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Cronaca

Totò Riina: la morte da “eroe” di ‘U Curtu (vista dalla parte di Cosa Nostra)

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Più di questo, la giustizia italiana non poteva fargli. Venticinque ergastoli, che non avrebbe mai scontato, ma che comunque l’avrebbero incatenato per sempre ad una cella, sono stati la massima punizione con cui lo Stato italiano ha potuto colpire Totò Riina, ‘U Curtu, morto di tumore a 84 anni, assistito meglio di qualunque cittadino onesto e senza mezzi; portandosi dietro tutti i segreti di cui era depositario, e che erano il capitale che gli consentiva di condizionare la sua detenzione. Finché non avesse parlato. Cioè nulla. Riina ha continuato a comandare e a minacciare dal suo 41 bis, lo stesso per cui aveva ordinato le bombe di via dei Georgofili, la strage di via Palestro e la stagione degli attentati, di cui fa parte anche il fallito attentato contro Maurizio Costanzo, reo di aver preso posizione contro Cosa Nostra. Guardando in prospettiva, il panorama non è incoraggiante.

 

E fa venir voglia di capire più da vicino cos’è la Mafia

Certo non è una comune organizzazione criminale. Il salto di qualità ai primi del Novecento lo ha ben descritto Federico De Roberto nel suo romanzo ‘I Vicerè’, censurato per quasi cent’anni, quando i figli di quelli che erano divenuti latifondisti furono mandati ‘ a Roma’, per prendere una laurea. L’appoggio della politica, trasformatosi poi in ‘discesa in campo’ in prima persona, alla ricerca di appoggi per il conseguimento del potere – teso poi alla conquista di importanti posizioni economiche – ben rappresenta ciò che la mafia era, ed è, compresa la trasformazione in multinazionale finanziaria. Dalla Chiesa è stato ucciso perché aveva capito che seguendo il denaro si arrivava ai capi, e a quella fantomatica ‘cupola’ mafiosa che rimane ancora, per alcuni, un mistero.

 

Più o meno la stessa via che hanno seguito Falcone e Borsellino

Ma ogni volta che si indaga seriamente sulla mafia, a trecentosessanta gradi, succede che chi lo fa viene eliminato. Per il teorema inverso, chi indaga e non subisce attentati è tacciabile di complicità, e questo è inquietante. Sembra che questa entità, sotto alcuni aspetti ectoplasmatica, permetta di avvicinarsi fino a distanza di sicurezza. Ma non oltre.

Più di centocinquanta omicidi, quelli attribuiti a Totò Riina, ma forse nessuno potrà mai farne un censimento preciso. Compreso il piccolo Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido per punire suo padre Nino, il pentito, per il quale ancora sono pronti duecento chili di tritolo. Cosa Nostra, uno stato nello stato, un antistato. In realtà un antistato che fa la guerra al nostro Stato, ma la fa in modo tutto suo, alleandosi con alcune parti di esso e sfruttandone le sue zone oscure e le sue debolezze. Falcone disse che la Mafia è un fenomeno umano, e che come tutto ciò che ha un inizio avrà una fine.

 

Chiediamoci perché questa fine non arriva

Forse perché quando siamo nei pressi di una soluzione finale, qualcuno provvede a spegnere la luce? Esiste uno strano intreccio fra mafia e potere politico, e questo è inevitabile: altrimenti della Mafia sarebbe rimasta oggi solo il ricordo. E nei ricordi mettiamoci anche quello del ventennio fascista, durante il quale la mafia, derivazione di quella ‘Mano Nera’ che aveva giustiziato il superpoliziotto Joe Petrosino, fu messa in condizioni di non nuocere da uno stato dittatoriale che non faceva complimenti.

Le pieghe della nostra pretesa democrazia – che si manifesta come tale solo per assicurare un garantismo ‘a prescindere’, anche a sproposito – sono troppo larghe, evidentemente, per sconfiggere una organizzazione che, a differenza della ‘ndrangheta e di altre corporazioni malavitose, ha nelle sue caratteristiche una sorta di vocazione di governo. Come hanno fatto i ‘capibastone’ dell’800 a prendere il potere, oltre a derubare i propri padroni – i quali beatamente continuavano a far debiti e a condurre una vita allegra e dissennata, fino a vedersi sequestrare le proprietà? Proprio riparando i torti che i contadini erano costretti a subire per la loro posizione subalterna. Ma chiedendone poi in cambio piena obbedienza. Allora chiediamoci come sarebbe un governo che dovesse andare al potere con un simile comportamento, per assurdo. Cosa Nostra non ha nessuna intenzione di andare direttamente in Parlamento, a loro basta influenzare – quando possibile – la politica e l’economia rimanendo in seconda battuta, senza esporsi. Ma se per assurdo dovessero governare in Italia? Un assunto fondamentale sarebbe quello di far star bene la gente: quando il popolo sta bene, non crea problemi, e obbedisce. Specialmente se di fronte ha persone che, per il loro potere e per la loro posizione economica, sono dotate di un certo carisma.

Tanto per fare una citazione senza riferimenti, il successo politico di Berlusconi è stato causato, alla sua discesa in campo, dal fatto che fosse un uomo ricchissimo: forse la stessa molla che ha mandato al potere Trump in America: il carisma del conto in banca funziona sempre. Quindi la prima caratteristica di un ipotetico governo mafioso, sarebbe il populismo. Al contrario di ciò che ha scelto di fare ai tempi nostri l’internazionale del potere, quella che propugna il Nuovo Ordine Mondiale, governare riducendo al bisogno più estremo le popolazioni, ma creando un vasto e pericoloso malcontento.

I popoli, diceva John Adams, si conquistano con le guerre o con il bisogno

Per noi è stata scelta quest’ultima soluzione, con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. La seconda caratteristica sarebbe l’ordine pubblico, perfetto e assoluto. Infatti nelle città ‘mafiose’ e nei paesi di mafia, nessuno ruba auto, o compie scippi. Il tribunale non esiste, e l’unica condanna che la mafia applica è definitiva, con vari gradi di applicazione: dalla lupara, più o meno bianca, ad un bagno nell’acido, allo strangolamento tramite una cordicella stretta mediante un bastoncino attorno alla gola del condannato.

 

Le sentenze della mafia non hanno ricorsi, né prescrizioni

In questo potremmo definire un simile governo ‘giustizialista’. E questo penso che potrebbe anche piacere a molti. Terza caratteristica, il qualunquismo: chiunque fosse dalla loro parte, dei mafiosi, sarebbe loro amico, partiti a parte. Il partito, la politica, per il mafioso, o presunto tale, è strumentale soltanto all’ottenimento e al mantenimento del potere. Vocazione europeista? Quella c’è già: infatti possiamo ben considerare il potere delle multinazionali sul Parlamento europeo, come un potere condizionante, esclusivo, secondo quanto alcuni dei parlamentari riferiscono.

 

Definire la mafia una multinazionale non è sbagliato

Oggi i grandi proventi dell’organizzazione mafiosa provengono da molteplici attività, tutte legate da u unico comune denominatore: il profitto. Che sia droga – nei paesi in cui è proibita – che sia gioco d’azzardo – più o meno lecito – che siano grandi appalti – che da un po’ sono passati in secondo piano, e non sono più come al tempo di ‘Mani sulla città’– o anche impianti di pale eoliche, o qualsiasi cosa. Seguendo il denaro, si arriva alla mafia. E magari, alla cupola. In una cosa la previsione di Falcone ha fallito: è vero che la mafia è un fenomeno umano, ed è altrettanto vero che i fenomeni umani hanno un inizio e una fine. Ma questo non è attribuibile al fenomeno mafioso, finchè ci sarà qualcuno che contribuirà a tenerlo in vita. Cioè, proprio dalla parte che sulla carta dovrebbe combatterlo.

 

Ricordiamoci che molti bastoni furono messi fra le ruote di Falcone, fino a smembrare il pool antimafia

E degli autori di questo nessuno ha mai fatto nomi e cognomi. Dalla Chiesa fu lasciato completamente solo, prima dell’attentato che lo vide soccombere. Quasi come se uno o più burattinai tirassero i fili dei personaggi sulla scena. Chi avvertì gli autori della bomba di Capaci che Falcone stava arrivando? Chi mise la borsa con l’esplosivo all’Addaura? Chi realmente premette il bottone del telecomando di via d’Amelio? Dove è finita l’agenda rossa contenuta nella borsa di Borsellino che un ufficiale dei Carabinieri si preoccupò di prelevare, fra morti, feriti, fumo dell’esplosione, pezzi di corpi fino al secondo piano del palazzo di fronte? Sullo sfondo campeggia la figura di Totò ‘U curtu, catturato dopo ventiquattr’anni di presunta latitanza passati in mezzo alla gente, senza nascondersi, nel tessuto urbano in cui aveva più potere.

 

Perché il capomafia ha potere finchè riesce a rimanere sul suo territorio

Arrestato quando a qualcuno faceva comodo. Come Binnu ‘U tratturi, Bernardo Provenzano, contadino sotto gli occhi di tutti e già individuato anni prima dagli investigatori. Riina se n’è andato, e possiamo ben pensare che qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo, anche se Riina non aveva mai manifestato la benché minima intenzione di spifferare tutti i segreti italiani degli ultimi trenta o quarant’anni di collusione – presunta – di mafia e politica. Pare quasi che questi due poteri si sostengano a vicenda, e che l’uno non possa fare a meno dell’altro, in una sorta di mutuo soccorso.

 

L’obiettivo è comune

Così non sapremo mai, almeno dalla bocca di uno dei presunti protagonisti, il perché del treno Italicus, e se davvero ci fu questa trattativa stato-mafia, con lo stato ufficialmente eletto che cede ai ricatti dell’antistato. Dopodiché scende la pax mafiosa. Segreti di Stato? Coinvolgimento dei Servizi? Tutta roba per un bel film giallo. Rimane il fatto che Totò Riina è morto da eroe, secondo la parte mafiosa, ed è diventato per molti una figura di riferimento, da imitare. Infatti non ha mai parlato, non ha rivelato i segreti dell’Italia dei giorni nostri. Nel film ‘La grande guerra’ gli eroi sono Gassman e Sordi, fucilati perché non hanno voluto rivelare ciò che in effetti non sapevano. Diversa la posizione di Riina: sarebbe morto comunque, ma non ha rivelato ciò che qualcuno voleva conoscere, e ciò che qualcun altro preferiva non si conoscesse. Vista dalla parte di Cosa Nostra, è morto da eroe.

Roberto Ragone

L’Intervista di Chiara Rai al dottor Giuseppe Ayala su “Troppe coincidenze. Mafia Poteri occulti e politica”

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Cronaca

Milano, droga agganciata con calamite sotto l’auto: arrestato un 27enne dopo inseguimento [VIDEO]

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La Polizia di Stato ieri pomeriggio a Milano ha arrestato un cittadino marocchino di 27 anni, irregolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Gli agenti del Commissariato Mecenate, verso le ore 13, nel corso di uno specifico servizio di contrasto allo spaccio di droga, hanno intensificato l’attività di osservazione e controllo all’interno del Quartiere Ponte Lambro e viale Ungheria dove hanno notato una vettura utilitaria parcheggiata a bordo strada con un uomo in piedi che parlava con il conducente seduto a bordo della stessa.

Una volta avvicinatisi con la vettura civetta, i poliziotti hanno richiesto l’ausilio di una volante perché la vettura attenzionata, risultata intestata a una società di leasing, aveva ripreso la marcia a velocità sostenuta in direzione di via Mecenate.

Ne è nato un inseguimento fino a via Garavaglia, strada senza uscita, dove il conducente è sceso scappando lungo le vie Forlanini, Barigozzi e Via Cossa dove, entrato in un giardino condominiale, è stato preso e sottoposto a controllo: all’ingresso di via Garavaglia, a bordo strada, i poliziotti hanno rinvenuto un involucro in plastica bianco elettrosaldato a palloncino contenente grammi 1,2 di cocaina e, all’interno della vettura che lì aveva abbandonato, una banconota da 50€ nel vano portaoggetti e, sotto la scocca, due scatole in acciaio di caramelle, agganciate mediante alcune calamite, al cui interno vi erano dieci involucri contenenti 10 grammi circa di cocaina.

L’uomo è stato arrestato e posto nelle camere di sicurezza della Questura in attesa di essere giudicato per direttissima.

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Castelli Romani

Monte Compatri, Agnese Mastrofrancesco nuovo consigliere di Città Metropolitana

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“Nel giorno del mio compleanno, tra messaggi, post e telefonate, ne è giunta una veramente diversa dal solito” inizia così il post di Agnese Mastrofrancesco, consigliere comunale di Monte Compatri e già assessore all’Urbanistica che nel giorno del suo compleanno riceve una notizia davvero inaspettata: “La Segreteria Generale della Città Metropolitana, ovviamente non per farmi gli auguri di compleanno, ma per comunicarmi che presto farò parte del Consiglio che siede a Palazzo Valentini, come consigliere”.

Una notizia davvero eclatante per la cittadina di Monte Compatri che non aveva rappresentanti in seno a quella che un tempo era la provincia di Roma da almeno quarant’anni.

Agnese Mastrofrancesco, mamma di due bambini, eletta in Consiglio Comunale per ben quattro mandati consecutivi diventa la prima donna di Monte Compatri a sedere a Palazzo Valentini.

L’abbiamo contattata telefonicamente, oltre che per farle le nostre personali congratulazioni, per avere, a caldo, le sue prime impressioni su questo nuovo incarico.


Consigliere Mastrofrancesco prima di tutto le nostre congratulazioni. Se l’aspettava?
Sapevo che sarebbe stato difficile, ma come per tutte le cose, dobbiamo sempre crederci, perché prima o poi, la ruota gira e può arrivare anche il tuo momento. Quindi non ero certa, ma ci ho creduto fino ad oggi.


Ora il suo impegno politico raddoppia: quali saranno le sue priorità per Città Metropolitana?
Io credo che fare politica è un impegno grande, come grande deve essere la passione nelle cose che uno fa ed in cui crede. Dopo una gavetta, all’ interno del comune di Monte Compatri, posso dire di essere pronta a portare le mie energie anche nel consiglio di Città Metropolitana, dove cercherò di essere sempre dalla parte dei più deboli, di quelli che non vengono mai ascoltati o peggio ancora visti.


Tanti i messaggi di congratulazioni all’indirizzo della neoconsigliere Mastrofrancesco prima su tutti quello della consigliere regionale Laura Corrotti che dalle sue pagine scrive:

l’onorevole Laura Corrotti insieme alla neoconsigliere di Città Metropolitana Agnese Mastrofrancesco

“Congratulazioni a Agnese Mastrofrancesco, consigliere comunale di Monte Compatri, che da oggi entra ufficialmente in Città Metropolitana. Sono certa che il percorso portato avanti negli anni si svilupperà sempre di più e contribuirà al miglioramento del territorio di Roma e della sua Provincia” a cui fanno eco moltissimi consiglieri comunali dei Castelli Romani.
Fa rumore la mancanza di un messaggio alla neoeletta da parte dell’amministrazione Comunale di Monte Compatri, paese in cui la Mastrofrancesco è da oltre 15 anni Consigliere Comunale.

A nome della redazione tutta auguriamo alla neoconsigliere di Città Metropolitana un buon lavoro.

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Roma, aggressione omofoba in via della Pisana: il racconto di una delle vittime

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“Mercoledì esco assieme ad un amico. Una serata in allegria ci salutiamo e, come il solito, tra amici ci diamo un bacio e da li è iniziata l’aggressione”.
È l’inizio del triste racconto di Gianluca che mercoledì a Roma è stato vittima, assieme ad un amico, di un attacco omofobo da parte di alcuni ragazzi di nazionalità egiziana al grido:
“Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare”.

Non siamo nella periferia della capitale ma in via della Pisana, un quartiere che di certo rappresenta quella che comunemente è definita “Roma bene”.

Una serata davvero da dimenticare per Gianluca ed il suo amico che al di là dell’aggressione verbale vengono colpiti da bottiglie di vetro scagliate con l’intento di fare davvero male ma per fortuna senza troppi danni fisici: “il mio amico, ci dice, il giorno dopo si è trovato le gambe graffiate per i vetri”.

Una vera aggressione squadrista che dimostra, ancora una volta, la troppa insicurezza che percorre la Capitale: “abbiamo sentito un rumore metallico … ci stavano lanciando bottiglie di vetro che poi hanno raggiunto dei segnali stradali quindi ci siamo trovati i vetri addosso, aggiunge Gianluca , e poi in gruppo sono venuti verso di noi urlando”.

Gianluca ed il suo amico hanno sporto denuncia ai Carabinieri perché, ci dice “Queste aggressioni debbono terminare”. E poi aggiunge: “Debbo davvero ringraziare la disponibilità delle forze dell’ordine perché dopo l’aggressione verbale ci siamo immediatamente diretti presso la caserma. Abbiamo raccontato quello che è successo e subito una pattuglia è intervenuta sul posto identificando il gruppo”.

“Addirittura, prosegue, sono stati così cortesi che si sono pure offerti di riaccompagnarci a casa perché la paura che avevamo quel momento era davvero tanta”.

A quanto ci racconta i carabinieri conoscono gli aggressori, già schedati per alcuni precedenti, e, a quanto ci è dato a sapere, delinquenti abituali ma purtroppo, come succede in molte zone della Capitale “non c’erano telecamere”, aggiunge Andrea.

Lo sgomento è tanto perché avviene in una delle zone più tranquille della Capitale ed Gianluca, che vive da tempo a Roma, ci dice con molta tristezza negli occhi che non si era mai trovato in una situazione del genere e la paura ormai lo attanaglia.

Davvero esemplare il comportamento degli uomini dell’Arma dei Carabinieri che dimostrano, ancora una volta, il loro alto senso istituzionale ed umano.

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