Viterbo
VITERBO E PROVINCIA: TRA MITI, FIABE, LEGGENDE E STORIA – “IL LAGO RESTITUISCE L’AGONIA DI AMALASUNTA”
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11 anni agoon
Mentre il lago di Bolsena restituisce i lamenti della regina inquieta, spirito senza pace, che dal profondo della sua sepoltura attende invano il soccorso del suo Tomao, le tante Amalasunta del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole aspettano che si smetta di inventare neologismi e sparare slogan vuoti. Qualcuno si dedichi, invece, a condurre un esame serio del fenomeno, cercando di capirlo e di proporre veri rimedi.
Rubrica settimanale di Emanuel Galea [ Già pubblicata sull'edizione de L'osservatore d'Italia sfogliabile di sabato 24 maggio 2014 – per consultare www.osservatoreitalia.com ]
di Emanuel Galea
Viterbo – Per comprendere meglio il segreto che cela l’isola Martana, occorre innanzitutto non aver dubbi che Amalasunta, regina degli Ostrogoti, sia venuta a mancare per morte violenta nel 535 d.C. Questa premessa è importante. La sua morte, infatti, è legata alla storia dell’isola Martana e più propriamente al lago di Bolsena. All’isola Martana si lega anche il nome di Santa Cristina, martire e patrona di Bolsena. Le spoglie della santa furono seppellite sull’isola nel 410 d.C. per evitarne lo scempio da parte degli invasori Barbari.
Amalasunta fu data come moglie a Eutarico, appartenente alla famiglia Amali nel 515 d.C. Il matrimonio non ebbe fortuna perché solo dopo sette anni, nel 522 d.C. Amalasunta rimase vedova con due figli a carico, Atalarico di soli cinque anni e Matasunta.
Divenne reggente del regno degli Ostrogoti a nome del figlio Atalarico nel 526 d.C. anno della morte di suo padre, il re Teodorico. Essendo fortemente incline alla cultura romana e discreta conoscitrice della lingua latina e greca , curò particolarmente una politica di buoni rapporti tra Goti, Romani e Bizantini. La sua ostentata simpatia verso i romani e un appariscente disinteresse verso i Goti gli fecero perdere la solidarietà di una parte della nobiltà ostrogota , che successivamente le costò la sottrazione dell'educazione del figlio. Amalasunta reagì irresponsabilmente, bandendo, e successivamente facendo uccidere, tre dei capi sospettati di aver cospirato contro di lei . Da questo istante in poi iniziò il suo declino fino alla tragica fine. Alla morte del figlio, avvenuta il 2 ottobre del 534 d.C, Amalasunta divenne regina a tutti gli effetti e associò al trono il cugino Teodato, cercando di ingraziarsi gli ostrogoti. I Goti a lei ostili sospettavano invece che Amalasunta intendesse sposarsi con un altro nobile Goto, eliminando il figlio dalla successione per governare direttamente l'Italia.
Amalasunta cadde vittima, quindi, di un complesso gioco politico fatto di misteriose sfaccettature e intrighi di palazzo. Si sospetta, che allora si tennero dei contatti segreti tra Giustiniano I e Teodato , complottando prima per l’imprigionamento e poi per la sua relegazione sull’Isola Martana. Durante la prigionia, la regina e il guardiano dell’isola, Tomao, s’innamorarono perdutamente. Il fatto non sfuggì a Teodato che non si fece scappare l’occasione per liberarsi dalla regina. Approfittando dell’assenza temporanea del guardiano amante Tomao dall’isola, Teodato ordinò che venisse prima strangolata nel bagno, dai parenti di quei Goti di cui ella aveva ordinato l’uccisione, e poi gettata nel lago, dal lato molto scosceso che precipita a picco nell'acqua. I rintocchi delle campane del Convento di S. Stefano sull’isola, in quell’istante, sancirono il tragico evento.
Un uomo cresciuto e vissuto nelle vicinanze di quel luogo narra una sua esperienza notturna sul lago: “Quella notte – racconta la luna illuminava il lago a giorno e il lato scosceso dell’isola, quella parte a strapiombo, rifletteva i dolci rullii della barca mossa da una leggera brezza. Eravamo usciti per una pesca notturna e seguimmo la scia argentata della luna sulle acque mentre sulla prua ci faceva luce una lanterna a petrolio. Mezzanotte era passata da più di due ore e, soddisfatti della ricca pesca, riassestammo gli attrezzi e ci preparavamo per ritornare a riva .Tutto avvenne in un attimo. Un branco di pesci, come spaventati, fuggiva seguendo la scia della luna, le acque attorno a noi si agitavano, si alzava un vento inconsueto e l’ombra della barca riflessa su quella parete a strapiombo, segnava sinistri movimenti. Il vento che si era alzato portò dall’altra isola i rintocchi delle campane della Chiesa di S. Cristoforo e lì per lì tutto mi pareva un sogno. Un urlo straziante si levò dalle acque e una grossa carpa schizzò da sotto la barca e sparì immediatamente nel buio”. Terminato il suo racconto, si poteva notare ancora lo sgomento impresso sullo sguardo dell’uomo. Egli è fermamente convinto che l’episodio di quella notte fu realmente vissuto. Non è l’unico a pensarla così.
I pescatori locali e molta gente del luogo sostengono che nei giorni di tramontana e ad una certa ora, là, dove fu gettato il corpo di Amalasunta, in una chiazza di acqua rossastra si formano tante bollicine e da lì salgono le urla straziate dell’amante infelice, quasi per implorare il perduto amore.
Altre grida soffocate ingolfano i titoli dei telegiornali e le prime pagine della carta stampata. Sono le grida delle varie Amalasunta assassinate dagli ex mariti, ex fidanzati, ex conviventi, padri, fratelli e ahimè, persino dai propri figli. Molto triste costatare che la società non comprende né la portata né le cause scatenanti. Ci si illude di fermare il fenomeno creando il neologismo “femminicidio”. Uno slogan, uno spot che va bene per i titoli dei giornali ma che a nulla contribuisce per la risoluzione del fenomeno. Le fiaccolate, le proteste e i grandi cortei con enormi striscioni urlati: “Basta con il femminicidio, basta con la discriminazione e violenza di genere” possono soddisfare le piazze, rimangono tuttavia lontanissime dall’avvicinarsi al problema. Sulla stessa scia populista segue il legislatore con leggi “anti-femminicidio”, parole vuote che non dicono niente, non lambiscono di un solo millimetro, anche loro, il fenomeno.
Quale studio serio, ricerca approfondita, è stata mai fatta per cercare di spiegare e capire veramente cosa sia all’origine del fenomeno? Dietro ognuno di quei femminicidi , quale tipo di rapporti, come sono originati, in quale situazione? A cosa si addebita l’aggravarsi del fenomeno? Valori, etica, certezza della pena c’entrano in questo fenomeno? Possano entrare in qualche modo rapporti affrettati, mal assortiti e costruiti sull’effimero?
Mentre il lago di Bolsena restituisce i lamenti della regina inquieta, spirito senza pace, che dal profondo della sua sepoltura attende invano il soccorso del suo Tomao, le tante Amalasunta del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole aspettano che si smetta di inventare neologismi e sparare slogan vuoti. Qualcuno si dedichi, invece, a condurre un esame serio del fenomeno, cercando di capirlo e di proporre veri rimedi.
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