Misteri vaticani, le carte private di Ratzinger devono essere distrutte

Il segretario di Benedetto XVI, mons. Georg Gaenswein, afferma che questa era la volontà del Papa emerito

Le carte private di Benedetto XVI verranno, o forse sono state già, distrutte. Il suo segretario, mons. Georg Gaenswein, afferma che questa era la volontà di Ratzinger che affidò a lui. Lo stesso Papa emerito avrebbe lasciato una disposizione nero su bianco in tal senso: “I fogli privati di ogni tipo devono essere distrutti.

Questo vale senza eccezioni e senza scappatoie”. Secondo quanto affermato dallo stesso Gaenswein nel libro “Nient’altro che la verità” (Piemme), “ho ricevuto da lui precise istruzioni, con indicazioni di consegna che mi sento in coscienza obbligato a rispettare, relative alla sua biblioteca, ai manoscritti dei suoi libri, alla documentazione relativa al Concilio e alla corrispondenza”.

Gaenswein rivela anche che, oltre al testamento spirituale che è stato anche pubblicato dal Vaticano, Ratzinger ha lasciato anche “annotazioni relative ad alcuni lasciti e doni personali, per il cui adempimento ho il compito di esecutore testamentario, sono state aggiornate via via nel corso degli anni, fino alla più recente aggiunta del 2021″. Si potrebbe trattare di un testamento materiale con lasciti relativi alle sue collezioni di libri e musica; Ganswein non lo precisa ma è verosimile che una parte di questi pochi beni terreni detenuti dal Pontefice emerito potrebbero essere destinati alla sua amata Baviera.

Il libro di Gaenswein, scritto a quattro mani con il giornalista Saverio Gaeta e che uscirà la prossima settimana (e del quale sono uscite in questi giorni diverse anticipazioni), scoperchia come un ‘vaso di pandora’ tanti degli episodi degli ultimi decenni vaticani tuttora avvolti nel mistero. Parla anche del caso di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa nel nulla nel 1983 e che proprio tra qualche giorno compirebbe 55 anni. “Io non ho mai compilato alcunché sul caso Orlandi per cui questo fantomatico dossier non è mai stato reso noto unicamente perché non esiste”, dice il segretario di Ratzinger. Ma la legale della famiglia Orlandi oggi fa sapere: “Lo andai a trovare alla Prefettura della Casa Pontificia quando ancora esercitava in modo sostanziale il munus di Prefetto e fu lui stesso a dirmi, tra le altre cose, che esisteva, eccome, un dossier riservato su Emanuela e che avrei dovuto insistere per farmelo consegnare dalla Segreteria di Stato. Quando gli chiesi di conoscerne il contenuto, o almeno qualche elemento di esso, ribadì che avrei dovuto indirizzare le mie richieste alla Segreteria di Stato. Spero le pagine del libro siano chiarificatrici”. 




Riconoscimento titoli universitari: firmato accordo tra Repubblica italiana e Santa sede

Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e il prefetto della Congregazione vaticana per l’Educazione Cattolica, il cardinale Giuseppe Versaldi, hanno firmato ieri, al Miur, l’accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede per il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nelle Istituzioni della formazione superiore dell’Italia e della Santa Sede.

Sino a questo momento i soli titoli di “Teologia e Sacra scrittura” erano gli unici pienamente riconosciuti dalla Repubblica Italiana, il cui riconoscimento avveniva con un apposito decreto emanato dal MIUR. Restavano fuori altri titoli delle Istituzioni Universitarie della Santa Sede che avevano per alcuni Atenei diritto alla riconoscibilità secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Lisbona mentre altri consideravano soltanto riconoscibili quelli previsti dal Concordato.

Da oggi non sarà più così. Infatti al MIUR è stato firmato un accordo fra Repubblica Italiana e Santa Sede per il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nelle Istituzioni della formazione superiore dell’Italia e della Santa Sede. L’accordo è stato siglato dal Ministro Marco Bussetti e il Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Cardinale Giuseppe Versaldi.

L’intesa arriva nel novantesimo anniversario dei Patti Lateranensi come ha sottolineato il Ministro Bussetti che ha dichiarato: “siamo molto orgogliosi del risultato raggiunto e voglio ringraziare sentitamente il Cardinale Giuseppe Versaldi per la collaborazione e il lavoro congiunto. Si tratta di un accordo molto atteso, storico, che sottoscriviamo in coincidenza con il novantesimo anniversario dei Patti Lateranensi”.

Il passo che compiamo oggi – ha proseguito il Ministro – segna un ulteriore avanzamento rispetto alla revisione del Concordato del 1984, quando si decise di riconoscere i titoli di studio nella materie ecclesiastiche. La collaborazione tra lo Stato Italiano e il Vaticano è prassi consolidata da decenni ed è proseguita in modo costante e proficuo nel tempo”.

Il Cardinale Giuseppe Versaldi si è detto particolarmente felice della firma fra Repubblica Italiana e Santa Sede ed ha dichiarato che con esso “si dà risposta a una domanda discussa per tanti anni nello spirito della Convenzione di Lisbona e del Processo di Bologna. In continuità con il Concordato tra i due Stati – ha aggiunto Versaldi – sottoscritto nel 1929 e confermato con l’Accordo di revisione del 1984, il presente Accordo viene a facilitare le procedure di riconoscimento anche dei titoli accademici non concordatari onde completare, alle condizioni precisate, il quadro giuridico delle relazioni tra i sistemi formativi dei due Stati e permettere anche agli studenti la prosecuzione degli studi nell’uno o nell’altro sistema”.

“L’accordo – si legge in un comunicato del MIUR – prevede il riconoscimento di tutti i titoli universitari rilasciati dalla Santa Sede, così come avviene per qualsiasi altro Stato sovrano, in base ai principi della Convenzione di Lisbona che stabilisce, appunto, il riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea. La procedura si svolgerà materialmente attraverso gli Atenei che valuteranno i titoli e provvederanno al loro riconoscimento”.




Emanuela Orlandi: si accende la speranza di nuove indagini in Vaticano

ROMA – A novembre la famiglia di Emanuela Orlandi, cittadina del Vaticano scomparsa misteriosamente all’età di 15 anni il 22 giugno 1983, ha presentato denuncia di scomparsa presso la gendarmeria, dove è stato chiesto inoltre di conoscere la documentazione, sulla vicenda, custodita presso la Santa Sede. Una documentazione segreta che qualora dovesse essere resa pubblica potrebbe svelare molte dinamiche e intrecci che potrebbero coinvolgere, presumibilmente, anche noti esponenti della criminalità romana

L’Avvocato Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi, ha dichiarato che “la denuncia è stata presentata in gendarmeria perché non era mai stata presentata nessuna denuncia di scomparsa presso lo Stato Vaticano, l’unica denuncia da cui partirono le indagini fu presentata alla Polizia italiana. In questo momento lo Stato Italiano non ha nessuna indagine in corso; sono state archiviate le indagini per cui abbiamo pensato di fare riaprire il fascicolo in Vaticano anche e soprattutto perché non sono mai stati svolti ufficialmente interrogatori in Vaticano. Tra l’altro abbiamo anche chiesto di avere spiegazioni in relazione a tutta una serie di incongruenze”.Emanuela Orlandi avrebbe compiuto 50 anni il 14 gennaio. Un altro compleanno senza di lei, senza festeggiamenti né candeline sulla torta, dove la gioia e la condivisione del tempo trascorso ha lasciato spazio al vuoto e all’angoscia di un limbo fatto di silenzi e depistaggi. Una vicenda avvolta da una fitta cortina di mistero, che mette in risalto le ombre, occultando la luce e nascondendo sotto il tappeto le verità scomode gridate a gran voce dalla famiglia in tutti questi anni.

Maria Pezzano Orlandi, madre di Emanuela, ha deciso di rompere il silenzio con una toccante lettera pubblicata dal Corriere della Sera. Parole forti di una madre che vive nel limbo da quella misteriosa e torbida estate del 1983, una donna che non ha mai smesso di cercare la propria figlia. Maria Pezzano Orlandi fa fatica ad immagine la propria bambina con i capelli grigi, le rughe in viso ma ancora oggi aspetta un bacio, un abbraccio e un “ti voglio bene”. “Ricordo ancora quando nel 1993 tuo padre, Pietro e io, dopo una segnalazione, partimmo per il Lussemburgo con il cuore in gola, certi di venirti a prendere in un monastero di clausura. Quando vidi quella ragazza, che per nulla ti assomigliava, fu per me come se ti avessero rapito una seconda volta: in un solo attimo sono passata dalla gioia più grande al dolore più profondo” ricorda la madre, sottolineando che in quel momento si era annullata in lei la speranza di ritrovarla. Maria Pezzano Orlandi conclude dicendo che continueranno a cercarla e non si arrenderanno “Finché avremo forza, finché avremo fiato, finché avremo vita, tu sarai sempre il nostro primo pensiero.  La mia speranza, mai sopita, è che chi sa cosa ti ha portato via dalla tua casa possa avere un rigurgito di coscienza e indicarci come ritrovarti”.

Angelo Barraco

 




Vaticano: indagine su rapporti gay

ROMA – Un nuovo e recente filone di indagini condotto dalle autorità vaticane nell’ambito del Preseminario “San Pio X”, il collegio situato a palazzo San Carlo dove alloggiano i cosiddetti “chierichetti” del Papa, ha portato alla luce che negli ultimi anni si sono verificate vicende di rapporti omosessuali tra i ragazzi ospiti. I primi risultati emersi dalle indagini, apprende l’ANSA, ribaltano le conclusioni di precedenti accertamenti che invece non avevano trovato riscontri per simili vicende.

La Santa Sede ha fatto sapere che il Preseminario era sotto i fari fin dal 2013 ma le segnalazioni “anonime e non” non trovarono, nella prima indagine, conferma. Ma recentemente sono emersi “nuovi elementi” – conferma il Vaticano – per aprire un nuovo filone di inchiesta. Tra le righe della nota vaticana si apprende che l’indagine interesserebbe rapporti omosessuali, e non abusi veri e propri, almeno non atti di pedofilia, perché si fa riferimento a fatti che “avrebbero coinvolto alcuni coetanei tra loro”.

La denuncia contenuta nel libro di Nuzzi è comunque precisa e circostanziata. L’autore di Vaticano S.p.A.Sua Santità e Via crucis, infatti, riporta una lettera di denuncia scritta dal polacco Kamil Tadeusz Jarzembowski. L’autore della missiva è un ex studente del preseminario che dichiara: “A settembre del primo anno di frequenza, cioè al mio rientro in Vaticano dopo le vacanze estive, il rettore mi assegnò una stanza dormitorio da dividere con Paolo, anch’egli alunno del preseminario. Nel corso dell’anno scolastico, e più precisamente dalla fine del mese di settembre fino all’inizio del mese di giugno, sono stato testimone di atti sessuali che Antonio esigeva da Paolo, atti sessuali che si compivano nonostante la mia presenza. Gli atti venivano svolti sempre di sera, intorno alle 23”.

Secondo quanto ha spiegato Kamil, anche il molestatore era un ragazzo ma, ha precisato nel corso di un servizio de Le Iene, aveva comunque “una posizione di potere all’interno del seminario e anche della Basilica di San Pietro. Non era un normale seminarista perché godeva della massima fiducia del rettore. Era lui che sceglieva cosa facevo io, cosa faceva il mio amico e così via”.

E ancora: “Dopo che tutti gli altri alunni si erano coricati, Antonio accedeva nella stanza dormitorio condivisa da me e Paolo. Qui avvenivano rapporti di sesso orale, mentre alcune volte i due si recavano insieme in un’altra stanza per proseguire il rapporto. Antonio aveva libero accesso al preseminario, era particolarmente benvoluto da diversi monsignori, esercitando una certa influenza su noi allievi. Antonio poteva godere di forti e particolari rapporti di fiducia che gli consentivano, pur non avendo incarichi ufficiali nell’istituzione, di muoversi con potere nel preseminario. Questo garantiva la possibilità di esercitare una forma di potere e di intimidazione nei più giovani seminaristi (che si sentivano di fatto a lui subalterni). È questa la ragione per cui Paolo si sentiva obbligato a cedere alle sue richieste, le quali infatti sottendevano un sottile e inespresso ricatto: in caso di resistenza alle richieste, il mio amico studente avrebbe potuto avere dei problemi con i superiori o sarebbe stato ‘punito’ con l’assegnazione di un ruolo più marginale nello svolgimento del servizio liturgico, soprattutto in occasione delle celebrazioni pontificie”.

“Le stesse preoccupazioni – scrive ancora l’ex seminarista – erano alla base del mio imbarazzo e della mia paura a denunciare apertamente i fatti dei quali ero testimone. Una mia presa di posizione diretta ed esplicita avrebbe infatti determinato il mio allontanamento dal seminario, essendo io consapevole del fatto che Antonio godeva di una speciale protezione da parte della gerarchia.La crescente angoscia di fronte al ripetersi degli avvenimenti sopra ricordati, unita alla paura di essere allontanato, mi indussero comunque a confidare le mie preoccupazioni e il mio sconcerto al mio direttore spirituale (e direttore spirituale dell’intero seminario), don Marco”




Il Vaticano blocca il sito che accusa il Papa di eresie: torna il mito di Martin Lutero

ROMA – La Segreteria per la comunicazione della Santa Sede ha bloccato l’accesso alla pagina web da cui si aderisce alla iniziativa che accusa il Papa di sette eresie, collegate a quanto scrive nella “Amoris laetitia”. Dai computer del Vaticano non si può più accedere alla pagina in questione, in nessuna lingua. Fuori dal Vaticano, invece, la pagina risulta raggiungibile.
“L’accesso alla pagina web che state cercando di visitare è stato bloccato in accordo alle politiche si sicurezza istituzionali”, è l’avviso che compare. Da nessun computer del Vaticano, dunque, si potrebbe aderire alla petizione del sito www.correctiofilialis.org, che accusa Papa Bergoglio di eresia, di modernismo e di troppo entusiasmo per Martin Lutero.

Lutero protestò contro la vendita delle lettere di indulgenza con le sue 95 Tesi che espose il 31 ottobre 1517. A Roma crebbe la preoccupazione sulla rapida diffusione e sull’incredibile effetto delle Tesi. Nel gennaio 1521 il papa emanò la scomunica di Lutero. Nel suo famoso discorso alla Dieta di Worms, il 18 aprile 1521, Lutero rifiutò di ritrattare. Al ritorno dalla dieta venne, con un finto rapimento, portato al castello della Wartburg vicino ad Eisenach. Nel giro di dieci mesi tradusse là il Nuovo Testamento dal greco in lingua tedesca (nel 1534 sarà poi disponibile la traduzione completa della Bibbia). All’inizio di marzo 1522 ritornò a Wittenberg nonostante il provvedimento di messa al bando imperiale contro di lui.

Tra gli aspetti della religione contro cui si scagliò maggiormente Martin Lutero vi fu la dottrina delle indulgenze, secondo cui un cristiano aveva la possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato (detta pena temporale), attraverso la confessione. La riforma protestante contestò tale dottrina sostenendo che essa non aveva solido fondamento nella Bibbia. Nel mirino anche la messa in latino che escludeva la maggior parte della popolazione dalla comprensione della parola di Dio. Sebbene circolassero, infatti, le traduzioni in volgare non erano mai state prese in considerazione dalla Chiesa. Martin Lutero criticò inoltre la corruzione del clero, accusandolo di nepotismo, di concentrarsi sulle attività mondane e di perseguire obiettivi politici ed economici.

Con la pace di Augusta del 1555 si sancì la divisione tra cattolici e protestanti in base al principio cuius regio, eius religio, secondo il quale luteranesimo e cattolicesimo diventavano religioni di Stato soggette al volere del principe.

Oggi sono circa 700 milioni i protestanti nel mondo, racchiusi sotto oltre 33mila denominazioni. Le chiese più famose sono quelle dei luterani, dei calvinisti, degli anglicani, dei battisti, degli evangelisti e dei metodisti. In Italia sono almeno 750.000 i fedeli, di cui l’80% appartiene alla dottrina evangelica.

 




Vaticano: Papa Francesco accusato di “sette eresie” per le novità introdotte sul matrimonio

Una lettera di 25 pagine firmata da 40 sacerdoti e studiosi laici cattolici è stata spedita a Papa Francesco l’11 agosto e le firme sono oggi arrivate a 62. “Per il fatto che non è stata ricevuta nessuna risposta dal S. Padre, la si rende pubblica quest’oggi, 24 settembre”, dicono i firmatari accusando Papa Francesco di “sette eresie” per la Amoris Laetitia. Spicca nell’elenco delle firme quella di Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior. Il documento, già ripreso da La Stampa online, è pubblicato da un sito ad hoc: “Correctiofilialis.org”. Intanto tiene banco anche il caso di Libero Milone, ex revisore dei conti vaticano e ora grande accusatore della Santa Sede. 

Il fatto che i tradizionalisti stessero valutando l’opportunità di una “correzione” al Papa per le novità introdotte sul matrimonio nella Amoris Laetitia era stata ventilata già nei mesi scorsi. A parlarne esplicitamente era stato uno dei cardinali dei cosiddetti ‘dubia’, Raymond Leo Burke, che però non è oggi tra i firmatari di questa lettera. La lettera è stata resa nota oggi, con un sito ad hoc, ed ha un titolo latino: Correctio filialis de haeresibus propagatis (letteralmente, Correzione filiale in ragione della propagazione di eresie). In essa si dichiara che il Papa, mediante la sua Esortazione Apostolica Amoris Laetitia e mediante atti parole, atti e omissioni ad essa collegate, “ha sostenuto 7 posizioni eretiche, riguardanti il matrimonio, la vita morale e la recezione dei sacramenti, e ha causato la diffusione di queste opinioni eretiche nella Chiesa Cattolica”. Tra i rilievi mossi al Papa dagli studiosi della frangia ultraconservatrice della Chiesa, il fatto che “direttamente o indirettamente, il Papa ha permesso che si credesse che l’obbedienza alla Legge di Dio possa essere impossibile o indesiderabile e che la Chiesa talvolta dovrebbe accettare l’adulterio in quanto compatibile con l’essere cattolici praticanti”. Tra le firme, oltre a quella di Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, c’è quella del Capo dei Lefebvriani, monsignor Bernard Fellay. C’è qualche religioso, noto ai siti tradizionalisti ma per la maggior parte le firme sono di studiosi laici. Nessun cardinale firma il documento, neanche quelli che si fecero portavoce dei ‘dubia’ sulla stessa Amoris Laetitia.

Il documento rivolto al Papa e contenente perplessità sulla Amoris Laetitia “è una supplica scritta da teologi, non parla di eresie ma dice che indirettamente potrebbe facilitare eresie. Sia chiaro: io non accuso il Papa, io gli voglio bene. Io sono per la Chiesa e per il Papa e non mi distaccherò mai né dalla Chiesa né dal Papa. Il documento è un atto devoto, un invito alla riflessione“. Lo dice all’ANSA l’ex presidente Ior Ettore Gotti Tedeschi, tra i firmatari del documento.

Intanto il Vaticano interviene su Libero Milone. “Risulta purtroppo che l’Ufficio diretto dal Dott. Milone, esulando dalle sue competenze, ha incaricato illegalmente una Società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede. Questo, oltre a costituire un reato, ha irrimediabilmente incrinato la fiducia riposta nel Dott.Milone, il quale, messo davanti alle sue responsabilità, ha accettato liberamente di rassegnare le dimissioni”. Lo dichiara la Sala stampa vaticana sulle dichiarazione dell’ex revisore dei conti vaticano Milone. “Si assicura, infine, che le indagini sono state condotte con ogni scrupolo e nel rispetto della persona”, aggiunge il comunicato della Sala stampa.

“La Santa Sede prende atto con sorpresa e rammarico delle dichiarazioni rilasciate dal Dott. Libero Milone, già Revisore Generale. In questo modo egli è venuto meno all’accordo di tenere riservati i motivi delle sue dimissioni dall’Ufficio. Si ricorda che, in base agli Statuti, il compito del Revisore Generale è quello di analizzare i bilanci e i conti della Santa Sede e delle amministrazioni collegate”, dichiara la Sala stampa vaticana in merito alle interviste rilasciate oggi dall’ex revisore generale.

Non mi sono dimesso volontariamente. Sono stato minacciato di arresto. Il capo della Gendarmeria mi ha intimidito per costringermi a firmare una lettera che avevano già pronta”. Così Libero Milone racconta la sua verità sulle dimissioni da primo Revisore generale dei conti vaticani in una lunga intervista che ha concesso al Corriere della Sera e a Wall Street Journal, agenzia Reuters e Sky Tg24.
“Parlo solo ora perché volevo vedere cosa sarebbe successo dopo le mie dimissioni del 19 giugno”, premette. “In questi tre mesi dal Vaticano sono filtrate notizie offensive per la mia reputazione e la mia professionalità. Non potevo più permettere che un piccolo gruppo di potere esponesse la mia persona per i suoi loschi giochi. Mi spiace molto per il Papa. Con lui ho avuto un rapporto splendido, indescrivibile, ma nell’ultimo anno e mezzo mi hanno impedito di vederlo. Evidentemente non volevano che gli riferissi alcune cose che avevo visto. Volevo fare del bene alla Chiesa, riformarla come mi era stato chiesto. Non me l’hanno consentito”.
Milone racconta i momenti clou della sua vicenda. “Dal 19 giugno, quando fui ricevuto dal sostituto alla segreteria di Stato, monsignor Becciu, per parlargli del contratto dei miei dipendenti. E invece mi sentii dire che il rapporto di fiducia col Papa si era incrinato: il Santo Padre chiedeva le mie dimissioni. Ne domandai i motivi, e me ne fornì alcuni che mi parvero incredibili. Risposi che le accuse erano false e costruite per ingannare sia lui che Francesco; e che comunque ne avrei parlato col Papa. Ma la risposta fu che non era possibile.
Becciu mi disse invece di andare alla Gendarmeria”. Lì, aggiunge, “notai subito un comportamento aggressivo. Ricordo che a un certo punto il comandante Giandomenico Giani mi urlò in faccia che dovevo ammettere tutto, confessare. Ma confessare che cosa? Non avevo fatto nulla”. “Scoprii che indagavano da oltre 7 mesi su di me. Hanno sequestrato documenti ufficiali protocollati e coperti dal segreto di Stato”. “Non potevo fare niente. Ero intimidito”.
“Credo che il Papa sia una grande persona, e era partito con le migliori intenzioni. Ma temo sia stato bloccato dal vecchio potere che è ancora tutto lì, e si è sentito minacciato quando ha capito che potevo riferire al Papa e a Parolin quanto avevo visto nei conti. Questo dice la logica”.
Circa il suo silenzio finora, “esisteva un patto di reciproca riservatezza che qualcuno in Vaticano ha violato – argomenta Milone, che assicura non parlerà mai del suo lavoro come revisore dei conti – Il Papa mi aveva chiesto di promuovere la trasparenza, e ho cercato di farlo per rispettare la volontà dei fedeli e dei donatori. Ma ho deciso – conclude – di rimediare almeno a tutte le cose a vanvera fatte uscire sul mio conto”.




Attico Tarcisio Bertone: il Governatorato pagò le fatture

La ristrutturazione dell’appartamento del Segretario di Stato emerito, card. Tarcisio Bertone, fu pagata dal Governatorato. Lo ha detto oggi testimoniando al processo in Vaticano Marco Bargellini, della Direzione Servizi Tecnici del Governatorato. “Il cardinale avrebbe sostenuto le spese”, ha detto il teste spiegando che il Governatorato pagava in anticipo. Alla domanda se sapesse di pagamenti anche dalla Fondazione Bambino Gesù, Bargellini ha risposto: “Assolutamente no”

Era “una singolarità” il fatto che per la ristrutturazione del suo appartamento, il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato emerito, avesse indicato “il progetto, la ditta” e anomalo era anche che si fosse impegnato lui a pagare successivamente i lavori, mentre normalmente tutto questo spetterebbe al Governatorato che è il proprietario dell’immobile in cui il porporato risiede. Lo ha detto uno dei testimoni al processo in Vaticano, Marco Bargellini, responsabile della sezione ‘edilizia’ della Direzione dei Servizi Tecnici del Governatorato. Nel processo sono imputati due ex manager della Fondazione Bambino Gesù, Giuseppe Profiti e Massimo Spina, per la distrazione di fondi proprio per cofinanziare i lavori di restyling dell’appartamento del porporato

 

 




Scandalo in Vaticano: cardinale Pell incriminato per pedofilia

 

Preceduta da indiscrezioni di stampa, è stata confermata dalla polizia australiana dello Stato di Victoria l'incriminazione del cardinale George Pell, attualmente prefetto degli Affari economici del Vaticano. I fatti contestati risalirebbero agli anni '70, quasi 50 anni fa, quando Pell era un semplice sacerdote a Ballarat, sua città natale. Le notifiche di reato sono state consegnate questa mattina dalla polizia ai rappresentanti legali di Pell a Melbourne e presentate al tribunale davanti al quale il prelato è chiamato a comparire il 18 luglio. Pell ha sempre respinto le accuse e non si è mai sottratto agli interrogatori. La sua volontà di collaborare sarà nuovamente messa alla prova in questa occasione, visto che l'Australia ha accordi di estradizione con l' Italia ma non con il Vaticano.

Il cardinale George Pell ha dichiarato di "rifiutare in tutto le accuse" che gli vengono rivolte di abusi sessuali, di voler tornare in Australia per difendersi e di avere più volte nei mesi scorsi e anche recentissimamente, messo il corrente il Papa di questa situazione – ha dichiarato ai giornalisti in sala stampa vaticana – Rifiuto in blocco le accuse contro di me. Sono false. Aborrisco la sola idea degli abusi sessuali", ha proseguito Pell. Il portavoce Greg Burk, confermato che Pell partirà per l'Australia, con il permesso del Papa, per potersi difendere, ha informato che il porporato da questo momento non parteciperà a impegni pubblici né rilascerà altre dichiarazioni.

Il Papa è stato "messo al corrente del provvedimento" a cui il cardinale Pell è sottoposto in Australia, "nel pieno rispetto delle leggi civili e riconoscendo l'importanza che il processo possa svolgersi in modo giusto", visto che il cardinale "è deciso fare ritorno nel suo paese per affrontar le accuse", gli ha "concesso un periodo di congedo per potersi difendere". La segreteria per l'economia continua i propri compiti istituzionali, restano in carica i segretari per affari ordinari".




Trump, tensione Messico-Usa per il muro anti migranti: Vaticano preoccupato

 

Donald Trump ha ricevuto alla Casa Bianca la premier britannica Theresa May, primo leader straniero ad incontrare il neo presidente. I due si sono stretti la mano nello studio Ovale sotto i flash dei fotografi e si sono scambiati un saluto cordiale prima di iniziare il bilaterale, poi Trump ha mostrato al primo ministro britannico il busto di Winston Churchill. "E' un grande onore" averlo nel mio studio, ha commentato il presidente. "E' un onore" essere alla Casa Bianca, ha risposto la premier britannica. Obama aveva rimosso il busto dallo Studio Ovale.

Poco prima Trump e il presidente messicano, Enrique Pena Nieto, – riovelano fonti ufficiali – hanno avuto una telefonata di un'ora mentre infuria la polemica sul muro anti-immigrati tra Stati Uniti e Messico. Polemica sulla quale è intervenuto anche il Vaticano.

L'incontro bilaterale alla Casa Bianca – che è seguito da una conferenza congiunta – la prima per Donald Trump dal suo insediamento – ha luogo tra nostalgie che evocano il binomio Reagan-Thatcher a curiosità per una nuova 'strana coppia' date le smaccate differenze caratteriali tra i due leader. I rapporti commerciali sono il nocciolo della questione, oltre il reciproco 'riconoscimento diplomatico: Trump con May ha occasione di mostrare che non intende chiudere del tutto l'America in un protezionismo blindato, ma che puo' e sa scegliere. La premier britannica deve tornare a Londra avendo dimostrato di poter contare ancora e presso l'alleato piu' importante. La giornata di Theresa May a Washington e' cominciata con la consueta cerimonia al cimitero monumentale di Arlington per la deposizione di una corona di fiori presso il monumento al milite ignoto.

Intanto la Santa Sede si è detta preoccupata per "il segnale che si dà al mondo" con la costruzione del muro tra Usa e Messico, voluto dal presidente Usa per frenare le migrazioni. E si augura che gli altri Paesi, anche in Europa, "non seguano il suo esempio". Lo ha detto oggi al Sir il cardinale Peter Turkson, presidente del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, a margine di un convegno sulla "Laudato sì e gli investimenti cattolici" in corso alla Pontificia Università Lateranense.

"Il Messico ha approfittato degli Stati Uniti per troppo tempo. Gli enormi deficit commerciali e il poco aiuto sul davvero debole confine devono cambiare, ORA!"ha detto Trump dopo la bufera con il Messico sul muro al confine. A lui ha risposto il ministro degli Esteri messicano, Luis Videgaray, confermando l'intenzione del suo Paese di "mantenere una collaborazione al più alto livello con gli Stati Uniti", ribadendo però che il Messico non intende pagare per il muro anti-immigrati ordinato da Trump, perché si tratta di "una questione di orgoglio e dignità" e dunque "non è negoziabile".




Diritti umani: dalla Fao e dal Vaticano la condanna alla pesca illegale e al lavoro forzato in alto mare

 

di Gianfranco Nitti

ROMA – La FAO e il Vaticano hanno lanciato un appello perché si intensifichino gli sforzi internazionali volti a scongiurare le violazioni dei diritti umani nel settore ittico mondiale – tra cui il traffico di esseri umani e il lavoro forzato – oltre a porre fine alla piaga della pesca illegale. Intervenendo all' evento organizzato dalla FAO e dalla Santa Sede in occasione della Giornata mondiale della Pesca, il Direttore Generale della FAO Jose Graziano da Silva ha affermato che – anche se il settore ittico è fonte di cibo, sostentamento e opportunità per milioni di persone – "esso è allo stesso tempo – sfortunatamente – anche fonte di oppressione per i più vulnerabili".   "Abbiamo notato una maggiore sensibilità dei media al tema degli abusi dei diritti umani nel settore ittico, sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati. Abusi che vanno dal lavoro forzato, al traffico di esseri umani, al lavoro minorile e alla schiavitù,"  ha affermato Graziano da Silva. "La FAO e la Santa Sede invitano tutti i partner a collaborare per porre fine alle violazioni dei diritti umani lungo l'intera filiera della pesca". "Dobbiamo garantire che il pesce che raggiunge le nostre tavole sia stato prodotto non solo in modo sostenibile per l' ambiente, ma anche rispettando il benessere socio-economico di chi lo ha pescato e lavorato" ha concluso Graziano da Silva. Nel suo intervento, il Segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Parolin, ha affermato che è necessario agire su tre fronti: fornire aiuto ai pescatori sfruttati per facilitare il loro reinserimento; assicurare il rispetto della legislatura internazionale esistente in materia di pesca; e combattere il traffico e contrabbando illegali per imporre legge ed rispetto dei diritti umani. "Solo lavorando assieme, e coordinando i nostri sforzi, riusciremo a rompere le catene dello sfruttamento che colpisce il settore della pesca in molti paesi" ha affermato.
Il Cardinale Parolin ha presentato un nuovo Messaggio della Santa Sede che condanna "la tragica realtà che vede centinaia di migliaia di migranti – interni e transnazionali – trafficati per lavoro forzato nel settore ittico".
Etichettando la situazione degli abusi nella pesca come un esempio di "schiavitù moderna", Gianni Rosas, Direttore dell'Ufficio ILO per l'Italia e San Marino, ha portato l'attenzione sui recenti sviluppi positivi. Tra questi soprattutto la maggiore consapevolezza dei consumatori sulla necessità di acquistare solo pesce prodotto in modo equo e sostenibile. Rosas ha inoltre citato gli sviluppi a livello internazionale per la creazione di efficaci meccanismi istituzionali come il Protocollo 2014 della Convenzione ILO sul Lavoro Forzato e la Convenzione 188 dell' ILO sull'Impiego nel settore ittico.

Strumenti innovativi Sia la FAO che la Santa Sede hanno salutato con favore il fatto che un numero sufficiente di paesi abbia sottoscritto la Convenzione 188 permettendone l'entrata in vigore nel novembre 2017. La Convenzione prevede che a tutti i lavoratori del settore ittico vengano riconosciute forme di tutela della salute e della sicurezza, che ricevano accordi lavorativi scritti e misure di protezione sociale. La FAO e la Santa Sede hanno inoltre incoraggiato i paesi e il settore ittico a trarre vantaggio da un nuovo strumento recentemente entrato in vigore: l' Accordo FAO sulle Misure dello Stato  d'Approdo (acronimo inglese PSMA), che mira a porre fine una volta per tutte al problema della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU), la quale – si stima – sottrae dalle 11 alle 26 milioni di tonnellate di pesce all' anno dagli oceani.

Le imbarcazioni coinvolte nella pesca illegale sono spesso le stesse dove avvengono le violazioni dei diritti umani. 
L' accordo PSMA – il primo accordo internazionale legalmente vincolante ad occuparsi di pesca illegale – porterà al rafforzamento delle ispezioni portuali a bordo dei pescherecci, facilitando migliori controlli per assicurarsi che i diritti umani degli equipaggi vengano rispettati.  
L' entrata in vigore della Convenzione 188 ILO e dell'accordo PSMA – assieme ad una maggiore consapevolezza internazionale su temi sociali e del lavoro – offrono alla FAO, all'ILO, ai partner dell'industria,  ai lavoratori e alle comunità di pescatori fino alle associazioni di consumatori un nuovo slancio per porre fine agli abusi lungo tutta la filiera.

Lontani da casa, isolati e abusati
Le vittime raccontano di aver subito ogni sorta di vessazione lavorando a bordo di imbarcazioni in aree remote per mesi o perfino per anni alla volta. Vessazioni che includono lavoro forzato e servitù per debito, violenza e abusi psicologici, cibo scadente e condizioni di vita non- igieniche. Lunghe ore di duro lavoro, per resistere alle quali i pescatori vengono talvolta costretti ad assumere anfetamine. I lavoratori vengono spesso attratti in situazioni del genere con l'inganno o con la forza. Una volta a bordo, possono rimanere intrappolati per mesi se non per anni. Solitamente pochi pescatori sono membri di associazioni sindacali, i contratti scritti sono scarsi e la protezione dei diritti dei lavoratori debole. Dove esistono forme di regolamento, queste non vengono fatte rispettare.  I controlli effettivi sono difficili a causa della vastità degli oceani, perché le imbarcazioni si spostano continuamente tra un paese e un altro oppure perché operano in alto mare, al di fuori delle giurisdizioni nazionali.

 




Vaticano: sì alla cremazione

Redazione

La cremazione di un defunto "non è vietata dalla Chiesa" se non è fatta per una scelta di contrarietà alla fede. Lo conferma la Congregazione per la Dottrina della Fede in una Istruzione che ha avuto il 'placet' del Papa. Confermato anche che la pratica debba avvenire "dopo la celebrazione delle esequie".

"Laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa – si legge nel documento vaticano – non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l'anima e non impedisce all'onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l'oggettiva negazione della dottrina cristiana sull'immortalità dell'anima e la risurrezione dei corpi".

Tuttavia si precisa che "la Chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso i defunti". In ogni caso "la cremazione non è vietata, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana". In questo caso"si devono negare le esequie, a norma del diritto" perché la Chiesa "non può permettere atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l'annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l'universo, sia come una tappa nel processo della reincarnazione, sia come la liberazione definitiva della 'prigione' del corpo".

In assenza di motivazioni contrarie alla dottrina cristiana, invece, la Chiesa, dopo la celebrazione delle esequie, accompagna la scelta della cremazione con apposite indicazioni liturgiche e pastorali, avendo particolare cura di evitare ogni forma di scandalo o di indifferentismo religioso".

Ed inoltre, "per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista" il Vaticano vieta "la dispersione delle ceneri nell'aria, in terra o in acqua o in altro modo" e ribadisce che in ogni caso "le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nei cimiteri" e "la conservazione delle ceneri nell'abitazione domestica non è consentita". Non permessa a maggior ragione la conversione delle ceneri "in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione".