Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
di Giovanni Faperdue
Lo stato della "callara" del Bullicame mi da il destro per pubblicare un brano del mio libro "Il Tesoro dei Viterbesi", dove si narra di un pozzo scavato nelle vicinanze del pozzo S. Valentino. Vi invito a leggerlo, è istruttivo.
I TAPPI DEL BULLICAME
Nel periodo che va dal luglio 1951 al marzo del 1953, la Società Terni compì una serie di sondaggi e trivellazioni all’interno del nostro comprensorio Termo-minerale per uno studio approfondito e specifico sulle forze endogene del bacino del Bullicame.
Un giorno, forse si era nel 1975, ebbi come compagno di uno dei miei viaggi quotidiani per Roma, il prof. Fernando Montemari. Ricordo che eravamo entrambi in piedi sulla superaffollata corsa “Rapida” per la capitale e conversammo piacevolmente per tutto il viaggio. Egli, persona eccezionale, purtroppo immaturamente scomparsa, mi raccontò tra l’altro, anche un episodio, non riportato nei libri da me consultati, che accadde durante i lavori di trivellazione operati dalla Soc. Terni.
Una sonda, installata all’interno del perimetro militare aeronautico, perforò la protezione di travertino di uno dei condotti principali del bacino del Bullicame; immediatamente si produsse il boato di una sorda esplosione, mentre l’acqua che fuoriusciva, con una pressione mai sospettata, travolgeva e abbatteva il traliccio della Soc. Terni, che fortunatamente, non era in quel momento presidiato dagli operai.
Tutta la zona, ben presto, fu coperta da una fitta nebbia dal penetrante odore di uova sode e, nello stesso istante, la caldaia del Bullicame si asciugò completamente, (come risucchiata dalla sete di un terribile drago, annidatosi nelle sue viscere).
Quanto si era verificato costrinse i tecnici della Soc. Terni a studiare immediatamente tutte le possibilità, certamente non semplici, per richiudere la grossa falla e si pensò subito ad un enorme tappo in cemento armato, da inserire a forza nel grosso foro, e da fissare poi con una serie di viti e bulloni. E così, dopo pochi giorni fu fatto, con molta fatica.
Subito dopo la chiusura della falla, la caldaia del Bullicame (forse perché il drago si era dissetato?) si riempì di nuovo; le sue acque ripresero a “bollire” ed il suo aspetto tornò quello di sempre. Questo fenomeno confermò l’interdipendenza di tutte le fonti del bacino.
Il prof. Montemari, mi raccontava anche che tutta la vegetazione spontanea, dopo la “cottura”, operata dal getto irruente e caldo delle acque fuoriuscite, aveva assunto aspetti inconsueti e quasi extraterrestri. Gli aghi del ginestrone, ad esempio, erano diventati di colore violetto e ognuno di essi si era gonfiato assumendo dimensioni inusitate e mai viste.
Passarono solo pochi giorni ed il tappo, improvvisamente, saltò in aria più o meno come quello che, in un noto spot pubblicitario, finisce sull’ombelico della bellissima Naomi, (con la sola differenza che qui non c’era una festa) e la Soc. Terni dovette inserire a forza una altro manufatto di cemento ancora più grande e serrarlo in un modo più sicuro. Dopo questo secondo intervento, il tappo non ha più dato notizie di sé: la qual cosa lascia tranquilli tutti i viterbesi.
Correlati