YARA GAMBIRASIO: SI SCAVA NEI RAPPORTI FAMILIARI DI MASSIMO GIUSEPPE BOSSETTI

di Chiara Rai

Bergamo – L'attenzione degli inquirenti sembrerebbe tutta rivolta sulla ritualità, sulle abitudini di Massimo Giuseppe Bossetti. Gli inquirenti stanno scavando molto intorno a quest'uomo ai rapporti che questi ha sempre avuto con sua moglie e con la famiglia della moglie. Andreina Bolis, suocera del 44enne carpentiere di Mapello accusato dell'omicidio della 13enne Yara Gambirasio a Brembate di Sopra, risiede nello stesso edificio della famiglia Bossetti. Certo è che se Massimo Giuseppe Bossetti si trova in carcere dal 16 giugno, evidentemente ci sono gravi indizi che pesano sulla persona, forse anche altri indizi che non sono stati ancora resi noti.

Una situazione decisamente incredibile per come ci si è arrivati e che adesso pesa come un macigno su quest'uomo che apparentemente sembrerebbe una persona legata alla sua famiglia e amante degli animali. Insomma un uomo comune come tutti e non un presunto assassino di una ragazzina innocente barbaramente uccisa. Chiunque sia l'assassino, difronte ad un omicidio così efferato non bisogna provare compassione per nessuno  ma cercare di accertare la verità dei fatti con lucidità e prove inconfutabili. Non con elementi flebili perché la famiglia di Yara Gambirasio cerca giustizia, lo ha detto fin dall'inizio: la loro figlia è stata uccisa e loro vogliono sapere chi è il colpevole.

 

L'interrogatorio alla suocera di Bossetti – E' durato quasi due ore l'interrogatorio di mercoledì mattina ad Andreina Bolis, la suocera di Massimo Giuseppe Bossetti

Il colloquio si è svolto al comando provinciale dei carabinieri di Bergamo, in via Delle Valli, e ha preso il via alle 10. La madre della moglie di Bossetti, Marita Comi, è stata sentita come persona informata sui fatti.

Al termine l'avvocato Claudio Salvagni non ha svelato nulla sul contenuto dell'interrogatorio, ma ha confermato che la donna pur potendo avvalersi della facoltà di non rispondere, ha risposto a tutte le domande. Secondo quanto trapela il colloquio era incentrato in particolare sui rapporti fra Bossetti e i suoi familiari.

Andreina Bolis abita nello stesso edificio dove risiede la famiglia Bossetti. La donna potrebbe quindi aver chiarito meglio comportamenti e usanze di quello che finora rimano l'unico indagato per l'omicidio della 13enne di Brembate Sopra.

 

La morte di Yara – E' il 26 novembre 2010 quando Yara esce dalla palestra che dista poche centinaia di metri da casa e di lei si perdono le tracce. Tre mesi dopo, il suo corpo viene trovato in un campo abbandonato a Chignolo d’Isola, distante solo una decina di chilometri da casa. L’autopsia svela una ferita alla testa, le coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Nessun colpo mortale: era agonizzante, incapace di chiedere aiuto, ma quando chi l’ha colpita le ha voltato le spalle lei era ancora viva. Il decesso è avvenuto in seguito, quando alle ferite si è aggiunto il freddo.

 

Perizie e analisi – La relazione tecnica relativa alle analisi sulle circa duecento tracce pilifere ritrovate sul corpo di Yara arriverà a settembre. Le analisi effettuate in laboratorio invece non hanno avuto esiti interessanti: nessuna traccia rilevante a carico di Bossetti. 

 

La prova del DNA – La prova del DNA in un processo ha un valore di indizio. Il test del DNA è stato replicato ben quattro volte dai Ris di Parma, Statale di Milano, Istituto di medicina legale di Pavia, San Raffaele di Milano, dando sempre identici risultati. Ma la traccia di codice genetico era molto piccola e non è certo che ci sia ancora del materiale genetico con cui si possa fare una nuova perizia come vorrebbe la difesa nominando anche dei suoi periti. 

 

Chi è Massimo Bossetti – Originario di Clusone, Massimo Giuseppe Bossetti ha 44 anni, è sposato e ha tre figli. L’uomo, senza precedenti penali, lavora nel settore dell’edilizia ed ha una sorella gemella. Il Dna lasciato sul corpo della vittima sarebbe sovrapponibile a quello di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999 e ritenuto in base all’analisi scientifica il padre dello sconosciuto assassino al 99,9%. 

Il profilo genetico del presunto assassino è in parte noto. Per questo era stata riesumata la salma di Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, che secondo gli esami scientifici risulta essere il padre del presunto assassino di Yara. Avere la certezza che l’autista è il padre dell’uomo che ha lasciato il proprio Dna sui vestiti di Yara non risolve il problema: trovare il killer, un presunto figlio illegittimo di cui non c’è traccia. L’ultima conferma sull’analisi scientifica arriva nell’aprile scorso contenuta nella relazione dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, la stessa esperta che aveva eseguito l’esame sulla salma della giovane vittima. 

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YARA GAMBIRASIO: MARITA COMA, MOGLIE DI BOSSETTI, RACCONTA LA SUA VITA

di Christian Montagna

Una vicenda che sembra non avere una fine ma che ogni giorno ci regala colpi di scena. A rompere il silenzio con la stampa è la signora Bossetti, moglie dell'unico indagato per l'omicidio di Yara Gambirasio, in carcere dal 16 giugno scorso. Marita Coma, a "Gente", ha raccontato la sua vita familiare in un memoriale. Nonostante i risultati del DNA, la signora Coma continua a sostenere l'innocenza del marito.

Affidandosi alla banalità e alla monotonia della loro vita quotidiana, afferma con certezza l'innocenza di Bossetti. "Non è stato Massimo perché era a casa": è questa la frase con cui esordisce difendendo a denti stretti la tesi del marito. Racconta inoltre di questi giorni di prigionia, descrivendo minuziosamente i loro incontri in carcere, sei per l'esattezza. Incontri tristi in cui spesso i discorsi sono stati interrotti dalle lacrime.

Bossetti, secondo i racconti della sua signora, continua a chiedersi il perché di quello che chiama accanimento nei suoi confronti. Altrettanto preciso è stato il racconto del giorno dell'arresto: venti carabinieri che all'improvviso piombano dentro casa ovunque,ma l'unico pensiero in quel momento la tutela dei bambini. Un attacco Marita lo sferra contro le televisioni e i giornali, non d'accordo con le ricostruzioni del profilo psicologico che la stampa in questi giorni ha diffuso riguardo Massimo Bossetti. Per quanto riguarda quel maledetto 26 Novembre 2010 invece, Marita sostiene che nell'ora in cui la piccola veniva uccisa, il marito fosse in casa e sarebbe proprio per questo motivo che continua a gran voce a sostenerne l' innocenza.




YARA GAMBIRASIO – L'OSSERVATORE D'ITALIA YELLOW SUNDAY: MASSIMO BOSSETTI RICEVE LA VISITA DEI GENITORI IN CARCERE

di Christian Montagna

Continua ad essere ricca di colpi di scena la triste vicenda della piccola Yara. Bossetti l'unico indagato per omicidio è il protagonista delle cronache di questi giorni. Ogni giorno aggiunge un tassello a quella che sembra essere diventata una sit com: prove schiaccianti che lo incastrano e lui che continuamente si professa innocente. Quale sarà la verità? Le indagini sono ancora in corso e gli investigatori analizzano ogni minimo particolare interessante ed utile alla risoluzione del caso. In carcere dal 16 giugno con l'accusa di aver ucciso la piccola di Brembate, Massimo Bossetti, sostiene di essere il figlio di Giovanni Bossetti e non di quel signor Guerinoni, l'autista di Gorno morto nel 1999. Le analisi effettuati dagli investigatori dimostrerebbero però il contrario e sarebbero state proprio quelle a far scattare i sospetti e poi le manette verso Massimo Bossetti. Dopo circa due ore di colloquio, l'indagato numero uno ha concluso l'incontro con i familiari in carcere. Presso la casa circondariale di Via Glena a Bergamo, sono arrivate la madre Ester Arzuffi, il padre anagrafico Giovanni Bossetti e la gemella Laura Bossetti. Parole di conforto e speranza giungono dai legali della famiglia: i parenti sono tutti pienamente convinti dell'innocenza di Massimo. Sul contenuto dell'incontro non ci sono state rivelazioni ma indiscrezioni raccontano di momenti di commozione all'interno del carcere. Per altri particolari o possibili risvolti del caso bisognerà attendere il prossimo mese quando saranno pubblicati i risultati delle analisi sul corpo della piccola Yara. Potrebbero essere proprio quelle a mettere la parola fine, assicurando alla giustizia il colpevole di questo barbaro omicidio.




YARA GAMBIRASIO: A SETTEMBRE I RISULTATI DELLE ANALISI SULLE TRACCE PILIFERE RITROVATE SUL SUO CORPO.

Di Christian Montagna

Bergamo – Ancora novità sul caso della piccola di Brembate di Sopra ritrovata senza vita il ventisei febbraio 2011in un campo di Chignolo d'Isola. Massimo Giuseppe Bossetti in carcere dal sedici giugno 2014 con l'accusa di omicidio sarà sottoposto ad ulteriori analisi. É delle ultime ore la notizia che la relazione tecnica relativa alle analisi sulle circa duecento tracce pilifere ritrovate sul corpo di Yara arriverà a settembre. Le analisi effettuate in laboratorio invece non hanno avuto esiti interessanti: nessuna traccia rilevante a carico di Bossetti. Solo pochi giorni fa é stata eseguita la nuova perquisizione , la terza per l'esattezza, a casa dell' unico indagato. Il pm Letizia Ruggeri ha disposto il dissequestro della sua abitazione dopo aver requisito trenta quattro oggetti da repertare e analizzare. Bossetti intanto continua a professarsi innocente e si dimostra tranquillo e sereno dinanzi alle domande del pm. Il professore Carlo Previderé che effettuerà la perizia sulla piccola Yara, la consegnerà entro settembre alla Procura di Bergamo. Continuano inoltre senza sosta le analisi dei Ris sui reperti trovati all'interno del furgone Iveco Daily e dell'auto Volvo V40 di proprietà del muratore. Anche in questo caso bisognerà attendere a lungo per conoscerne i risultati.

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DELITTO GAMBIRASIO, PARLA MASSIMO BOSSETTI: "LA PICCOLA YARA SAREBBE STATA UCCISA PER QUESTIONI DI VENDETTA CHE RIGUARDANO IL PADRE FULVIO".

di Christian Montagna

Dopo lunghi giorni di silenzio,Massimo Giuseppe Bossetti, l'unico indagato per l'omicidio della piccola Yara Gambirasio, decide di parlare:" In cantiere si diceva che Yara fosse stata uccisa per una vendetta contro il padre Fulvio". Sono queste le parole con cui tenta di difendersi dinanzi al gip di Bergamo durante l'interrogatorio di convalida del fermo. Uno screzio tra la ditta Lopav e il signor Gambirasio che vi lavora come geometra sarebbe stata la causa scatenante dell'omicidio. Un fiume in piena Bossetti che cerca di far cadere le terribili accuse che pendono su di lui.

Conosciuto da tutti come il buon padre di famiglia, da mesi è diventato il mostro d'Italia. E lui non ci sta. Racconta di aver saputo dalla madre Ester Arzuffi del test del dna dell'estate 2012. Continua a giurare di non aver mai visto nè conosciuto la piccola Yara. Ma come si spiegano le numerose coincidenze, se così possiamo chiamarle, che legano quest'uomo al caso? E il suo DNA sugli indumenti di Yara, come ci sarebbe finito?

Continua a definirsi l'uomo metodico e abitudinario di sempre raccontando con estrema precisione tutti gli avvenimenti di quel terribile 26 Novembre 2010, giorno in cui sparì la piccola Yara. Giustifica il suo passaggio davanti al centro sportivo di Brembate come quotidino e di routine, rientrerebbe infatti nel percorso che tutti giorni effettuava per rientrare a casa. In carcere ormai da un mese, Bossetti non molla e vuole a tutti i costi scrollarsi di dosso questa terribile accusa. Ha chiesto ai suoi legali di poter incontrare i suoi tre bambini ma se ciò dovesse accadere sarà necessaria la presenza di uno psicologo durante l'incontro vista la situazione alquanto delicata. In un verbale di oltre sessanta pagine dunque potrebbero celarsi altre verità, altri indizi che sono al vaglio degli inquirenti. Nell'attesa di ulteriori riscontri sul caso,si spera al più presto di potervi mettere la parola fine.
 




YARA GAMBIRASIO: ANCORA PROVE DI COLPEVOLEZZA PER MASSIMO GIUSEPPE BOSSETTI

di Angelo Parca

Bergamo – Una scelta che probabilmente si rivelerà sbagliata quella dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti e del presunto assassino medesimo quella di spiegare come mai il suo Dna fosse sugli indumenti di Yara. Intanto è una ammissione che ignoto 1 sia lui. Nelle ultime ore ulteriori accertamenti hanno fatto emergere ancora prove di colpevolezza a carico del Bossetti perché dimostrerebbero la sua presenza nei pressi del centro sportivo di Brembate Sopra, poche decine di minuti che Yara fosse portata via. I filmati trovati in una nuova telecamera montata su una stazione di servizio riprendono il suo furgone a pochi metri dalla palestra dove Yara si trovava quel pomeriggio del 26 novembre 2010. L'accusa ritiene di avere prove evidenti e sufficienti per un rito abbreviato. L’identificazione del mezzo è avvenuta attraverso un particolare catarifrangente montato dallo stesso Bossetti, che è diverso da quelli di serie.Ciò unito a calce nei polmoni della vittima e anche che il cellulare di Bossetti agganci la «cella» telefonica del Centro Sportivo alle 17,45, esattamente un’ora prima che Yara sparisca e agganci la stessa «cella» rendono ancora più forte la tesi dell'accusa.

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YARA GAMBIRASIO: NUOVO ESAME DEL DNA PER MASSIMO BOSSETTI

Redazione

Bergamo – Verrà ripetuto l'esame di Dna. E' durato circa tre ore l'interrogatorio in carcere di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore arrestato per l'omicidio di Yara Gambirasio. E' stato lo stesso Bossetti a chiedere di essere interrogato. Il pm Letizia Ruggeri ha lasciato il carcere di Bergamo. Bossetti ha ribadito di essere innocente e non ha fatto nomi di altre persone. Quel che è certo è che verrà ripetuto l'esame del Dna. E' quanto hanno detto i suoi legali dopo l'interrogatorio. "Questa è una indagine pazzesca e non possiamo credere di poterla smontare in una settimana". Lo ha spiegato l'avvocato di Massimo Giuseppe Bossetti, Claudio Salvagni, al termine dell'interrogatorio in cui Bossetti "ha risposto a tutte le domande". "Voglio dimostrare che sono innocente", aveva ribadito prima dell'interrogatorio ai suoi legali Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, continuando a dire: ''Io non ho mai visto Yara''. Bossetti avrà dovuto spiegare come mai il suo Dna sia stato trovato sul corpo della ginnasta tredicenne il 26 febbraio del 2011, a tre mesi esatti dalla scomparsa in un campo di Chignolo d'Isola. L'uomo ha frequenti perdite di sangue dal naso e potrebbe azzardare che qualcuno abbia usato dei suoi attrezzi da lavoro per tagliare i leggins e gli slip di Yara. In quel campo, qualche tempo dopo il ritrovamento della ragazza, tornò con la moglie. A dire della donna, per curiosità e senza conoscere la strada, tanto che faticarono a trovarlo. Bossetti è soprattutto intenzionato a smentire ciò che dai giornali ha appreso riguardo alcune testimonianze che gli inquirenti bergamaschi avrebbero raccolto. Qualcuno sostiene che si assentasse qualche volta dal lavoro con delle scuse e il muratore afferma che sia accaduto solo in rare occasioni e sempre per un motivo valido. Avrebbe una spiegazione anche per quella discrepanza che riguarda il centro estetico in cui andava a fare le lampade (raramente secondo lui, di frequente secondo la titolare). 




YARA GAMBIRASIO: ORE CRUCIALI PER MASSIMO BOSSETTI

di Angelo Parca

La difesa di Bossetti sul caso Yara sembrerebbe brancolare nell’incertezza. I legali potrebbero chiedere nuove analisi sul Dna in sede di incidente probatorio. Gli investigatori continuano a sentire testimoni e probabilmente convocheranno anche alcuni amici della vittima. Un esito importante e atteso sarà quello delle analisi con il luminol sui veicoli sequestrati e soprattutto sul furgone Iveco, che inizieranno martedì nei laboratori del Ris. Un mezzo che ha un "particolare unico" secondo gli investigatori. I legali, dopo aver annunciato di avere “elementi” per dimostrare la sua innocenza, lunedì potrebbero l’istanza ai giudici della Libertà per il muratore di Mapello, accusato dalla Procura di Bergamo di essere il l’assassino Yara Gambirasio.

E intanto emergono molte contraddizioni: la relazione dei periti sul materiale organico, fa capire che su quegli accertamenti si è creato un giallo nel giallo dopo le dichiarazioni del professore Fabio Buzzi dell’Università di Pavia che, in sostanza, ha rivelato che, oltre a tracce biologiche, anche “formazioni pilifere” di Bossetti erano presenti sul cadavere della ragazzina. Dalla Procura di Bergamo e dagli stessi esperti che stanno eseguendo la perizia, però, sono arrivate solo smentite, anche perché le analisi “sono ancora in corso”.

Gli investigatori sono anche al lavoro sull’immagine di un autocarro simile a quello del muratore ripresa da una telecamera di sorveglianza verso le 18 del 26 novembre 2010, quando Yara scomparve. Risposte utili, infine, potrebbero arrivare dalle ulteriori analisi sulla cella telefonica a cui si agganciarono quel pomeriggio sia il cellulare di Bossetti che quello di Yara. C’è da stabilire, con una sorta di ‘scomposizione’ della cella, dove si trovava esattamente Bossetti e a quale distanza dalla palestra di Brembate di Sopra. Massimo Bossetti ha incontrato più volte il papà di Yara. Lo ricorda anche un collega di Fulvio Gambirasio. "Ci sono stati, da quel che ricordo, sia prima che dopo la scomparsa della ragazza. Anzi, sicuramente". Mi ricordo che quando Gambirasio arrivava io ero a disagio, cioè mi piangeva il cuore per lui, ero un po’ scosso. Ma mi viene anche in mente che Bossetti non batteva ciglio, non una parola". Era davvero impassibile. Io l’ho conosciuto: quando l’ho visto in manette non ci credevo.

Nel frattempo si punta sui computer di Bossetti, un portatile e un fisso, partendo dalla reazione avuta dalla moglie Marita durante l’interrogatorio: quando gli investigatori hanno tentato di portarla sul materiale informatico era intervenuto l’avvocato Claudio Salvagni affermando: "Non rispondiamo".

YARA GAMBIRASIO: PARLA MARITA COMA, LA MOGLIE DI GIUSEPPE BOSSETTI

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YARA GAMBIRASIO: IPOTESI DELL'IMPIANTO ACCUSATORIO E DI QUELLO DIFENSIVO PER MASSIMO BOSSETTI

di Domenico Leccese

Bergamo – Tutti gli indizi che sembrano confermare la colpevolezza, possono essere letti in modo diametralmente opposto. E soprattutto manca la confessione, l'arma del delitto e il movente. Che Massimo Bossetti sia davvero l'assassino di Yara Gambirasio l’opinione pubblica sembra averlo già deciso. E d'altra parte la prova del Dna si può considerare schiacciante, anche perché supportata dalla "prova del cellulare" (cioè la cella telefonica agganciato nello stesso luogo in cui si trovava Yara) e dalle polveri di calce trovate sul corpo della vittima. Se a questo si aggiunge che l'alibi ricostruito da Massimo Bossetti ("Sono andato a Brembate per vedere mio fratello e il commercialista") è stato in parte smentito, ecco che si chiarisce il quadro di quale sarà l'impianto accusatorio nei confronti del presunto omicida.

Sarà infatti solo il processo a determinare la colpevolezza o meno di Massimo Bossetti, e anche la difesa sembra avere dalla sua alcune buoni argomenti. Innanzitutto mancano i tre elementi che di solito sono cruciali per l'accusa: la confessione (Bossetti continua a dichiararsi innocente), l’arma del delitto e anche il movente . In particolare questi ultimi due sono fondamentali per incastrare l'omicida. Quindi: la confessione non c'è, il coltello con cui è stata uccisa non è mai saltato fuori e anche il movente vacilla; si pensa a una pista sessuale, ma sul corpo della piccola Yara non ci sono tracce di violenza carnale .

Queste quindi le mancanze investigative su cui la difesa potrebbe puntare. Difesa che però potrebbe anche scalfire quella che sembra una certezza granitica: la prova del DNA . Prova principe (che però in un processo ha un valore di indizio) e su cui gli inquirenti fanno affidamento totale, ma qualche dubbio potrebbe ancora emergere. Il test del DNA è stato replicato quattro volte (Ris di Parma, Statale di Milano, Istituto di medicina legale di Pavia, San Raffaele di Milano) dando sempre identici risultati. Ma la traccia di codice genetico era molto piccola e non è certo che ci sia ancora del materiale genetico con cui si possa fare una nuova perizia come vorrebbe la difesa nominando anche dei suoi periti. Anche la prova del cellulare presenta dei punti deboli soprattutto se la si vuole leggere a favore dell'indagato (come in un processo si deve fare in caso di possibile doppia lettura, stando alla Cassazione). Il telefonino di Yara si trova in via Natta di Mapello alle 18.49, quando riceve un sms dall'amica Martina. La stessa cella ha agganciato il cellulare di Massimo Bossetti alle 17.45. Questo significa che i due erano nello stesso luogo? Sì, ma a un'ora di distanza, secondo quanto si può provare. Inoltre il cellulare del presunto assassino non aggancia mai la cella di Chignolo d'Isola, dove il corpo è stato ritrovato.

C'è altro: la prova della calce. Gli abiti da lavoro, le scarpe e gli attrezzi di Massimo Bossetti sono stati sequestrati per compararli con le tracce di calce trovate nei bronchi di Yara. Secondo gli investigatori, quel tipo di calce è molto particolare e non risulta compatibile con quella presente negli altri luoghi frequentati da Yara. Secondo chi dovrà difendere Bossetti, invece, bisogna prendere in considerazione anche il fatto che il padre della piccola Gambirasio lavora nell'edilizia e che nella palestra da lei frequentata c'erano polveri di gesso e altri materiali simili.

E infine ci sarebbe il racconto del fratellino di Yara. Anche in questo caso si può notare come gli investigatori e la difesa possano leggere lo stesso indizio in modo diametralmente opposto. Il fratello infatti aveva ricevuto la confessione di Yara di sentirsi seguita e aveva anche indicato l'uomo, descrivendolo così: "Aveva una barbettina come fosse appena tagliata, e una macchina lunga grigia". È Bossetti, secondo gli investigatori. La difesa fa invece notare che il ragazzino non ha riconosciuto il presunto assassino e che era stato descritto come cicciottello.

Quello che sembrava essere un caso chiuso, potrebbe riservare ancora parecchie sorprese. A meno che nelle prossime ore gli inquirenti non riescano a ottenere una confessione che, a questo punto, renderebbe molto più semplice attribuire davvero la responsabilità dell'assassinio.

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VERGOGNOSA COSCIENZA

di Chiara Rai

Adesso ci si erge tutti a paladini e difensori dei presunti assassini. Adesso si cerca di mettere in discussione delle prove scientifiche anche se non vi sono dubbi che sulle mutandine e i leggins della piccola Yara, una bambina, sono state ritrovate delle tracce biologiche che si riferiscono ad "ignoto 1" personaggio che adesso ha un volto e un nome: Massimo Giuseppe Bosetti. Una indagine che non ha precedenti nella storia giudiziaria italiana. Si è vero, le soglie della discrezione sono state varcate, Alfano ha esagerato, ma esiste non una presunzione d'innocenza bensì di colpevolezza.

Non vogliamo dire che questa persona è un mostro? Allora non lo diciamo.

Eppure quanti ricordano come è morta Yara? Seviziata e lasciata agonizzante a morire di freddo. Scomparsa il 26 novembre 2010 all'uscita dalla palestra di Brembate, Yara Gambirasio è stata ritrovata tre mesi dopo in un campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri dal paese di Brembate di Sopra nel bergamasco. Yara era una bambina che aveva un futuro davanti, Yara era spaventata, ricorda il fratellino, da un uomo col pizzetto. Yara è morta e la prova del dna ha immortalato il presunto assassino Bosetti.

Quanti di noi ha figli? Fermiamoci un attimo a pensare quali sentimenti possono aver provato quei genitori quando è stato trovato il corpo della loro bambina che è morta da sola al freddo per colpa di quell'ignoto che l'ha lasciata ancora viva in mezzo ad un campo di notte e se ne è andato probabilmente a casa a giocare con i suoi cani e con i suoi figli.

A volte ci dovremmo vergognare e rimanere in silenzio. Quello che possiamo fare è pregare per la famiglia di Yara e se la nostra coscienza ci porta a dire che si deve assolutamente tutelare il presunto assassino perché è giusto così, al contempo dovremmo pensare anche a tutelare la memoria di un angelo che è stato ucciso con estrema crudeltà. Vada la presunzione di innocenza ma l'unica anima innocente in tutta questa storia è volata in cielo.




YARA GAMBIRASIO: ECCO COME HANNO PRESO IL PRESUNTO ASSASSINO

di Domenico Leccese

Bergamo – Nella soluzione del caso Yara non ha pesato soltanto il Dna ma pure il "metodo tradizionale"
Non solo Dna. Quella che ha portato i carabinieri del Ros a individuare e a fermare Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore 44.enne accusato di essere l'assassino di Yara Gambirasio, è stata una indagine che si è svolta attraverso metodi tradizionali e che ha trovato conferma del quadro indiziario dalla compatibilità dei profili genetici.


UN GRUPPO DI SOSPETTI

Bossetti rientrava nel gruppo di soggetti che gli investigatori avevano individuato come coloro che potevano essere, in qualche modo, coinvolti nel delitto. Una cerchia piuttosto ampia – perché qualsiasi tipo di legame con la vittima è stato preso in considerazione – e che poi si è progressivamente ristretta.


LA CELLA TELEFONICA

In particolare, sempre secondo quanto è stato possibile apprendere, nel provvedimento di fermo si contesterebbe il fatto che il cellulare di Bossetti è risultato tra quelli che avevano impegnato la cella della zona dove è stato trovato il cadavere, nell'ora in cui sarebbe avvenuto l'omicidio. Quindi l'uomo si trovava proprio lì, in un raggio di spazio sufficientemente circoscritto, nel momento in cui Yara veniva ammazzata.

LE POLVERI DI CALCE

Inoltre Bossetti è un muratore e questo ha contribuito ad addensare i sospetti su di lui. Le indagini si sono infatti concentrate, in particolare, su chi all'epoca lavorava nel mondo dell'edilizia: questo a causa delle polveri di calce trovate sul corpo e, soprattutto, nelle vie respiratorie di Yara.

LE  "AMICIZIE" DELL'AUTISTA

Il cerchio si è ristretto ulteriormente grazie ad indagini che si sono concentrate sul quadro relazionale di Giuseppe Guerinoni, l'autista di Gorno morto nel 1999 e "individuato" successivamente come il padre illegittimo dell'assassino. Gli investigatori, attraverso l'acquisizione di decine di testimonianze, hanno cercato di individuare la donna che avrebbe avuto una relazione con l'uomo e, infine, l'hanno trovata: è la madre del presunto assassino.
 

LA MADRE DEL PRESUNTO ASSASSINO – Era emigrata all'inizio degli anni '70 da un comune all'altro, sempre nella zona, forse proprio per sfuggire alla "vergogna" di una gravidanza non desiderata. I carabinieri sono risaliti a lei dopo aver identificato che potrebbero avere avuto una relazione con l'uomo, concentrando comunque le ricerche in quell'area, e le hanno sottoposte a controlli del Dna, insieme a migliaia di altre persone che, per altri versi, avrebbero potuto avere un collegamento con il crimine.
 

IL DNA

I risultati si sono conosciuti solo da pochi giorni e la compatibilità con il Dna delle tracce biologiche trovate sul corpo di Yara ha immediatamente indirizzato i carabinieri sul figlio della donna. A questo punto mancava solo l'ultima conferma, la "prova regina": è stato ricavato il dna di Bossetti – fermato ieri sera per un normale controllo stradale e sottoposto ad alcoltest con l'etilometro – e la compatibilità con il sangue trovato sugli slip della ragazza lo avrebbe definitivamente incastrato. "C'è coincidenza perfetta", assicurano gli investigatori.

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