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VAL D'ORCIA: ALLA SCOPERTA DEI VINI DOC

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Tempo di lettura 5 minuti I vigneti adagiati su queste colline dai quali si ottiene un vino tradizionale di qualità indiscussa, spesso oscurato dalla fama di denominazioni più note e blasonate, esistenti nelle zone limitrofe

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di Antonella Avantaggiato

Siena – La Val d’Orcia si trova nel cuore della Toscana, a sud di Siena.  E’ un’area vitivinicola collocata tra Siena e Montepulciano nell’area delle Crete Senesi. Questa è la terra delle colline dolci e smussate, delle crete, degli antichi casali in pietra e dei borghi medioevali che caratterizzano l’intero territorio con i suoi spettacolari terreni agricoli,  pascoli,  boschi di querce e  lunghi filari di cipressi lungo le stradine collinari. Pievi e case coloniche sono sparse ovunque, come i piccoli e graziosi insediamenti dal valore storico e culturale. Identificata come sito Patrimonio dell’Umanità, la Val d’Orcia, è una terra antica, ricca di arte e di storia. Dei tredici Comuni che la compongono ben cinque sono riconosciuti Patrimonio UNESCO. In questo contesto paesaggistico è stato istituito un Parco naturale, il Parco Artistico Naturale e Culturale della Val d'Orcia. Non meno suggestivi sono i vigneti adagiati su queste colline dai quali si ottiene un vino tradizionale  di qualità indiscussa, spesso oscurato dalla fama di denominazioni più note e blasonate, esistenti nelle zone limitrofe, come il Vino Nobile di Montepulciano e il Brunello di Montalcino. Il conferimento della denominazione di origine controllata DOC  Orcia arrivò nel duemila, coincidente con l’inizio della crisi economica che sta mettendo a dura prova la produzione dei vini di qualità. Da qui l’impegno ancora maggiore del Consorzio a tutelare e promuovere il buon lavoro svolto dai viticoltori di questa zona.

Scoprire questa realtà poco conosciuta, approfittando della nota ospitalità delle cantine del luogo, è interessante per godere di un turismo enogastronomico fuori dalle rotte più affollate e turistiche. Numerosi sono gli eventi che periodicamente vengono organizzati per far conoscere il territorio e le sue eccellenze enogastronomiche. Da visitare le “cantine con vista” con affaccio sui paesaggi tipici della zona. Su un potenziale di 400 ettari, soltanto 153 sono vitati in attribuzione alla DOC. Questo ci da un’idea della potenzialità non ancora del tutto sviluppata di un territorio che ha ancora molto da donare. Ma un buon vino e un’area di notevole interesse paesaggistico è soltanto l’inizio. Occorrono sistemi di strategia commerciale affinchè si accresca, come merita, la tanto agognata denominazione di origine ottenuta con grandi sacrifici dei produttori. Per questo il Consorzio, organizza un vasto programma di iniziative che sottolineano il legame storia-natura-uomo nel progetto chiamato il “vino bello”. Nascono progetti come il trekking del vino, vacanze sportive, escursioni con degustazioni,  tour in mongolfiera, canoa, foto safari, birdwatching, attività commemorative tra sacro e profano e vacanze termali su tutto il territorio. Interessante la festa del Barbarossa a S. Quirico d'Orcia, con rievocazione storica, che si celebra ogni anno a fine giugno. Da non perdere le torri e i castelli e abbazie sparsi nel il territorio,  tra le quali l'abbazia di S. Antimo a dieci km da Montalcino. Pienza con i suoi palazzi, la bella cattedrale e i suoi musei. Numerosi musei civici e di arte sacra e insediamenti etruschi a Chiusi. A concludere la piacevolezza della tradizionale amichevole ospitalità della gente del posto. Molte sono le strutture ricettive che accolgono i visitatori, oltre gli schemi di un turismo di massa. Il sito del Consorzio può esserci di aiuto per identificare iniziative e contatti “www.consorziovinoorcia.it”.

Un team affiatato di produttori danno vita a una gamma di vini che mette in luce la dedizione per la loro terra e i suoi frutti. Il gruppo è supportato dalla Presidente del Consorzio, dr.ssa Donatella Cinelli Colombini, già fondatrice del “Movimento del turismo del vino”, ideatrice di “Cantine aperte” e produttrice anche di Brunello di Montalcino (Casato Prime Donne) che racconta: -Il turista è un amante infedele! E questo vale anche per il turista del vino. A quanto pare, i flussi si stanno spostando verso le nuove aree di produzione. A questo punto bisogna trovare efficaci strategie commerciali da affiancare al buon lavoro che stiamo svolgendo-. Il Consorzio DOC Orcia rappresenta 37 produttori appartenenti a 13 Comuni. Ha l’obiettivo di tutelare e promuovere la qualità dei vini e l’immagine di questo territorio diffondendone la conoscenza in Italia e all’estero. La produzione vinicola valdorciana, consiste in un’ampia selezione di vini, in prevalenza rossi, la cui base è sempre lo storico vitigno sangiovese, utilizzato in purezza o in assemblaggio. In percentuale minore sono impiegati altri vitigni tradizionali: Canaiolo Nero, Colorino, Foglia Tonda, Trebbiano Toscano, Malvasia; e internazionali: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah, Petit Verdot, Chardonnay, Sauvignon. In uno stesso stile comune possiamo ritrovare vini di differente gusto e particolarità per i diversi terreni che si hanno nei vari vigneti e per i diversi assemblaggi in cantina. Nella tipologia Val d’Orcia ci sono anche vini rosati e bianchi. Presenti anche alcune realtà di produzione biologica. Da non dimenticare anche la pregevole  produzione di olio extravergine di oliva di alta qualità . I piatti e prodotti tipici della Val d’Orcia sono prevalentemente basati sui prodotti della terra. Tra i prodotti tipici: antipasti a base di pane e salumi tipici, la ribollita e varie zuppe, i pici, le pappardelle al sugo di lepre, la fiorentina e varie carni alla griglia.

VINI IN DEGUSTAZIONE:

Orcia Rosso D.O.C. 2011 e 2012- Az. Il Pero     
Soltanto sangiovese in purezza e nessun nome di fantasia per questo vino frutto della tradizione di origine contadina. Prodotto con l’uso del tradizionale sistema di governo alla toscana. Intenso colore rubino il vino del 2012, granato il vino del 2011, con sentori di frutta ben matura, un vino caldo e di corpo da bere abbastanza giovane e abbinare a piatti tipici di buona struttura. L’azienda si presenta biologica da oltre dieci anni. Alcool14% vol.

Orcia Rosso DOC 2011 – Azienda Sasso di Sole
100% sangiovese, di colore rosso rubino intenso, al naso profumi di ciliegia con alcune note di tostatura.Vinificato in acciaio, la maturazione avviene in botti di rovere di Slavonia per12 mesi. Al gusto è caldo, ma sapidità e freschezza ne ristabiliscono un buon equilibrio. Di intensa e fine persistenza gustativa, abbastanza tannico. 14% vol.

Petruccino 2011 – Podere Forte
70% sangiovese e 30% merlot. Gradevolmente floreale con sentori di vaniglia, grande struttura, molto caldo per l’importante presenza alcolica 15% vol. è supportato da adeguata freschezza. Questo vino è espressione di terreni selezionati all’interno del podere dopo attenta indagine geologica.

Cenerentola 2010 –Cantina Fattoria del Colle
65 % sangiovese e 35 % foglia tonda. L’assonanza fra il vino e la fiaba richiama le due sorelle più fortunate che, nel caso di Cenerentola DOC Orcia, sono le due zone vinicole che confinanti: Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano.  Foglia Tonda è un antico vitigno di questa zona, abbandonato circa un secolofa e ora recuperato. È di un bel colore rosso rubino carico. L’aroma fine è ampio, complesso, richiama piccoli frutti rossi  maturi, spezie ed erbe aromatiche. Gusto intenso, equilibrato, morbido e ben strutturato. Invecchiato un anno in botti di rovere.

Il Tocco di Campotondo 2009 – Az. Campotondo
90% sangiovese, 10% colorino da allevamento ad alberello. Caldo, evidente la tannicità, ben equilibrato, fine, complesso e dalla lunga persistenza. Invecchiamento  18 mesi in piccole botti di rovere francese e affinamento in bottiglia per almeno 6 mesi. alcol 14,5 % vol.

Banditone di Campotondo 2009 – Az. Campotondo
90% sangiovese 10% colorino e merlot. La zona di produzione è a 800 mt. Pulito, austero, dona sentori di viole e speziature di pepe e cannella. Un vino armonico con piacevole mineralità al gusto. Invecchiato12 mesi in legni di rovere francese e di slavonia e affinato in bottiglia per almeno 6 mesi.

Trecalici 2009 – Az. Trequanda
sangiovese in purezza di colore è rosso rubino con riflessi granati. Il profumo è intenso e caratteristico, con sentori di confettura e spezie supportati da una nota boisè. Il sapore è armonico, persistente e sapido. alcol 14% vol.

Invidia 2009 – Az. Trequanda
sangiovese 60% cabernet sauvignon e merlot 40% dal colore rubino intenso e profumo deciso di spezie, confettura, note di tabacco, vaniglia e cacao amaro. In bocca è persistente e sapido. Matura due anni dalla vendemmia, con ulteriore affinamento in bottiglia a completarne carattere e personalità. alcol13,5% vol.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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