Boeri e la ciliegina sotto spirito

 

di Emanuel Galea

 

Incuriosito, volevo sapere se la parola “boero”, oltre al significato  che tutti conosciamo, relativo a una popolazione bianca dell'Africa meridionale,  avesse qualche altro significato. Quindi, consultando  un dizionario della lingua italiana, ho trovato un’altra definizione molto simpatica e saporosa. Boero si chiama anche quel tipo di cioccolatino con dentro del liquore e una ciliegina sotto spirito. A questo punto Boeri, ho pensato io, potrebbe significare dunque il plurale di tanti cioccolatini. Ben inteso, non per questo, riferendomi a Tito Boeri, voglio in alcun modo asserire che il presidente dell’Inps sia un cofanetto di cioccolatini. No, non lo dico.
Il bocconiano Boeri ogni tanto sfodera dal suo curriculum la ciliegina sotto spirito, molto alcolica, sperando di stupire, e forse di guadagnare qualche chiamata per occupare la poltrona da super ministro oppure che venga convocato a dirigere  qualche partito. Nulla di cui stupirsi visto il caos in cui versa il Paese e tutti i partiti.
Cosa c’è che scricchiola  nell’uscita allarmistica di Boeri? Se si vuole considerare anche questa uscita, come quelle sue precedenti, cioè un’invocazione alla luna, beh, consideriamola un cioccolatino fuoriuscito dal cofanetto del suo curriculum . Se al contrario si vuole parlare seriamente di quanto abbia voluto intendere, la dobbiamo considerare come la ciliegina sotto spirito ad alto grado alcolico, difficile da digerire.
 
Chiuso nel suo studio di via Amba Aradam il presidente Boeri si è messo a guardare le statistiche, a sfogliare le rimesse fatte all’estero, analizzando dati, numeri e cifre e scoprendo, per caso, che il 39,6% delle quattordicesime si ricevono in Europa contro il 36,1% dell’America meridionale. I numeri sono come l’alcool della ciliegina, da maneggiare con cautela, dopo un po’ fanno girare la testa. Facendo un giro di ragionamenti, Boeri si avvicina alla conclusione: che le prestazioni assistenziali pagate all’estero, rappresenterebbero "un'anomalia", visto che “non c'è un quadro di reciprocità” e  “stanno di fatto riducendo gli oneri per spesa assistenziale di altri paesi”. Forse questo è l’unico punto al quale non si può non convenire. Per tutto il resto ci sarebbe molto da obiettare

Boeri rafforza i suoi argomenti citando cifre e dati : "le pensioni pagate all’estero dall’Inps, su 160 Paesi, nel 2016 sono state oltre 373mila", per un valore "poco superiore a 1 miliardo di euro", precisando che : "più di un terzo delle pensioni pagate a giugno del 2017 hanno periodi di contribuzione in Italia inferiori a 3 anni, il 70% è inferiore ai 6 anni e l’83% è ai 10 anni", quindi durate contributive "molto basse"

I ragionamenti del presidente difettano in quanto contemplano solamente un aspetto del problema. L’economista in questa sua analisi sta considerando unicamente le uscite e trascurando, ne siamo convinti in buona fede, le entrate. Intendo riferirmi ai dati del Ministero delle Finanze relative, sempre secondo questo ministero, ai 5 milioni di “nuovi italiani”, ossia immigrati tra cui si celano tre milioni e mezzo di contribuenti che dichiarando al fisco oltre 45 miliardi di euro l’anno lasciano ogni anno 6,8 miliardi di euro nelle casse dell’Agenzia delle entrate. Questi sono dati del Ministero delle Finanze e non si spiega come tutto questo potesse sfuggire al presidente.

Prima di procedere con la mia riflessione vorrei fare notare un dato che non è di secondaria importanza. Il ministero ci assicura che da dati in suo possesso risulta che gli immigrati regolari  dichiarano al fisco oltre 45 miliardi di euro l’anno. Prendiamo questo dato per buono. La domanda è questa: questi 45 miliardi ed oltre si spendono in consumi in Italia o vanno rimessi all’estero alle famiglie degli emigrati? Forse questa considerazione andava fatta  nell’analisi del presidente.

Come rileva l’Aire, Anagrafe dei residenti italiani all’estero, le rimesse dall’estero sono  da mettere in relazione con la parallela crescita delle partenze degli italiani e l’emigrazione può garantire alla bilancia dei pagamenti una risorsa ulteriore per la stabilità. Nel 2009 gli iscritti all’Aire (residenti italiani all’estero)  erano 4.028.370, nel 2011 erano passati a 4.208.977, un fenomeno sempre in crescita. Le loro rimesse influiscono sul Pil. A fare un esempio nel  2011 queste rimesse dall’estero hanno influito sul Pil per lo 0,03%. Anche questo dato, secondo chi scrive, doveva essere considerato nell’analisi di Boeri.

Cosa si voleva dimostrare con la presente  riflessione? Semplicemente che prima di lanciare allarmismi  che non portano da alcuna parte se non a qualche poltrona o carica importante, è buona norma , valida specialmente nel caso di chi occupa posizioni istituzionali, contare fino a dieci.

Parli chi sa. Chi non sa taccia.