RIFORMA DEL CATASTO E TASSAZIONE FISCALE: C’E’ IL RISCHIO DI UNA NUOVA PATRIMONIALE?

L’Osservatore d’Italia intervista l’Architetto Alberto D’Agostino, Professore di Economia Urbana ed Estimo Immobiliare presso l’Università La Sapienza di Roma

di Cinzia Marchegiani

L’Osservatore d’Italia sta seguendo da vicino la Riforma del Catasto che andrà inevitabilmente a toccare le tasche degli italiani. Una riforma annunciata epocale per l’impatto decisivo che si produrrà in seguito alla grande raccolta di dati con l’ausilio di modelli matematici e statistici che cambierà irreversibilmente il volto non solo censuario ma tributario del cittadini. Ciò inevitabilmente genera paura visto che ogni volta che si mette mano ad una nuova legge, l’aumento sulle tasse patrimoniali non ha risparmiato nessuno.

L’architetto Alberto D’Agostino, Professore di Economia Urbana ed Estimo Immobiliare presso l’Università La Sapienza di Roma, presente al convegno del 16 aprile 2015 tenutosi nella Sala del Chiostro presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale della Sapienza di Roma che ha affrontato con un approccio scientifico la svolta epocale che attenderà la riforma del Catasto italiano, contattato dal nostro giornale ci aiuta a comprendere questa complicata rivoluzione che coinvolgerà i proprietari degli immobili in Italia.

Tutti lo chiedono, sta per partire la Riforma del Catasto, c’è il rischio di una nuova Patrimoniale professor D’Agostino?
Le rispondo come economista urbano, il rischio di una patrimoniale c’è perché il nuovo catasto non considererà solo i “prezzi d’uso” reali o potenziali degli immobili (gli affitti) ma anche i valori: non quelli convenzionali ma quelli venali cioè di mercato corrente; sicuramente un brutto e preoccupante segnale.

Ci preoccupa, perché brutto segnale?
Il fatto che vengano censiti due dati monetari connessi storicamente attraverso un tasso di capitalizzazione di per sé stesso sempre incognito nella dottrina estimativa, non è una cosa positiva, anche se poi dipenderà tutto da come le indagini saranno eseguite e come i relativi risultati funzioneranno negli estimi che saranno fatti con i nuovi “misteriosi” algoritmi. Quanto ai tempi per la riforma, se fatta così come indicato espressamente dalla normativa “nella più rosea delle previsioni ci vorranno non meno di 10/20 anni”

Professor D’Agostino, i proprietari si devono attendere aumenti fiscali sulle case?
Le associazioni dei Consumatori sono convinte che arriveranno pesanti rincari dalla revisione delle rendite catastali. Si parla di rincari sostanziali, ma non ci sono ancora elementi oggettivi su cui fare conteggi attendibili e probanti. Vero è, che il metodo “patrimoniale” non appare equo.

Lei è un appassionato e stimato studioso del nostro catasto, può spiegare cosa non va nel metodo patrimoniale
Il mio pensiero, riguarda la preoccupazione legata al rigore tecnico-filosofico-economico della tassazione fiscale che dottrina, prassi, e scienza legano alla fruttuosità dei beni immobiliari piuttosto che al loro valore venale come questa legge sembra contemplare. Chi si è dedicato allo studio del Catasto anche per esigenze professionali sa che Einaudi lodò il Messedaglia per aver puntato per le pubbliche entrate sulla redditività piuttosto che sul valore, concetto sfuggente e sempre variabile. Ho letto e studiato per dovere accademico e professionale gli atti parlamentari riguardanti la legge sulla “perequazione fondiaria” presentata alla Camera dei Deputati il 20 marzo 1884, e riguardante il "Riordinamento della Imposta Fondiaria", progetto studiato e predisposto dal deputato Angelo Messedaglia da cui prese il nome. Mi chiedo: quanti dei nostri parlamentari l’avranno letta?

Professore D’Agostino, quale era lo spirito della ricordata legge ?
Come già accennato, la legge fu promulgata il 1° marzo 1886, con il n. 3682 e rappresenta un capolavoro della nostra legislazione catastale quale mezzo rivolto alla perequazione fondiaria tra le diverse zone d’Italia. Con essa lo Stato liberale abbandonò definitivamente il principio del Catasto patrimoniale nel quale si erano attardati alcuni dei 23 Stati preunitari, pur dopo l’introduzione già nel 1815 del Nuovo Censo Milanese basato appunto sul reddito e non sul valore capitale. Non a caso la legge fu conosciuta ed è tuttora ricordata come legge di perequazione fondiaria e quindi tributaria. Non per nulla – è utile ripeterlo – Luigi Einaudi, grande studioso liberale, scrivendone nel 1941 sulla Rivista di Storia Economica, sottolineava come la legge Messedaglia si ispirasse al criterio del reddito medio ordinario ritraibile, criterio che era stato già dei “sapienti economisti settecenteschi” (inglesi, lombardi, toscani, napoletani), molti dei quali esponenti dell’Illuminismo che ebbe in Italia uno sviluppo autonomo.

Insomma, una storica legge che ha lontane radici scientifiche, e principi economici
Occorre leggere gli Atti Parlamentari per rendersi personalmente conto di come fu profonda, oggettiva, scientifica e convincente, la discussione che ne scaturì. Einaudi la elogiò proprio per questo, coerente con il principio economico fondamentale che le imposte immobiliari devono essere correlate ai redditi ritraibili e non ai relativi valori patrimoniali dei cespiti.

Professor D’agostino, lei ricorda come la formazione e la conservazione di un Catasto equo è un’opera di civiltà
Certo, la perequazione dell’imposta che ne è la necessaria conseguenza è opera di giustizia. Infatti nella detta legge si mise in risalto che l’oggetto particolare o la fonte dell’imposta fondiaria non fosse l’intero prodotto agrario ma quella parte di esso che dicesi “RENDITA”, in senso più largo “REDDITO DOMENICALE”, che assume perciò un carattere speciale, per cui si distingue dalle altre imposte dirette.
Infatti il prodotto degli immobili posti a reddito è formato da due parti distinte: la prima parte è il risultato ottenuto sia dall’uso del capitale di esercizio cui spetta l’interesse, sia dal lavoro dell’Uomo cui spetta il salario e/o lo stipendio; il tutto corrisponde oggi all’interesse sui mezzi d’opera utilizzati ed alla remunerazione del lavoro impiegato per la trasformazione del bene naturale: la terra; la seconda parte è l’effetto congiunto della terra naturale medesima e del capitale incorporato stabilmente in essa; quest’ultimo configura il reddito domenicale, cioè il reddito del proprietario (rendita o affitto) ossia il famoso Bf (Beneficio fondiario). Non considerando la prima parte, che oggi nell’economia urbana si riferisce all’attività edilizia propriamente detta e che è comune a tutte le altre attività o industrie, ciò che rimane si può considerare cosa distinta e fonte speciale di ricchezza privata: è questo il vero oggetto imponibile dell’imposta fondiaria. Infatti se il valore monetario nominale del prodotto edilizio, cioè del cespite urbano, è variabile di anno in anno e subisce i rischi e le sorti degli ordinari prodotti industriali, la rendita padronale netta conserva una certa stabilità nel tempo ed ha inoltre una tendenza al costante aumento. Non a caso la radicata e ultra consolidata dottrina estimativa trae il valore del bene economico dalla rendita futura prospettica e non viceversa.

Professore, una riflessione su questa Riforma che ormai è alle porte
Non sono un politico e quindi non spetta a me trarre le conclusioni sull’attività di governo, mi piacerebbe però assistere ad un maggior impegno dei consiglieri tecnici dei politici e conseguentemente ad una correzione di rotta circa i famosi ed attesi “algoritmi” in gestazione. E’ esperienza comune essere consapevoli di quanto sia pericoloso cambiare punto di vista ed atteggiamento rispetto agli antichi e fondamentali fattori della produzione: TERRA, LAVORO, CAPITALE. Da semplice cittadino temo che i nostri governanti incalzati endemicamente dall’emergenza e dal bisogno possano preferire di sacrificare la gallina pur nella consapevolezza che non ci saranno più uova giornaliere…nel futuro.