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Editoriali

Troika, Atene esce dalla crisi ed entra in rianimazione

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Il 20 agosto la Troika ha lasciato Atene. L’operazione chirurgica è stata conclusa lasciando la Grecia in prognosi riservata. Come scriveva l’Avvenire “La crisi partì nel 2009 ed ebbe i suoi picchi nel 2015 e 2016. L’austerity pesa ancora su una popolazione stremata”. Il 20 agosto è giunta a termine la servitù finanziaria, chiuso il programma di aiuti da parte dei creditori internazionali ma, soprattutto, il 20 agosto è rinata la speranza per il governoTsipras di fare ripartire l’economia, con l’opportunità di tornare a finanziarsi direttamente sui mercati.

La troika lascia le coste elleniche dopo 8 anni di predominio. Bruxelles e le banche tedesche e francesi esultano e hanno ben donde. Si calcola che dei 216 miliardi di euro erogati fino al 2016, solo il 5% sono finiti nelle casse di Atene. Il 95% sono serviti per ripagare i creditori come le banche francesi e tedesche.

Quanto sia giustificata tutta questa euforia è da stabilire

Dopo questi otto lunghi anni di austerità il paese non si presenta nelle migliori condizioni. Mentre l’economia greca segnala dei primi avvisi di crescita, la vera ripresa ha ancora molta strada da fare. L’uscita della Grecia dal programma di salvataggio, forse vantaggerebbe più l’Eurozona che la stessa Grecia e non per niente che le autorità europee per prime e le banche francesi e tedesche poi, salutano “come una vittoria” il completamento del programma di salvataggio finanziario di Atene.

L’Unione europea canta vittoria ma la Grecia è al collasso

La chiusura dell’ultimo bilancio con un superattivo pari al 3,7% del Pil non poteva essere altrimenti dopo 15 tagli alle pensioni e pesanti sforbiciate allo stato sociale. Si è sicuri che sia finito l’incubo dell’austerità mentre si parla solamente dei problemi dell’economia? Al ministro delle Finanze, Euklides Tsakalotos aspettano tempi difficili. Proprio mentre scriviamo scade per Atene l’ultima tranche di prestito, 15 miliardi di euro. Ad Atene è stato concesso più tempo e potrà posticipare di 10 anni il pagamento del prestito di 110 miliardi di euro previsto dal vecchio fondo salva-Stati. Se poi non dovesse riuscire a pagare nei tempi previsti, avrà la possibilità di farlo entro altri 10 anni senza sanzioni.

Il futuro del paese è affidato alla buona sorte

Il paese esce stremato da otto anni di austerità la più rigorosa . Il paese deve ricostruire la sua economia industriale, un servizio sanitario, assistenza sociale, lotta alla povertà, alla disoccupazione. L’autunno 2019 la Grecia tornerà alle urne. Quale sarebbe il programma di Tsipras se dovesse essere eletto? I senzatetto superano il migliaio, altri migliaia occupano case abusivamente perché non possono permettersi il pagamento di un affitto.

Secondo il Financial Times , la povertà assoluta, che nel 2009 era del 2%, in appena sei anni di austerità è schizzata al 15%. Il rigore ha reso impossibile al governo Tsipras l’assunzione di medici e infermieri, riducendo così a lumicino l’assistenza sanitaria. Per chi viveva sulla strada non esisteva alcuna assistenza. Oggi è tutto da ricostruire. Molti considerano la situazione presente una vera emergenza umanitaria. Per chi conosce Atene può farsi un idea di cosa vuole dire quando si dice che da piazza Syntagma a piazza Omonoia, i portici che fiancheggiano la strada sono un dormitorio a cielo aperto. Le associazioni di volontariato hanno fatto un grandissimo lavoro di sostegno alla povertà e ai senza tetto.Volontariato come Step, Bananas, Human Aid e Help Refugees hanno rimboccato le maniche e hanno dimostrato che la solidarietà è un valore per cui vale la pena di impegnarsi. Durante l’austerità si è visto di tutto. Si racconta di profughi che sfamano i senzatetto greci.

Chi assumerà il governo del paese il prossimo settembre 2019 troverà ad attenderlo il fenomeno della prostituzione minorile, tantissime madri che non hanno più soldi per pagare il necessario ai propri bambini come omogeneizzati, occhiali, vaccinazioni e persino un ospedale per assicurare cure gratuite a chi è stato lasciato senza niente dalle politiche di austerity e per strada tanti giovani senza lavoro.

La Troika (BCE, Fondo Monetario, Commissione Europea), suona le campane a festa, la popolazione greca ancora giace con prognosi riservata in rianimazione. Ad Atene ed al suo grande popolo giungano i migliori auguri per una veloce ripresa.

Emanuel Galea

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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