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Cronaca

Valentina Salamone: prima udienza del processo contro Mancuso

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Tempo di lettura 6 minutiNino Salamone: "Io voglio che paghi chi ha ucciso mia figlia”

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di Angelo Barraco
 
 
Catania “Io mi aspetto le cose giuste, che la giustizia faccia il suo corso e se è stato lui che venga condannato all’ergastolo. Io voglio che paghi chi ha ucciso mia figlia” sono queste le parole di Nino Salamone alla vigilia della prima udienza del processo contro Nicola Mancuso che si celebrerà davanti la Corte d’Assise il 23 febbraio. Mancuso è accusato di aver inscenato il suicidio di Valentina Salamone, 19enne trovata morta il 24 luglio 2010 in una villetta di Adrano. Il 32enne è stato rinviato a giudizio dal Gup di Catania nell’ottobre scorso,  il 4 marzo del 2013 è stato arrestato e successivamente scarcerato il 28 ottobre. L’uomo adesso è detenuto ed è stato condannato in secondo grado a 14 anni di reclusione per traffico di droga. L’uomo ha sempre gridato a gran voce la sua innocenza,  ma in questa torbida vicenda sono tante le ombre hanno sin da subito coperto la luce della verità. La morte di Valentina Salamone ha gettato nello sconforto una famiglia che oggi piange una figlia venuta a mancare prematuramente, un dolore lancinante  che lascia dietro di se uno strascico di incredulità e dolore condiviso da tutta la comunità che non ha mai creduto alla tesi del suicidio. Ci sono diversi elementi che riconducono ad una morte di tipo violento per mano di terze persone e che sin da subito hanno spazzato via quello che agli occhi di tutti voleva ben mostrarsi come un suicidio. Per gli inquirenti non ci sono dubbi, ad uccidere Valentina è stato Nicola Mancuso, sposato con tre figli che aveva una relazione con la giovane. Droga, alcool e un festino sopra le righe in una villa dove l’abuso era l’unica regola, è questo lo scenario che emerge dai racconti degli amici di Valentina resi agli investigatori, ma la 19enne non faceva uso di droga ed era pulita, e si teneva ben lontana da quel mondo di perdizione e autodistruzione e lo confermano anche gli esami medico-legali sul cadavere che hanno escluso che la giovane quella notte avesse assunto droga né tantomeno sostante psicotrope. Secondo il racconto degli amici, Valentina giunge alla festa con due amiche, durante il tragitto però una di loro manifesta il desiderio di sniffare cocaina, tale richiesta avrebbe fatto innervosire Valentina. Arrivati alla villetta i ragazzi presenti consumano un cospicuo quantitativo di alcool e sniffano cocaina in quantità ingenti e dalle testimonianze emerge inoltre che ci sarebbe stato un litigio tra Nicola e Valentina e secondo quanto dichiarato dai ragazzi, alcuni di loro, tra cui lo stesso Nicola, decide di andare a sniffare altrove lasciando Valentina da sola in villa poiché non sarebbe stata d’accordo con l’idea del gruppo di andare a consumare droga, in seguito  il suo corpo verrà rinvenuto privo di vita e  impiccato ad una trave. Ma è una morte strana quella di Valentina poiché sin da subito la tesi del suicidio viene spazzata via da elementi concreti che lasciano presupporre uno scenario ben diverso contornato da elementi che fanno emergere chiaramente la messa in atto di un depistaggio. Una morte ancora avvolta da una fitta cortina di mistero, uno su tutti riguarda il tranquillante rinvenuto all’interno della sua borsa, ma Valentina non faceva uso di tranquillanti: chi ha messo quella sostanza all’interno della borsa? Perché? Il giorno dopo la sua morte le amiche si sono recate presso la villa in cui si era consumato il festino a base di Alcool e droghe e  in cui era stato rinvenuto il corpo senza vita della loro amica, hanno avuto accesso libero alla villa e hanno ripulito tutto: perchè? La prova regina che ha incastrato Nicola Mancuso riguarda la presenza di tracce di sangue rinvenute sotto la scarpa di Valentina poichè sono state rinvenute tracce  che risultano appartenere a lui. Ma non sono gli unici aspetti poco chiari di questa torbida vicenda poiché dalle indagini è emerso un dna rinvenuto dal Ris di Messina sotto la scarpa sinistra di Valentina, precisamente nella zeppa nera in sughero calzata dalla giovane. Il dna denominato “Ignoto 1”, appartiene alla persona chiamata in correità con Nicola Mancuso nell’omicidio ma  ad oggi non è stato ancora identificato. Chi ha ucciso Valentina e ha voluto mascherare questa morte come suicidio? Perché? In merito ad “Ignoto 1” sappiamo che quel dna non appartiene a nessuno dei partecipanti alla festa e a nessuno dei partenti dei partecipanti. Noi de L’Osservatore D’Italia parlammo tempo fa con l’Avvocato Dario Pastore, legale della famiglia Salamone che ci ha chiarito alcuni punti relativi a quella fatidica notte, in particolar modo sulla scena del delitto “Quella notte, questi amici che poi vanno a ripulire la scena del delitto, la stessa notte dell’omicidio c’è un traffico telefonico di telefonate, messaggi forsennato tra tutti loro che si erano visti fino a poche ore prima ma nessuno di questi chiama a Valentina” aggiunge inoltre che ci sono state una serie di “Telefonate e messaggi, siccome sono tanti i partecipanti ricordo di alcuni fino alle 5 alle 6 del mattino. Che senso ha se ti sei visto alle 23.00 , posso capire un messaggio, ma tutti si parlano, tutti si scrivono, ma poi in maniera forsennata. Quindi qualcosa che non quadra, più di qualcosa c’è”. Abbiamo chiesto all’Avvocato cosa è successo  quella sera e ci ha spiegato cheL’ipotesi accusatoria che noi condividiamo è quella che Valentina quella notte si è opposta; faccio una premessa, quella notte c’è stato abuso di alcolici e c’è stato abuso di sostante stupefacenti almeno di quattro soggetti che sono i quattro soggetti che erano gli ultimi che hanno vista viva Valentina tra cui il Mancuso. Allora in questo contesto: abuso di alcool, uso di sostanze stupefacenti, Valentina che è innamorata di questo Mancuso dice a Mancuso che lei non voleva che si facesse uso di sostanze stupefacenti, Mancuso è riconosciuto con una sentenza non ancora definitiva come capo e promotore di un’organizzazione dedita allo spaccio, possibilmente Valentina gli avrà detto “io spiffero tutto quello che so” e quindi in questo contesto, secondo l’accusa e secondo noi, è il movente o meglio la causale dell’omicidio.  Questa è l’ipotesi che noi riteniamo plausibile. Quindi non è la gelosia, uso di alcool, uso di sostanze stupefacenti, Valentina comunque innamorata di questo tizio che gli dice “se fate uso di sostanze stupefacenti io spiffero tutto”.
 
Abbiamo parlato con la Dott.ssa Rossana Putignano – Psicologa Clinica- Psicoterapeuta Psicoanalitica- Responsabile della Divisione Sud e della Divisione di Psicodiagnosi Neuropsicologia e Forense del CRIME ANALYSTS TEAM. Che ci ha riferito: “Insieme alla Dott.ssa Mary Petrillo, abbiamo già discusso ai microfoni di Radio Cusano in merito alla possibilità che non sia stato suicidio ma un omicidio la cui intenzionalità è ancora da verificare. Finalmente, dopo sei anni arriva la svolta con un approfondimento sul primo DNA rinvenuto sul corpo di Valentina, il secondo invece è ancora ignoto. Personalmente, vedo questo processo di primo grado come un atto dovuto, che avrebbe potuto verificarsi molto tempo prima. Spesso le famiglie di cui ci occupiamo, lamentano questa “paralisi” delle indagini nonostante la presenza agli atti di materiale biologico che, per definizione, è portatore di una certezza scientifica incontrovertibile. Anche la famiglia di Valentina, si è chiesta per tanti anni perché un DNA non era abbastanza. Ora è arrivata la consolazione di un processo che potrà lenire, solo parzialmente, il dolore della famiglia. Adesso, finalmente, si potrà far luce sulla vicenda di Valentina e capire cosa accadde, davvero, quella sera”
 
Abbiamo parlato anche con la Dott.ssa Mary Petrillo, Psicologa, Criminologa, Docente di materie di Criminologia, Coordinatrice Crime Analysts Team, Vice Presidente Ass. Con Te Donna (Lazio): “Il caso di Valentina Salamone, direi che è emblematico, per le circostanze in cui è stato rinvenuto il corpo esanime della ragazza, impiccata con una corda ad una trave, per affermare che si tratta senza dubbio di una morte "equivoca", ossia mi riferisco alla cosiddetta EDA (Equivocal Death Analysis) ossia la analisi per morte equivoca. Questa è una tecnica investigativa che è particolarmente utile nei casi come questo, quando, in pratica, non è sicuro determinare con certezza come sia avvenuta la morte della vittima. Il caso di Valentina venne, infatti, dapprima considerato come suicidio, successivamente, invece, sono emersi elementi che hanno portato gli investigatori verso una accusa di omicidio nei confronti di due soggetti, in particolare, che conoscevano la ragazza, uno di loro, tal Mancuso, addirittura pare sia stato suo amante. Come son passati gli inquirenti da una ipotesi di suicidio a quella di omicidio che, ovviamente, ha completamente cambiato lo scenario circa le circostanze in cui è morta la ragazza? Ciò è potuto accadere proprio grazie allo studio approfondito del caso come richiede la EDA, ossia mediante una accurata e ben documentata azione di recupero di prove forensi, test di laboratorio, autopsia e un ulteriore aiuto concreto lo darebbe anche la analisi del comportamento della  vittima prima della sua morte, la cosiddetta "autopsia psicologica". Nel caso di Valentina Salamone, infatti, pare sia stato proprio messo in atto uno "staging", ovvero una messa in scena, una alterazione volontaria della scena del crimine per far apparire un omicidio come se fosse, invece, un suicidio”.

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