Una chiesa altamente incostituzionale che punta alla "politica alta"

di Angelo Barraco
 
“La Chiesa è chiamata a compromettersi. Si dice che la Chiesa non debba mettersi nella politica, la chiesa deve mettersi nella politica alta” è questa la frase che ha pronunciato Papa Francesco nel corso di un convegno sulla criminalità organizzata e la tratta di esseri umani avvenuto nel mese di giugno. Un concetto che esprime un’esigenza quasi viscerale di un’istituzione con potere autonomo e e forte, che sembra essere rinata con Papa Bergoglio, figura carismatica che ha portare pace, amore, umiltà in ogni angolo del mondo, una figura perfettamente disegnata ad hoc da architetti che muovono i fili di un sistema tanto grande quanto complesso. Una figura che ha saputo risollevato la chiesa cattolica da un periodo di “Crisi della fede” avuto con Papa Benedetto XVI. Bergoglio parla di una chiesa pronta a subentrare in politica, saltando la staccionata e abbattendo metaforicamente la barriera unidirezionale e di fede, una Chiesa che oggi vuole muoversi “nella politica alta”, quella politica che cambia il volto del nostro paese, della nostra Italia che ogni giorno assume dimensioni e sfaccettature sempre differenti a causa di una continua e repentina evoluzione sociale e culturale, quella politica che spesso è marcia, corrotta e collusa: Ma tale affermazione è oggettivamente concretizzabile? Partiamo da un principio fondamentale che è riportato sulla nostra Carta Costituzionale e che sta alla base della inapplicabilità di quanto dichiarato dal pontefice: Articolo 7 recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. 
 
Ciò significa che entrambi i poteri posseggono una reciproca posizione istituzionale indipendente. Il secondo comma stabilisce che “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”. I Patti Lateranensi rappresentano un trattato/concordato che hanno dato vita allo Stato della Città del Vaticano. Furono firmati in data 11 febbraio 1929 dal cardinale Gasparri, segretario di Stato Vaticano e da Mussolini. L’accordo è racchiuso in 14 tabella, che nel corso degli anni subirono delle lievi modifiche. In un primo momento la religione cattolica viene indicata come “religione cattolica, apostolica e romana”, quindi come sola religione di Stato. Tale concordato da inizialmente alcuni privilegi agli ecclesiastici come l’esonero dalla leva militare e speciali trattamenti penali, insegnamento della religione a scuola, assistenza spirituale alle forze armate. Il tutto cambia molti anni dopo, esattamente il 18 febbraio 1984, quando il cardinale Agostino Casaroli  e il presidente del Consiglio Craxi firmano un accordo di revisione in merito ad alcuni aspetti del Concordato. Da quel momento sarà l’8×1000 a finanziare il clero e i vescovi verranno più nominati mediante l’approvazione del governo italiano. Cambiano anche le clausole che riguardano il matrimonio, l’insegnamento della religione a scuola che diventa facoltativa, la Sacra Rota. Tale modifica è avvenuta sulla base del terzo comma dell’articolo 7 della Costituzione Italiana “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Uno Stato fa fronte agli elementi oggettivi di pressione interna –quali crisi, guerre, immigrazione- attraverso l’applicazione delle leggi e l’azione repentina ai fini di poter garantire la sicurezza ai cittadini e l’efficienza dei servizi che ogni cittadino ha il diritto di ottenere grazie al contributo che versa costantemente. L’articolo 117 recita “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. L’articolo 70 invece puntualizza ulteriormente il concetto legislativo “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Ciò significa che la costituzione italiana –costituzione rigida modificabile con apposito atto normativo con procedura aggravata- non apre le porte alla legiferazione se non agli appartenenti dello Stato stesso. Le affermazioni di Bergoglio, seppur piene di entusiasmo e sicuramente spinte da una un’innata voglia di avanzamento all’interno della “politica alta”, non possono trovare riscontro oggettivo e vi è una carta costituzionale che dimostra oggettivamente quanto sia difficile la salita per la “politica alta”. Nicolás Gómez Dávila -Tra poche parole, 1977/92-  scriveva “La Chiesa impotente di oggi dimentica che solo chi è potente può dire sciocchezze senza screditarsi”.