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Redazione
Acquistavano ville, yacht e auto di lusso appropriandosi delle ritenute previdenziali dei dipendenti. Sono piu' di 2mila le vittime del network criminale di societa' "apri e chiudi" stroncato dalla Guardia di finanza, che ha accertato una frode fiscale da oltre 45 milioni di euro.
Le fiamme gialle del Comando provinciale di Roma e i colleghi di altre 10 province hanno eseguito nel Lazio e in Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Campania sequestri di conti correnti, quote societarie e beni immobili per un valore di oltre 22 milioni di euro. Gli 8 indagati dovranno rispondere a vario titolo di frode fiscale, riciclaggio, appropriazione indebita, distruzione delle scritture contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L'organizzazione criminale, basata su una rigida suddivisione dei ruoli, aveva al vertice 4 soggetti di origine campana, amministratori di aziende di rilevanti dimensioni con appalti su tutto il territorio nazionale per la fornitura di manodopera (facchini, operai, operatori di call center), arrivati a gestire piu' di 2mila addetti. "Lo schema fraudolento – spiegano gli investigatori – era quello di creare, avvalendosi di teste di legno, cooperative e s.r.l. con una 'vita media' di tre o quattro anni, fatturando regolarmente i ricavi ma 'dimenticandosi' di versare qualsiasi tipo di imposta (Iva, Ires, Irap, ritenute d'acconto, contributi Inps e oneri sociali), frodando cosi', non solo il fisco per 45 milioni di euro ma anche migliaia di lavoratori". Alla maxi evasione fiscale, realizzata anche attraverso societa' con sede in Gran Bretagna, si e' affiancato, infatti, "lo spregiudicato 'saccheggio' di contributi previdenziali operati e non versati, per un totale di 4 milioni di euro, successivamente illecitamente investiti nell'acquisto di 41 terreni, yacht, auto di lusso ed immobili di pregio – sparsi tra la Toscana, l'Emilia Romagna, la Campania e il Veneto – intestati a prestanome ma, di fatto, pagati mediante assegni circolari emessi dalle societa' coinvolte nel sistema". Un sistema, illecito quanto redditizio, che era in grado di sbaragliare la concorrenza grazie a prezzi altamente competitivi e a mettere l'organizzazione in posizione di vantaggio grazie a tariffe nettamente inferiori alla media di settore. Gli elementi raccolti dai militari della Compagnia di Fiumicino in oltre due anni di indagini – coordinate dal procuratore della Repubblica di Civitavecchia, Gianfranco Amendola e dal sostituto procuratore, Lorenzo del Giudice – hanno consentito al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Civitavecchia di emettere un provvedimento di sequestro preventivo, nella forma "per equivalente", di beni mobili, conti correnti, 41 immobili e terreni per un valore complessivo di oltre 22 milioni. Con i beni sotto sequestro, quanto meno i conti con l'amministrazione fiscale potranno essere parzialmente saldati.
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