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VIRUS ZIKA: IN ITALIA 4 CASI CURATI A ROMA E FIRENZE

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Tempo di lettura 2 minutiTre pazienti sono stati trattati allo Spallanzani

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Red. Salute

Roma e Firenze – Sono 4 i casi di contagio da virus Zika registrati quest'anno in Italia. Lo ha spiegato all'AdnKronos il direttore scientifico dell'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito, sottolineando comunque che «attualmente i pazienti stanno bene». Si tratta di 4 italiani rientrati dal Brasile nella primavera 2015. Tre pazienti sono stati trattati allo Spallanzani di Roma e uno a Firenze.

Il virus Zika (ZIKV) è un membro della famiglia di virus Flaviviridae, del genere Flavivirus, scoperto per la prima volta in Uganda nel 1947, nella foresta di Zika. Negli esseri umani provoca una malattia nota come "zika", "malattia Zika", o febbre Zika. Il virus è correlato alla dengue, alla febbre gialla, all'encefalite del Nilo occidentale e all'encefalite giapponese, tutte malattie provocate da virus membri della famiglia dei virus Flaviviridae. Il virus è trasmesso da numerose zanzare del genere Aedes, soprattutto Aedes aegypti e Aedes albopictus (zanzara tigre)

In Brasile si stimano da 440 000 a 1.300.000 casi all'anno (secondo dati relativi al 2015), mentre sono stimati casi autoctoni in Colombia, El Salvador, Guatemala, Messico, Paraguay, Porto Rico e Venezuela.[9] Inoltre, sempre in Brasile, al 18 gennaio 2016 sono stimati oltre 3500 casi di microcefalia nei neonati, a fronte dei 150 casi/anno registrati negli anni precedenti.

In viaggiatori statunitensi, di ritorno dai paesi dove è presente il virus, è stata riportata la positività sierologica all'infezione del virus Zika. Questi casi importati sono destinati ad aumentare e potranno di conseguenza comportare la diffusione locale del virus in alcune zone degli Stati Uniti. Il New York Times del 17 gennaio 2016 riporta del primo caso USA di microcefalia in un neonato, nato a Ohau nelle Hawaii, la cui madre ha vissuto in Brasile mesi prima il parto.

Ricercatori hanno analizzato integralmente il DNA dell'agente infettivo dimostrando un'alta omologia genomica tra il ceppo dell'America latina e il ceppo che ha circolato nel Pacifico tra il 2013 e il 2014

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