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di Silvio Rossi
Ha deciso di non decidere. Questo potrebbe essere il commento all’annuncio di Alexis Tsipras, effettuato in diretta TV, di indire un referendum sull’accettazione del piano proposto dall’eurogruppo sul rientro del debito greco.
Indipendentemente dal risultato che verrà fuori dalla consultazione popolare, e dalla possibilità che la scelta greca possa influire sulla politica europea, che potrebbe adottare i suoi passi infischiandosene, lo stesso annuncio del referendum equivale a dichiarare il proprio fallimento politico. Un governo, democraticamente eletto, che ha ottenuto il mandato dal suo popolo di prendersi le proprie responsabilità, deve prendersi il fardello sulle spalle, a costo dell’impopolarità, e traghettare la nazione verso l’obiettivo.
La democrazia diretta, in certi casi, non è la migliore forma di partecipazione, è solo il risultato di una indecisione governativa, da parte di chi si trova davanti un compito troppo grande per le proprie capacità. Affidarsi alla voce del popolo, per poter dire un domani: “l’hanno voluto loro”, è troppo semplice.
E si sa, il popolo, da millenni a questa parte, ha dimostrato spesso di non avere la capacità di dare la risposta migliore. Il popolo ha liberato Barabba, e lo ha fatto non perché credeva fosse innocente. Era solo più comodo liberare Barabba per non dover affrontare le difficoltà di confrontarsi con chi li avrebbe messi in discussione, con chi avrebbe scoperto le loro debolezze, li avrebbe costretti a non nascondersi.
Quindi, meglio affidarsi a Barabba, che non risolve nessun problema, ma ci lascia tranquilli. Non è certo quello che sarà il risultato del referendum greco, ma in questo caso Tsipras non potrebbe raccontare a testa alta di essersene lavato le mani.
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