Connect with us

Scienza e Tecnologia

Tales of Arise, il Jrpg di Bandai Namco che lascerà il segno

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 7 minuti
image_pdfimage_print

Tales of Arise è arrivato finalmente sulle console (nuove e vecchie) della famiglia Xbox e PlayStation, ma anche su Pc. Il titolo si pone come il capitolo della svolta per la celebre saga, che conta oramai tra le sue fila ben sedici capitoli rilasciati negli scorsi venticinque anni. Una serie che, al pari di esponenti più celebri in Occidente quali Final Fantasy e Dragon Quest, è sempre stata considerata dagli appassionati come un punto fermo per il genere e che nel corso di oltre due decenni ha sperimentato diversi gameplay, stili e meccaniche di gioco. “Tales of” ha proposto negli anni produzioni sempre diverse e in grado di attecchire su tipologie differenti di giocatori, arrivando a far crescere globalmente la popolarità del marchio. Tales of Arise però non solo ricopre il ruolo del “nuovo capitolo”, ma ha l’importante compito di rompere con un passato fatto di arretratezze tecniche e sperimentazioni poco convincenti, provando a offrire una formula che riesca a soddisfare pienamente gli appassionati del genere, modellando una nuova identità per la serie e attingendo a quanto di buono è stato realizzato nei capitoli precedenti, ma anche ispirandosi ad altri “capisaldi” del genere. Andando con ordine: per quanto riguarda la trama, il titolo di Bandai Namco offre una storia interessante e assolutamente ricca di colpi di scena. Dahna era un pacifico pianeta ricco di energia e panorami mozzafiato. Un vero e proprio paradiso che si trasformò in un inferno nel giro di una sola notte, quando l’esercito del pianeta Rena iniziò l’invasione dallo spazio senza dare la minima possibilità di vittoria a causa della loro superiorità tecnologia. Dahna venne quindi diviso in cinque regioni, ognuna comandata da un lord renano, e la popolazione resa schiava e sfruttata come forza lavoro per raccogliere l’energia astrale di cui il pianeta era ricco. Questa situazione è andata avanti per ben 300 anni, tanto che ormai gli abitanti di Dahna non conoscono altro che schiavitù e sofferenza, senza ricordare nemmeno la loro storia e le loro tradizioni, ma non tutte le speranze sono morte. Alcuni – in attesa di qualcosa o di qualcuno che riesca finalmente a ridare a Dahna la possibilità di tornare un luogo libero – tentano ancora una disperata resistenza nonostante la prospettiva di vittoria sia praticamente nulla. L’occasione si presenta con Alphen, uno schiavo dal misterioso passato della regione di Calaglia. Il ragazzo, destinato a diventare il protagonista di Tales of Arise, infatti, soffre di amnesia e non ricorda nulla di sé, e viene chiamato Maschera di Ferro a causa dell’altrettanto misteriosa maschera che gli copre il volto e che sembra impossibile da rimuovere. Un’altra particolarità del personaggio è la totale incapacità di percepire il dolore, una condizione che lo porta a compiere atti eroici per salvaguardare gli altri schiavi dagli abusi delle guardie, ma al tempo stesso lo mette costantemente in pericolo di vita visto che il non sentire alcun dolore non lo rende comunque immune alle ferite. La terribile routine di Dahna viene stravolta quando Alphen incontra Shionne, una bellissima ragazza dai lunghi capelli rosa, che i renani stavano portando al campo di prigionia. Il ragazzo spinto dall’istinto riesce a liberarla grazie anche all’intervento dei Corvi Scarlatti, un gruppo di ribelli di Calaglia guidato dal carismatico Zephyr. Shionne tuttavia non è una comune prigioniera, infatti è una renana intenzionata a combattere il suo stesso popolo e rovesciare i cinque lord. L’odio verso i renani per i 300 anni di soprusi non rende comunque facile fidarsi di Shionne, tenuto conto anche che il mistero attorno a lei è alimentato ulteriormente da una maledizione capace di generare degli “aculei” elettrici, che provocano spasmi e dolori a chiunque provi a toccarla. Shionne quindi è fredda e distaccata non avendo mai avuto letteralmente contatti fisici con altre persone, almeno fino all’incontro con Alphen, il quale non sentendo il dolore, riesce a toccare la ragazza senza conseguenze. Ben presto però si verrà a scoprire che il motivo per cui Shionne è stata arrestata è il furto del Nucleo Primario del Fuoco, un oggetto di grande potere posseduto solo dai lord. Grazie al Nucleo Shionne riesce ad evocare la Spada Ardente, una lama di fiamme dalla potenza enorme, ma che nessuno riesce a brandire senza ustionarsi le mani… ed è qui che nuovamente l’insensibilità al dolore di Alphen lo rende l’unico in grado di maneggiarla, purché vi sia Shionne al suo fianco, avendo lei solo la capacità di attivare il potere della lama, ma soprattutto essendo dotata di arti curative tali da lenire le ustioni provocate dall’arma sulle braccia di Alphen. I renani infatti sono gli unici in grado di canalizzare l’energia astrale per utilizzare le arti magiche, e l’improbabile coppia formata dalla renana Shionne e il dahnano Alphen diventa l’unica possibilità per sconfiggere i cinque lord e liberare il pianeta. Inutile dire che questo è solo l’incipit narrativo dei primi minuti di gioco, e che nelle oltre 40/50 ore per arrivare ai titoli di coda, l’avventura di Tales of Arise si articola in continui colpi di scena, e offre la presenza di diversi altri personaggi coprotagonisti che si uniscono al gruppo. Il giovane Law ad esempio è un esperto di arti marziali che si fida solo dei suoi pugni, Kisara è una combattente che utilizza un gigantesco scudo sia per difesa che attacco, Dohalim con il suo bastone e le sue trappole intralcia i nemici, mentre Rinwell può lanciare devastanti incantesimi. Ogni personaggio ha una sua storia e motivazioni per seguire Alphen e Shionne nel loro viaggio, oltre ad un gameplay e abilità uniche. Insomma, con questi presupposti Tales of Arise si mostra come una vera e propria bomba dal punto di vista della trama.

Per quanto riguarda la giocabilità, le battaglie sono il fulcro dell’esperienza offerta da Tales of Arise, e Bandai Namco è riuscita a svecchiare il sistema di combattimento rendendolo molto più action, ma senza rinunciare comunque ad una componente più strategica da gioco di ruolo. Oltre agli attacchi base ad ogni tasto principale del pad può essere associata un’Arte di diverso tipo utilizzabile solo quando la barra azione è sufficientemente piena. Trovando le giuste combinazioni fra arti e colpi si possono creare combo prolungate e aeree devastanti. Alcune Arti inoltre possono essere modificate tenendo premuto il relativo tasto per attivare un ulteriore attacco con la Spada Ardente, ma il prezzo da pagare è la perdita di una parte della salute di Alphen, per cui si tratta di mosse da utilizzare con parsimonia o solo quando Shionne è pronta a utilizzare le magie curative. Eseguendo mosse dopo mosse ininterrottamente, quando la salute del nemico è bassa si può attivare un devastante “Attacco Combinato” con un altro membro del party che nella maggior parte dei casi darà il colpo di grazia al nemico. Proprio per tale ragione è fondamentale trovare il giusto tempismo e alternanza tra Arti e attacchi normali, così facendo la combo nei momenti cruciali sarà sempre più lunga e devastante e a farne le spese saranno sempre gli antagonisti. A questo schema di gioco si aggiunge la schivata che, se eseguita con il giusto tempismo, permette di scattare subito contro il nemico per eseguire un contrattacco, accentuando ancora di più l’anima action del titolo. La componente strategica di Tales of Arise durante i combattimenti si trova invece negli Attacchi Boost: una volta riempito l’apposito indicatore infatti si può chiamare in soccorso uno degli alleati attraverso la pressione della croce direzionale. Il personaggio selezionato scatenerà così un’abilità unica da utilizzare in situazioni specifiche che può essere fondamentale per portare a buon fine uno scontro. Rinwell ad esempio può neutralizzare il lancio di una magia del nemico e prevenirne l’uso per alcuni secondi, Dohalim può evocare piante dal terreno per bloccare i movimenti degli avversari troppo sfuggenti mentre Law concentrando l’energia nel pugno può sfondare le difese dei nemici corazzati e così via. Come già detto gli Attacchi Boost possono cambiare le sorti di una battaglia se utilizzate al momento giusto, in particolare negli scontri contro i boss enormi per lasciare esposti i punti deboli da colpire. Queste abilità possono essere utilizzate anche nelle fasi esplorative per sbloccare aree altrimenti inaccessibili. Tornare indietro, spostarsi in luoghi lontani per superare aree precedentemente inaccessibili o semplicemente riprendere una quest secondaria rimasta in sospeso è molto facile in quanto è presente un sistema di viaggio rapido attivabile dalla mappa di gioco. L’esplorazione del mondo in Tales of Arise è rimasta sostanzialmente invariata rispetto ai precedenti capitoli, con aree all’apparenza aperte ma sostanzialmente dei lunghi corridoi che non lasciano molto spazio di manovra se non per poche deviazioni. Il ritmo di gioco è quindi serrato passando in continuazione da un combattimento all’altro concedendosi qualche breve pausa per raccogliere magari dei materiali utili per il crafting. Negli accampamenti e negozi infatti si possono creare nuove armi, armature e accessori sempre più potenti, oltre alle ricette per pietanze che offrono vari bonus passivi per un tempo limitato. Queste azioni si rendono necessarie anche per sbloccare i Titoli, ovvero i vari “rami” dell’albero della abilità. Come ogni gioco di ruolo che si rispetti uccidendo mostri e completando missioni si ottengono dei punti da spendere per sbloccare nuove caratteristiche attive e passive, ma la particolarità è che per accedervi è necessario prima conquistare il relativo Titolo. Le condizioni per ottenerli sono sempre specificate e la maggior parte si può conquistare semplicemente proseguendo per la storia, ma per conquistare il pieno potenziale di un personaggio e la lista completa delle abilità è necessario dedicarsi anche ad attività extra.

Dal punto di vista tecnico Tales of Arise si difende egregiamente, con la versione Xbox Series X che sfoggia una risoluzione in 4K e 60 fps stabili, mentre su Series S si mantengono i 60 fps ma con risoluzione a 1440p. Sulle console della precedente generazione invece ci si deve accontentare dei 1080p e 30 fps, anche se in un titolo così veloce e frenetico come Tales of Arise il frame rate dimezzato è un elemento da tenere in considerazione. Ottimo anche il doppiaggio sia giapponese che inglese, così come la localizzazione dei testi in italiano. Stupenda, invece, la colonna sonora di Motoi Sakuraba che, per la prima volta nella serie, ha avuto a disposizione un’orchestra sinfonica con cui dilettarsi per la composizione dei brani presenti nel gioco. Anche se in alcuni momenti ci è parso che il compositore abbia voluto utilizzare ogni singolo strumento a sua disposizione, siamo certi che moltissime delle tracce presenti all’interno di Tales Of Arise diventeranno delle “fan favorite” in seguito al primo ascolto. Al livello di difficoltà standard, il gioco offre un’esperienza estremamente equilibrata, con dei (prevedibili) picchi di difficoltà solo durante le battaglie opzionali contro gli Zeugle Giganti; in ogni caso, Tales of Arise permette un’eccellente personalizzazione del comportamento degli alleati. In ogni caso, menzione d’onore anche alla programmazione generale dei compagni di squadra, che riescono ad agire tempestivamente e in modo intelligente anche nel caso in cui si lasci loro completa autonomia. Tirando le somme, possiamo dire che Tales of Arise è un JRPG in grado di far contenti tanto i fan di vecchia data della saga, quanto i neofiti: accessibile, esteticamente appagante e dal ritmo sempre scorrevole, è riuscito a rinfrescare il sistema di combattimento con un ottimo compromesso tra azione e strategia, senza però accantonare la componente parametrica. L’ottimo doppiaggio e la bellissima colonna sonora accompagnano alla perfezione un’avventura che merita assolutamente di essere vissuta e, perchè no, rivissuta in Nuova Partita +, con i bonus offerti dai misteriosi e potenti Manufatti. Se state cercando un Jrpg bello da vedere, con una trama coinvolgente e dai contenuti profondi, Tales of Arise è un titolo da non lasciarsi assolutamente scappare.

GIUDIZIO GLOBAKLE:

Grafica: 8.5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 9
Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Scienza e Tecnologia

Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

Continua a leggere

Scienza e Tecnologia

Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

Continua a leggere

Scienza e Tecnologia

Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti