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Editoriali

“Uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”: signor Presidente fermi l’Italia e ci faccia scendere

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Lanciata a velocità folle in una nottata di crisi da indebitamento, sfreccia l’Italia, lasciando durante il suo passaggio una scia di vuoto occupazionale, rovine economiche, tessuto sociale lacerato, una giustizia zoppicante , lenta e nebulosa, la corruzione che dilaga ed una criminalità sempre più aggressiva.

Giorgio Gaber ieri come la gente oggi

La gente si preoccupa. Attualissime sono le parole di Giorgio Gaber: Mi scusi Presidente/Ma questo nostro Stato/Che voi rappresentate/Mi
sembra un po’ sfasciato./ E’ anche troppo chiaro/Agli occhi della
gente/Che tutto è calcolato/E non funziona niente.

L’attuale situazione ed il canto dantesco dell’inferno

Notizia di pochi giorni fa: Bill Whatcott, canadese di 52 anni, cristiano di fede, è stato condannato a pagare una multa di 55.000 dollari per avere chiamato maschio un avvocato e attivista transessuale di nome Ronald Oger che si sente donna. Una sentenza sbalorditiva.

Signor Presidente, fermi l’Italia e ci faccia scendere prima che questo ventaccio canadese contamini ulteriormente la penisola e sarà multato chiunque osi chiamare maschi gli “Oger” italioti. Si preferisce anche scendere, caro Presidente, per non dovere subire più a lungo, persone consacrate come la monaca Cristina che balla con le Stelle anziché ritirarsi in monastero a pregare per lo sfacelo che sta attraversando la Chiesa mentre lei dà spettacolo in tv.

Signor Presidente, questa è l’Italia dantesca come viene descritta nel canto dell’Inferno “’Per me si va ne la città dolente /, per me si va ne l’eterno dolore, /per me si va tra la perduta gente”. Non può essere che così. E per dirla alla Benigni e Troisi: “Non ci resta che piangere

Il sistema delle opere pubbliche è bloccato

Lo sblocca cantieri fatica a decollare, imbrigliato tra bozze di subappalto, vertici del Palazzo, limiti del valore dei lavori e rimandi mentre l’Italia affretta la sua corsa verso il punto di non ritorno. La febbre del debito pubblico ha ormai superato la cifra di 2.363.000.000.000 di euro e le spese corrono su binari paralleli. La spesa giornaliera per enti inutili si aggira mediamente sui 17 milioni di euro e si calcola che giornalmente vengono evasi al fisco 194 milioni di euro circa. I disoccupati si avvicinano ai tre milioni e quattro milioni vanno avanti con un lavoro precario. Caro signor Presidente, quanto può andare avanti questa situazione? Forse meglio scendere ora e qui.

Lasciate ogni speranza o voi che dimorate nelle periferie.

La situazione generale non offre tante scelte. E’ sempre il canto dantesco. Schiacciata al nord dai lacci e laccioli delle direttive Ue e al sud dalla crisi africana che fomentata da mercanti di vite umane spinge con veemenza sul Belpaese. L’urto la sta sfiancando, o reagisce o soccombe. La sicurezza è diventata un bene prezioso molto ricercato, in particolare modo nelle periferie dove molto spesso il governo centrale, e a volte anche gli stessi Enti pubblici locali, ignorano e sottovalutano il disagio ed il degrado in cui vive quella parte della cittadinanza. Su scala nazionale si contano giornalmente circa 380 furti in abitazione e di questi solamente di 11 si vengono a scoprire i colpevoli.

A.A.A. giustizia giusta cercasi

Caro signor Presidente, la gente ormai ha perso ogni speranza e sta perdendo fiducia nella giustizia. Il crimine di Stefano Leo, a Torino, assassinato con una coltellata da Said Machaouat perché sorrideva, giustamente ha suscitato molta indignazione anche perché il marocchino aveva una condanna definitiva e doveva essere incarcerato.

La sentenza del giudice non è stata eseguita, si legge, “per un intoppo”.
Signor Presidente, chiamare tutto questo “una vergogna” sarebbe troppo
poco e conferma la richiesta di chiedere che si fermi l’Italia, ora e prima che succeda l’irreparabile.

Non c’è pace tra gli ulivi e nemmeno tra la maggioranza

Scoppia il braccio di ferro tra Tria e le due forze dell’esecutivo bloccando il governo. La Lega si mette contro Tria accusandolo di bloccare la Flat Tax. Nasce la tensione sul dossier dei ”truffati” dalle banche. Cala il gelo tra Bankitalia ed il vicepremier Di Maio e si rimanda lo scontro finale alle prossime nomine.

In giro la gente cerca di capire qualcosa su Quota Cento e sul Reddito di Cittadinanza, sui Navigator e sui Centri d’impiego. La TAV al momento dorme. Alla Camera è stato votato il Revenge Porn. Per i meno avvezzi spieghiamo che trattasi del decreto Codice Rosso che introduce il reato per la divulgazione di materiale sessualmente esplicito senza consenso.

Qui si balla sul ponte del Titanic italiano

Signor Presidente, non si capisce più niente. Davanti a tutti questi problemi che ha il paese, il senatore Zanda si sta facendo promotore di una proposta per rintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti; Radio Radicale sta mobilitando tutta l’elite per protestare contro la riduzione da euro 14 a 9 milioni/annui come finanziamento alla radio che i contribuenti versano a questa emittente; il Ministero per lo Sviluppo Economico ha ordinato alla Consip di emanare i bandi per l’acquisto e il noleggio di 8280 auto blu e grigie, per un costo totale di 168 milioni di euro; nelle trasmissioni tv di intrattenimento si tengono le udienze del tribunale tra risate, urla, balli e canti mentre negli uffici giudiziari si verificano degli “intoppi”.

Intanto l’Italia corre spedita avvolta in una nebbia fitta e a nessuno sembra importare più di tanto. L’Italia va verso il suo destino, oltre quei lidi incerti ci sta il baratro, lo strapiombo.

Signor Presidente ancora non è tutto perso

Permetta la metafora, signor Presidente. Una volta l’Italia era il giardino d’Europa. Qui germogliava l’arte, nasceva la musica, fioriva la letteratura, cresceva la cultura e si coltivavano i valori. Questo giardino era fonte di nutrimento del popolo italiano. Poi venne l’ideologia del terzo millennio, piena di gramigna infestante della globalizzazione, sradicando radici e anni di sana tradizione, saccheggiando valori, beni, strutture, marche di prestigio, di genio e di professionalità e prodotti di vanto. In cambio hanno fatto del giardino Italia una fitta boscaglia di pseudo valori, sotto prodotti succedanei e surrogati.

Signor Presidente, o ora o mai più. Fermare questa folle corsa si può. Radunare un gruppo di vecchi saggi per pulire l’Italia da questa classe, per dirla con Sciascia, di “Uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”

Lei lo può fare, signor Presidente, lei con un gruppo di vecchi saggi per rinverdire nuovamente il giardino Italia e ridare speranza agli Italiani.
In tale attesa, signor Presidente, la preghiamo di fermare l’Italia per farci scendere.