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Roma

VELLETRI, FEDERICO DI MEO: OMICIDIO IN ODORE DI MAFIA

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Tempo di lettura 3 minutiForse dietro potrebbe nascondersi un giro di droga, gioco d’azzardo, usura. Un simile giro e vortice nel quale finì “seccato” anche Luca De Angelis, noto gommista di viale Roma

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Chiara Rai

Velletri (RM) – Freddato con una serie di colpi di pistola in strada a Velletri. Sembrerebbe un regolamento di conti. Fatto sta che Federico Di Meo è stato ucciso la mattina del 24 settembre 2013 di fronte ad un supermercato al km 48 ai confini tra Velletri e Cisterna di Latina.

Un ragazzo, Federico di Meo, con precedenti penali. Secondo quanto emerso, sembra che l'uomo fosse in casa, a Cisterna di Latina in località Le Castella, e che sia stato attirato in strada dai killer con una scusa. Probabilmente una telefonata nella quale veniva chiesto all’uomo di raggiungere immediatamente suo padre in quanto un ufficiale giudiziario era entrato in casa del genitore. Di Meo era senza macchina in quel momento e avrebbe preso in prestito l’auto della donna di servizio.

Durante il tragitto che lo portava dal padre, la vittima è stata affiancata e fatta scendere dal veicolo. I due assassini avrebbero sparato sette colpi d'arma da fuoco e dopo l'omicidio sarebbero fuggiti a bordo di una moto grigia, una enduro. I genitori della vittima sarebbero titolari di un negozio di frutta a Cisterna. Nelle immediate vicinanze del luogo non risultano esserci telecamere, ma gli investigatori stanno tentando di individuare i due assassini anche attraverso le immagini di alcuni dispositivi di sorveglianza nelle strade limitrofe.

Che cosa c’è dietro la morte di Federico Di Meo? Debiti di gioco? A Velletri la notizia ha fatto immediatamente il giro dei caffè. Nella cittadina, forse la più popolosa dei Castelli Romani, alla fine ci si conosce un po’ tutti e non ci è voluto molto a sentire le indiscrezioni sul Di Meo. Sì, che sia stato un regolamento di conti si deduce dalla dinamica dell’omicidio. Forse dietro potrebbe nascondersi un giro di droga, gioco d’azzardo, usura.

Un simile giro e vortice nel quale finì “seccato” anche Luca De Angelis, noto gommista di viale Roma e da indiscrezioni, sembrerebbe conoscente di Federico Di Meo.

Pare che i due, anni fa, frequentassero gli stessi ambienti. De Angelis detto "‘O Gommista" fu assassinato da quattro colpi in faccia mentre rientrava nella sua villa la sera del 12 dicembre 2008. Per il delitto venne arrestato a suo tempo un quindicenne, figlio di un ristoratore che era stato trovato impiccato e con la lingua tagliata. Il ragazzo venne poi presto scarcerato.

Bische, usura e cocaina. Una conquista che quando viene messa a repentaglio da chi cresce in maniera spropositata finisce con dei colpi alla testa e dei corpi sanguinanti a terra.

Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra convivono insieme finché è possibile, fin quando uno non pesta i piedi all’altro. Ma in quest’area metropolitana non si esclude che sia la criminalità organizzata dell’area pontina ad averci messo la firma.

Luca De Angelis aveva un tenore di vita altissimo. Si parla auto di lusso, camper, moto appartamenti e terreni. L’omicidio di Federico Di Meo c’entra qualcosa con gli affari di cui si occupava De Angelis? Perché è stato ucciso in questo modo? Forse è un episodio strascico dell’inchiesta “New Deal” su un’associazione per delinquere dedita ad usura, estorsioni, traffico di stupefacenti, falsi, ben radicata nel territorio di Velletri e Lariano.

Nel 2010 fu infatti portata a termine dalla Compagnia dei carabinieri di Velletri l'operazione New Deal, che sgominò una prima associazione per delinquere che si stava espandendo in città: furono arrestate in quella circostanza 10 persone e ad altre due fu imposto l'obbligo di presentazione giornaliera alla Polizia Giudiziaria. Dopo la morte di Luca De Angelis prese le redini dell’usura una donna di 43 anni, ex collaboratrice e contabile de ‘o gommista.

A chi non poteva pagare, faceva stipulare una richiesta di finanziamento presso un autosalone dove, con la complicità dei titolari, la vittima era costretta a firmare una richiesta di finanziamento per un finto acquisto di auto. A redigere i falsi documenti, necessari per ottenere il prestito, provvedeva un professionista, titolare di un'agenzia assicurativa. Il denaro così ottenuto – di fatto truffando anche la società finanziaria che lo erogava – serviva alle vittime per pagare l'usuraia, l'autosalone e il falsificatore di documenti. Il debito, a quel punto, diventava una questione fra la vittima e la finanziaria. Alle vittime, secondo gli investigatori si sarebbe arrivato a chiedere anche il 1000% annuo di interessi.

Cosa nasconde il delitto di Federico Di Meo? Aveva forse pestato i piedi a qualche pesce grosso?

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