Tumore al polmone non operabile e in stato avanzato: c’è una cura che riduce il rischio di morte dell’84 per cento

La terapia mirata con la molecolaosimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell’84% nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) – la forma più diffusa – di stadio III non operabile e con mutazione del gene Egfr.

I dati arrivano dal nuovo studio Laura presentato in sessione plenaria al congresso dell’American Society of clinical oncology (Asco) in corso a Chicago.

Osimertinib prolunga la sopravvivenza libera da progressione di malattia di più di tre anni. I risultati sono pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine. Sempre all’Asco è stato presentato anche lo studio Adriatic, che dimostra come la molecola durvalumab sia la prima immunoterapia che mostra un beneficio di sopravvivenza nel tumore del polmone a piccole cellule di stadio limitato, riducendo il rischio di morte del 27%. Passi avanti importanti, dunque, nel trattamento di due forme di tumore del polmone particolarmente aggressive e caratterizzate da bisogni clinici finora insoddisfatti.

Osimertinib è un inibitore della tirosina chinasi dell’EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor), specificamente progettato per trattare il tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) in stadio avanzato. Questa molecola ha rivoluzionato il trattamento del NSCLC, in particolare per i pazienti con mutazioni specifiche dell’EGFR.

Meccanismo d’Azione

Osimertinib si lega in modo irreversibile al dominio tirosina chinasi del recettore EGFR, che è spesso mutato nei tumori NSCLC. Le mutazioni più comuni dell’EGFR nel NSCLC includono l’esone 19 delezione e la mutazione L858R nell’esone 21. Queste mutazioni attivano in modo anomalo il recettore EGFR, stimolando la proliferazione cellulare e la sopravvivenza, contribuendo così alla crescita del tumore.

Osimertinib è particolarmente efficace contro le mutazioni T790M, una mutazione secondaria che conferisce resistenza ai precedenti inibitori della tirosina chinasi dell’EGFR di prima e seconda generazione, come gefitinib ed erlotinib. La capacità di osimertinib di superare questa resistenza è una delle sue caratteristiche distintive.

Efficacia Clinica

L’efficacia di osimertinib è stata dimostrata in numerosi studi clinici. Il trial AURA3, per esempio, ha mostrato che osimertinib ha significativamente migliorato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti con NSCLC avanzato con mutazione T790M rispetto alla chemioterapia standard.

Inoltre, lo studio FLAURA ha dimostrato che osimertinib, utilizzato come trattamento di prima linea nei pazienti con NSCLC avanzato con mutazioni EGFR, ha migliorato sia la PFS sia la sopravvivenza globale (OS) rispetto agli inibitori di prima generazione come gefitinib ed erlotinib. Questi risultati hanno portato osimertinib a diventare una terapia standard di prima linea per questi pazienti.

Sicurezza e Tollerabilità

Osimertinib è generalmente ben tollerato. Gli effetti collaterali più comuni includono diarrea, rash cutaneo, secchezza della pelle e tossicità ematologica. Tuttavia, uno dei vantaggi di osimertinib rispetto agli inibitori di generazione precedente è la sua migliore tollerabilità e un profilo di sicurezza più favorevole.

Impatto sul Sistema Nervoso Centrale

Un altro aspetto importante di osimertinib è la sua capacità di penetrare la barriera emato-encefalica, rendendolo efficace contro le metastasi cerebrali, una complicazione comune e devastante nei pazienti con NSCLC avanzato. Questo distingue osimertinib dagli altri inibitori dell’EGFR che hanno una penetrazione limitata nel sistema nervoso centrale.

Osimertinib rappresenta un avanzamento significativo nel trattamento del NSCLC avanzato con mutazioni dell’EGFR. La sua capacità di superare la resistenza alle terapie precedenti, il miglioramento della sopravvivenza globale e la sua efficacia contro le metastasi cerebrali lo rendono un’opzione terapeutica cruciale. La ricerca continua a esplorare nuove combinazioni e potenziali applicazioni di osimertinib, offrendo speranza per ulteriori miglioramenti nei risultati dei pazienti con tumore al polmone.




Tumore al polmone: scoperta una molecola che blocca le cellule del cancro

Scoperta una molecola, una infiltrata speciale, messa a punto dai ricercatori Amgen, che blocca le cellule tumorali del cancro al polmone, inserendosi in una tasca mai individuata prima di una proteina, in sostanza un ‘punto debole’ per bloccarlo anche nei pazienti sui quali le cure non funzionano. Approvata negli Stati Uniti, verrà sperimentata in Europa e in Italia nel 2020, come hanno spiegato alcuni esperti oggi a Milano.
La promettente attività antitumorale della nuova molecola riferita anche su Nature, è stata confermata e rafforzata dai recenti incoraggianti risultati dello studio di fase 1 che dimostrano il controllo della malattia nel 100% dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule.
Parte ora l’arruolamento in uno studio di fase III che coinvolgerà 300 centri e 650 pazienti e che vede l’Italia impegnata con 15 centri partecipanti, coordinati dall’Università di Torino. A fronte di questi passi in avanti tuttavia nel nostro Paese la diagnosi è spesso tardiva e l’accesso ai test molecolari, per tipizzare la neoplasia e individuare i target per terapie mirate, non è omogeneo su tutto il territorio nazionale né rimborsabile in tutte le Regioni.
La molecola che rappresenta una nuova arma si chiama AMG510 e’ stata scoperta dai ricercatori Amgen infatti sfruttando una tasca nascosta della proteina KRASG12C, potrebbe diventare una nuova arma contro i tumori al polmone e altri tumori solidi. Attualmente in Italia si registrano ogni anno 42.500 nuove diagnosi di tumore al polmone, di queste 35mila riguardano il tumore al polmone non a piccole cellule che in circa 3.000 casi è provocato dalla mutazione specifica KRAS.G12C L’obiettivo è riuscire entro un paio d’anni a trattare e curare il tumore al polmone non a piccole cellule con mutazione specifica KRAS, fino a oggi insensibile ai farmaci.
AMG510 è infatti il primo farmaco ad arrivare alla fase clinica dopo oltre 30 anni di ricerche infruttuose per tentare di agire sulla proteina mutata KRASG12C, finora non aggredibile perché non si era mai trovato un ‘appiglio molecolare’ contro cui indirizzare il farmaco. Dopo i primi risultati clinici positivi, è al via un trial di fase III che coinvolgerà 650 pazienti di 300 centri in 15 Paesi.
In questo studio, che potrebbe segnare una svolta nella terapia dei tumori solidi, il nostro Paese è capofila in Europa per strutture partecipanti, con 15 centri coordinati dall’Università di Torino. La terapia ha ridotto il tumore nel 54% dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, 7 dei 13 pazienti valutabili che hanno ricevuto 960 mg e ha arrestato la crescita tumorale nel restante 46%, 6 dei 13 pazienti valutabili che hanno ricevuto 960 mg dimostrando un controllo della malattia nel 100% dei pazienti.
Spiega Maria Luce Vegna, Direttore Medico Amgen Italia: “Se gli studi clinici confermeranno le premesse, AMG510 potrebbe diventare la prima terapia per i tumori con questo tipo di mutazione, con possibili benefici per migliaia di pazienti oncologici”




Tumore: nuova analisi del sangue per scoprire 20 tipi di cancro

E’ una nuova analisi del sangue che promette di individuare la presenza di ben 20 tipi di cancro: e’ stata realizzata al Dana Faber Institute di Boston (Harvard) e nei primi test ha mostrato una accuratezza straordinaria. Nel 99.6% dei casi, i test sono riusciti ad individuare correttamente i pazienti che avevano un tumore e l’ organo da cui il cancro originava.
   I dati sono stati presentati al Conferenza della Societa’ Europea di Oncologia.
    L’ analisi e’ stata messa a punto dalla ‘Grail Inc’, azienda di biotecnologie che usa metodi innovativi per osservare le sequenze genetiche: nello specifico, il nuovo esame cerca di identificare la presenza di micro sostanze chimiche (metili) – coinvolte attraverso un processo chiamato metilazione nell’ attivazione o disattivazione di geni legati allo sviluppo dei tumori.
    Il metodo e’ stato sperimentato su 3.600 pazienti, alcuni malati di cancro, altri no. Il test ha ‘rilevato’ correttamene alcuni indicatori presenti nel sangue di chi era effettivamente malato. Ed ha identificato anche l’ organo di origine della neoplasia.
    La nuova analisi – spiegano gli scienziati in un comunicato del Dana Faber Institute – e’ diversa dalle cosiddette ‘biopsie liquide’ che cercano le mutazioni genetiche all’ interno del Dna delle cellule tumorali.
    Il test della Grail individua andamenti anormali nei processi di metilazione – spiega ancora il comunicato – che in molti casi risultano essere i piu’ indicativi della presenza di tumori.
    Tra i tipi di cancro correttamente identificati dal nuovo test figurano i tumori del seno, delle ovaie, del colon, del pancreas, della testa e collo, dell’esofago, della cistifellea. Anche casi di mieloma multiplo e leucemia




Tumore al polmone, ridotto il rischio di mortalità del 40% con l'immunoterapia

Redazione

SALUTE – Una stima di una riduzione del 40 per cento del rischio di mortalita'. Sono i risultati promettenti di una nuova cura di immunoterapia, che punta a stimolare il sistema immunitario contro il tumore, che utilizza la molecola pembrolizumab contro il cancro del polmone. Lo studio, chiamato Keynote-024 e che ha coinvolto 305 pazienti, è stato presentato in sessione plenaria, data la sua rilevanza, al Congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo) e contemporaneamente pubblicato sulla rivista The New England Journal Of Medecine. ''Uno studio importante – ha affermato Silvia Novello, professore associato di Oncologia Medica all'Università di Torino – che ha fatto registrare vantaggi enormi per i pazienti che esprimono la proteina PD-L1 sulle cellule tumorali, perché possono evitare le terapie tradizionali e la chemioterapia e accedere a farmaci innovativi con una tollerabilità migliore''.

Non solo: ''Sarà infatti possibile in questo modo razionalizzare le risorse, ottenendo risparmi per Servizio sanitario nazionale –conclude Novello – perché potremo trattare con il farmaco giusto i pazienti selezionati in base alla espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali e continuare quindi il percorso nella medicina di precisione contro una neoplasia, quella del cancro al polmone, che in Italia nel 2016 registra più di 41mila nuove diagnosi'