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Chiara Rai
Mentre la politica si scorna, s’incontra e scontra senza proporre nulla di concreto la mente viaggia verso l’Italia di cui si vorrebbe parlare nel futuro. Un’Italia risollevata dalla crisi grazie ad una semplice ricetta prodotta con investimenti mirati alla ricerca, alla formazione e allo sviluppo e alla salvaguardia dell’Ambiente. Sembrano parole aliene per noi, una dimensione extraterrestre eppure altri Paesi hanno già dato il buon esempio in tal senso.
Grazie ad una politica di investimenti nei settori di ricerca, formazione e istruzione arricchita da un programma per facilitare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese, grazie alla riduzione dell’imposta del reddito e la rivisitazione, razionalizzazione e laddove necessario potenziamento dell’offerta sanitaria e grazie soprattutto ad una enorme offerta culturale, l’Italia volerebbe ai primi posti in Europa come produttori di benessere e di una politica economica mirata e brillante. Basterebbe drasticamente tagliare i costi della politica e tutti benefit che si sono talmente moltiplicati da soffocarci come sanguisughe. Togliendo la scorta e l’auto blu a Prodi, i festini a Fiorito, le case a Scajola e a Ceppalopoli, quanti posti di lavoro nella formazione, ricerca, cultura avremmo rimediato? Caserme dismesse, palazzi, beni dello Stato in abbandono con all’interno macchinari nuovi di zecca: quanti posti di lavoro riusciremmo a creare? Il problema è che si è rinunciato a ciò che misura la nostra civiltà. La cultura, a mio parere, misura la nostra civiltà e noi siamo riusciti quasi ad ucciderla.
Abbiamo un patrimonio culturale, archeologico e naturalistico che tutto il mondo ci invidia e non riusciamo a comprendere che basterebbe utilizzarlo come volano, basterebbe tornare all’opera, a teatro, valorizzare le scuole e restituire la dignità agli insegnanti. Sì perché oltre alla rumorosissima ed evidente crisi economica stiamo vivendo una silente e assassina crisi dell’istruzione. La democrazia per essere tale deve cibarsi d’istruzione e di cultura umanistica. E infine “last but not least”, bisognerebbe, almeno in questo frangente cogliere la crisi come l’opportunità di tornare alle radici per un “ritorno all’etica dei consumi”, così come scritto sullo studio del Cermes dell’università Bocconi il quale suggerisce una perfetta ricetta: mettersi nelle sapienti mani di una donna.
Ecco, forse una donna al Colle in questo momento sarebbe risolutiva come, nella Chiesa ad esempio, lo è stato Papa Francesco che ha portato quella giusta dose di umiltà, semplicità e reale comprensione della condizione di povertà che chiede il popolo sia esso credente o no. Sarebbe un passo avanti ad esempio iniziare dalle piccole cose, dai piccoli cambiamenti per arrivare ai grandi. Ci si può appassionare alla pratica del bookcrossing: si scambiano libri, si fa circolare la cultura. Negli Stati Uniti, migliaia di persone attraverso internet condividono, scambiano, rimettono in circolo beni e competenze. Si chiama Consumo collaborativo, a chiamarlo così sono stati Rachel Botsman e Roo Rogers nel loro libro. What’s mine is yours e, secondo il Times, è una delle dieci idee che cambierà il mondo. Questo poteva essere una modalità anticrisi che avrebbe potuto adottare il buon Grillo amante del web e dell’”estero”, la stampa estera. Così, proprio leggendo i giornali d’oltreoceano avrebbe potuto carpire, riprodurre e proporre agli italiani. La mente ha viaggiato verso un’Italia che può essere costruita solo se venissero messi da parte gli interessi personali in favore del vero, reale “bene del Paese”.
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