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Editoriali

Un giorno da… Lupi

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Tempo di lettura 2 minuti Alla Camera, dopo l'informativa, il ministro delle Infrastrutture si dimetterà, togliendo le castagne dal fuoco al governo

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di Silvio Rossi

 

La vicenda Lupi, il ministro dei Lavori Pubblici coinvolto (anche se non indagato formalmente) nella vicenda che ha portato l’arresto di Ercole Incalza, è un passo fondamentale per misurare la tenuta dell’alleanza tra il Partito Democratico e il Nuovo Centro Destra.

Se inizialmente il ministro ha incassato la fiducia incontrastata dei suoi colleghi di partito, dal vicepremier Alfano, a Maurizio Sacconi, ex capogruppo di AP (il gruppo parlamentare formato dai deputati di NCD e UDC), molti esponenti del Nazareno hanno dimostrato freddezza, se non un’aperta contrarietà all’opportunità che Lupi resti al suo posto.

Il Primo Ministro, contravvenendo alla sua normale loquacità, ha osservato un prudente silenzio, per evitare che, qualunque fosse stata la sua presa di posizione, potesse essere utilizzata per attacchi contro il governo. In questi giorni, l’ex rottamatore, sta studiando per diventare tessitore, provando a convincere chi ha sbagliato a fare autonomamente un “passo indietro”, per evitare di mettere in difficoltà il governo. Certamente Renzi vuole evitare di giungere al voto di un’eventuale mozione di sfiducia personale, eventualità in cui le opposizioni al completo, e una buona percentuale dei parlamentari del suo partito, potrebbero votare a favore delle dimissioni. Né vuole, o forse si può permettere, di chiedere la “testa” di Lupi, perché con un atto forzato di tale impatto, la rottura della coalizione di governo diventerebbe immediata.

Da parte del Partito Democratico, sono stati diversi, e trasversalmente rispetto alle correnti interne, le richieste di dimissioni, dal vicepresidente della camera Giacchetti, renziano, al suo principale concorrente delle primarie, Gianni Cuperlo. Più passano le ore, più la posizione di Lupi va in direzione di una sua rinuncia “spintanea” alla carica di ministro.

In silenzio, senza aver twittato nulla, senza aver lasciato dichiarazioni alle numerose trasmissioni che ormai lo vedono quasi ospite fisso, il primo ministro ha tenuto il punto, ha convocato un incontro a tre, con Lupi e col vicepremier Alfano, e ha “fatto capire” come le dimissioni siano un passo non rinunciabile. Un incontro a tre, perché prima dell’accordo col dimissionario, Renzi doveva avere l’avallo del suo braccio destro, accordo necessario per evitare scombussolamenti al governo.

E l’incontro ha sortito effetto, in serata Lupi ha annunciato le sue dimissioni, che verranno formalizzate oggi, dopo l’informativa alla Camera, prevista alle 11:00.

Le dimissioni del ministro risolvono un problema a Renzi. Se nel novembre 2013, in piena campagna per le primarie dichiarò «La Cancellieri lasci anche senza avviso di garanzia. È un problema politico, non giudiziario. È stata minata l’autorevolezza istituzionale», oggi non avrebbe potuto far finta di nulla davanti a quanto sta emergendo dall’inchiesta sulle grandi opere.

Con le critiche dure delle opposizioni, i messaggi mandati dagli esponenti della maggioranza, le richieste di Renzi, il ministro si è trovato in aula come una preda circondata da un branco di famelici…. Lupi.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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