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Cronaca

YARA GAMBIRASIO: LA PUBBLICA GOGNA NON SERVE A NESSUNO

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Tempo di lettura 3 minutiSe Bossetti sia colpevole o innocente lasciamolo decidere al tribunale.

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Di D.R.

Dalla casa circondariale di Bergamo Massimo Bossetti continua ad urlare la sua innocenza. Ma è un urlo che resta strozzato in gola, che si perde tra le voci di chi ha già deciso sulla colpevolezza o meno del muratore di Mapello.
Massimo Giuseppe Bossetti, arrestato il 16 giugno scorso per l’omicidio di Yara Gambirasio, è ormai recluso da più di 100 giorni. Tre giorni fa in carcere ha ricevuto la visita del figlio maggiore Nicolas, mentre nei mesi precedenti già presenziarono la moglie Marita Coma, la madre Ester Arzuffi , il padre anagrafico Giovanni e la sorella Laura. Al figlio sembra aver detto “Tornerò presto a casa”, riferendosi probabilmente all’appello che i suoli legali hanno fatto presso il Tribunale per la libertà di Brescia, dopo che il gip di Bergamo aveva respinto la richiesta di scarcerazione.

I MOTIVI DEL RESPINGIMENTO
I gravi indizi di colpevolezza che insistono sull’accusato e il pericolo di reiterazione del reato hanno convinto il gip ha trattenere Bossetti in quel di Bergamo. Ma i “gravi indizi” sono davvero così gravi? Analizziamoli insieme.

IL DNA
Bossetti è stato arrestato lo scorso 16 giugno dopo che in seguito ad un banale controllo con l’etilometro si è appurata la corrispondenza tra il dna del Bossetti e quello dell’Ignoto 1. Fino ad allora infatti le forze dell’ordine erano riuscite ad isolare dal cadavere della tredicenne di Brembate una traccia di Dna che, in seguito a complicate analisi e ricerche sul campo, era risultato corrispondere alla traccia genetica di un tale Giuseppe Guarinoni, autista di Gorno. Dalle indagini degli investigatori è poi risultato come il dna dell’autista fosse compatibile con quello di Bossetti e della madre. Da tutto ciò è stato dedotto che la madre di Bossetti, adesso 67enne, ha avuto in passato una relazione con il Guerinoni, dal quale ha poi avuto un figlio: Massimo, appunto. Di pochi giorni fa la notizia che tra l’altro anche i due fratelli di Bossetti sarebbero figli illegittimi del padre Giovanni, dal momento che il dna non corrisponde; questa notizia ha fatto così crollare il castello di bugie costruito dalla madre di Bossetti, la quale ha sempre dichiarato di non aver avuto alcuna relazione con Guerinoni, o con altri uomini in generale.

LA CELLA TELEFONICA DI VIA NATTA DI MAPELLO
Data per certa (o quasi) la corrispondenza tra il dna di Bossetti e quello rinvenuto sui leggins e gli slip di Yara, resta però da chiarire come questo sia finito sul corpo della ragazza, domanda alla quale il muratore di Mapello, che continua a dichiararsi innocente, non sa rispondere. Altro indizio che rischia di compromettere Bossetti è l’aggancio alla cella telefonica di via Natta di Mapello (BG) intorno alle 17.45 del 26 novembre 2011, lo stesso lasso temporale in cui la cella veniva agganciata dal telefonino di Yara prima della scomparsa.

ALTRI INDIZI
Altri indizi che pregiudicano Bossetti sarebbero la presenza di un video in cui si nota un furgone compatibile con quello del muratore che sfreccia nell’ora e nella zona in cui la tredicenne scomparve, e poi la presenza nell’apparato respiratorio della ragazza di tracce di calce, riconducibili al luogo e al lavoro di Bossetti.
Può non essere vero che tre indizi fanno una prova, come invece sosteneva Agatha Christie, ma qui gli indizi sono quattro. Per quanto siano deboli o confutabili, l’evidenza dice che l’indiziato numero uno è giustamente Bossetti. “L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti” recita l’articolo 192 comma 2 del codice di procedura penale. Vero, verissimo. Probabilmente non saremo in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti, ma far finta di niente e continuare a professare l’innocenza di Bossetti per partito presto non è sintomo di grande correttezza. Così come non lo è giudicarlo già colpevole. Per questo ci troviamo qui a voler fare da avvocato del diavolo, contro tutto e tutti, con lo spirito contraddittorio che ci guida nel voler confutare l’una o l’altra ipotesi. Perché quello di Yara è un caso intrigato e complicato, in cui la componente emotiva non può però prendere il sopravvento su quella razionale. 

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