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Gennaro Giardino
Viterbo – Viterbo è la provincia del Lazio che tra il 2012 e il 2013 ha registrato il più alto aumento del tasso di disoccupazione. In un solo anno, nella Tuscia, la disoccupazione è aumentata del 2,6% attestandosi attorno al 15,6%”. A dichiararlo è Giancarlo Turchetti, Segretario Generale della Uil Viterbo, a partire dai dati resi noti dall’Unione Italiana del Lavoro nel rapporto “No PIL? No Job”. Seguono le province di Frosinone (+2,5%), Latina (+2,1%), Rieti (+1,8%) e Roma (+1,3%).
Un incremento allarmante – prosegue Turchetti – se si considera che dal 2008 al 2013 l’incremento del tasso di disoccupazione è stato del 5,5%. Aumentano anche le persone in cerca di occupazione: 21mila in tutto con un +61,5% rispetto al 2008 e un +23,5% rispetto invece al 2012. Una situazione – sottolinea il Segretario Generale della Uil Viterbo – che si riflette pesantemente sull’occupazione giovanile sempre più vicina al 50%. In soli 6 anni i giovani che hanno perso il lavoro o non lo trovano affatto sono aumentati del 20,6% attestandosi attorno al 48% di disoccupazione giovanile. Una crisi – conclude Turchetti – sempre più allarmante che sta ridisegnando il rapporto tra le persone e la propria comunità, tra lavoratori e imprese, tra imprese e istituzioni”.
La UIL – spiega il Segretario Confederale UIL Guglielmo Loy – crede fortemente che un ‘buon cambiamento’ non possa prescindere da due fattori fondamentali: il lavoro e l’inclusione sociale. Lavoro per il maggior numero di persone, lavoro di qualità e che garantisca certezza di reddito; inclusione sociale come condizione per evitare che il cambiamento ‘lasci per strada’ i più deboli. Obiettivi, oggi, apparentemente lontani, ma che vanno perseguiti con forza anche attraverso politiche attente alle reali condizioni economiche, allo sviluppo sociale e produttivo delle tante realtà territoriali che compongono il tessuto del Paese. Politiche che non possono prescindere da come la crisi ha colpito il ‘lavoro’ nella sua quantità (occupati, disoccupati, inattivi), nella sua qualità (lavoro stabile o a tempo determinato) e nella protezione dal rischio di perderlo per i processi di ristrutturazione aziendale (cassa integrazione)”.
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