Il Tar Campania ordina: i bus da Israele devono circolare…Dalla serie: “Andate e inquinate”

L’ ordinanza del TAR Campania sbalordisce. Mentre tutti evidenziano un serio ambientalismo, per i giudici sembra non essere cos’ importante ridurre l’inquinamento di fonte veicolare.

A Roma i 70 autobus Euro 5 noleggiati da ATAC, usati e provenienti da Israele di cui 40 parcheggiati a Guidonia Montecelio per essere sanificati e personalizzati con le scritte dell’Urbe possono scorazzare per ogni dove.

Lo ha stabilito con l’Ordinanza 2580 il 24 luglio il TAR della Campania proposta dalla Basco srl contro il Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti e nei confronti di Ma. An. Automotive srl e ATAC spa. La prima è la Società di Olgiate Comasco che ha proposto e trovato i mezzi. Società di riferimento in Italia con fatturato al 2017 di oltre 9,2 MLN ed utili per 7.281 euro. Ma.An. Automotive srl è l’Agenzia pratiche automobilistiche e nautiche a Salerno.

I magistrati, Salvatore Veneziano, Presidente, Paolo Corciulo, Estensore e Gianluca Di Vita, Consigliere hanno invalidato quanto gli ingegneri della Motorizzazione Civile avevano negato l’8 Maggio con provvedimento 0472. Ovvero la impossibilità di immatricolare i mezzi israeliani in quanto non
euro VI. I magistrati hanno avuto diversa interpretazione ovvero che le norme antinquinamento euro VI “siano circoscritte a veicoli di nuova produzione. Mentre quelli in oggetto sono prodotti ed omologati in Europa, e relativi a periodi di costruzione risalenti al 2009 e di modello risalente al 2010, risultano di data anteriore, per cui appare sufficiente ai fini dell’approvazione di cui all’art. 76 del d.lgs. n.285/92, la loro conformità alla disciplina tecnica al tempo vigente all’atto della produzione”. Inoltre “l’impiego, medio tempore, in territori non compresi nell’Unione Europea ( erano utilizzati in Israele ndr) presenta connotazioni di neutralità con riferimento alla disciplina tecnica antinquinamento applicabile”.

La domanda cautelare è stata accolta, nel merito della sentenza occorre
attendere il 18 dicembre. Ci sarà caos dopo tale Ordinanza: da una parte ATAC e Motorizzazione che basano la negazione sull’aspetto tecnico e dall’altra le attese di Società commerciali forti di contratto.

Il Sindaco Raggi a maggio scorso, dopo le notizie stampa nel merito, ha annullato il contratto e scrisse sui social “ Chi ha sbagliato pagherà” e si affrettò a confermare che non ci saranno problemi sull’anticipo del 16% ai fornitori ( costo per nolo e
manutenzione circa 500mila euro al mese) esistendo le misure idonee per garantirsi da eventuali danni . Oltre che sull’anticipo c’è una polizza fideiussoria che tutela l’azienda da ogni inadempienza.

Intanto dalla Pagliani che con la Basco srl è interessata al contratto fanno
sapere che potrebbero far causa alla Motorizzazione. “Rimangono dei punti controversi – conferma Giovanna Ammaturo consigliere di Fratelli d’Italia a Guidonia Montecelio – verificato che l’acquisto di bus urbani Volvo M3 e similari Euro V si possono ragionevolmente rintracciare in internet con prezzi che oscillano dai 10.000 a 20.000 euro che moltiplicati i 70 sono al di sotto di tre rate mensili sottoscritte. Fa sorridere che si festeggi per la plastic free in tutte gli Uffici Istituzionali, ci si debba batte ancora per la deforestazione in Amazzonia, ci si emoziona e ci si danna della microplastica nei pesci e nei ghiacciai della Groenlandia che Trump vuol comprare con scherno internazionale, si piange sulle ricerche geologiche in
Alaska, si fanno referendum abrogativi sulla perforazione nel mar Adriatico o in Basilicata, sono avviate le crociate per il blocco delle auto anche euro VI e quello totale dei diesel a Milano nel 2029 ed a Roma forse anche dal 2024, intanto i giudici partenopei hanno ordinato che i Volvo M3 con la corona dello sterzo consumata per quanto sono stati utilizzati
possono circolare. I Romani ? si possono multare perché l’ordinanza del 5 agosto del Sindaco Raggi che vieta i sacchi della spazzatura non trasparenti è sconosciuta. Gli abitanti e i residenti limitrofi come a Guidonia? Pardon, la carne di cannone ringrazia per i 40 bus in più, che sono una discreta panacea. Certo soffriranno per l’inquinamento che aumenta e dovranno fermare le auto quando ci sarà il blocco: ma che importa? Sono cittadini, non hanno voce, le elezioni sono lontane”.




Salerno, Tar Campania su varianti urbanistiche: sì al risarcimento del danno a causa del ritardo del procedimento

Nell’ambito del variegato panorama delle decisioni amministrative aventi ad oggetto la tutela risarcitoria del privato leso da atti e comportamenti della P.a., riconosciuti illegittimi dal Giudice Amministrativo, si inserisce una recente sentenza del TAR Campania, Sezione di Salerno, la quale merita di essere segnalata per l’applicazione del giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita in materia edilizia ed, in particolare, in tema di varianti urbanistiche.

Nello specifico, si discute del diniego di variante urbanistica per un insediamento produttivo (ex art. 5, D.P.R.. 447/98, oggi, art. 8, D.P.R. 160/2010) determinato da sopravvenuta incompatibile normativa e del conseguente danno subito dal privato a causa del ritardo nella definizione del procedimento urbanistico. Limitando l’analisi della sentenza al solo del risarcimento (il quantum, o meglio i criteri indicati dal TAR per definire il quantum, meriterebbe una apposita trattazione), il Giudice Amministrativo, dopo aver ricostruito i fatto l’imputabilità del ritardo ai comportamenti illegittimi dalla P.a., ha statuito che “può ritenersi, in base ad un giudizio prognostico di tipo probabilistico, che il bene della vita auspicato dai ricorrenti, ossia il rilascio dell’autorizzazione richiesta, sarebbe stato da questi conseguito se il procedimento fosse stato condotto con modalità ordinarie e si fosse concluso in un termine ragionevole, e può dunque inferirsi che sia stata la condotta complessivamente tenuta dalla P.A. a precludere (definitivamente) il conseguimento del risultato utile perseguito e a determinare i danni lamentati, qualificandosi come antecedente causale necessario. Ciò rende conto, ad avviso del Collegio, della ricorrenza dell’elemento oggettivo della pretesa risarcitoria azionata col presente gravame in quanto, come detto, è ragionevole ritenere, come più sopra spiegato, che, ove non fosse intervenuto il ritardo nell’azione amministrativa, gli aventi diritto avrebbero conseguito l’autorizzazione richiesta”.

Ora, tale sillogismo, che esatto nei procedimenti ad esito vincolato (es. permesso di costruire) o il cui esito è determinato da parametri vincolanti (es. gare pubbliche), non si ritiene possa trovare ingresso nell’ambito urbanistico, ivi incluso nel procedimento di variante semplificata per gli insediamenti produttivi. Il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l’altro, alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e, quindi, alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse, cioè all’esistenza di un legittimo affidamento alla conclusione positiva del procedimento.

La Giurisprudenza ha da tempo evidenziato che l’art. 5, D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 prevede una procedura semplificata per la variazione di strumenti urbanistici preordinati all’autorizzazione di insediamenti produttivi contrastanti con il vigente strumento urbanistico che si conclude con una Conferenza di servizi la cui determinazione costituisce proposta di variante urbanistica sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte ed opposizioni formulate, il Consiglio comunale si pronuncia entro sessanta giorni.

La proposta di variazione dello strumento urbanistico assunta dalla Conferenza di servizi, da considerare alla stregua di un atto di impulso del procedimento volto alla variazione urbanistica, non è vincolante per il Consiglio comunale, che conserva le proprie attribuzioni e valuta autonomamente se aderirvi (cfr. ex multis Cons. di Stato, IV Sez. n. 4151 del 2013). La determinazione della conferenza dei servizi, nell’ambito del particolare procedimento di cui al ricordato articolo 5, del D.P.R. 447 del 1998, rappresenta un peculiare atto di impulso (proposta) dell’autonomo procedimento (di natura esclusivamente urbanistica) volto alla variazione del vigente piano regolatore, rientrante nelle normali ed esclusive attribuzioni dell’ente locale. In altri termini, diversamente da come sembra sostenere il TAR Campano, il ricorso alla procedura semplificata in questione – pur ovviamente ispirata nel disegno legislativo a facilitare ed accelerare la realizzazione di iniziative produttive – non comporta l’abdicazione da parte del Consiglio comunale alla sua fisiologica capacità pianificatoria (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 1 marzo 2017, n. 940). In conseguenza, non è possibile ritenere che la conclusione positiva della conferenza di servizi possa far ritenere l’approvazione della variante pressoché obbligatoria, restando al contrario integra per l’organo consiliare la possibilità di discostarsi motivatamente dalla determinazione finale assunta dalla conferenza di servizi (T.A.R. Puglia Lecce, Sezione I, 29 giugno 2011, n. 1217). Al consiglio Comunale, che conserva le sue normali attribuzioni, compete infatti una valutazione ulteriore – nonché autonoma e largamente discrezionale – necessaria a giustificare sul piano urbanistico la deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 11 novembre 2010, n. 7244; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 3 settembre 2008, n. 2015). In altre parole “la proposta di variazione dello strumento urbanistico assunta dalla Conferenza dei servizi non è vincolante per il consiglio comunale, il quale deve autonomamente valutare se aderire o meno a tale proposta” (Cons. Stato, sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3772; T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 7 novembre 2007, n. 875; Cons. Stato, sez. IV, 3 settembre 2008, n. 4110; Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2170), “anche con una eventuale determinazione negativa adeguatamente motivata” (Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3593). Ora, riportando tali principi alla fattispecie in esame e ricordando che l’entrata in vigore dell’art. 2 bis, L. 7 agosto 1990, n. 241 non ha elevato a bene della vita suscettibile di autonoma protezione, mediante il risarcimento del danno, l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa avulso da ogni riferimento alla spettanza dell’interesse sostanziale al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato (come peraltro riconosciuto dallo stessa TAR; cfr. Consiglio di Stato, IV, 02/11/2016, n. 4580; T.A.R. Lazio, Latina, I, 26/09/2016, n. 579; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, I, 06/09/2016, n. 327), è da escludere possa trovare accoglimento una domanda risarcitoria incentrata su una presunta aspettativa in diritto alla approvazione della variante da parte del Consiglio Comunale, aspettativa che, va ribadito, a prescindere dalla legittimità degli atti, è e resta aspettativa di fatto non tutelabile e non risarcibile. Se infatti da una parte è comprensibile che i privati abbiano “sperato” nell’approvazione della variante, ciò non di meno non è possibile affermare che tale attuazione fosse “dovuta”, “certa” o “doverosa”. In conclusione, salvo taluni casi in cui sarebbe possibile scorgere un affidamento qualificato, e ciò, in sostanza, nell’ipotesi in cui la pubblica Amministrazione abbia adottato atti o posto in essere comportamenti suscettibili di generare nel privato un’aspettativa, o meglio una “fiducia” qualificata, nella conseguente attività provvedimentale (es. reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio dopo aver approvato un variante per rendere edificabile la zona con vincolo scaduto), in ambito urbanistico, si ritiene che non sia possibile individuare un criterio generale ed astratto che consenta di prognosticare l’esito del procedimento di pianificazione, poiché la discrezionalità urbanistica impinge in valutazioni ed interessi differenti ed ulteriori rispetto agli esiti procedimentali ed alle risultanze istruttorie, legati, spesso, alle “idee” di sviluppo e gestione del territorio del governo del momento. La mancanza di tale certezza (o meglio di tale aspettativa qualificata), rende non risarcibile il danno derivante dalla ritardata approvazione delle varianti urbanistiche.