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Redazione
Viterbo – “La legalità è centrale nella tenuta della salute della democrazia”. Questo il messaggio principale lanciato questa mattina al Cinema Teatro Genio dal giudice Giuseppe Ayala, invitato dagli studenti del liceo scientifico “Paolo Ruffini” di Viterbo a partecipare alla loro assemblea d’istituto. Magistrato ed ex parlamentare, Ayala è stato pubblico ministero al maxiprocesso di Palermo di fine anni ’80, alla cui fase istruttoria lavorarono i suoi colleghi, stretti collaboratori e amici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi dalla mafia insieme a Francesca Morvillo e agli agenti della scorta nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio nel 1992. Davanti a centinaia di studenti attenti e desiderosi di porre domande al magistrato – che ha parlato anche del suo ultimo libro, “Troppe coincidenze” (2012), seguito al più noto “Chi ha paura muore ogni giorno” (2009) -, Ayala ha raccontato gli episodi salienti della sua carriera di uomo al servizio dello Stato, esortando i giovani a diventare “una generazione di adulti migliori, capaci di governare un Paese più vivibile e gestibile”.
All’iniziativa degli studenti del “Ruffini” ha partecipato il presidente della Provincia di Viterbo, Marcello Meroi, insieme alla dirigente scolastica dell’istituto, Maria Antonietta Bentivegna. “Ringrazio il dottor Ayala, un magistrato che ha dedicato vita al servizio delle istituzioni, per la sua presenza qui oggi a confronto con tanti giovani del nostro territorio – dichiara il presidente Meroi -. In un momento estremamente difficile come quello che sta vivendo il nostro Paese, sono lieto della capacità dei nostri ragazzi di organizzare simili momenti di riflessione. Parlare di mafia, ma anche e soprattutto del valore del rispetto delle regole per una convivenza civile in un’organizzazione democratica, è un segnale positivo di grande sensibilità verso i temi della legalità e del senso dello Stato”.
“Ringrazio Giuseppe Ayala perché ha fatto tantissimo per combattere la mafia – aggiunge –, ha svolto il suo lavoro di magistrato in maniera corretta, con la serietà di chi cerca sempre la verità basandosi su fatti concreti, non sui teoremi. Io e il senatore Ayala siamo stati colleghi in Parlamento, seppur su fronti opposti, e devo dire che ho sempre apprezzato la sua correttezza professionale. Qualità che purtroppo, e lo dico con un velo di polemica, non tutti i suoi colleghi hanno mostrato. Grazie, dunque, perché ancora oggi Ayala continua a mettere la sua esperienza al servizio dei più giovani affinché continui a diffondersi la consapevolezza che il fenomeno mafia non può essere ricondotto alla sola Sicilia e che si può combatterlo ovunque con la legalità. La battaglia del giudice Ayala – conclude Meroi – è la battaglia di tutti gli italiani onesti che credono nella legalità”.
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