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Viterbo

VITERBO E PROVINCIA: TRA MITI, FIABE, LEGGENDE E STORIA – “IL LAGO DI VICO E LA CLAVA DI ERCOLE”

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Tempo di lettura 4 minutiUna di queste leggende narra che un dì Ercole si trovava sui Monti Cimini alla ricerca delle ninfe Melissa e Amaltea.

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Rubrica settimanale di Emanuel Galea [ Già pubblicata sull'edizione de L'osservatore d'Italia sfogliabile di sabato 14 giugno 2014 – per consultare www.osservatoreitalia.com]

 

di Emanuel Galea

Provenendo da Viterbo, lasciandosi alle spalle Palanzana e Monte Cimino, ci si trova davanti ad una favolosa apparizione. Al di là della macchia verde di Monte Venere, si traspare sul fondo limpido del lago, come riflesso in uno specchio, il lembo di terra più vicina all’Eden, presieduta dagli dei. Qui la dea greca Gaia, madre della terra, è stata più che prodiga nel donare a questa regione la campagna più bella del mondo, ricca di vigneti, uliveti, querce, grano, noceti, terrapiani, rocce e corsi d’acqua.

Ahimè, pochi di noi sono ancora capaci di stupirsi, di meravigliarsi davanti all’aprirsi della natura. Sovente tutte le bellezze, tutto il fascino, si perdono nella nostra pigra memoria e spesso e volentieri ci lasciamo battere dalle consuetudini. Solo tardi, quando apriamo gli occhi ci accorgiamo che ci sarebbe tanto da scoprire ma, purtroppo, non sono molti coloro che riescono ancora a giovarsi, come si dovrebbe, dell’eredità che sepolta, giace sotto la nostra incuria quando poco ci vorrebbe per farla rinascere. Manca il gusto della scoperta, della ricerca, di nuovi e più vivi motivi poetici.

Il lago di Vico sprigiona questo incanto poetico. Qui la natura è dolce e armoniosa. In tempi remoti, i più bei nomi della poesia e della prosa inglese e non solo, come Byron, Shelley, Forsyth e lo stesso grande della letteratura Charles Dickens, non hanno saputo resistere al suo fascino.

Riportiamo qui appresso quanto ha voluto annotare nelle sue “Pictures from Italy”, diario di viaggio scritto da Charles Dickens nel 1846, in elogio di questi parti dell’alto Lazio. Non ci sentiamo di sposare la sua tesi sulla nascita del lago di Vico perché la troviamo, anche se molto suggestiva, priva di  fantasia e poi perché crediamo,  Dickens sia incorso in un errore, confondendo la città scomparsa con Sabazia del lago di Bracciano. Comunque sue annotazioni dell’epoca sono una testimonianza dell’interesse che gli stranieri ebbero  in questo lembo di terra ammantato di miti e leggende.

Annota nel suo diario di viaggio succitato,  il Dickens: “ sorgeva in tempi remoti una città. Un giorno essa venne inghiottita, e in sua vece quest’acqua sgorgò. Antiche tradizioni, comuni a molte parti del mondo, affermano che talvolta si poteva scorgere sul fondo, quando le acqua erano chiare, la città diruta. Comunque possa questo essere avvenuto, resta il fatto che essa disparve in questo punto dal globo.  La terra si sollevò al di sopra di essa e le acque pure, gorgogliando; e qui sono rimaste, simili a fantasmi, al quale l’altro mondo è rimasto di un tratto precluso, senza possibilità di rientrarvi. Tanto da sembrare in attesa del prossimo terremoto (1) che avverrà in questa località nel futuro corso dei secoli, quando esse scompariranno al di sotto della superficie terrestre, al suo primo spalancarsi, per non farsi vedere mai più”.

La leggenda della città fantasma di cui ancora nessuno è riuscito a individuare le tracce, inghiottita misteriosamente da madre natura a cui si riferisce il Dickens, non la sposiamo. Piuttosto siamo più inclini ad accettare l’altra leggenda che attribuisce la nascita del lago di Vico alle gesta del semidio Ercole.

In altri racconti, in questa stessa rubrica,  vedi l’uscita de L’Osservatore d’Italia dello scorso 12 aprile “Le Streghe di Montecchio scendono in città”, abbiamo cercato di spiegare che dopo la distruzione di Troia, molti dei suoi abitanti si trasferirono in questi parti dell’alto Lazio. Con loro hanno portato miti, riti e leggende. Con il trascorrere degli anni, i miti e il fascino delle antiche leggende si sono radicati in queste terre.

Una di queste leggende narra che un dì Ercole si trovava sui Monti Cimini alla ricerca delle ninfe Melissa e Amaltea.

La gente del luogo lo osservava e affascinata dal suo aspetto fisico, gli chiese di dare una dimostrazione della sua forza. Forse infastidito dalla loro licenziosità, Ercole scagliò la sua clava con tutta la sua forza, conficcandola nel terreno, giù per il declivio. Poi, con altrettanto tono di altezzosità, invitò i presenti a estrarla dal terreno.

Vane i tentativi della gente del luogo. Tutti hanno voluto misurare la loro forza e tutti hanno fallito.  Uomini nerbuti, muscolosi, gagliardi e presuntuosi. Tutti fallirono il tentativo. Nessuno di loro era riuscito a smuovere la clava di un’unghia. Venne la sera e le ombre si allungavano nella campagna.  Fra poco il buio avrebbe coperto valle e monte. Toccava al semidio fornire la prova della sua forza, richiesta da quella gente.

Ercole decide. Si muove. Intorno a lui si fa il vuoto. A passi lenti ma decisi scende dal declivio e si dirige verso la clava ancora fissata nel terreno. Si ferma, si gira, guarda gli astanti dritto negli occhi.  La gente si ammutolisce, osserva il semidio con reverente silenzio. Lui ora si ferma davanti alla clava, la impugna, si rivolge ancora una volta verso gli astanti e poi, con uno strappo fermo e violente, incurante di calibrare il suo impeto, sradica la clava dal terreno.

Un sussurro e poi un urlo. Ercole brandisce la clava in alto e poi, da sopra il monte, la gente esalta, grida, urla, mentre dal foro, dove poco prima era conficcata la clava, ora sgorgano fiumi d’acqua, tanta acqua che scorre per i prati e il foro ora sembra una voragine.

La gente che non assisteva alla prodezza di Ercole, la mattina dopo, passando di là, al posto della macchia verde, dove Ercole scaglio la clava, ora c’è,  e ci sta tutt’ora il lacus ciminus, cioè come lo conosciamo oggi8, il lago di Vico.

.Quanto a questa leggenda, ci ha raccontato il lato poetico di questo “Eden”. Purtroppo la prosa ci fa scendere dall’olimpo per poggiare i piedi per terra, per svegliarci dai bei sogni . La prosa ci riporta alle reali origini geologiche di questo lago, alle cariche di esplosioni formando la cavità vulcanica che, pioggia, corsi d’acqua e fiumi carsici hanno completato l’opera. 

Di questo lago si riconosce il primato del lago con il livello più alto sopra la superficie del mare, di fatti il suo livello segno 507 metri sul mare, record assoluto tra tutti i laghi d’Europa , immerso nella campagna più bella del mondo.

(1) Nel 1350 ci fu un forte terremoto nel viterbese