Connect with us

Editoriali

UNA MUNICIPALIZZATA A TE, UNA MUNICIPALIZZATA A ME!

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minuti La spartizione della deliziosa “crostata sanità” farcita di nomine, poltrone impastate con tanto denaro, denaro che supera di ben lunga i 100 miliardi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

di Emanuel Galea 

All’inizio del 1900 si verificò un rapido processo di urbanizzazione seguito da una conseguente domanda di servizi.  Sia l'evoluzione tecnologica che quella industriale poi, hanno contribuito allo sviluppo positivo del sistema dei servizi pubblici. Tutto questo ha dato inizio alla successiva nascita delle municipalizzazioni. 

 Nel corso di cent’anni anche queste, purtroppo, sono state vittime di deturpazioni. Alla Regione Lazio sono conosciute come spartizione della fiera delle nomine fantasia.

La spartizione della deliziosa “crostata sanità” farcita di nomine, poltrone impastate con tanto denaro, denaro che supera di ben lunga i 100 miliardi , gran parte “contante”. Un tesoretto a disposizione dei privati.

Il bacino di consensi elettorali fiorisce a Catania: la Asl e non solo.  In Sicilia vegeta un esercito di precari da spartire, un mare dove l’homo politicus usa praticare la sua pesca a strascico.

La Rai è di tutto e di più- spartizioni- non- si- può. A spese del contribuente mantiene i managers super pagati, le sedi di rappresentanza con funzionari ben remunerati, i contratti di scarsa e dubbia utilità pubblica, organici in supernumero e non solo. Qui, ai “gottarelli” ed i loro spending review è vietato l’accesso. In questa “zona franca” è vietato il transito ai non appartenenti all’apparato della partitocrazia.  

Nominare tutti i mari pescosi della politica italiana diventa un’impresa titanica. La politica è una piovra, con i suoi tentacoli inseriti nei gangli delle istituzioni, statali e para statali.

Prendiamo in esame una fra i tanti: la municipalizzazione. Secondo la definizione Wikipedia, con questo nome s’intende “ il fenomeno della presa in gestione diretta dei pubblici servizi da parte degli enti locali (In Italia: comuni, province e regioni), attraverso aziende di diritto pubblico”  

 Oggi il termine viene usato erroneamente per indicare società di diritto privato, come la SpA, la Srl ecc e peggio ancora , e molto sovente,a scopo di lucro. Questa discrezione ha introdotto maggiore libertà nella scelta delle politiche societarie. Sono seguite libere acquisti, libere assunzioni di personale, libere nomine della dirigenza. Una discrezione che con il tempo ha svincolato questi enti da qualsiasi obbligo di bando o concorso per l'acquisizione delle risorse. Questa ricca miniera, così accessibile non poteva non attirare l’appetito vorace dell’homo politicus.  Nel giro  di venti-trent'anni il mostro della politica ha allungato la sua “mano morta” sulla bella Italia, facendo sentire la sua stretta, iniziando dalla testa, nei cieli lombardi, per finire nel tallone dello stivale, senza risparmiare Sicilia e Sardegna. Tra Regioni, Comuni, Province e Comunità montane, negli ottomila partecipati, 300mila dipendenti, 16mila amministratori, circa 3mila dirigenti e 12mila facenti parte degli organi di controllo, l’homo politicus ha costruito un suo stabile bacino per consensi elettorali.

Il governo Renzi, annuncia che vorrebbe ridurre il numero elefantiaco

delle municipalizzate portandoli a numero mille. Spera, con questa operazione di aver un risparmio nelle spese, in tre anni, di 2 – 3 miliardi di euro. Precisiamo che quanto sopra costituisce solamente il solo desiderio di Renzi e , non si è detto che non avrà la fine dei suoi altri sogni, cioè andare in frantumi sugli scogli di Montecitorio.  Incrociamo le dita!

Se poi traduciamo sulla realtà romana questo annuncio, significa chiudere o vendere oltre settanta delle aziende. 

In fondo a tutto questo ci sta un “ma !”. Permetteranno i partiti, a Renzi, a realizzare questi sogni? L’esperienza dice di no. Se riuscirà a riformare, le municipalizzate, oltre a sanare, in parte, le bilancia, indirettamente riformerà i partiti, un miracolo insperabile. 

Il 7 agosto Renzi ha dichiarato: . “Interverremo su quei santuari che nessuno ha voluto mai toccare e non risparmieremo nessuno”.  Tutta l’Italia sta con il fiato sospeso perché questa sarebbe la chiave che aprirà la porta, alla “sblocca Italia”. 

Riuscirà o rimanderà il tutto a data da destinarsi?

Incrociamo le dita . Auguri !

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti