Udine, uccide il figlio di 19 anni: niente ergastolo perché era adottivo

UDINE – Uccise il figlio ma siccome era “solo” adottivo, non può essere condannato all’ergastolo: lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso della difesa di Andrei Talpis, 57 anni, originario della Moldova, che la notte del 26 novembre 2013, a Remanzacco (Udine), colpì mortalmente con un coltello da cucina il figlio adottivo di 19 anni. Il ragazzo – si apprende dal difensore di Talpis, avv. Roberto Mete – era stato formalmente adottato dalla coppia in Moldavia. (segue). Dovrà ora svolgersi un nuovo processo.

L’uomo era tornato a casa verso le 4, completamente ubriaco e se l’era trovato davanti, l’aveva accoltellato perché cercava di difendere la madre dalla sua furia. “La morte è avvenuta per effetto di una sola coltellata, inferta all’esito di una lotta corpo a corpo, mentre il figlio tentava di disarmarlo”, ha detto Roberto Mete, difensore dell’imputato. Il ragazzo era stato formalmente adottato dalla coppia in Moldavia. E ora si svolgerà un nuovo processo.

Come racconta oggi il Messaggero Veneto dal momento che tra Talpis e la vittima non esisteva un rapporto di consanguineità, se sul piano civilistico vale la parificazione di status con i figli legittimi operata dalla legge, secondo il Codice Penale, invece, la distinzione permane e basta a escludere l’aggravante specifica. Questo ha sostenuto la difesa nel ricorso discusso martedì davanti alla I sezione della Corte di Cassazione e questo hanno affermato i giudici di legittimità cancellando l’ergastolo inflitto dal gup di Udine nel 2015 e confermato dalla Corte d’assise d’appello di Trieste nel 2016.

In caso di omicidio è l’aggravante specifica che in virtù dell’esistenza di una discendenza tra la vittima e il suo carnefice, prevede la pena del carcere a vita. La Corte di Cassazione ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte d’assise d’appello di Venezia per la quantificazione della pena, prescrivendo che non scenda sotto i 16 anni di reclusione. Lo sconto fino a un terzo della pena previsto dalla scelta del rito abbreviato consentirà di restare al di sotto dei 30 anni.

L’imputato, già in carcere, deve rispondere anche dell’accusa di tentato omicidio della moglie Elisaveta, sua coetanea e connazionale.

A marzo scorso la Corte europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia a pagare alla donna 30 mila euro per non avere fatto abbastanza per proteggere lei e i loro figli dalle violenze domestiche. I giudici di Strasburgo avevano stabilito che “non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta” dalla mamma del ragazzo, “le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto, creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che alla fine hanno condotto al tentato omicidio della donna alla morte di suo figlio”.