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di Angelo Barraco
Roma – Un corpicino abbandonato alle flebili onde del mare che si scagliavano sulla riva, una maglietta rossa leggermente alzata, scarpe perfettamente allacciate e il silenzio di una vita interrotta bruscamente. Questa era l’immagine del piccolo Aylan Kurdi che il mondo conosceva, morto annegato insieme alla madre Rehan di 35 anni e al fratellino Galip di 5 anni, sulla spiaggia di Bodrum, sulla costa egea della Turchia dopo che la barca su cui viaggiavano si era ribaltata. Un viaggio della speranza che avrebbe dovuto cambiare le sorti di una famiglia ma così non è stato poiché quella traversata su un fatiscente gommone, per un viaggio di appena cinque chilometri, che li avrebbe dovuti condurre da Bodrum all’isola greca di Kos, ha spezzato quelli che erano i progetti e i sogni di una famiglia che ha sfidato il mare impetuoso e ha affidato le proprie sorti e il proprio destino a gente senza scrupoli che li ha catapultati su barconi fatiscenti. La famiglia aveva pagato 4000 euro per quel viaggio e il padre ricorda che “Quando la barca si e' rovesciata, ho preso mia moglie e i miei bambini tra le braccia ma mi sono accorto che erano morti”. La foto del piccolo Aylan è stata scattata dalla giornalista Nilufer Demir, dell’agenzia di stampa turca Dogan “L'unica cosa che potevo fare era far sentire suo urlo al mondo” ha dichiarato e in un primo momento la politica ha alzato la voce sul tema immigrazione, sottolineando che non sarebbe mai più successa un’altra tragedia del genere: ma cosa è cambiato? Abdullah, padre del piccolo Aylan, denuncia che la situazione resta difficile per i migranti diretti in Europa “Dopo la morte della mia famiglia i politici hanno detto: mai più! Ma cosa succede adesso? Le morti continuano e nessuno fa niente”. Per la morte della sua famiglia, nel mese di marzo il Tribunale Turco ha condannato 2 cittadini siriani a 4 anni e 2 mesi, accusati di essere gli scafisti di quella traversata mortale. Allo stato attuale sembra che non vi sia stata nessuna azione concreta nell’arginare il problema sui “viaggi della speranza” poiché il mare è ancora un cimitero silente che inghiotte corpi e anime in transito. Lo sconforto e l’indignazione per la foto del piccolo Aylan è stata di transito ed è affondata, esattamente come quel gommone che il 21 luglio ha attraversato il Canale di Sicilia e sono morte 39 persone tra cui 21 donne e un minore. Ma ancora oggi le operazioni di contrasto sono in corso e la squadra mobile di Cagliari, in data 2 settembre, ha arrestato 13 presunti scafisti che sbarcati con 913 migranti al porto canale di Cagliari, tra loro anche 7 minori. I presunti scafisti sono accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e su due di loro pende l’accusa di morte come conseguenza di altro delitto, per aver cagionato la morte di tre migranti.
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