Trattativa Stato-Mafia: la mafia coincide con il potere. Illuso chi vuole combatterla

Le leggi dello Stato sono una flebile voce. Non hanno la forza per far vivere lo stato di diritto

Uomini massacrati da colpi di mitra, uccisi senza pietà, con metodi orrendi, di natura barbarica, da altri uomini assetati di potere è lo scenario a cui siamo stati posti di fronte quando la mafia si è messa all’opera per eliminare chi ad essa ha dato fastidio per essere diverso e, pertanto, ostacolo.

Certo chi uccideva era la manovalanza assoldata da quella che era la mafia di qualche anno fa

La mafia era il potere occulto di chi, in deroga alle leggi dello Stato, si arricchiva, accumulando patrimoni economici davvero inestimabili, mediante affari di natura illecita. “Operava da sola tale organizzazione oppure vi era chi la sosteneva come suo braccio oscuro?” è stata ed è la domanda che molti si sono posti ed ancora si pongono. Ed ancora se la pongono coloro che amano la Giustizia e la trasparenza e la parte sana della Magistratura che intende rappresentare e difendere lo stato di diritto.

I cittadini onesti guardano con perplessità e si interpellano

Molti dubbi affliggono coloro che amano la verità e detestano il malaffare e la violenza ad esso connessa. Essi attendono chiarezza e non retorica! Ci chiediamo in molti cosa si intende, o meglio debba intendersi, attualmente, con il termine “mafia”, tenendo presente l’evoluzione storico-sociale ed economica del mondo contemporaneo. Tante le forme di violenza che permeano il tessuto economico e sociale. E’ meglio dire troppe le frane morali che rendono fragile il tessuto della nostra società.

Molti adoperano la violenza, il sotterfugio, l’omertà degli altri per affermarsi

Non è, forse, anche questa una modalità di agire mafiosa? Ciò avviene nel mondo del lavoro che diviene teatro di soprusi e misfatti che ledono la dignità della persona. Ciò avviene nel contesto sociale attraverso lo spaccio della droga e la prostituzione. Ciò avviene anche in quei luoghi della comunicazione che tacciono le violenze, pur non condividendole, in quanto vi sono poteri che potrebbero scagliarsi loro addosso. La cosiddetta “raccomandazione” per accedere a livelli di carriera riservati a pochi, o anche solo per entrare nel mondo del lavoro, è, forse, esente da una mentalità che ricorre al sotterfugio e non alla trasparenza?

Noi siamo convinti che dove vi è sotterfugio, lì è certo che vi sia una mentalità simile a quella mafiosa. Per tale motivo affermiamo che la mafia sia un modo di vivere la vita e che, per tale motivo, la mentalità mafiosa agisce nelle relazioni individuali, nelle famiglie, nelle scuole, nei gruppi di qualsiasi natura essi siano. La mentalità mafiosa si constata dappertutto. Essa si esprime mediante organizzazioni criminali in quanto vive nell’animo umano. Difficile combatterla. Certo è quasi impossibile. Fino a quando essa vivrà indisturbata? Sicuramente fino a quando non vivrà la forza delle leggi, la loro inviolabilità.

Far leva sulla cultura della legalità non sempre è l’arma vincente

E’ vincente rendere perentorie le leggi dello Stato. Il diritto annacquato crea solo delinquenza ed uno Stato debole, in quanto prevalgono i meccanismi della violenza e non quelli della legge, che, unica, può rendere le persone uguali in quanto ad essi è garantito l’accesso al mondo del lavoro perché il lavoro diventa un diritto e non un privilegio di cui godranno i garantiti dalle varie mafie. Ed è vero che le mafie si esprimono attraverso infinite forme e nei molteplici contesti della vita.

D’altra parte, le mafie si sono emancipate in quanto hanno fatto propria la cultura scolastica più elevata ed il loro operato spesso assume una natura “manageriale”, da non essere facilmente riconoscibile.

Il sottobosco si tramanda, in tal modo, di generazione in generazione!

Ciò è possibile perché le leggi dello Stato sono una flebile voce e non hanno la forza di dettare le regole che fanno vivere lo stato di diritto, in cui potrà vivere la democrazia e la possibilità di affermazione di ognuno a seconda dei talenti di cui è portatore.

Attualmente è così ed è per questo che si assiste alla crescita delle disparità

Le disparità sono nocive: lo dimostra la pandemia e l’ecosistema ammalato.
E’ l’alba, anche se solo l’alba, di un nuovo giorno che prelude ad una meta insperata: la creazione ineludibile di nuove forme di vita democratica senza di cui l’umanità è destinata alla sua estinzione. La necessità storica dell’uguaglianza è lo scenario che si prospetta davanti agli occhi dell’uomo contemporaneo, per l’affermazione della quale esso dovrà adoperarsi senza titubanza alcuna ed allora, certamente, le mafie cesseranno di vivere.

di Biagio Maimone




Nino Di Matteo alla Superprocura di Roma: ma non lascia il processo Trattativa Stato-Mafia

 

di Paolino Canzoneri

 

Il pubblico ministero Nino Di Matteo, con il massimo dei voti, passa alla Superprocura Nazionale Antimafia come vincitore di concorso e presto si trasferirà a Roma. Stessa promozione per i PM Maria Cristina Palaia, Francesco Polino e Barbara Sargenti. Una promozione e un trasferimento che consentirà comunque a Nino Di Matteo di proseguire il processo e dibattimento sulla trattativa Stato-Mafia; egli stesso ha commentato: "Io stesso ho chiesto al procuratore di Palermo e al procuratore nazionale antimafia l'applicazione per potere finire il processo sulla trattativa e anche qualche indagine collegata ala trattativa Stato-mafia, perché reputo questo un dovere. Io sono stato quello, con il dottor Ingroia che ha iniziato le indagini. Con i colleghi Tartaglia, Teresi e Del Bene abbiamo affrontato un percorso difficile, irto di ostacoli anche strumentalmente posti lungo il nostro cammino. Reputo doveroso tentare di concludere il mio sforzo. La mia non è una fuga, ma una scelta per potere continuare a occuparmi di mafia". Di fatto erano cinque i posti disponibili adesso occupati dai vincitori del concorso. Restano esclusi l'ex PM di Caltanissetta Luca Tescaroli che indagò sulla strage di Capaci e su Mafia Capitale; Alfonso Sabella e Teresa Principato che occuperà incarico di "sovrannumero" come procuratore aggiunto di Palermo che le spetta per l'aver superato gli otto anni di permanenza nell'incarico nel capoluogo siciliano.
 
Una disposizione e un quadro deciso dal capo della DNA Franco Lo Voi che insieme al procuratore nazionale antimafia Franco Roberti deciderà sull'applicazione di tale quadro investigativo al processo sulla Trattativa Stato-Mafia la cui conclusione sembra prevista per il 2018. Riguardo il suo impegno nella Capitale che sarà operativo fra circa due mesi, Di Matteo stesso ha chiarito: "Di cosa mi occuperò a Roma lo deciderà il procuratore nazionale antimafia. La mia esperienza è maturata in Sicilia, sulle indagini e sui processi sulle stragi, sulle cosche siciliane e sui rapporti di Cosa nostra con la politica e le istituzioni. Spero che la mia esperienza possa essere utile anche al nuovo ufficio". Sulla promozione il commento di Nino Di Matteo è chiaro: "Veti istituzionali impedirono la mia nomina. La mia scelta non è quella di una resa. Ho fatto la domanda per andare alla Procura nazionale antimafia per cercare di continuare a dare un contributo nella lotta a Cosa nostra. Non è facile dopo 25 anni di impegno, con tutti i miei limiti, molto gravoso e totalizzante nelle DDA di Caltanissetta e Palermo, lasciare la Sicilia. La mia è stata una scelta dovuta alla consapevolezza che per continuare, in questo momento, ad impegnarmi nella lotta alla mafia dovevo cambiare ruolo e ufficio".
 
Due anni orsono la sua candidatura venne bocciata  e ricorse al Tar del Lazio ma lo stesso Di Matteo visse la vicenda come una sorta di "mortificazione ingiusta": "A prescindere dal valore altissimo dei colleghi che mi sono stati preferiti in altre circostanze resto convinto che in passato ci sia stato anche qualche veto, qualche pregiudizio. Probabilmente è accaduto che qualche alto esponente istituzionale abbia posto dei veti o abbia pressato perchè la mia domanda non fosse accolta. Questo è quello che penso: mi auguro che non sia accaduto, ma ho qualche elemento per ritenere che possa essere accaduto". Tracciando un profilo storico di Nino Di Matteo si evidenzia facilmente lo spessore e l'alta professionalità che lo ha sempre contraddistinto sin dai tempi della collaborazione dell'ex collega Antonio Ingroia nelle complesse indagini che portarono al processo per la mancata cattura del boss allora latitante Bernando Provenzano nel lontano 1995; come non ricordare  pochi anni prima quando Di Matteo stesso aveva messo a processo l'ex presidente della Regione Totò Cuffaro per i rapporti con cosa nostra. Nel 2013 il boss Totò Riina fu intercettato mentre parlava dal carcere a Milano-Opera di un possibile attentato a Di Matteo mentre nel 2014 il pentito Vito Galatolo rivelò che l'attentato era stato progettato dal superlatitante Matteo Messina Danaro, rivelazione ritenuta attendibile e che da quel momento pose il pm sotto la massima protezione con scorta e accompagnati da un dispositivo dla nome "bomb jammer" che neutralizza qualsiasi funzionamento di telecomandi nei percorsi blindati del PM.



POMEZIA: NELLE SCUOLE VA IN SCENA LA TRATTATIVA STATO MAFIA

Redazione
Pomezia (RM)
– Conoscere e approfondire il fenomeno della mafia, il suo radicamento nella società e i legami forti con la politica e le istituzioni. E' questo l'obiettivo dell'Amministrazione comunale di Pomezia che, dopo l'approvazione in Consiglio comunale il 30 dicembre 2014 dell'ordine del giorno che investiva il Sindaco a farsi promotore nelle scuole del territorio di un confronto sul tema a partire dal film – documentario di Sabina Guzzanti "La Trattativa", invita la cittadinanza tutta alla proiezione della pellicola venerdì 27 marzo prossimo alle ore 20.00 presso l'Aula Magnadel Campus Selva dei Pini.

Alla proiezione seguirà un dibattito aperto a cui parteciperanno Giuseppe Pipitone, giornalista de Il Fatto Quotidiano; Elvio Di Cesare, Presidente dell'Associazione Antonino Caponnetto; Serenetta Monti, coordinatrice del Gruppo Agende Rosse di Roma.

L'evento è aperto a tutti e gratuito. La prenotazione è obbligatoria.

Di cosa si parla quando si parla di trattativa? Delle concessioni dello stato alla mafia in cambio della cessazione delle stragi? Di chi ha assassinato Falcone e Borsellino? Dell'eterna convivenza fra mafia e politica? Fra mafia e chiesa? Fra mafia e forze dell'ordine? O c'è anche dell'altro?

Un gruppo di attori mette in scena gli episodi più rilevanti della vicenda nota come trattativa stato mafia, impersonando mafiosi, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, vittime e assassini, massoni, persone oneste e coraggiose e persone coraggiose fino a un certo punto. Così una delle vicende più intricate della nostra storia diventa un racconto appassionante.