi dei vestiti sono state repertate delle piccole sfere di ferro-cromo-nichel, i cosiddetti “tondini”. La ragazzina, quindi, deve avere presumibilmente soggiornato in ambienti saturi di tali sostanze o deve essere entrata in contatto con qualcuno che aveva parti anatomiche e/o indumenti imbrattati dalle stesse. Per “parti anatomiche” si intendono con molta probabilità “le mani”. Se così fosse, il fatto di aver colpito la povera Yara con crudeltà, avrebbe necessariamente lasciato delle tracce, dato l’elemento delle parti del corpo e degli indumenti pregni delle sopracitate sostanze. Le polveri sembrerebbero simili ai materiali analizzati nel cantiere di Mapello (quello dove inizialmente si erano concentrate le indagini e dove risiede anche l'accusato), ma non perfettamente corrispondenti. Inoltre, la scarsa quantità del materiale sul corpo di Yara, non ha permesso di stabilirne dei dettagli precisi. E malgrado nel documento della Procura si dica che gli elementi rinvenuti sulla piccola tredicenne non si ritrovino nella stessa forma nei luoghi controllati (casa, palestra, piscina, sterrato vicino al Campo di Chignolo d'Isola), le indagini naturalistiche arrivano a concludere che, con alta probabilità, il corpo sia rimasto nel campo di Chignolo d'Isola dal momento della sua morte, poche ore dopo la sua scomparsa, fino al ritrovamento. A partire da tali elementi si genera il collegamento con Massimo Bossetti che di mestiere fa il carpentiere, quindi lavora nell'edilizia.

Nel periodo in cui Yara scompare, però, Bossetti è impegnato nel cantiere di un altro paese, Palazzago. Per quanto riguarda gli altri elementi indiziari relativi ai reperti, nel corso della vicenda si sono susseguite moltissime notizie discordanti, ma una delle più note riguarda i peli e i capelli ritrovati sul corpo.

Tra le tracce rinvenute, circa 200, vi sarebbero sia peli animali che umani. In data 27 giugno, il direttore del Dipartimento di Medicina Legale di Pavia sembra riferire ad alcuni organi di stampa che i peli e i capelli ritrovati appartengono a Massimo Bossetti. Poco dopo arriva la smentita di colui che realmente stava analizzando i reperti, perché incaricato dalla Procura, seguito più tardi anche dagli inquirenti, i quali fanno sapere che quei peli non sono di Bossetti. Stessa musica per le analisi sul furgone e sull’auto, setacciati con il luminol da cima a fondo: a fine luglio, stando alle fonti della difesa – i cui consulenti avevano svolto l'accertamento a fianco dei RIS -, le conclusioni sentenziano che non esiste alcuna traccia di Yara.

Non è valso nemmeno il tentativo di indagare su un cambio di tappezzeria, perché non ne esiste prova. Il legame di queste “fughe di notizie” è che sono lanciate apparentemente senza criterio e smentite velocemente, facendo diventare così la “verità” un elemento avulso del suo significato. In questo intricarsi di false informazioni, suona difficile capire, analizzare gli elementi e costruire un’idea sul caso. Sia per le tracce pilifere che per gli esiti dei test sui veicoli viene rimarcato il fatto che, in ogni caso, le perizie saranno depositate dopo l’estate, quindi probabilmente siamo vicini all'esito ( settembre/ottobre) e non è una coincidenza che alla luce di tutte queste smentite, la difesa di Massimo Bossetti stia presentando in questi giorni l’Istanza di scarcerazione.

 

Bossetti e quella confessione che non è mai arrivata
 

di Laura Clemente di S. Luca

Dal 16 giugno di quest'anno un nome riecheggia da Trieste a Pantelleria. E' il nome di un uomo come tanti, cittadino italiano, lavoratore e padre di tre figli. Massimo Giuseppe Bossetti, arrestato in diretta tv sul luogo di lavoro, è stato accusato dalla Procura di Bergamo, nella persona del P.M. Letizia Ruggeri, di essere l'assassino di Yara Gambirasio. Il gip di Bergamo Ezia Maccora, tre giorni dopo, ha deciso che Massimo Giuseppe Bossetti doveva rimanere in carcere, pur non convalidandone il fermo perchè insussistente la motivazione del pericolo di fuga, giustificando la sua decisione di trattenerlo vista la "gravità intrinseca del fatto, connotato da efferata violenza". Si legge ancora nell'ordinanza che il G.I.P. prende in esame la personalità del Bossetti, cit. «dimostratosi capace di azioni di tale ferocia, posta in essere nei confronti di una giovane ed inerme adolescente abbandonata in un campo incolto dove per le ferite ed ipotermia ha trovato la morte».La motivazione,che sembra annunciare una sicura condanna, risulta, ad un occhio attento, alquanto bizzarra e discutibile poiché implica una preparazione in materia psichiatrica da parte del G.I.P., che anche laddove fosse, esulerebbe comunque dalle sue funzioni. Dalla sua cella d'isolamento della C.C. di Bergamo l'uomo, però, contrariamente alle pubbliche aspettative, si professa innocente. La tanto attesa confessione non arriva. Per quanto sia pacifico che una delle colonne portanti della nostra Costituzione è la presunzione d'innocenza, secondo la quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva, e per quanto sia risaputo che l' onere della prova spetta alla pubblica accusa, rappresentata nel processo penale dal pubblico ministero, e quindi, in soldoni, che non è l'imputato a dover dimostrare la sua innocenza, ma è compito degli accusatori dimostrarne la colpa, una cecità medioevale è calata sulla penisola in seguito ad uno dei fatti di cronaca nera più intricati e oscuri degli ultimi anni. Si va incontro alla più grande arrampicata libera sugli specchi del secolo se si pretende di dare una parvenza di credibilità, anche solo indiziaria, ad un eventuale processo, che per inciso sulle prime doveva addirittura essere celebrato per direttissima. Forse gli indizi non erano poi così "gravi, precisi e concordanti" tant'è che per ora il processo si è tenuto solo al livello mediatico. C'è chi ha sfoderato immediatamente la baionetta e chi ha riflettuto abbastanza da capire che la morte di Yara, rimasta un mistero per così tanti anni, rappresenta una ferita talmente profonda da trasformare l'esigenza di trovare un perché e sopratutto un colpevole, la cui cattura metta a dormire i nostri "demoni", in una folle sete di sangue. Oggi, 10 settembre, ci sarà una svolta nel fatto giudiziario più controverso degli ultimi anni. I legali del sig. Bossetti, la dottoressa Silvia Gazzetti ed il dottor Claudio Salvagni rimasti fedeli alla loro linea discreta e mantenutisi al di fuori di ogni battibbecco televisivo, presenteranno l'Istanza di scarcerazione. Non ci sarà dato sapere, nell'immediato, come verrà accolta. Non sappiamo se il sig. Massimo sarà scarcerato perchè prosciolto da ogni accusa a suo carico, se verrà sottoposto al regime degli arresti domiciliari in attesa del processo o se l'istanza verrà respinta e lui rinviato a giudizio. Una cosa è certa, in principio era Alfano e Alfano dovrà rinnovare la nostra Fede liberando nell'etere un nuovo "tweet"…dopotutto si sa "una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale come una freccia dall'arco scocca vola veloce di bocca in bocca."

 

La morte di Yara – E' il 26 novembre 2010 quando Yara esce dalla palestra che dista poche centinaia di metri da casa e di lei si perdono le tracce. Tre mesi dopo, il suo corpo viene trovato in un campo abbandonato a Chignolo d’Isola, distante solo una decina di chilometri da casa. L’autopsia svela una ferita alla testa, le coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Nessun colpo mortale: era agonizzante, incapace di chiedere aiuto, ma quando chi l’ha colpita le ha voltato le spalle lei era ancora viva. Il decesso è avvenuto in seguito, quando alle ferite si è aggiunto il freddo.

Un delitto che porta, in pochi giorni, all’arresto di Mohamed Fikri, rilasciato per una traduzione sbagliata. Su di lui si riaccendono i riflettori e cambia ancora la scena: per Fikri cade l’accusa di omicidio e si profila quella di favoreggiamento. Il giudice delle indagini preliminari Ezia Maccora archivia il fascicolo con la prima ipotesi, ma rimanda gli atti al pm di Bergamo Letizia Ruggeri perchè indaghi sulla seconda.
Una mezza vittoria per mamma Maura e papà Fulvio che, attraverso l’avvocato Enrico Pelillo, si erano opposti all’archiviazione. Il gip ricorda che dalle analisi e dagli esami sui vestiti e nei polmoni di Yara c’erano polveri riconducibili a calce, sostanze “simili ai materiali campionati nel cantiere di Mapello”, dove lavorava il tunisino. Inoltre, la zona in cui le celle telefoniche agganciano il cellulare della ragazza, nell’arco di tempo che va dalle 18.30 alle 19, “coprono anche l’area del cantiere, “rendendo plausibile in quel range temporale la presenza di Yara e di Fikri in un territorio circoscritto”. Ma l’operaio non l’ha uccisa.
Due gli elementi che lo scagionano: il suo Dna non corrisponde con quello trovato sugli slip e sui leggings della 13enne, l’analisi delle celle telefoniche dimostrano che il tunisino non è andato nel campo di Chignolo d’Isola, dove la vittima è stata uccisa e abbandonata. Tuttavia secondo il giudice ci sono delle “incongruenze” nelle telefonate di Fikri e “in assenza di una plausibile ricostruzione alternativa”, queste “incongruenze” potrebbero far ritenere che la sera del 26 novembre 2010, l’uomo “ha visto o è venuto a conoscenza di circostanze collegate alla scomparsa e all’ omicidio di Yara “. Per il gip appare verosimile che sia stato spinto a nascondere quello che ha visto, “per proteggere o favorire la persona che ritiene in qualche modo coinvolta nel delitto”. Nei mesi scorsi la sua posizione è stata archiviata e il sospettato numero uno esce di scena. E le indagini proseguono ripartendo dalle analisi genetiche sulle tracce trovate sugli abiti della vittima, circa 18mila i Dna prelevati e analizzati da carabinieri e polizia che lavorano fianco a fianco nell’inchiesta.

Chi è Massimo Bossetti – Originario di Clusone, Massimo Giuseppe Bossetti ha 44 anni, è sposato e ha tre figli. L’uomo, senza precedenti penali, lavora nel settore dell’edilizia ed ha una sorella gemella. Il Dna lasciato sul corpo della vittima sarebbe sovrapponibile a quello di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999 e ritenuto in base all’analisi scientifica il padre dello sconosciuto assassino al 99,9%.
Il profilo genetico del presunto assassino è in parte noto. Per questo era stata riesumata la salma di Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, che secondo gli esami scientifici risulta essere il padre del presunto assassino di Yara. Avere la certezza che l’autista è il padre dell’uomo che ha lasciato il proprio Dna sui vestiti di Yara non risolve il problema: trovare il killer, un presunto figlio illegittimo di cui non c’è traccia. L’ultima conferma sull’analisi scientifica arriva nell’aprile scorso contenuta nella relazione dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, la stessa esperta che aveva eseguito l’esame sulla salma della giovane vittima.

La testimonianza della moglie di Bossetti Marita Coma
"Non è stato Massimo perché era a casa": è questa la frase con cui esordisce difendendo a denti stretti la tesi del marito. Racconta inoltre di questi giorni di prigionia, descrivendo minuziosamente i loro incontri in carcere, sei per l'esattezza. Incontri tristi in cui spesso i discorsi sono stati interrotti dalle lacrime.
Bossetti, secondo i racconti della sua signora, continua a chiedersi il perché di quello che chiama accanimento nei suoi confronti. Altrettanto preciso è stato il racconto del giorno dell'arresto: venti carabinieri che all'improvviso piombano dentro casa ovunque,ma l'unico pensiero in quel momento la tutela dei bambini. Un attacco Marita lo sferra contro le televisioni e i giornali, non d'accordo con le ricostruzioni del profilo psicologico che la stampa in questi giorni ha diffuso riguardo Massimo Bossetti. Per quanto riguarda quel maledetto 26 Novembre 2010 invece, Marita sostiene che nell'ora in cui la piccola veniva uccisa, il marito fosse in casa e sarebbe proprio per questo motivo che continua a gran voce a sostenerne l' innocenza.
 

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Dieta anti caldo: il ruolo cruciale di una alimentazione specifica per restare in forma

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Durante l’estate, l’Italia può essere soggetta a ondate di caldo estremo, che rappresentano un rischio significativo per la salute pubblica. Il calore eccessivo può portare a problemi di salute come colpi di calore, disidratazione, e l’aggravamento di condizioni croniche preesistenti. Oltre alle raccomandazioni generali, come evitare l’esposizione diretta al sole nelle ore più calde e mantenersi idratati, l’alimentazione gioca un ruolo cruciale nel proteggere il corpo dagli effetti del caldo.

L’importanza dell’idratazione

L’idratazione è la prima e più importante linea di difesa contro il caldo. Quando le temperature aumentano, il corpo perde liquidi attraverso il sudore, aumentando il rischio di disidratazione. Bere acqua regolarmente, anche in assenza di sete, è essenziale. Gli esperti raccomandano di consumare almeno 2-3 litri di acqua al giorno durante i periodi di caldo intenso.

Ma non è solo l’acqua a essere importante: alimenti ricchi di acqua possono contribuire significativamente a mantenere il corpo idratato. Frutta come anguria, melone, fragole e cetrioli sono composti da oltre il 90% di acqua, rendendoli ottimi alleati contro il caldo. Questi cibi non solo aiutano a mantenere l’idratazione, ma forniscono anche vitamine e minerali essenziali.

Alimentazione leggera e ricca di nutrienti

Durante le ondate di calore, l’appetito può diminuire, ma è importante mantenere un’alimentazione regolare e bilanciata. Optare per pasti leggeri e frequenti è una strategia efficace per evitare la sensazione di pesantezza e il rischio di problemi digestivi. Insalate fresche, piatti a base di verdure, cereali integrali e proteine magre sono ideali.

Le insalate possono essere arricchite con alimenti come avocado, ricco di grassi buoni, e semi oleosi (come semi di lino o di chia) che apportano acidi grassi essenziali e migliorano l’assorbimento delle vitamine liposolubili. Il pesce, soprattutto quello azzurro, è una fonte eccellente di proteine leggere e acidi grassi Omega-3, che contribuiscono a ridurre l’infiammazione e a migliorare la circolazione sanguigna, particolarmente utile in condizioni di caldo estremo.

Sali minerali e vitamine: alleati contro il caldo

Il sudore non porta via solo acqua dal corpo, ma anche sali minerali importanti come sodio, potassio e magnesio, che sono essenziali per il corretto funzionamento muscolare e per mantenere l’equilibrio elettrolitico. La carenza di questi minerali può portare a crampi, affaticamento e altri problemi di salute.

Frutta e verdura fresca sono eccellenti fonti di questi nutrienti. Le banane, ad esempio, sono ricche di potassio, mentre le verdure a foglia verde, come gli spinaci, sono una buona fonte di magnesio. L’aggiunta di una piccola quantità di sale nei cibi può aiutare a reintegrare il sodio perso attraverso il sudore, ma è importante non eccedere.

Le vitamine, in particolare la vitamina C e la vitamina A, sono altrettanto importanti. La vitamina C, presente in agrumi, fragole e peperoni, aiuta a rafforzare il sistema immunitario e a combattere lo stress ossidativo causato dall’esposizione al sole. La vitamina A, presente in carote, albicocche e zucche, è essenziale per la salute della pelle, aiutando a proteggerla dai danni causati dai raggi UV.

Alimenti da Evitare

Mentre è importante sapere cosa mangiare, è altrettanto cruciale essere consapevoli degli alimenti da evitare. Durante le ondate di calore, cibi pesanti, ricchi di grassi saturi e zuccheri raffinati, dovrebbero essere limitati. Questi alimenti possono aumentare la sensazione di calore corporeo e mettere sotto stress il sistema digestivo.

Le bevande alcoliche e contenenti caffeina, come il caffè e il tè nero, hanno un effetto diuretico che può favorire la disidratazione. Anche le bevande zuccherate possono contribuire a un aumento della sete e a un’assunzione eccessiva di calorie vuote, che non forniscono alcun beneficio nutrizionale.

Affrontare il caldo eccessivo richiede una strategia globale che includa precauzioni ambientali, ma anche un’attenzione particolare all’alimentazione. Scegliere cibi ricchi di acqua, nutrienti e sali minerali, mantenere un buon livello di idratazione e evitare alimenti pesanti e disidratanti sono passi fondamentali per proteggere la salute durante i periodi di caldo estremo. In questo modo, è possibile godere dell’estate in sicurezza, senza rinunciare al piacere di mangiare bene.

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Ambiente

Meteo, Ferragosto rovente poi (forse) temperature in calo

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Dal 2003 al 2023, le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 1,5°C

Secondo le ultime proiezioni nella giornata di Ferragosto dovremmo assistere ad un aumento della nuvolosità al Nordovest, nel settore intorno al Ligure e in Sardegna, tutte aree che dovrebbero cominciare ad entrare nella sfera di influenza di una blanda circolazione depressionaria che già da mercoledì farà il suo ingresso nel Mediterraneo occidentale (perturbazione n.3).

Insieme alle nuvole sembrano possibili alcuni episodi di instabilità, sotto forma di brevi rovesci o temporali, più probabili nelle ore più calde della giornata nelle Alpi occidentali, in Liguria e in Sardegna; nuvole e instabilità dovrebbero anche attenuare leggermente la calura più intensa. Sul resto d’Italia l’alta pressione sarà ancora dominante con al più qualche velatura, cumuli pomeridiani per lo più innocui attorno ai monti e temperature sempre estremamente elevate, con massime comprese tra 33 e punte prossime ai 40 gradi. La ventilazione potrà essere un po’ più vivace, localmente e a tratti moderata sul Ligure e attorno alla Sardegna.

Tendenza meteo: possibile calo termico dopo Ferragosto

Nei giorni successivi al Ferragosto la suddetta area depressionaria molto lentamente dovrebbe muoversi verso est in direzione del nostro Paese ma con una tempistica ed effetti che sono ancora affetti da molta incertezza. Questo andamento potrebbe tradursi tra venerdì e sabato in condizioni di maggiore instabilità, oltre che al Nordovest e in Sardegna, anche sul Triveneto e sulle regioni occidentali del Centro. Domenica poi un’altra più attiva perturbazione in arrivo dalla Francia potrebbe coinvolgere con molti fenomeni, anche intensi, gran parte del Centronord.

Dal punto di vista termico le temperature dovrebbero tendere lentamente a scendere di pari passo con l’avanzata dell’instabilità. Fino a sabato dovrebbe trattarsi solo di una parziale attenuazione del caldo più intenso ma sempre in un contesto di temperature elevate e ben oltre la norma; poi domenica il calo termico al Centronord potrebbe risultare più significativo.

Per una conferma di questa tendenza, che si ribadisce essere alquanto incerta, e maggiori dettagli si rimanda agli aggiornamenti dei prossimi giorni.

L’andamento climatico in Italia degli ultimi 2 decenni

Negli ultimi due decenni, l’Italia ha vissuto un incremento costante delle temperature, una tendenza che riflette il più ampio fenomeno del cambiamento climatico globale. Questo aumento delle temperature non è solo una statistica preoccupante, ma ha avuto e continua ad avere un impatto significativo sul clima, sull’ambiente e sulla vita quotidiana degli italiani.

L’Aumento delle temperature in Italia

Dal 2003 al 2023, le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 1,5°C, un dato allarmante che colloca il Paese tra quelli europei maggiormente colpiti dal riscaldamento globale. Secondo i dati dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), ogni anno degli ultimi venti è stato più caldo della media rispetto agli anni precedenti il 2000. Questo trend di riscaldamento ha portato a ondate di calore più frequenti, intense e prolungate.

Ferragosto: le ondate di calore più intense

Il Ferragosto è una festività profondamente radicata nella cultura italiana, un giorno dedicato al riposo e alle attività all’aperto. Tuttavia, negli ultimi anni, questa giornata è stata spesso caratterizzata da temperature estremamente elevate, rendendo difficile godere delle tradizionali attività all’aperto senza rischiare problemi di salute.

Di seguito, una panoramica dei Ferragosto più caldi degli ultimi venti anni:

  • Ferragosto 2003: Questo è stato uno dei Ferragosto più caldi di sempre. L’ondata di calore che ha colpito l’Italia in quel mese ha visto temperature che hanno superato i 40°C in molte regioni. In particolare, a Firenze si sono raggiunti i 42°C, a Roma 40°C, e a Bologna 41°C. Questa ondata di calore fu parte di un’estate eccezionalmente calda in tutta Europa.
  • Ferragosto 2017: Un altro Ferragosto da record con temperature che hanno toccato i 42°C a Catania, 41°C a Bari e 40°C a Napoli. L’intera penisola è stata avvolta da una bolla di calore proveniente dal Sahara, che ha reso quell’estate una delle più calde degli ultimi decenni.
  • Ferragosto 2021: Le temperature hanno raggiunto livelli record in diverse parti d’Italia, con il termometro che ha toccato i 48,8°C a Siracusa, in Sicilia, il 12 agosto, pochi giorni prima di Ferragosto. Anche se questo valore è stato registrato qualche giorno prima, ha caratterizzato tutta la settimana ferragostana. Altre città come Palermo e Cagliari hanno registrato temperature intorno ai 42°C.
  • Ferragosto 2022: Anche quest’anno ha visto temperature molto elevate, con picchi di 43°C a Foggia, 41°C a Palermo e 40°C a Roma. L’intera settimana di Ferragosto è stata segnata da temperature superiori ai 38°C in molte parti del Paese, rendendo l’aria difficile da respirare e aumentando il rischio di incendi.

Impatti sull’ambiente e la società

L’aumento delle temperature estive, specialmente durante il periodo di Ferragosto, ha avuto impatti significativi su vari aspetti della vita in Italia. Gli incendi boschivi sono diventati più frequenti e difficili da controllare, specialmente nelle regioni meridionali. La siccità è diventata un problema cronico, mettendo a rischio l’agricoltura e le riserve idriche del Paese. Inoltre, le ondate di calore hanno portato a un aumento delle malattie legate al caldo, in particolare tra le persone anziane e vulnerabili.

L’aumento delle temperature in Italia negli ultimi venti anni è un segnale chiaro e preoccupante del cambiamento climatico in atto. I Ferragosto sempre più caldi sono un esempio tangibile di come il clima stia cambiando, con conseguenze che vanno ben oltre il disagio personale. Mentre le politiche ambientali a livello globale e locale cercano di mitigare questi effetti, è evidente che il clima in Italia sta cambiando, e con esso anche le abitudini e le precauzioni che gli italiani devono adottare per affrontare un futuro sempre più caldo.

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Ambiente

Agenda 2030, sostenibilità ambientale: ecco come impegnarci

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La sostenibilità ambientale è uno dei goals previsti nell’Agenda 2030. Tale documento evidenzia obiettivi molto importanti tra cui, porre fine alla fame nel mondo, dire stop alla violenza sulle donne etc …

Nelle scuole italiane e non solo sono stati avviati progetti per arrivare ai traguardi preposti.
Negli ultimi anni, l’obiettivo della sostenibilità ambientale ha visto una maggiore consapevolezza individuale e collettiva.

All’interno di molte scuole, sono state programmate diverse attività tra cui, insegnare la raccolta differenziata, organizzare gite guidate presso inceneritori e impartire lezioni o laboratori di educazione civica e ambientale da parte dei docenti.

Ogni proposta ha rappresentato la possibilità di rendere i ragazzi e gli adulti maggiormente consapevoli di alcune problematiche legate al nostro pianeta: dalla deforestazione, alle banche di plastica che osteggiano la pulizia dei nostri mari, al riscaldamento globale fino ad arrivare alla totale trasformazione del territorio mondiale.

Molte di queste problematicità, causate principalmente dall’agire umano, vengono studiate non solo dalla scienza, ma anche dalla geografia. Siamo in un mondo globale in cui la questione ambientale e le sue possibili modifiche future preoccupano gli studiosi.
Per tale motivo il concetto di sostenibilità dell’ambiente è un argomento che sta molto a cuore agli esperti e non solo.

Tuttavia, sono nate diverse occasioni per evitare una totale inaccuratezza da parte dell’uomo. Pertanto, per sviluppare una maggiore sensibilità di fronte alla cura costante e attiva del nostro ambiente sono state previste diverse iniziative, partendo proprio dal comportamento dei cittadini stessi:

  • periodicamente si svolgono numerose campagne ambientali per sviluppare una corretta raccolta differenziata da parte dei singoli Comuni, Regioni e Stati;
  • ogni città al suo interno ha organizzato incontri in cui vengono spiegate le diverse fasi di raccolta dei rifiuti;
  • si sono definite regole precise per mantenere pulite le città;
  • di tanto in tanto ogni regione predispone seminari o incontri a tema su come incentivare l’uomo a rendere sempre più vivibile l’ambiente in cui abita;
  • molte scuole hanno sviluppato ricerche e sondaggi, tramite esperti del settore, per sensibilizzare i giovani e gli adulti a far fronte a questa urgenza di “pulizia” all’interno degli ambienti in cui si vive;
  • si organizzano, inoltre, convegni internazionali sulla sostenibilità ambientale e su eventuali nuove tecniche di intervento.

In generale, dalle scuole, alle diverse associazioni e al governo si è trattato l’argomento sulla sostenibilità, ponendo questi obiettivi come primari e improrogabili per “risistemare” il nostro pianeta.

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