Assassin’s Creed Origins, la saga rinasce nell’antico Egitto

Dopo uno sviluppo lungo ben quattro anni e un anno di “pausa” dagli schermi, la lotta senza tempo fra Assassini e Templari torna su Pc, Xbox One e PlayStation 4. Assassin’s Creed Origins è un titolo ricco di sfaccettature: si tratta di un ritorno come suggerisce il titolo stesso alle origini, di un vero prequel, di una finestra sulla genesi del brand e di un importante punto di ripartenza per la serie che negli ultimi episodi era rimasta arenata in degli schemi troppo ripetitivi. Ashraf Ismail, che fu Game Director di Assassin’s Creed IV: Black Flag, con questo nuovo titolo ha così dato nuova vita al franchise esaltandone i punti di forza e distruggendo al tempo stesso alcuni schemi che lo avevano accompagnato fin dalla prima istanza. Grazie a un certosino lavoro di ristrutturazione Assassin’s Creed: Origins riesce a spogliare il brand da quell’abito troppo vecchio fatto di regole diventate ormai scomode: il livello di profondità nella scrittura delle missioni secondarie è il più alto registrato nella serie fino a oggi, l’esplorazione diventa parte integrante dell’esperienza narrativa e la “lore” storica è minuziosamente incastonata in ogni angolo del mondo di gioco dando così a chi gioca il giusto senso di profondità che da tempo mancava. Intendiamoci, Assassin’s Creed resta sempre fedele a se stesso, alla sua essenza, al suo “credo”. Origins, per quanto riguarda il concept di base, è senza dubbio il capitolo più importante della serie sin dal trionfo del secondo episodio: un’opera, è proprio il caso di dire, faraonica, capace di bilanciare rinnovamento e classicismo, tenendo i piedi saldamente piantati nel passato del marchio, ma orientando lo sguardo in direzione del suo futuro. Per raccontare le origini del Credo, Ubisoft ha deciso di ambientare Assassin’s Creed Origins nell’antico Egitto, durante il periodo tolemaico, finestra temporale ricca di spunti interessanti e in grado di intrecciarsi, come al solito, con la vera storia dell’umanità. In un periodo difficile per il popolo egiziano, Bayek, il nuovo protagonista, si ritroverà all’interno di un intreccio socio-politico che lo porterà a scoprire realtà sconcertanti, spronandolo così a prendere decisioni importanti. La trama di questo ultimo spettacolare capitolo della serie è veramente appassionante, un’autentica discesa agli inferi per il Medjay, che sarà affiancato dalla carismatica e riuscitissima Aya, moglie del protagonista e personaggio in grado di rubare la scena più e più volte. Aya è certamente meglio caratterizzata di Bayek, che nonostante uno spunto interessante sul finale rimane piuttosto piatto e motivato da un solo, singolo sentimento: la vendetta. La narrativa ripercorrerà la lotta del popolo contro i poteri forti, rappresentati da una cabala che precede la formazione dei veri Templari. La struttura narrativa si divide in quattro atti più un epilogo, che in totale dureranno non meno di 30 ore di gioco. La storia di Origins è costruita in modo tale da arrivare a un climax finale d’impatto e assolutamente emozionante. La quest principale invoglia qualsiasi giocatore ad arrivare fino in fondo e, nonostante qualche sezione intermedia leggermente piatta, il climax non si ferma per l’intera durata della trama. In più di un’occasione ci saranno presentati vari bersagli e saremo liberi di eliminarli nell’ordine che riterremo più adatto. Attenzione, però: affrontare nemici di livello eccessivamente superiore al nostro può rivelarsi un’esperienza scoraggiante, e in ogni caso l’universo narrativo è studiato per essere vissuto a tutto tondo, alternando i contenuti delle missioni secondarie alla fiamma che ci spingerà verso il proseguo dell’avventura.

L’open world di Origins è veramente incredibile, soprattutto nel colpo d’occhio: Alessandria, Menfi e tutte le città d’Egitto presenti nel gioco sono realizzate con una cura estremamente raffinata. Proprio a riguardo è bene sottolineare come dal punto di vista tecnico Origins eccelle: dalle case più piccole alle costruzioni più grandi e sfarzose, tutto è realizzato con un’attenzione e un rispetto particolare verso un territorio che in età antica offriva davvero uno spettacolo impressionante, qui riproposto in un’incarnazione digitale assolutamente credibile e immortalabile grazie a un photomode sorprendentemente malleabile. La gente che popola l’Egitto poi è viva: lavorano, discutono, interagiscono fra di loro e riconosceranno Bayek, accogliendolo come un salvatore. Uscendo dagli agglomerati urbani si attraverserà e ci si perderà nella bellezza del deserto, bellezza che lascia veramente senza fiato per la sua immensità: chilometri e chilometri di dune, intervallati da misteriose strutture o dalle imponenti piramidi di Giza. L’esplorazione del territorio sarà fondamentale, per scoprire tutti i segreti della Prima Civilizzazione: tombe, piramidi, grotte e altre piccole chicche che contribuiscono a creare un mondo di gioco quasi perfetto, per estetica e capacità di immergere il giocatore al suo interno. Ma attenzione, viaggiando per troppo tempo sotto il caldo opprimente del sole: Bayek potrebbe avere anche delle allucinazioni… Detto questo, i puristi della saga si staranno chiedendo: e l’Animus che fine ha fatto? Come riprendere in mano una narrativa oramai spersonalizzata e da troppo tempo orfana di un reale punto di riferimento? La risposta è celata in una ragazza decisa a ritagliarsi uno spazio importante all’interno della multinazionale Abstergo, una giovane che dimostra un carattere forte come non lo si era mai visto in un operatore nostro contemporaneo, men che meno in Desmond Miles. Layla rappresenta uno strumento che mancava da troppo tempo all’interno della saga, una finestra sul presente con un volto e una caratterizzazione ben definiti.

Venendo alle novità più succose, il combat system riveste un ruolo da protagonista. Lasciandosi alle spalle la vecchia versione dinamica, il nuovo progetto include un sistema di combattimento molto più tattico e basato su attacchi leggeri, pesanti, parate, schivate e utilizzo dell’arco. La struttura ricorda alla lontana quella dei Souls e di sicuro aggiunge un valore importantissimo alla produzione. Grande varietà nelle lotte viene data dalle armi che si utilizzeranno che a seconda dell’archetipo (spada, lancia, mazza, bastone e via discorrendo) cambieranno completamente il set di mosse e soprattutto la rapidità degli attacchi. Questo aspetto è molto positivo e offre finalmente un certo grado di qualità e varietà, oltre che la necessità di assimilare al meglio tutte le mosse per padroneggiare perfettamente tutte le armi per venir via da ogni situazione. Nonostante sia possibile giocare e svolgere molte missioni utilizzando tecniche evasive, alla fine il gioco spinge il giocatore sempre a combattere. Qui emergono alcuni problemi, da ambedue i lati: nelle fasi stealth si potrà uccidere non badando alla distanza fra una guardia e l’altra, ma facendo attenzione solo al campo visivo e programmando efficaci strategie tramite l’utilizzo di Senu, la fidata aquila di Bayek; nelle fasi action invece i nemici eviteranno di attaccare in massa, o comunque gestiranno la situazione. Questo crea scontri contro massimo quattro/cinque avversarsi con il resto della truppa che resta a guardare prima di intervenire. In Assassin’s Creed Origins ci sarà a disposizione anche una “super abilità” che si ottiene caricando al massimo la barra dell’adrenalina: a seconda delle armi si entrerà in una fase di super potenza/agilità, oppure si potrà eseguire una mossa quasi letale, molto utile contro i nemici di alto rango. Insomma, grazie a questo nuovo sistema di combattimento, gli scontri saranno più belli da vivere rispetto al perché richiederanno sempre un pizzico di abilità valorizzando decisamente il gmeplay. Per quanto riguarda le novità introdotte da Assassin’s Creed Origins, a fare da spalla al nuovo sistema di combattimento c’è il sistema di progressione di Bayek. Questo è stato concepito sulla falsa riga di un gioco di ruolo ma è stato sviluppato per essere integrato ad un action open world come l’ultima opera di Ubisoft. Oltre alle armi, sarà necessario prestare molta attenzione all’equipaggiamento e alle abilità. Per quanto riguarda il primo, non sarà possibile ottenerne di nuovo, ma solo potenziare quello esistente, aumentando quindi danno corpo a corpo, danno da distanza, salute, capienza delle frecce, efficacia della lama celata e via discorrendo. Per fare ciò è però necessario recuperare diversi materiali sparsi in lungo e in largo per il mondo di gioco, cacciando animali, depredando i trasporti merci e talvolta comprandoli dai venditori. Lo sviluppo di Bayek basta e avanza per completare il gioco; potenziare l’equipaggiamento sarà una cosa in più che certamente rende l’esperienza più intrigante e longeva, ma non è fondamentale ai fini dell’end game.

L’albero delle abilità invece si divide in tre rami che s’intersecano l’un l’altro, ossia: Guerriero, Cacciatore e Veggente. Ogni ramo ovviamente si riferisce alle capacità d’utilizzo di armi, arco e dinamiche stealth. Come al solito bisognerà decidere quale parte sviluppare maggiormente, scelta che sarà bene far ricadere sullo stile di gioco che si preferisce. Le statistiche principali di Bayek sono solo tre: salute, danno corpo a corpo e danno da distanza. Per accrescerle sarà necessario aumentare di livello ottenendo punti esperienza. Ed è proprio qui che entra in funzione il cuore dell’open world di Origins, costituito da quest e sotto quest. La grande mappa di gioco è divisa in aree con livello consigliato e per poterle esplorare sarà imprescindibile essere di livello pari oppure inferiore di massimo due unità. Nonostante la libertà d’esplorazione e azione, Origins mette in pratica un sistema di gestione delle attività e del livellamento efficace, ma con qualche difetto, che emerge soprattutto nell’atto due dove chi non ha l’abitudine ad affrontare le missioni secondarie dovrà passare alcune ore a “farmare” materiali. Dal menù principale si potranno gestire tutte le missioni attive, vedendo anche il livello consigliato per ciascuna di esse. Solitamente lo svolgimento tipo per progredire bene nell’avventura è questo: si fanno due/tre missioni principali, per poi arrivare a uno sbarramento creato proprio dal gioco, che proporrà quest primarie di livello molto superiore a quello del protagonista. Proprio qui i giocatori dovranno dedicarsi alle sotto missioni e a tutte quelle attività che garantiscono la crescita del personaggio. Un ultimo plauso va sicuramente fatto al comparto audio che offre un doppiaggio in lingua italiana veramente ben fatto e una serie di effetti sonori e musiche assolutamente ben realizzate e in grado di rendere l’intera esperienza di gioco ancora più immersiva. Tirando le somme: Assassin’s Creed Origins è un titolo che passa l’esame a pieni voti. L’ambientazione dell’antico Egitto è stata sfruttata egregiamente, sia a livello di texturizzazione che nell’ambito del level design. Nonostante l’inserimento di numerose attività collaterali, la trama riesce a mantenere un ruolo preponderante e, soprattutto, stupisce sempre lo spettatore mostrando al tempo stesso un elevato grado di rispetto verso la linea del tempo originale della saga. Assassin’s Creed Origins è l’esempio a cui molti producers dovrebbero ispirarsi quando si punta a un rinnovamento delle dinamiche di gioco senza danneggiare tutto ciò che di bello e di buono è stato in passato. Il lavoro svolto da Ubisoft è a tutti gli effetti un gran successo, un’opera che ha donato valore all’intera saga rispettandone i canoni ma rinnovandola laddove ce n’era realmente bisogno. Insomma, sia che siate neofiti della saga, sia che siate veri appassionati, perdersi un gioco del calibro di Assassin’s Creed Origins sarebbe un vero errore.

 

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 9,5
Sonoro: 9,5
Gameplay: 9
Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise




Just Dance 2018, la discoteca torna nel salotto di casa

Puntuale come un orologio svizzero Ubisoft lancia Just Dance 2018, il popolare videogame dedicato al ballo che con più di sessanta milioni di copie vendute su diverse piattaforme continua a far scatenare i fan ormai da 8 anni. Quest’anno, però, la software house francese ha deciso di rendere la versione per Nintendo Switch quella più rappresentativa della famiglia Just Dance 2018, che comprende la bellezza di sette piattaforme compatibili: PS4, Xbox One, PS3, Switch, Wii, Wii U e Xbox 360. Per quanto riguarda l’ultima arrivata in casa Nintendo offre qualcosa in più, ossia: controller di movimento che vibrano a ritmo e una modalità di gioco che impegna entrambe le mani. Le modalità di controllo per le altre piattaforme sono la PlayStation Camera su PS3 e PS4, Kinect per le piattaforme Xbox, e i Wiimote su Wii e Wii U. Solo una mano è impegnata nel far riconoscere al videogioco le coreografie che bisognerà replicare davanti allo schermo: le esperienze migliori in tal senso sono quelle che non prevedono l’uso di nessun controller ma le telecamere, anche se l’effetto HD Rumble dei Joy-Con di Switch sono altrettanto divertenti. Infine, è possibile controllare il gioco anche con la app dedicata e disponibile per Android e iOS. In di Just Dance 2018 fa il suo ritorno la divertentissima modalità online mentre la tracklist include 40 brani famosi tra successi internazionali “evergreen” e brani contemporanei. A questi vanno aggiunti i pezzi presenti nella modalità per bambini (con licenze Disney), e una canzone esclusiva su Switch dedicata a Super Mario. E’ importante sottolineare che inizialmente si potrà accedere gratuitamente a Just Dance Unlimited, ossia una libreria di canzoni aggiuntive tratte dal catalogo precedente di Just Dance. Dopo tre mesi, però, l’abbonamento diventerà a pagamento per un costo di 4,99 euro al mese ad accesso illimitato. Chi desidera l’intero catalogo, insomma, deve mettere in conto un ulteriore esborso. Just Dance Unlimited, non è disponibile per PS3, Xbox 360 e Wii. A livello di gameplay Just Dance 2018 è sempre lo stesso rhythm game di sempre, titolo in cui bisogna replicare le coreografie rappresentate sullo schermo in base all’utilizzo di vari sistemi di rilevazione del movimento, con una valutazione costante delle performance che determina poi il punteggio finale e la possibilità di sbloccare e accedere a ulteriori contenuti o semplicemente vincere un match in multiplayer. Lo scopo di Just Dance 2018, va precisato, non è affatto la competizione, infatti, si tratta di un titolo che punta tutto sul fornire uno stimolo a ballare, e per chi ha un minimo di predisposizione al movimento ritmico del corpo può rappresentare un ottimo metodo per alzarsi dal divano e scatenarsi con della buona musica, divertendosi e magari imparando anche qualche passo.

 

La modalità di gioco principale offerta dal nuovo titolo di Ubisoft resta Just Dance, che consente di affrontare i brani separatamente in singolo o in multiplayer locale, mentre il multigiocatore online è accessibile nella modalità World Dance Floor. Sebbene la meccanica resti la stessa di sempre, in linea di massima, ci sono diverse varianti che fanno restare alto l’interesse nel gioco: una novità assoluta è rappresentata dalla già citata modalità Kids, che semplifica un po’ le cose e presenta un repertorio adatto ai più giovani, confermando la natura da titolo adatto a tutta la famiglia. La modalità Machine invece è stata sostituita da Dance Lab, che pone i giocatori dinanzi a una serie di prove alquanto bizzarre, nelle quali è necessario simulare una serie di gesti e movenze a tema all’interno di livelli progressivi. Ancora presente la modalità Fitness che consente di visualizzare le calorie bruciate a ritmo di musica, donando quindi al titolo anche un elemento “salutista”. Per allungare l’interesse e per gli amanti dei “look più cool”, sono presenti anche vari sbloccabili con cui personalizzare il proprio avatar, elementi estetici e quant’altro. Tirando le somme, come per i capitoli precedenti, Just Dance 2018 vale la pena di essere giocato perché in primis è un titolo che diverte, poi perché è un gioco adatto ad ogni età per via del suo approccio “easy” e scanzonato, inoltre va promosso per la sua estetica eccessiva e coloratissima in puro stile anni ’80, ma soprattutto è un prodotto valido anche per i brani ben scelti e che accontentano un po’ tutti. Ovviamente il prodotto Ubisoft dà il meglio di sé quando viene giocato in compagnia, ma grazie alla possibilità di ampliare la biblioteca delle canzoni con Just Dance Unlimited e grazie anche alla componente multiplayer online, l’esperienza di gioco può essere altrettanto appagante anche quando si sta in casa da soli. I possessori di Nintendo Switch poi saranno ben contenti di poter giocare il titolo anche all’aria aperta, grazie alla possibilità di poter giocare anche fuori con la console, unica pecca potrebbe essere rappresentata dalle dimensioni ridotte dello schermo che forse potrebbero essere insufficiente per sessioni di ballo in compagnia di molti amici. In ogni caso se si ha voglia di ballare, se si hanno molti amici, se si vuole animare una festa o più semplicemente si vuole giocare in maniera differente dal solito, Just Dance 2018 è il titolo che fa per voi.

 

Di seguito la lista completa dei brani presenti in game e il nostro giudizio finale:

All You Gotta Do – The Just Dance Band
24K Magic – Bruno Mars
Another One Bites The Dust – Queen
Automaton – Jamiroquai
Bad Liar – Selena Gomez
Beep Beep I’m A Sheep – LilDeuceDeuce ft. Black Gryph0n & TomSka
Blow Your Mind (Mwah) – Dua Lipa
Blue (Da Ba Dee) – Hit the Electro Beat
Boom Boom – Iggy Azalea ft. Zedd
Bubble Pop! – HyunA
Carmen (ouverture) – Just Dance Orchestra
Chantaje – Shakira Ft. Maluma
Daddy Cool – Groove Century
Despacito – Luis Fonsi & Daddy Yankee
Dharma – Headhunterz & KSHMR
Diggy – Spencer Ludwig
Fight Club – Lights
Footloose – Top Culture
Got That – Gigi Rowe
How Far I’ll Go – Disney’s Moana
In The Hall Of The Pixel King – Dancing Bros
Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini – The Sunlight Shakers
Instruction – Jax Jones ft. Demi Lovato & Stefflon Don
John Wayne – Lady Gaga
Keep On Moving – Michelle Delamor
Kissing Strangers – DNCE ft. Nicki Minaj
Love Ward – Hatsune Miku
Make it Jingle – Big Freedia
Naughty Girl – Beyoncé
New Face – PSY
Risky Business – Jorge Blanco
Rockabye – Clean Bandit Ft. Sean Paul & Anne-Marie
Sayonara – Wanko Ni Mero Mero
Shape of You – Ed Sheeran
Side To Side – Ariana Grande Ft. Nicki Minaj
Slumber Party – Britney Spears ft. Tinashe
Swish Swish – Katy Perry ft. Nicki Minaj
The Way I Are (Dance With Somebody) – Bebe Rexha Ft. Lil Wayne
Tumbum – Yemi Alade
Waka Waka (This Time For Africa) – Shakira

 

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 7,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 8
Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Xbox One X, Microsoft rivoluziona il mondo del gaming con la sua nuova console

L’arrivo sul mercato di Xbox One X, la console più potente al mondo arrivata nei negozi il 7 novembre, apre una nuova era di gaming immersivo e di intrattenimento in 4K per gli appassionati di tutto il pianeta. I giocatori potranno vivere un’esperienza unica grazie al 40% di potenza in più offerto da Xbox One X rispetto a qualsiasi altra console, e alla line-up dei giochi, che conta più di 70 titoli Xbox One X Enhanced in arrivo e oltre 50 già disponibili tra cui Forza Motorsport 7, Super Lucky’s Tale, Assassin’s Creed: Origins, La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra e FIFA 18. La line-up Xbox comprende 1300 titoli e oltre 220 esclusive, che offrono una nuova esperienza su Xbox One X. A partire dal 12 dicembre 2017 sarà inoltre disponibile come esclusiva console Xbox lo sparatutto più adrenalinico del pianeta, PlayerUnknown’s Battlegrounds. “Abbiamo creato Xbox One X per dare agli sviluppatori una piattaforma molto più potente, con cui dare vita alla loro immaginazione, e ai giocatori la migliore console con cui giocare ai titoli del passato, del presente e del futuro.” ha commentato di Phil Spencer, Executive Vice President of Gaming di Microsoft, “Siamo entusiasti di offrire agli appassionati la console più potente al mondo con la lineup più ricca di sempre con oltre 1300 titoli e più di 220 esclusive”. Con Xbox One X, Microsoft ha registrato anche il record di preordini e attende un forte interesse per la console per il prossimo Natale. Xbox One X è disponibile in 35 mercati Xbox tra cui l’Italia a partire da 499 euro.

 

Il più grande lancio mondiale nella storia di Xbox

Per celebrare l’arrivo di Xbox One X, Microsoft ha organizzato eventi speciali in tutto il mondo che hanno visto la partecipazione di numerosissimi appassionati. In Italia, Microsoft ha dedicato una giornata all’arrivo di Xbox One X, aprendo le porte della Microsoft House alla città di Milano e trasformandola nella casa del gaming più entusiasmante di sempre. Durante il pomeriggio gli appassionati che hanno partecipato all’appuntamento sono stati numerosissimi e hanno avuto l’opportunità di provare in anteprima tutta la potenza di Xbox One X con titoli come Forza Motorsport 7 e incontrare gli youtuber più in voga. Forza Motorsport 7 è stato protagonista della giornata mostrando tutta la potenza di Xbox One X grazie alle numerose postazioni allestite con TV 4K Samsung. Un partner che ha aiutato a far vivere la nuova esperienza di gaming e con cui è stato annunciato da poco il QLED TV Car Pack per Forza Motorsport 7. In occasione del lancio di Xbox One X, tutti i dipendenti di Microsoft e appassionati di gaming hanno partecipato per tutta la giornata un’attività di beneficienza a favore del Comitato Maria Letizia Verga, dove per ogni km corso virtualmente su Forza Motorsport 7 è stato donato un euro per creare uno spazio di intrattenimento per il Centro Maria Letizia Verga per lo studio e la cura della leucemia del bambino a Monza.

In giro per il mondo ci sono stati momenti emozionanti per il lancio di Xbox One X come:

In omaggio al nuovo racing game Forza Motorsport 7, l’esemplare numero uno della Xbox One X è stato consegnato a mano in Nuova Zelanda a bordo di una Lamborghini SuperLeggera, la quattro ruote più veloce in circolazione nel Paese; La capitale australiana ha lanciato invece una particolare iniziativa, l’Xbox Stay N’ Play, location che offre ai giocatori la possibilità di pernottamento con vista sull’iconico skyline della città, situata nel Pirrama Park; La Germania ha invece segnato un altro record per aver scartato una copia in formato XXL dell’Xbox One X all’aeroporto internazionale di Monaco. Al lancio hanno assistito oltre 700 fan, radunati di fronte al più grande schermo 4K di Berlino; Il Regno Unito ha organizzato una diretta di ben quattordici ore presso l’Xbox One X Apartment di Londra, a cui hanno preso parte alcuni dei principali influencer del Paese e altri ospiti illustri; Migliaia di fan francesi hanno seguito la diretta Mixer di otto ore che ha reso conto dei vari eventi parigini dedicati al lancio, tra cui l’apertura di mezzanotte del negozio Fnac sugli Champs Elysées; I festeggiamenti per il lancio sono stati immortalati perfino con eventi live su Mixer, Xbox.com, Twitch e Facebook Live direttamente dal Mixer NYC Studio.

La potenza di Xbox One X

Xbox One X è nata per offrire la vera esperienza di gaming 4K, grazie a una potenza tale da supportare risoluzioni in 4K nativo, High Dynamic Range (HDR) e un’ampia gamma di colori, per un’esperienza mai vista prima. I titoli Xbox One funzionano meglio su Xbox One X, grazie a effetti migliorati, frequenze di fotogrammi più fluide e tempi di caricamento più ridotti, anche su televisori da 1080p. Xbox One X, inoltre, è l’unico dispositivo al mondo con gaming in 4K, con un Blu-ray Ultra HD 4K integrato, funzioni di streaming in 4K, supporto per High Dynamic Range per gaming e riproduzione video e un audio di altissima qualità grazie al supporto Dolby Atmos. Il deisgn dell’hardware fa sì che Xbox One X non sia solamente la console più potente del mondo, ma anche la Xbox più piccola mai creata e, al tempo stesso, la più ricca di funzioni che si sia mai vista.

 

Xbox One X Enhanced

Con il lancio di Xbox One X, oltre 50 giochi Xbox One riceveranno aggiornamenti gratuiti grazie al programma Xbox One X Enhanced. I giochi Xbox One X Enhanced sono stati aggiornati o creati specificamente per sfruttare al meglio la console più potente del mondo e le sue funzioni 4K UHD e HDR. Oltre 160 giochi, tra nuovi ed esistenti, verranno potenziati per Xbox One X, nell’ottica di sfruttarne al massimo la potenza. Questo avverà per titoli come: Forza Motorsport 7, Super Lucky’s Tale, La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra, Assassin’s Creed: Origins, Halo Wars 2, Gears of War 4, Halo 5: Guardians, Minecraft, FIFA 18, Final Fantasy XV e Star Wars Battlefront II, a cui si aggiungeranno presto altri titoli come PlayerUnknown’s Battlegrounds, in uscita come come esclusiva console Xbox il 12 dicembre 2017, nell’ambito del programma Xbox Game Preview.

 

La Famiglia Xbox One

Xbox One X è l’ultima arrivata in casa Xbox One e andrà ad affiancare Xbox One S. Solamente su Xbox One i giocatori possono cimentarsi nei migliori titoli del passato, come in quelli attuali o futuri, con oltre 1.300 giochi Xbox One e 200 esclusive, giocabili su tutti i dispositivi della famiglia Xbox One. Inoltre tutti gli accessori Xbox One sono compatibili con tutti i dispositivi della famiglia. Che giochino con Xbox One X o Xbox One S, gli appassionati sono coccolati con caratteristiche di gaming esclusive della piattaforma Xbox: Xbox Live, la rete multiplayer più veloce e affidabile1, Blu-ray 4K UHD, streaming in 4K e gaming realistico in 4K, Xbox Game Pass, l’abbonamento mensile che garantisce l’accesso a oltre 100 giochi.

 

Francesco Pellegrino Lise




Wolfenstein II: The New Colossus, il ritorno di B.J. Blazkowicz [Recensione]

Eccessivo, esagerato, volutamente iperbolico e assolutamente brillante. Con questi presupposti, Wolfenstein II: The new Colossus, sequel del videogame di successo che ha ripreso in mano il brand che ha fatto la storia degli shooter, si propone a tutti gli appassionati della saga su Pc, PS4 e Xbox One con una storia incredibile, una grafica mozzafiato e una giocabilità assolutamente di primissimo livello. La campagna di Wolfenstein II ha inizio con il selettore di difficoltà, proprio come accadeva nei lontani anni ‘90, dove un volto del protagonista sempre più arrabbiato e coperto di sangue permette al giocatore di scegliere se affrontare l’avventura in maniera più semplice, semplice, media difficile o difficilissima. La storia del nuovo videogame dedicato all’immortale B.J Blazkowicz ha inizio subito dopo gli eventi accaduti in The New Order e ovviamente vede la caccia ai nazisti, che in questo universo vi ricordiamo aver vinto il secondo conflitto mondiale e aver conquistato il mondo, sempre al primo posto. Il protagonista è sopravvissuto all’esplosione dopo l’atto suicida di Deathshead, ma le sue condizioni non sono delle migliori dato che, nonostante sia riuscito a salvarsi, deve passare l’inizio della storia sulla sedia a rotelle. Un incipit lento, che riesce a fare da rampa di lancio per le folli imprese che l’eroe dovrà compiere e per il costante miglioramento delle capacità motorie. Narrativamente parlando, la storia ha un sapore fortemente americano e tutti i personaggi che si incontreranno prepareranno il giocatore a qualcosa di più grande che, però, si potrà conoscere solamente nell’ultimo capitolo di questa folle quanto portentosa trilogia. La scrittura si dimostra uno dei punti forti di Wolfenstein 2: The New Colossus, perchè riesce ad arrivare al giocatore senza filtri linguistici, in maniera diretta, ponendosi parallelamente alle immagini a schermo, ma senza mancare di quel pizzico di ironia che ha caratterizzato il primo capitolo della saga. Gli eventi vivono di una logica surreale, ma coerente, tanto che gli escamotage più o meno incredibili di cui l’intreccio è ricolmo, non appaiono mai troppo fuori luogo e non stonano con il resto della produzione. Di personaggi stereotipati ce n’è a poi a bizzeffe, ma la caratterizzazione del prode Blazkowicz è lodevole e il suo sviluppo, anche se ogni tanto semplificato, risulta in larga parte credibile. Gli antagonisti, invece, pochi ma più sfaccettati, sono il fulcro delle scene d’intermezzo più memorabili del gioco.

Per quanto riguarda il gameplay, Wolfenstein II fa dell’azione il suo punto di forza principale. I ritmi si sono alzati notevolmente rispetto all’episodio precedente, e insieme col rinnovato dual-wielding delle armi hanno portato il livello di frenesia ad uno standard mai visto prima d’ora in un videogame di questo tipo. Per vincere, specialmente ai livelli di difficoltà più elevati, sarà necessario sfruttare le arene nella loro interezza, spostandosi di continuo e trovando la posizione ideale per sferrare un attacco decisivo. Per la maggior parte della trama l’armatura costituirà l’unica protezione di Blazkowicz e di conseguenza ci si troverà a fare affidamento sul solo istinto, realizzando un vero e proprio film action in tempo reale. Correre su per le scale, saltare dalla balconata e lanciare un’ascia in testa a un nemico eliminandolo all’istante diventeranno gesti di routine dopo pochissimi minuti di gioco. La difficoltà del titolo si attesta ampiamente al di sopra della media proposta dagli shooter in prima persona attualmente in commercio. Nonostante un level design minuziosamente creato per dare al giocatore innumerevoli alternative per scegliere come ingaggiare le truppe naziste, queste saranno un’arma a doppio taglio perché potranno facilmente essere sfruttate dall’esercito del terzo reich per aggirare l’eroe e colpirlo alle spalle senza pietà. A volte basta un solo nemico nella posizione sbagliata per mandare all’aria i piani di chi gioca. Il team di MachineGames sembra voler ricostruire uno stile simile a quello dell’originale Wolfenstein, in una sorta di rapido e costante assalto, svuotando caricatori e cercando coperture di fortuna. Rimane ottimo il grado di attenzione dedicato agli amanti dell’approccio stealth, infatti i puristi dell’azione silenziosa e degli attacchi a sorpresa potranno affrontare gran parte dell’esperienza conficcando asce nella schiena di ignari soldati, strangolarli alle spalle ed eliminarli saltando dall’alto senza farsi scoprire. I comandanti rappresentano la principale minaccia, essendo in grado di chiamare rinforzi e rendendo inaccessibili anche le zone più semplici. Malgrado l’apparente varietà di nemici, corazze e droni, la ripetitività degli avversari è l’unico reale punto debole dell’intera esperienza, e alcune sezioni ci hanno trasmesso l’idea che la scenografia costituisse l’unica differenza tangibile; d’altro canto, si tratta di un limite intrinseco del genere e, considerando la lore, potrebbe essere una soluzione pensata e voluta in sede di game design. La campagna ha una durata di circa tredici ore, una quindicina volendo completare tutte le attività collaterali. Oltre ai collezionabili nascosti nei livelli, l’hub di gioco situato nell’imponente sottomarino chiamato Martello di Eva è il punto di partenza di svariate missioni secondarie legate ai codici Enigma. Considerando che all’inizio dell’avventura viene presentata una scelta tra due timeline narrative capaci di influenzare trama, cutscene e perfino armi, l’offerta di The New Colossus supera di gran lunga quella di numerosi FPS equiparabili. Bisogna tenere conto che il multiplayer è completamente assente ma è una mancanza ampiamente giustificata dalla cura per i dettagli e dalle attenzioni dedicate alla storia dell’eroico protagonista.

Dopo aver completato il gioco, comunque, il titolo offre diverse cose da fare come ad esempio rigiocarlo da capo. All’inizio della partita, infatti, bisognerà compiere una scelta abbastanza importante, che cambia molte delle conversazioni e delle scene di intermezzo, e mette a disposizione un’arma diversa per B.J. In Wolfenstein II ci sono poi vagonate di collezionabili (bozzetti, dischi musicali, documenti e tanto altro ancora), sparsi per le mappe di gioco e sul Martello di Eva. Qui si trovano poi diverse attività collaterali: piccole quest secondarie assegnate dai membri dell’equipaggio e che una volta portate a termine regalano potenziamenti per i power-up di Blazkowicz, ma soprattutto le missioni di assassinio dei gerarchi nazisti, una piacevolissima aggiunta alla campagna principale. Eliminando i comandanti che si incontrano durante la main quest si entrerà in possesso delle così dette “carte Enigma”, ossia particolari schede da utilizzare sul sottomarino nell’omonima macchina. Tale strumento, attraverso un semplicissimo minigame, consentirà di mostrare sulla mappa la posizione precisa di alcuni importanti ufficiali del Reich. Una volta scovati questi pericolosi gerarchi nazisti, per riuscire ad avvicinarli ed eliminarli si dovranno riaffrontare alcuni pezzi di scenari già giocati e un pericoloso boss finale. Facendo ciò si raccoglieranno le così dette Carte della Morte e si ripulirà il tabellone su cui sono appese le foto dei nazisti “ricercati”. Come piccola chicca, infine, sul sottomarino che funge da base è presente una macchina arcade dal titolo Wolfstone 3D, bellissimo coin-op che riprende grafica e gameplay del primissimo Wolf3D, con tanto di livelli, savegame e difficoltà, ma rivisto in chiave nazista, con un soldato tedesco impegnato a infiltrarsi nella roccaforte americana e sconfiggere i soldati dello Zio Sam. Esteticamente parlando Wolfenstein II: The New Colossus è un titolo che porta con forza l’eredità storica della serie sfoggiando un più marcato contrasto cromatico tra l’accesa natura liberale degli Stati Uniti d’America e la grigia realtà oppressiva del regime nazista. La varietà delle ambientazioni è notevole e beneficia della natura on-the-road della seconda parte dell’avventura, mettendo in mostra diverse città americane e non. L’impatto grafico è notevole per il novanta percento della produzione, le ambientazioni in particolare sono realizzate con molta cura, ma ogni tanto qualche shader fuori posto, così come animazioni non particolarmente incoraggianti e qualche texture a bassa risoluzione saltano all’occhio. Nessun bug importante da segnalare, se non ogni tanto un po’ di goffaggine nelle scalate delle macerie. Musiche ed effetti brillano di luce propria, con la canzone giusta al momento giusto e suoni secondari magari in sottofondo che compaiono esattamente come ce li saremmo aspettati con il giusto grado di attenuazione. Il doppiaggio in italiano è molto buono, con qualche leggera flessione qualitativa di alcuni personaggi secondari e una sincronizzazione delle labbra non troppo precisa.

Tirando le somme, se vi state chiedendo se vale la pena acquistare questo Wolfenstein II: The New Colossus, bene la risposta è assolutamente sì. Nonostante la totale assenza del multiplayer, questo prodotto riesce a tenere incollati allo schermo per moltissime ore proponendo una trama avvincente, un gameplay di primissima scelta, una grafica mozzafiato, una valanga di collezionabili e un livello di sfida adatto per ogni tipo di gamer. Se non avete giocato al primo capitolo della serie Wolfenstein ossia “The New Order” e al suo prequel ispirato al videogame per Pc degli anni ’90 (Wolf 3D ndr.) ossia “New Blood”, correte a farlo. Infatti anche se Wolfenstein II può essere giocato come capitolo a se, avere una conoscenza degli eventi accaduti precedentemente garantirà ancora più divertimento ed emozioni. Quindi se state cercando uno sparatutto all’avanguardia, bello da vedere e da giocare, il titolo di Bethesda e MachineGames saprà donarvi tutto ciò che cercate.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5
Sonoro: 9,5
Gameplay: 9,5
Longevità: 9

VOTO FINALE: 9,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Fire Emblem Warriors, la saga Nintendo sposa il genere Musou

Il 2017 ha rappresentato un anno fortunato per la serie videoludica di Nintendo “Fire Emblem”. A gennaio è arrivato su iOS e Android Fire Emblem Heroes, il gioco mobile free-to-start che ha letteralmente fatto jackpot sugli app store. Poi, ad aprile è arrivato Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia per Nintendo 3DS, ed infine arriva adesso Fire Emblem Warriors su Switch e New 3DS/New 2DS XL, il primo spin-off hack & slash della longeva serie strategica. Fire Emblem Warriors segue le orme di Hyrule Warriors, proponendo un videogioco in cui i protagonisti di un noto brand interno a Nintendo si affrontano in campi di battaglie pieni zeppi di nemici sulla falsa riga del celeberrimo franchise Dynasty Warriors. Per quanto riguarda la trama, questo nuovo capitolo della saga farà vestire ai giocatori i panni di due principi gemelli, Rowan e Lianna, che intraprendono un cammino nel tentativo di salvare il proprio regno di Aytolis. Si tratta di due personaggi inediti, che nel corso della loro avventura incontreranno tantissimi protagonisti presenti nei tanti capitoli della saga di Fire Emblem, ognuno con la propria storia da raccontare, che in un modo o nell’altro incrocerà il nostro destino, spesso unendosi alla causa dei protagonisti. Ogni personaggio che deciderà di combattere al fianco dei due fratelli sarà poi totalmente controllabile, e ognuno avrà le sue armi specifiche, le sue tecniche di lotta, le sue abilità e ovviamente le sue mosse finali speciali. Insomma per quanto riguarda la varietà di combattenti questo titolo ha davvero molto di che offrire. La campagna principale è suddivisa in capitoli che per essere completati imporranno il superamento di alcuni campi di battaglia densi di obiettivi primari e secondari. L’obiettivo primario sarà quasi sempre quello di sconfiggere un boss o di fermare l’avanzata dell’esercito nemico, ma esplorando le varie mappe sarà possibile scovare alcune missioni secondarie che serviranno per guadagnare punti di esperienza per far livellare la propria squadra di eroi, denaro da spendere nello shop, e oggetti consumabili e craftabili. L’inizio di ogni capitolo sarà accompagnato da alcune cut-scene attraverso le quali si sviluppa la trama, esse fungono da intermezzo tra le concitate ed estenuanti missioni che possono durare anche più di un’ora per quadro. Per quanto riguarda il sistema di combattimento, Fire Emblem Warriors sa come farsi amare, espandendo la classica struttura a base di battaglie campali con elementi tipici della saga, come il celebre triangolo delle armi. Si tratta di un’aggiunta più importante di quello che può apparentemente sembrare all’inizio, destinata ad aggiungere da sola un livello di strategia inedito, scongiurando quegli scenari in cui un eroe livellato a dovere ripulisce da solo la mappa, puntando dritto al generale nemico, ignorando eventi e ordini.

Giocando al livello più alto, un personaggio munito di spada che si trova ad affrontare un cavaliere equipaggiato con una lancia se la vedrà sempre brutta, specialmente se l’unita in vantaggio è incarnata da uno dei boss. È quindi necessario pensare dinamicamente, non affezionarsi a un unico personaggio o a un’unica arma e adattarsi, entrando spesso e volentieri nella schermata tattica per indirizzare gli eroi alla volta dei nemici più abbordabili, alternando in tempo reale il controllo di Rowan e compagni per gestire di persona le situazioni più spinose. I campi di battaglia, nonostante siano di dimensioni abbastanza ampie non brillano per i dettagli, ma offrono però alcune possibilità tattiche da sfruttare per evitare che lo scontro vada troppo per le lunghe, come strapiombi superabili in un lampo dalle unità volanti o le Vene del Drago introdotte in Fire Emblem Fates, che giacciono custodite all’interno di determinate fortezze aspettando di essere attivate per modificare la topografia della mappa. Come vuole la tradizione Omega Force, Fire Emblem Warriors offre i mezzi per portare avanti una carneficina su vasta scala grazie alle classiche combo e agli attacchi Musou (qui chiamati Attacchi Eroe), cui si aggiunge il Risveglio, uno stato in cui il guerriero interessato ignora l’eventuale svantaggio imposto dal triangolo delle armi e picchia come un fabbro, terminando il tutto con un attacco speciale. Probabilmente, però, la novità più appariscente è rappresentata dalle unità come Xander o Camilla, che combatteranno sempre e comunque in groppa ai loro destrieri, cavalli, viverne o pegasi che siano. Fire Emblem Warriors permette di unire le forze con un altro personaggio, eliminandolo temporaneamente dal campo di battaglia e potenziando le statistiche del guerriero comandato dal giocatore. In questa condizione i vantaggi non si fermano ai meri numeri, garantendo anzi l’accesso ad attacchi in coppia e provvidenziali difese, quando l’eroe “in background” entra in scena per annullare un colpo diretto. Alla fine della tenzone è il momento di raccogliere le spoglie di guerra, tra nuove armi, denaro e materiali, questi ultimi da investire in diagrammi ad albero dove sviluppare combo, abilità e resistenze. Tra i premi più prestigiosi e rari spiccano gli emblemi del potere, ossia lasciapassare con cui attingere al vero potenziale dei guerrieri una volta raggiunto il quindicesimo livello, quando sarà finalmente possibile mettere le mani sulle classi avanzate. Oltre al logico tornaconto a livello di statistiche, questo traguardo aggiunge numerose nuove opzioni ai diagrammi delle abilità, aprendo le strade a nuove possibilità belliche; è dunque cosa buona e giusta sapere che, una volta completate, le missioni possono essere affrontate in modalità libera, facendo incetta di materiali ed esperienza, scegliendo senza obblighi la formazione da portare in battaglia.

La campagna principale offre due modalità: la classica Storia e la modalità Epica. Quest’ultima consente di rivivere alcune battaglie storiche dei giochi della serie Fire Emblem, collezionando gli scenari mettendo insieme i frammenti di cartoline che troveremo presso il venditore Anna, che saltuariamente comparirà in maniera casuale e per un periodo di tempo limitato sulle mappe della modalità storia. Insomma, di carne al fuoco ce n’è, ed il sistema di combattimento è abbastanza profondo e differente rispetto agli standard di Dynasty Warriors, pur ereditandone le basi. Ovviamente, essendo figlio però della saga Warriors, il titolo possiede anche alcuni lati negativi. Prima di tutto il gameplay risulta molto presto ripetitivo, e spesso veramente non si vede l’ora di terminare una mappa per finire la partita. Lo sviluppo dei personaggi poi è troppo schematico e poco interessante. I rami di espansione delle abilità sono abbastanza equivalenti tra i vari eroi e gli upgrade delle armi troppo simili. Insomma, si vede che si tratta di una facciata posta su un’impalcatura preesistente piuttosto che di una struttura creata ad hoc per un gioco di Fire Emblem. Per quanto riguarda il lato tecnico, anche qui il titolo non brilla particolarmente. Lo sviluppo congiunto del gioco su Switch e 3DS ha inevitabilmente forzato Omega Force a limitare l’utilizzo delle risorse hardware di Switch. Le texture di ambienti, terreno, ed edifici sono davvero grossolane e rovinano un’esperienza di gioco che poteva essere curata meglio. Fortunatamente non manca il supporto agli amiibo, con le statuette di Fire Emblem recenti e meno recenti come quelle di Marth, Celica, Corrin, Robin e compagnia bella, che vengono riconosciute e forniscono agli eroi armi e materiali speciali. Tirando le somme, questo Fire Emblem Warriors si propone come un buon gioco per gli appassionati del genere musou, ma anche per tutti gli amanti della saga. La rosa di personaggi giocabile è abbastanza buona, ma purtroppo la storia non convince pienamente e si presenta con una trama piuttosto banalotta e poco profonda. Nonostante questi nei però siamo certi che ogni possessore di Switch e di New 3DS desideroso di lanciarsi in grosse battaglie campali correrà a comprare questo titolo e alla fine riuscirà a passare molte e molte ore in compagnia dei protagonisti che hanno reso grande il nome di Fire Emblem.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 7,5
Sonoro: 7,5
Gameplay: 7
Longevità: 8
VOTO FINALE: 7,5

 

Francesco Pellegrino Lise




WWE 2K18, il vero wrestling è ancora una volta un videogame

Appassionati di lotta libera è arrivato il vostro momento, è infatti disponibile su Pc, Xbox One e PlayStation 4 l’attesissimo WWE 2K18, il nuovo videogioco di 2K Sports, realizzato in collaborazione con Yuke’s e Visual Concepts, dedicato all’universo della World Wrestling Entertainment. Con l’impressionante numero di ben oltre 200 lottatori a disposizione, sono tantissime le novità proposte per quest’ultimo capitolo della serie: dalle modalità di gioco inedite agli entusiasmanti match mai visti prima, oltre a innovazioni tecniche che promettono una simulazione ancora più realistica e coinvolgente, per sentirsi davvero sul ring insieme alle Superstar della WWE. Ma veniamo al dunque, una volta avviato il gioco, il menù opzioni propone: la classica esibizione singola, la modalità carriera ed, infine, la sezione dedicata all’online. Il comparto dedicato al giocatore singolo è davvero molto ricco per quanto concerne le sottomodalità, ad eccezione del cosiddetto Inferno Match che continua a latitare. Sono presenti gli incontri 1 vs 1, 2 vs 2, triple threat, fatal 4-way, 3 vs 3, 4 vs 4, handicap match, Royal Rumble e infine anche i vari tornei. Il piatto dell’offerta single-player è poi completato da una grandissima vaietà delle tipologie di combattimento: si va dall’incontro normale al Falls Count Anywhere, dal Backstage Brawl, all’Extreme Rules, passando per Ladder, Table, TLC, Hell in a Cell, Steel Cage, Iron Man, Last Man Standing, No Holds Barred, Submission e infine, il classico match con regole personalizzate. Per quello che concerne la Royal Rumble, è possibile selezionare il numero dei lottatori tra dieci, venti o trenta e, sostanzialmente, risulta essere una riproposizione della modalità già presente in WWE 2K17. Infine, rimanendo in tema di modalità per giocatore singolo, la modalità Carriera vedrà i giocatori alle prese con un lottatore dilettante che, partendo dal Performance Center di Orlando, passerà agli show di NXT e da lì evolverà verso il main roster, gli show pay-per-view e, ovviamente, il Wrestlemania. Qui la personalizzazione del proprio alter ego virtuale è davvero curata nei minimi dettagli, ma la completezza dell’editor si scontra con l’eccessiva macchinosità con la quale ci si deve confrontare nelle prime fasi della carriera; in questo frangente, infatti, ci si limita a dialoghi piuttosto scarni con alcuni personaggi per poi tornare nel parcheggio e, quindi, a casa. Il tutto, purtroppo, è afflitto da tempi d’attesa spesso davvero molto lunghi in grado di spezzettare fin troppo il ritmo di gioco e rendere complicato il passaggio dalla fase NXT al Main Roster. Come elemento distintivo, il personaggio creato nella modalità carriera viene impiegato anche in una nuova modalità di gioco chiamata Road to Glory, ossia un vero e proprio campionato online nel quale, grazie ai combattimenti in match multiplayer, si possono guadagnare punti necessari a partecipare agli show in pay per view. Per quanto riguarda il comparto online, purtroppo le cose non vanno troppo bene, infatti nonostante il buon funzionamento del sistema di matchmaking, le partite soffrono di un lag inspiegabile che abbassa di molto la qualità della competizione. Fin quando gli sviluppatori non rilasceranno una patch, tale esperienza di gioco resta molto frustrante danneggiando un prodotto dalle buone potenzialità. Per quanto riguarda la giocabilità, il nuovo titolo dedicato al mondo della lotta libera, oltre a offrire un numero di personaggi giocabili impressionante, gode dei modelli poligonali dei wrestler più raffinati e somiglianti alle controparti reali che si siano mai visti prima. Ovviamente tale discorso vale, soprattutto, per i lottatori di sesso maschile, un po’ meno per le lottatrici. John Cena e Randy Orton non sono più una sorpresa ma anche i combattenti meno famosi presentano delle animazioni davvero perfette.

Ci sono anche alcune chicche come ad esempio l’aumento della sudorazione durante il corso dei match che contribuiscono a rendere l’esperienza di gioco più realistica rispetto alle edizioni passate della serie. Ottima la rappresentazione fisica dei lottatori grazie a un comparto grafico raffinato ed una qualità dei movimenti ulteriormente migliorata rispetto al passato. Il sistema di puntamento è simile a quello dell’edizione 2K17 e funziona decisamente bene. Sono inoltre previste le “fughe” grazie alle quali i lottatori possono liberarsi, anche se solo temporaneamente, all’attacco dell’avversario e fuggire al di fuori del ring per prendere fiato. Come avviene nella realtà, è anche possibile sollevare il nemico da terra, portarlo a spasso per il ring ed interagire con lo scenario di gioco, anche nel backstage, grazie alle diverse combinazioni disponibili fornite dall’impiego contemporaneo dei due stick analogici. Tirando le somme, questo WWE 2K18 si presenta sicuramente in versione migliorata sotto diversi aspetti rispetto al passato. La vastità del roster, la caratterizzazione dei lottatori e la modalità Universe rappresentano infatti delle qualità davvero ottime. Sono stati anche apportati dei significativi miglioramenti al motore di gioco che, tuttavia, denuncia ancora in alcuni frangenti una legnosità poco gradevole da vedere. Purtroppo, però, ci sono alcune mancanze sulle quali non è possibile tacere: l’assenza di uno Story Mode e della fenomenale modalità Showcase pesano e non poco, soprattutto se il tutto si accompagna ad una carriera troppo lenta e gravata da caricamenti pesanti. La resa finale, tuttavia, va ben al di là della sufficienza anche se, il multiplayer afflitto da un lag costante e la mancanza di novità sconvolgenti rispetto all’edizione 2K17, minano l’esperienza di gioco trasformando un prodotto che potrebbe piacere a molti in un software dedicato solo ai fan accaniti del genere.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8
Sonoro: 7,5
Gameplay: 7
Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 7,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Forza Motorsport 7, il re dei racing games è solo su Xbox One e Pc

Con lo stesso fragore del rombo di una fuoriserie in pista, Forza Motorsport 7, il videogame di guida in esclusiva per Xbox One e Pc, arriva per tutti gli amanti di corse automobilistiche. I possessori della console di casa Microsoft o di un computer possono quindi finalmente godere del gioco di corse più realistico mai realizzato fino a oggi. Per rendersi conto della bellezza di questo prodotto bastano davvero pochi minuti di gioco, tutto sembra perfetto, impeccabile e tale impressione non muta mai man mano che si scopre tutto ciò che il software ha da offrire. Forza Motorsport 7 è un capitolo che consolida l’ottimo lavoro svolto da Turn 10 nel corso degli anni, ma al contempo vanta di una grande personalità, qualità che si manifesta soprattutto nella resa del peso delle vetture in pista, nei feedback prodotti dalla trazione e dall’eventuale scivolamento sull’asfalto, nella generale sensazione di solidità di un modello di guida di assoluto riferimento per quanto concerne il genere. L’equilibrio trovato dagli sviluppatori in tal senso è pressoché perfetto, le auto risultano divertenti da guidare, ma rispondono perfettamente ai comandi proprio come accade nella realtà, quindi sono pronte a punire i piloti qualora schiaccino troppo sul pedale quando non dovrebbero o non tengano in considerazione le condizioni climatiche e quelle dell’asfalto. Grazie all’immensa rosa di opzioni alla guida Forza Motorsport 7 però si propone come un titolo adatto a qualsiasi tipo di giocatore, dal casual gamer a chi invece desidera il realismo più assoluto. Il titolo inoltre grazie ai 700 veicoli a disposizione risulta essere assolutamente vario ed estremamente bello da giocare. Insomma, con questi presupposti è bene sottolineare che non amare Forza 7 è davvero impossibile. Il titolo sviluppato da Turn 10 fa quest’anno da cavallo di battaglia per la line-up di Microsoft, che si è andata via via restringendo, e forte del suo bagaglio di quantità e qualità mira dritto al prossimo mese quando arriverà Xbox One X e potrà sfoggiare soluzioni tecniche 4k da apprezzare sul televisore, soluzioni tecniche impensabili fino a qualche tempo fa. Dopo il suggestivo filmato introduttivo, si viene subito a contatto con la prima delle numerose novità di questo settimo capitolo: la creazione del pilota. Naturalmente, trattandosi di un titolo racing, non c’è un editor approfondito: bisognerà infatti semplicemente scegliere il sesso del proprio alter ego digitale e la sua attrezzatura, ossia casco e tuta. In principio non ci sono molte scelte, alcune tute vengono sbloccate come bonus a seconda della fedeltà verso il marchio “Forza”, ma in poco tempo e dopo poche gare si potrà contare su un buon numero di kit di abbigliamento tra le decine disponibili, alcuni dei quali decisamente particolari: si spazia dalle normalissime tute racing con varie colorazioni e sponsorizzazioni passando per kit di abbigliamento più casual, altri decisamente vintage ed arrivando infine a completi assolutamente originali.

https://www.youtube.com/watch?v=Dokpy_KIuyA]

 

Una volta compiute le prime scelte, il gioco mette i giocatori nei panni di tre diversi piloti facendoli affrontare un tutorial sotto forma di flashback in cui ci vengono illustrate le peculiarità del titolo ed alcune delle novità che incontreremo proseguendo la carriera, come nuove categorie di veicoli e il forte impatto del rinnovato meteo dinamico. Una volta completate queste prime competizioni, si viene a contatto con il fulcro della modalità a giocatore singolo di Forza Motorsport 7: la Forza Driver’s Cup. Una volta arrivati al menù di gioco ci si accorge subito che l’offerta di base resta la stessa vista nei precedenti capitoli, con la modalità carriera divisa in categorie di importanza crescente che includono eventi sempre diversi, il multiplayer che conserva l’ottimo matchmaking della versione precedente del gioco, le collezioni d’auto anche queste divise per rarità e potenza e la solita lista di modalità composte da gare libere, Forza Vista, Hub e altro ancora a completare la lista. Mancano però ancora alcune modalità nel menu principale: gli eventi Forzathon, le Leghe e le aste, che appaiono con la dicitura “coming soon” nelle loro caselle. Presumibilmente i primi saranno simili a quanto visto in Forza Horizon, ossia eventi a scadenza e con limitazioni particolari per vincere ricompense speciali; l’asta dovrebbe includere le trattative tra giocatori per scambiarsi design ed oggetti rari e le Leghe serviranno a competere in multiplayer in gare speciali classificate, come in Forza 6. La modalità principale in single player è sempre la carriera, modalità che si distanzia dal percorso realistico di un pilota professionista, che comprende il far parte di scuderie, competere in campionati secondo un calendario, stipendi e così via. Ancora una volta in Forza Motorsport 7 ci si divide tra tanti eventi, composti da almeno quattro gare dove piazzarsi più in alto possibile per guadagnare crediti e punti esperienza, da spendere per comprare nuove vetture e accrescere il livello della propria collezione di bolidi, e finalmente progredire verso gare più importanti e automobili più potenti. La varietà di questi eventi è molto alta, ognuno è dedicato ad una categoria diversa, con più o meno restrizioni a seconda dei casi, e si ambienta in una selezione di circuiti pensata per stressare il tipo di veicolo che si deve utilizzare, e di conseguenza anche il giocatore. Oltre a competizioni basate su classifica, ci sono gli eventi speciali che pongono chi sta dinanzi lo schermo in situazioni alternative come l’ormai leggendario car-bowling, esibizioni monomarca, endurance o le avvincenti sfide hoonigan. Per dare maggior peso alla vittoria si possono utilizzare le modifiche, ovvero delle carte speciali capaci di dare ad esempio maggiori limitazioni od obiettivi in gara per aumentare i crediti e i punti esperienza ottenibili. Non cambiano molto gli equilibri ma accrescono la sfida e velocizzano l’accumulo di valuta per far crescere la collezione di auto in possesso nel proprio garage. Per quanto riguarda il sistema di guida, ancora una volta la serie di Forza si conferma essere il giusto connubio tra simulazione e arcade. La quantità di sistemi di assistenza alla guida è tale da rendere il gioco godibile anche durante i primi minuti, e soprattutto anche a chi non ha mai provato prima un racing game. Disabilitando tutti i controlli la difficoltà di Forza Motorsport 7 aumenta sostanzialmente e quindi anche chi desidera un livello di sfida molto impegnativo sarà sempre soddisfatto. In gara un piccolo errore può compromettere l’intera corsa, quindi anche stavolta è stato inserito un sistema di “riavvolgimento del tempo”, attivabile premendo il tasto Y, che consente di trnare indietro di qualche secondo e quindi di evitare di commettere l’errore commesso in precedenza. Naturalmente i giocatori che desiderano un’esperienza realistica non usufruiranno mai di tale feature, ma i giocatori meno abili saranno felici di ciò e grazie al riavvolgimento potranno imparare più in fretta come affrontare determinate curve e come dosare l’acceleratore.

 

https://www.youtube.com/watch?v=QITXLdS3eW0

 

Il miglioramento delle performance passa attraverso l’esperienza sui tracciati, che porta a immaginare messe a punto specifiche, da impostare, salvare e condividere andando a modificare i valori relativi alla pressione delle gomme, alla lunghezza dei rapporti, all’allineamento delle ruote, alle barre antirollio e alla durezza delle sospensioni. Insomma se si vuole gareggiare ad alto livello, il titolo di Turn 10 vi offre tutte le armi necessarie per farlo. Un ultimo apprezzamento per quello che concerne il driving system va fatto alle condizioni climatiche e ai suoi effetti, infatti nei circuiti in cui è presente il meteo variabile, in particolare, l’incidenza della pioggia viene rappresentata alla perfezione, andando a creare gradualmente delle pozze d’acqua che influiscono in maniera sostanziale sulla tenuta di strada, allungando inevitabilmente le frenate e impedendo ai giocatori di dare completo sfogo al propulsore, specie se ci si trova alla guida di un’auto potente. Per quello che concerne il lato grafico e tecnico è necessario distinguere tra la resa su Xbox e PC, ma soprattutto tra le diverse periferiche di input utilizzabili, che cambiano radicalmente la nostra esperienza di gioco. Xbox One alle prese con Forza Motorsport 7 si difende egregiamente, prende quanto di buono visto con i precedenti capitoli e lo migliora ancora di più grazie ai nuovi effetti atmosferici e l’illuminazione generale, vera discriminante del fotorealismo. Purtroppo alcuni modelli di auto non sono perfetti, dimostrando come per raggiungere il numero ragguardevole di 700 auto si sia dovuti ricorrere a parecchi lavori svolti nel corso di tutti questi anni: un aspetto che si nota, ma che non rovina per nulla l’impatto grafico che resta comunque di altissimo livello. Su PC invece, grazie alla possibilità di accedere alle impostazioni avanzate, diventa un piacere adattare il motore di gioco alle proprie esigenze. Rimane in sospeso la versione Xbox One X, infatti solo all’uscita della console più potente del mondo, sviluppata da Microsoft, si potrà ammirare il reale potenziale di Forza Motorsport 7 su console. Eccezionali i tracciati, realizzati ad arte ancora una volta e perfettamente riconoscibili. Forse i migliori di sempre per via del meteo dinamico che ne cambia l’aspetto in tempo reale, e illuminati magistralmente. Considerando le molteplici varianti, è possibile affrontare più di 200 percorsi, quanto basta per soddisfare a lungo tutti gli appassionati e tenerli impegnati nello studio della curva perfetta evento dopo evento. A completare la grandezza del titolo c’è il sonoro. Il rumore dei motori in pista è la parte migliore, con tutti i suoni registrati dalle controparti reali. Di grande effetto sono anche i sobbalzi del motore tra una marcia e l’altra. Un po’ meno coinvolgenti i rumori delle collisioni che risultano poco credibili, ma ciò rappresenta l’unico vero neo della produzione, ma che in ogni caso non sporca il risultato d’insieme. La musica di accompagnamento alle selezioni nei menù è composta da una buona raccolta di brani per la maggior parte rock, genere che ha sempre caratterizzato la serie, ma trattandosi di un aspetto totalmente marginale esso non danneggia o migliora il prodotto finale.

 

https://www.youtube.com/watch?v=_PKL3323wkQ

 

Tirando le somme, con Forza Motorsport 7 Microsoft e Turn 10 hanno realizzato un vero e proprio capolavoro, un mastodonte dei racing games, un colosso inattaccabile capace di coinvolgere e appassionare qualsiasi tipo di giocatore. A nostro avviso se siete possessori di una console del colosso di Redmond o avete a disposizione un buon Pc da gioco, lasciarsi scappare Forza Motorsport 7 potrebbe essere un grave errore. Se state cercando un gioco davvero bello, coinvolgente e duraturo, allora questo è il titolo giusto.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 10

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

 

Francesco Pellegrino Lise




South Park torna più irriverente che mai su Pc, Xbox One e PS4

South Park non è un semplice cartone animato per bambini, ma rappresenta una critica feroce a tutti gli aspetti della società moderna travestita da cartoon. Politicamente scorretto, a tratti volgare e senza risparmiare nulla e nessuno, South Park da più di vent’anni anni ha conquistato milioni di fan in tutto il mondo e si è guadagnato, oltre che in televisione, anche un posto importante nel settore del gaming. Ubisoft ha infatti recentemente lanciato sul mercato South Park Scontri Di-Retti, ultimo titolo ispirato alla serie tv, disponibile per Pc, Xbox One e PlayStation 4. Questo nuovo capitolo si pone come il sequel di “South Park e il Bastone della Verità”, videogame che spopolò ai tempi della passata generazione di console e che, nella gold edition, viene distribuito in omaggio assieme al nuovo Scontri Di-Retti.

 

I due autori, Trey Parker e Matt Stone, sono grandi appassionati di videogiochi e hanno contribuito in larga parte alla realizzazione di entrambe le opere targate Ubisoft e questo ovviamente non ha potuto che giovare sul risultato finale. Scontri Di-Retti, senza contare un approfondimento del sistema di combattimento, non si discosta molto dai canoni del suo predecessore e rappresenta essenzialmente una vera e propria gioia per qualsiasi appassionato della serie.

 

Strutturalmente il software si presenta come un titolo dalle meccaniche piuttosto semplici, stracolmo di riferimenti alle puntate trasmesse in televisione e capace di prendersi gioco di qualunque confessione religiosa, etnia, orientamento sessuale, social network, dottrina alimentare, partito politico e molto altro ancora. Scontri Di-Retti è strutturato come se fosse un lungo episodio di South Park, con una gran quantità di svolte narrative, trovate innominabili e una vasta gamma di battute al limite della decenza. A livello di trama questo nuovo capitolo porta i giocatori poco dopo la conclusione delle vicende de Il Bastone della Verità. Ristabilita la pace nella ridente cittadina del Colorado, il protagonista, chiamato il novellino, ora giusto sovrano di elfi e umani è impegnato a difendere i propri domini dall’attacco di un esercito invasore, presto obliterato dalla possente fragranza della sua petomanzia.

 

Giunta di nuovo a Kupa Keep, la compagnia scopre però che la nuova chiamata alle armi non è stata lanciata dal Mago Cartman, ma da un “misterioso” personaggio proveniente dal futuro, alla ricerca di alleati per una nobile impresa: promuovere a colpi di condivisioni su “Procinstagram” il miglior franchise sui supereroi di tutti i tempi. Prendendo le mosse dai quattro episodi della saga del Procione delle stagioni 13 e 14 (e dal terzo episodio della 21, vero e proprio prologo del gioco), Scontri Di-Retti trascina l’utente in una storia inedita che non rinuncia a tirare in ballo alcuni dei personaggi più iconici della serie animata, in un tornado di citazioni folli che manderanno i fan della serie in visibilio.


Tra cospirazioni politico-lovecraftiane, “Civil War” e fragorose flatulenze che minacciano la solidità dello spaziotempo, la trama di Scontri Di-Retti si muove agilmente sui binari di una scrittura irriverente e carica di inventiva, anche quando si tratta di trovare l’ennesimo modo per scherzare sui “poteri speciali” del protagonista, opportunamente ribattezzato Petoman. Sotto la più evidente coltre di riferimenti a sfondo sessuale, scene scabrose e rumori intestinali, spicca però un substrato di satira ribollente che vuole essere un attacco al tanto osannato “politically correct” imperativo e imperante, spesso facciata di intenti molto meno nobili e scudo di chi fa dell’ipocrisia il proprio modus vivendi. Il cambio di ambientazione da quella fantasy a quella dei super eroi ha un impatto, oltre che sull’estetica dei costumi dei bambini, anche sul gameplay. Tanto per cominciare il passaggio da Re di Kupa Keep a paladino della giustizia in calzamaglia mette chi gioca di fronte alla scelta di una fra tre tipologie di poteri. Inizialmente si può decidere se essere un velocista in stile Flash, un forzuto come Hulk, oppure un blaster, ossia un eroe che spara raggi e fiammate come Ciclope, con la differenza però che essi vengono spesso emessi da orifizi non convenzionali. Ogni classe mette a disposizione tre mosse base ed un attacco speciale e man mano che si prosegue nel gioco si possono acquisire nuove classi e miscelare i tipi di attacco per ottenere un eroe capace di cavarsela in diverse situazioni.

 

Sempre a livello di giocabilità è bene sottolineare come i combattimenti abbiano abbracciato le meccaniche tattiche abbandonando quelle da Gdr, permettendo di affrontare i nemici con una squadra di massimo quattro elementi. Gli scontri, sempre a turni, si svolgono su una griglia quadrettata, con spostamenti dei partecipanti ed efficacia delle tecniche legata alla suddivisone del campo di battaglia. Un eroe picchiatore, ad esempio, predilige attacchi da mischia, che arrecano molto danno, ma che sono possibili da usare solo se il nemico si trova nelle caselle adiacenti all’eroe che si sta utilizzando. Un blaster invece preferisce attacchi ad area, in grado di infliggere danni moderati a più nemici e spesso mandandoli a fuoco o provocandogli danni extra da sanguinamento.

 

Se il protagonista risulta molto flessibile dal punto di vista della personalizzazione, tutti gli altri personaggi giocabili hanno invece attacchi e abilità bloccate in relazione alle classi a cui appartengono. Scontri Di-Retti, oltre ai combattimenti, garantisce anche l’esplorazione della bizzarra cittadina del Colorado in modo tutt’altro che convenzionale. Il gioco di ruolo in atto tra i ragazzini di South Park fa sì che alcune aree si rendano disponibili solo dopo aver sbloccato determinate abilità o solo dopo aver stretto un’amicizia forte con un altro supereroe. Oltre ai poteri legati alla classe scelta, il protagonista potrà contare su una “dote naturale” che lo rende in assoluto uno dei metaumani più potenti in circolazione: ovvero un deretano che tuona più di un temporale. La progressione del proprio personaggio in Scontri Di-Retti viene gestita tramite l’equipaggiamento di tre diverse categorie di “manufatti” che determinano i valori di base di tutte le caratteristiche. Maggiore sarà il livello del proprio eroe e quindi delle sue esalazioni intestinali, maggiore sarà il numero dei manufatti che si potranno assegnargli, fino ad un massimo di otto. La reale efficacia di questi oggetti sarà poi definita dai bonus e dai malus determinati da un ulteriore categoria d’equipaggiamenti, ovvero particolari modificatori genetici estrapolati da alcuni nemici particolari. Si tratta di un sistema di crescita tanto semplice da gestire quanto insospettabilmente profondo, specialmente in virtù dei meriti del combat system del gioco, che si presenta come uno snellimento netto rispetto a quello del capitolo precedente. Dal punto di vista grafico, il colpo d’occhio è davvero estasiante. La sensazione che si prova è infatti quella di star guardando una puntata interattiva, con personaggi, luoghi e situazioni dello stesso livello qualitativo della serie TV. Un plauso oi va fatto anche al comparto audio, splendidamente doppiato in italiano e che rende ancora di più l’esperienza di gioco un vero tuffo nell’universo creato da Trey Parker e Matt Stone. Tirando le somme, dopo aver provato questo pazzo titolo possiamo dire che Ubisoft ha ancora una volta fatto centro puntando sul franchise. I fan accaniti della serie passeranno ore ed ore in compagnia dei folli personaggi di South Park e rideranno a crepapelle sulle migliaia di battute, sui doppi sensi, sulle enormi flatulenze emesse dal protagonista e sulle situazioni assurde in cui s’imbatteranno gli eroici protagonisti del videogioco. Ovviamente il titolo è un prodotto destinato a un pubblico di maggiorenni, quindi ricordate sempre che South Park è un insieme di contenuti adatti agli occhi e alle orecchie di chi ha già compiuto 18 anni. Fatta questa premessa, Scontri Di-Retti è un prodotto assolutamente ben fatto, capace di stregare, ma soprattutto di divertire. Quindi se siete maggiorenni ma soprattutto fan dei quattro ragazzini protagonisti di South Park, questo titolo è assolutamente una chicca da non lasciarsi sfuggire.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 9
Gameplay: 9
Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




The Evil Within 2: Shinji Mikami torna a far paura su Pc e console

A tre anni dal lancio di The Evil Within, Bethesda pubblica il sequel dell’apprezzato quanto spaventoso survival horror di Shinji Mikami su Pc, Xbox One e PlayStation 4. Considerato dai gamers il vero erede di Resident Evil, il feeling del capitolo originale era lo stesso che ha reso famosi i Survival Horror di fine anni ’90, da cui The Evil Within trae non soltanto un’atmosfera sporca e a tratti disturbante, ma anche un immaginario contorto e spaventoso. The Evil Within 2 però cerca di guardare oltre i legami tradizionali del genere, ammodernando un po’ la stuttura complessiva di gioco e abbandonando in parte la simbologia criptica del suo predecessore. Assumendo il ruolo di produttore esecutivo e non partecipando direttamente allo sviluppo di questo sequel, Mikami ha lasciato il passo ad un team di talento, il Tango Gameworks, che ha saputo liberare la serie dal citazionismo estremo per dargli un carattere in parte nuovo. Qualcosa forse si è perso, in termini stilistici, ma tanto si è guadagnato in fatto di completezza e varietà. Non bisogna pensare, però, che The Evil Within 2 abbia poco a che vedere con il suo predecessore: il titolo non solo recupera il gameplay dello scorso episodio, ma si configura, narrativamente parlando, come la seconda parte di un racconto iniziato anni fa. Per poter comprendere appieno tutte le sfaccettature della trama c’è bisogno quindi di conoscerne gli antefatti, e di avere una visione d’insieme sulla storia e sulla psicologia dei personaggi. Se siete incuriositi da questo nuovo capitolo targato Bethesda, insomma, il consiglio che vi diamo per comprendere al meglio le vicende dell’agente Sebastian Castellanos è quello di giocare il primo atto.

 

A livello narrativo il titolo si lega perfettamente a quanto è accaduto in precedenza, per tre anni, dall’incidente del Beacon Mental Hospital, il protagonista dell’avventura è stato alla ricerca di risposte. Distrutto dagli avvenimenti del primo capitolo, Sebastian Castellanos ha trovato rifugio nell’alcool, ma non tutto è davvero andato come egli immaginava. Il protagonista scopre infatti che la figlia creduta morta è stata in verità rapita dalla Mobius, e usata come “nucleo” del terribile esperimento della corporazione. La volontà della società segreta infatti è quella di connettere l’umanità intera allo STEM, una sorta di simulazione virtuale in cui intrappolare le menti degli uomini. Il collante di questo esperimento è appunto la piccola Lily Castellanos, una bambina così pura e immacolata da essere il fulcro perfetto per una coscienza collettiva e indistinta, in cui la felicità del singolo si trasforma in felicità globale. Purtroppo, all’interno della simulazione qualcosa è andato storto: gli abitanti dello STEM hanno iniziato ad impazzire, trasformandosi in esseri perversi e corrotti. Lily nel frattempo è sparita, e le squadre di recupero inviate a cercarla sono state sopraffatte dagli orrori di un mondo irrimediabilmente corrotto. Sarà quindi Castellanos a connettersi alla macchina e investigare sugli eventi che hanno portato alla scomparsa della figlia. Da queste premesse, il racconto di The Evil Within 2 procede in maniera abbastanza classica ed esplicita: il viaggio del protagonista è un’indagine sulle perversioni umane, sulla sete di potere, ed un percorso interiore di superamento del senso di colpa. La psicologia del protagonista viene esplorata a fondo, e la sequenza conclusiva ha un ritmo trascinante capace di tenere in tensione il giocatore fino alla fine dei titoli di coda. I momenti meno emozionanti del titolo sono rappresentati dalle sezioni all’aperto, che, analizzando l’opera nel suo complesso sono quelle meno riuscite. Nella città fittizia di Union in cui è ambientato The Evil Within 2 non mancano infatti le missioni secondarie che spezzano il ritmo del gioco e il senso di tensione generale che accompagna i giocatori. Viaggiando in lungo e in largo per le strade infestate di Union si ha la sensazione che il team di sviluppo abbia voluto sperimentare un po’ e offrire delle alternative alla formula di gioco vista nel primo capitolo, ottenendo però risultati non sempre favolosi. Fortunatamente le missioni in esterna, sono piuttosto poche e occupano solo un quinto del gioco, mentre per quanto riguarda il resto dell’avventura The Evil Within 2 si rivela essere un videogame molto solido, che colpisce al cuore e sicuramente migliorato rispetto al predecessore.


A livello di giocabilità, i movimenti di Castellanos sono leggermente più fluidi rispetto al passato, l’inquadratura del personaggio meno soffocante, ma, nonostante questi accorgimenti, il gioco resta ancora saldamente attaccato al canone dei Survival Horror di qualche anno fa. Spicca ancora una certa “ruvidità” di base, legata alle animazioni affannate e alla mira incerta, che mette chi si trova dinanzi lo schermo in condizione di non essere mai troppo sicuro di quello che sta facendo. Affrontare a viso aperto le aberrazioni dello STEM poi non è mai la via migliore da seguire, infatti è sempre meglio avanzare con cautela per non trovarsi in situazioni di spiacevole inferiorità numerica, rischiando di sprecare preziosi proiettili, ma soprattutto scatenando la feroce ira delle mostruosità che popolano l’universo in game. Giocando a The Evil Within 2 è impossibile non notare come il bilanciamento dell’esperienza di gioco abbia fatto un passo più deciso in direzione delle meccaniche Survival, tanto che la raccolta di risorse e materie prime, con cui è possibile costruire munizioni e oggetti curativi, qui diventa un aspetto assolutamente fondamentale. Il gioco, inoltre, sfrutta delle soluzioni molto originali per riportare l’utente in una dimensione più intima e allo stesso tempo spaventosa. Di tanto in tanto, nel bel mezzo di quella che sembra una missione di poco conto, Castellanos si trova intrappolato dai suoi incubi: orrende creature lo riportano nelle stanze del Beacon Mental Hospital, lo costringono a nascondersi, lo braccano come carnefici degenerati, instillandogli il dubbio che tutto, anche l’esistenza stessa della Mobius e dello STEM, sia il delirio causato da un trauma insuperabile. Sia chiaro però, anche, che in The Evil Within 2 non mancano sequenze più tradizionali, più attente dal punto di vista della regia. Ci sono, anzi, interi capitoli in cui l’avanzamento si avvicina a quello del primo episodio, facendosi claustrofobico, ansiogeno e sempre molto teso. Da segnalare inoltre che tra le sequenze più memorabili dell’intera produzione, spiccano anche alcune boss fight contro creature dal design malato e perverso che hanno sempre dato lustro alla saga. Tecnicamente parlando The Evil Within 2 riesce a mantenere nel complesso una buona solidità del frame rate. Il motore grafico, derivato dall’id Tech 5 e chiamato per l’occasione STEM engine, assicura una buona stabilità, ma presenta anche qualche incertezza nel caricamento dei diversi strati di texture e di alcuni elementi degli scenari all’aperto. Di grande pregio è invece la modellazione poligonale dei personaggi principali, mentre è evidente quanto alcuni elementi, nelle fasi in esterna, siano stati realizzati in poco curato. Per quanto riguarda il doppiaggio, la localizzazione in Italiano è di discreto livello, anche se il doppiaggio di alcuni personaggi femminili risulta non sempre felice. La recitazione del doppiatore di Sebastian invece è esemplare e merita una nota positiva. Buoni anche gli effetti sonori e le musiche che, nel complesso, contribuiscono a generare una buona componente ansiogena in chi sta dinanzi lo schermo. Tirando le somme, al di là di alcuni piccoli nei, non esiste davvero nessun motivo per cui lasciarsi scappare The Evil Within 2. Il gioco rappresenta infatti un instant classic, un passo in avanti per il franchise e un’avventura che gli amanti dei survival horror non potranno assolutamente lasciarsi scappare.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 8,5
Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Killing Floor 2, lo shooter sci-fi in salsa horror arriva anche su Xbox One

Deep Silver e Iceberg Interactive hanno recentemente lanciato anche su Xbox One Killing Floor 2. Il famoso sparatutto co-op sci-fi horror, che era già uscito in precedenza su Pc e PlayStation 4, è disponibile quindi anche sulla piattaforma di casa Microsoft al prezzo di 39.99 euro. Se nel primo capitolo l’invasione dei terribili mostri mutati chiamati Zed era circoscritta all’inghilterra, in questo sequel lo scontro si sposta in Francia, dove, pronte ad accogliere i sopravvissuti, ci sono orde di nemici assetate di sangue. Killing Floor 2 è a tutti gli effetti uno shooter old school di stampo survival che ricorda molto alcuni titoli da sala giochi in voga negli anni passati, un titolo che mette i giocatori nei panni di alcuni bizzarri combattenti per fronteggiare numerosissime tipologie di abomini sia in single che in multyplayer. Una volta scelto il proprio eroe, dopo aver composto il team (fino ad un massimo di 6 giocatori) ed aver scelto la classe d’appartenenza, l’unico obiettivo di chi gioca è quello di sopravvivere fino all’ultima ondata di fameliche creature, al termine della quale bisognerà abbattere un boss altamente pericoloso. Alla luce di tutto questo, gli amanti del genere ritroveranno in Killing Floor 2 il giusto tasso di sfida, di divertimento e, soprattutto, di varietà. Tutto questo è possibile perché le classi a disposizione del giocatore, cosi come le tipologie di mostri da affrontare sono davvero molte. In questo nuovo capitolo della serie la cooperazione rappresenta la strategia di gioco fondamentale per poter superare in modo efficace i vari stage dalla difficoltà crescente. Per formare una squadra il più equilibrata possibile, è quindi necessario bilanciare le abilità dei singoli partecipanti, in modo tale che possano interagire tra di loro in maniera totalmente efficace.

Esistono 9 tipologie di classi a disposizione, ognuna delle quali possiede caratteristiche uniche, e persino un albero delle abilità interamente dedicato, che può essere potenziato man mano che si sale di livello. In base al quantitativo di sfide portate a termine nell’arco di una partita si ottengono punti esperienza per sviluppare i parametri di una determinata specializzazione, nonché l’incremento di alcune caratteristiche base della propria classe preferita, tra cui l’ampliamento dei danni dell’arma, una maggiore velocità di ricarica, e la riduzione del rinculo mentre si apre il fuoco. Una volta sul campo di battaglia, fra un’orda di nemici e l’altra viene concesso un momento di respiro durante il quale l’intera squadra è incentivata a raggiungere un venditore che apparirà di volta in volta in una zona differente della mappa e spendere i soldi accumulati durante lo scontro. Qui si possono ricaricare le armi, acquistare nuove bocche da fuoco e rimettere in sesto l’armatura. Naturalmente più si è combattuto bene, maggiori saranno i crediti da spendere in questi shop, ma se la performance è stata scarsa bisognerà sperare nella carità dei compagni che possono regalare il denaro che gli avanza. Tale espediente funziona e impedisce al team di trincerarsi per tutta la partita in un punto solo, costringendolo a spostarsi da una zona all’altra per riempire gli zaini e adattare il loadout alle proprie esigenze. Insomma, Killing Floor 2 è un gioco dalla spiccata longevità e molto divertente grazie soprattutto ad un alto tasso di rigiocabilità, garantito dall’accurata differenziazione dei diversi stili d’approccio. Nonostante dopo le prime ore di gameplay la ripetitività inizi inevitabilmente ad incalzare con prepotenza, le molte mappe a disposizione e la possibilità di giocare con atre persone rappresentano la vera forza di questo titolo. Sul versante delle modalità di gioco, il titolo non propone purtroppo una rosa ampia di possibilità alternative: al momento infatti sono disponibili soltanto il classico “Survival” e la sua variante “Survival VS” dove alcuni giocatori prenderanno le parti dei mostri e altri dei sopravvissuti in uno scontro all’ultimo sangue. Analizzando il titolo per quello che concerne il lato tecnico, il risultato è abbastanza soddisfacente. Anche se dal punto di vista grafico la controparte per PC è sicuramente più curata, almeno su macchine dalla configurazione performante, la versione Xbox One è assai gradevole da vedere. Il net code inoltre è stabile e non si incappa mai in noiose disconnessioni o fenomeni di lag durante le partite. Unico piccolo neo è rappresentato dal caos che si viene a creare quando ci si trova accerchiati da miriadi di mutanti affamati, che impediscono al giocatore di fuggire incastrandolo irrimediabilmente contro un muro o in qualche angolo precludendogli definitivamente la fuga. Una menzione di merito va invece fatta al comparto audio. Gli amanti della musica metal possono gioire poiché durante i sanguinosi scontri contro gli Zed sono presenti tracce davvero emozionanti e che si sposano benissimo con ciò che accade sullo schermo. Tirando le somme, questo Killing Floor 2 su Xbox One è a nostro avviso un titolo da non lasciarsi assolutamente scappare, che dà il massimo quando si gioca in compagnia e che è in grado di garantire ore ed ore di esilaranti battaglie a tema horror. Il prezzo più basso rispetto a molti altri giochi, poi, lo rende un prodotto interessante anche dal punto di vista dell’acquisto. Se quello che cercate è uno sparatutto frenetico, divertente e a sfondo apocalittico, acquistando Killing Floor 2 non resterete affatto delusi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 8,5

VOTO FINALE. 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Battlefield 1, la Prima Guerra Mondiale diventa un videogioco

 

di Francesco Pellegrino Lise


Battlefield, lo sparatutto su larga scala più amato dai videogiocatori, amplia ancora una volta i suoi orizzonti. Dopo aver ambientato i capitoli passati nella Seconda Guerra Mondiale, in Vietnam, in età contemporanea e nel futuro, quest’anno EA e Dice hanno deciso di ambientare il nuovo capitolo della serie nel corso della Prima Guerra Mondiale. Non a caso il titolo, disponibile su Pc Xbox One e PlayStation 4, si chiama proprio Battlefield 1. La scelta del nuovo periodo storico ha così consentito agli sviluppatori di esplorare ambienti non particolarmente conosciuti dai soldati virtuali degli ultimi anni come le Alpi italiane, le pianure che uniscono la Francia con la Germania o le coste della Turchia. Al posto di raccontare l'inverosimile epopea di un soldato che ha combattuto in tutti questi teatri di guerra, il team di sviluppo "Dice" ha scelto una nuova formula per quanto riguarda la modalità giocatore singolo, mettendo in scena cinque episodi indipendenti in chiave romanzata. Il risultato? Cinque storie toccanti rispetto al classico “Rambo” che da solo sconfigge l'esercito nemico. In Battlefield 1 ciò che viene fuori dai singoli episodi è l’anima, il sentimento. Non ci sono né vincitori, né vinti, ma solo uomini con le loro paure, speranze, sentimenti. La chiave di lettura in formato racconto ricorda un po’ le vecchie storie del nonno e quest’aspetto, nonostante la campagna in single player duri poco più di 6 ore giocandola alla difficoltà massima, dona al prodotto un fascino che va ben oltre il semplice intrattenimento. I protagonisti di queste storie sono ben caratterizzati e sicuramente conquisteranno i cuori dei giocatori: c'è il soldato italiano che combatte per proteggere il fratello durante un disperato assalto sul Monte Grappa, l'americano un po' spaccone che si ritrova ad essere un eroe per caso, una soldatessa aiutante di Lawrence d'Arabia e un veterano australiano che si rivede in una giovane recluta. Tutti personaggi forti, coraggiosi, con pregi e difetti, ma non invincibili, come dicevamo prima umani. La guerra proposta da EA e Dice è una guerra cruda, dura che non ha nulla di bello, di eroico, di pulito, ma anzi è un inno all’eroismo di tutte quelle persone che hanno scritto con il sangue il loro nome sull’altare della Patria in nome di un futuro migliore. Parlando di giocabilità, mai come quest’anno la modalità campagna è stata sviluppata per fare da tutorial alle meccaniche del multiplayer, affrontandola infatti si capirà come controllare i mezzi pesanti, come volare sui rudimentali biplani e come si conquista un obiettivo di missione.

 

 

Parlando invece del cuore pulsante dell’esperienza di gioco offerta da Battlefield 1, ovvero il multiplayer, EA e Dice hanno sfornato un prodotto davvero completo. La vera novità risiede in una modalità di gioco chiamata “Operazioni”. Tale tipologia di gioco catapulta chi si trova dinanzi lo schermo nel bel mezzo di un fronte, con la squadra attaccante e la squadra di difesa, ovviamente l’obiettivo sarà conquistare o proteggere le posizione chiave che di volta in volta vengono segnalate sulla mappa. Impedendo per tre volte l’avanzata delle truppe offensive i difensori vincono, in caso contrario si passa alla sezione successiva con i relativi punti da conquistare/distruggere. Una volta finita l’avventura sulla mappa si passa poi alla successiva per un’azione continua e incessante. Nelle ultime parti dell’assalto verrà in aiuto della nazione attaccante un veicolo caratteristico di quella mappa davvero duro da distruggere. Tali mezzi sono: uno Zeppelin, un treno blindato pieno di cannoni e una corazzata. Questi alleati aiuteranno le truppe d’attacco grazie alla loro incredibile potenza di fuoco e si rivelano fondamentali per aprire la strada con l’artiglieria e sbloccare più facilmente alcune situazioni dove i difensori sembrano invincibili. Altra modalità interessante nel multiplayer oltre alle ben note conquista, corsa, Deathmatch a squadre e dominio, è Piccioni di Guerra. Tale tipologia di gioco è una rivisitazione in chiave Prima Guerra Mondiale della modalità Cattura la Bandiera. In Piccioni da Guerra sono esclusi i veicoli e i giocatori saranno alla ricerca dei volatili per poter inviare segnali sulla mappa. Una volta recuperato l’animale e scritto il messaggio con le coordinate, il piccione partirà in volo, ma potrà ancora essere abbattuto dai nemici. Finita questa odissea verrà assegnato il punto alla squadra. Il primo che arriverà a tre avrà vinta la partita. La cosa interessante di questa modalità è che in ogni momento è possibile ribaltarne l’esito. Nel complesso l'offerta di Battlefield 1 è piuttosto solida e interessante, anche se non può competere come varietà e quantità con quella della concorrenza. Il fatto è che non ne ha bisogno. Ogni partita, infatti, ha una storia e uno svolgimento unico proprio grazie alla conformazione delle mappe e a un gameplay perfettamente bilanciato tra l'accessibilità e la profondità. DICE, infatti, ha voluto creare un ibrido che pur non avendo le velleità simulative di alcuni titoli molto in voga su Pc riesce a garantire una sufficiente profondità da consentire ai soldati virtuali più abili di emergere e divertirsi sempre. Per quanto riguarda la scelta dei combattenti, il gioco propone le canoniche quattro classi di base ognuna con un suo armamento particolare. Da questo punto di vista si può dire che gli sviluppatori hanno utilizzato una solida base per far prendere il volo al nuovo titolo in maniera davvero maestosa. L’introduzione poi di alcune classi speciali, come il flamiere e il mitragliere pesante, utilizzabili solo tramite la conquista di alcune casse che appaiono casualmente sulla mappa, rende l’esperienza di gioco ancora più interessante.

 

 

Tecnicamente parlando Battlefield 1 è un prodotto di fascia altissima grazie al magnifico Frostbite engine. A livello di grafica il gioco è davvero impressionante, gli effetti di luce sono stati curati molto e l'attenzione per i dettagli del team di sviluppo è ben evidente. Le animazioni facciali e i modelli dei personaggi nel giocatore singolo sono sempre convincenti e anche nel multigiocatore i soldati e le divise non sono stati trascurati. I veicoli presenti sul campo di battglia, inoltre, riescono a trasmettere le giuste sensazioni proprio grazie a un comparto tecnico di qualità.. Le mappe di gioco sono come sempre di dimensioni impressionanti, e stavolta più che in passato offrono una varietà di paesaggi numerosa. Gli effetti atmosferici, poi, rendono ogni singola ambientazione unica e affascinante. Per quanto riguarda il comparto audio, il lavoro svolto su Battlefield è davvero magistrale. A parte i tanti nuovi arrangiamenti del tema principale e alle musiche epiche che accompagnano sia la campagna in singolo giocatore che il multiplayer, colpisce molto anche il rumore che ogni arma e ogni veicolo emette durante la battaglia, da come cambia in base a dove viene fatto e alla sua importanza ai fini del gameplay. Ascoltare gli spari, le urla dei nemici o il rombo dei motori, infatti, aiuterà spesso e volentieri i giocatori ad anticipare le mosse del nemico e a capire dove si nasconde. Tirando le somme, con Battlefield 1 EA e Dice hanno confezionato uno shooter davvero ben fatto sia nella breve ma intensa esperienza offline che nella sua componente multigiocatore. Se quello che si cerca è un gioco di guerra capace di coinvolgere, ben fatto e in grado di dar soddisfazione in ogni situazione, Battlefield 1 è proprio la scelta giusta.

 

La curiosità In occasione del lancio di Battlefield 1, arriva un’esclusiva iniziativa sul canale televisivo DMAX. Cuore del progetto è il casting “Racconta su DMAX la tua esperienza con Battlefield” che darà la possibilità a tre giocatori, scelti da una giuria, di apparire in TV. Per partecipare al casting gli utenti dovranno registrarsi sul sito dedicato http://www.battlefield1.dmax.it/ e creare e caricare un video della durata massima di 30 secondi in cui racconteranno, in prima persona, l’esperienza di gioco con un titolo della serie Battlefield. Sarà possibile inserire riprese delle schermate di gioco, ricorrere a grafica animata, oltre all’utilizzo di inquadrature della persona intenta a giocare. Sempre su http://www.battlefield1.dmax.it/ gli appassionati potranno anche vincere una delle dieci Xbox One S in palio con incluso Battlefield 1 grazie al concorso “Solo in Battlefield 1, solo su DMAX”. Per partecipare all’estrazione finale sarà necessario rispondere correttamente a una serie di domande a risposte multiple sul tema del videogioco, che quest’anno farà vivere da protagonisti la Prima Guerra Mondiale, quando le nuove tecnologie e la diffusione del conflitto hanno cambiato la guerra per sempre. Il termine ultimo per partecipare al casting e al concorso è lunedì 7 novembre.

 


GIUDIZIO GLOBALE:


GRAFICA: 9
SONORO: 10
GAMEPLAY: 9,5
LONGEVITA’: 9


VOTO FINALE: 9,5