Istat, picco di suicidi tra i giovani: è il massimo osservato dal 2015

“Complessivamente la mortalità” in Italia “per cause esterne è diminuita nel 2020 per poi aumentare nel 2021: si passa da un tasso medio di 3,3 decessi per 10mila nel 2018-19 a 3,2 del 2020 e 3,4 nel 2021″. E’ quanto si rileva nel report dell’Istat ‘Cause di morte in Italia anno 2021’.

“Il tasso di mortalità per suicidio era diminuito lievemente (-4%) nel 2020 considerando tutte le età, ma oltre i 65 anni risultava in lieve aumento. Nel 2021 c’è stato un aumento in quasi tutte le classi di età, con l’eccezione dei 50-64enni – si sottolinea – Particolarmente rilevante è l’aumento fra i più giovani (0-49 anni) per i quali il livello raggiunto nel 2021 di 0,40 suicidi ogni 10mila abitanti è il massimo osservato dal 2015″.

“L’andamento delle morti violente è stato determinato in gran parte dall’andamento degli accidenti di trasporto, soprattutto nelle classi di età più giovani, dove causano una quota molto rilevante di decessi. La mortalità per questi eventi si è ridotta del 23% nel 2020, ma nel 2021 è tornata ai livelli del 2019 – prosegue il report – Questo andamento si riscontra soprattutto al di sotto dei 65 anni, mentre nei più anziani il tasso di mortalità del 2021 risulta inferiore a quello pre-pandemico”. “Tra le altre cause accidentali, le cadute fanno registrare negli anni di pandemia un notevole aumento di mortalità: complessivamente si passa da 0,52 decessi per 10mila nel 2019 a 0,61 nel 2021 – aggiunge il report – Queste sono cause di morte che riguardano prevalentemente la popolazione anziana e tra gli ultra-ottantenni il tasso di mortalità, pressoché stabile tra il 2015 e il 2019, passa da un valore di 6,6 decessi per 10mila nel 2019 a 7,9 nel 2021”.




Suicidi, da Telefono Amico Italia parte l’allarme giovani: “Nel 2021 record di richieste d’aiuto”

Secondo l’Istat, nel 2021 in Italia sono 220mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita e, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico

Segnalazioni relative al suicidio mai così alte come nel 2021. Sono state quasi 6.000 le richieste d’aiuto arrivate lo scorso anno a Telefono Amico Italia da persone attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un proprio caro. Le richieste d’aiuto sono cresciute del 55% rispetto al 2020 e sono quasi quadruplicate rispetto al 2019, prima della pandemia. A preoccupare particolarmente il dato relativo ai giovani: il 28% delle richieste d’aiuto, arrivate alla linea telefonica o nella chat di WhatsApp di Telefono Amico Italia, è di under 26.

E il 2022 non sembra portare miglioramenti: nel primo semestre dell’anno le richieste d’aiuto sono state più di 2.700, il 28% di giovani fino a 25 anni.

I dati dell’organizzazione di volontariato, diffusi in occasione della Giornata internazionale per la prevenzione del suicidio, che ricorre il 10 settembre, accendono una luce su un fenomeno spesso trascurato ma che nel mondo è responsabile di circa 800.000 morti, una ogni 40 secondi.

L’allarme per i giovani

L’incidenza del suicidio è particolarmente grave tra i giovani: è in questa fascia d’età, infatti, che rappresenta la percentuale più importante sul totale dei decessi. Ogni anno, quasi 46.000 bambini e adolescenti tra i 10 e i 19 anni si tolgono la vita, circa uno ogni undici minuti. Il suicidio è la quinta causa di morte più comune tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni e la quarta nella fascia d’età dai 15 ai 19 anni (addirittura la terza se si considerano solo le ragazze.

“Il suicidio nei più giovani è un fenomeno di grande impatto, anche perché presenta una fattispecie tutta sua, che non necessariamente è sovrapponibile alle problematiche dell’adulto” spiega Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma e Direttore della UOC di Psichiatria presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma. “Spesso viene misconosciuto tutto il versante dei segnali d’allarme: solo a posteriori appaiono in maniera nitida quelli che erano segnali anticipatori, ma che erano stati in qualche modo criptati.

Si dovrebbe fare attenzione se il soggetto non riesce a seguire le attività scolastiche, non si applica negli sport, è ritirato dagli amici, dagli affetti, ha problematiche somatiche non ben identificabili, fa uso di sostanze in maniera importante. Bisognerebbe, inoltre, cercare di avere l’aiuto, peer to peer, dei compagni. È importante istruire i giovani a riconoscere tra i loro pari la persona che ha bisogno d’aiuto”.

Con la pandemia la preoccupazione per la salute mentale dei ragazzi è aumentata

Secondo l’Istat, nel 2021 in Italia sono 220mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita e, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico. Se, infatti, i giovanissimi sono stati i meno toccati dagli effetti fisici della pandemia, sono stati però profondamente colpiti dai lockdown e dalle privazioni alla vita quotidiana e sociale che questi hanno comportato. Il 44% dei teenagers, secondo i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie statunitensi, all’inizio del 2021 si sentiva senza speranza e continuamente triste.

Spiega la professoressa Michela Gatta, Direttrice dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedale-Università di Padova: “Molti dei ragazzi che si incontrano, sia in ambito clinico che non, riportano paura del futuro, scarsa propositività e progettualità, timore della solitudine, confusione mentale e difficoltà neuropsicologiche, preoccupazioni per malattie o accadimenti negativi a sé e/o agli altri. In ambito neuropsichiatrico infantile, che si occupa di persone fino ai 18 anni, si è evidenziata come più colpita dalla pandemia la fascia d’età adolescenziale, 12/18 anni, e tra questi ragazzi coloro che già soffrivano di disturbi neuropsichici, specie di natura internalizzante (ad esempio ansia, sindromi affettive, disturbi ad espressione somatica), e coloro il cui ambiente familiare si è manifestato meno resiliente. 

“In ambito ospedaliero – conclude la professoressa Gatta – i ricoveri psichiatrici dell’età evolutiva hanno visto un aumento significativo di casi di autolesionismo suicidario e non, e di disturbi del comportamento alimentare”.

L’importanza della prevenzione

“La prevenzione del suicidio è possibile e riguarda tutti – aggiunge il professor Pompili – il primo passo (quella che viene chiamata prevenzione primaria) consiste nel cercare di sensibilizzare tutta la popolazione sul fenomeno e far sì che tutti sappiano cogliere i segnali d’allarme, così da poter riconoscere il soggetto a rischio e agire d’anticipo. L’obiettivo è fornire a tutti una sorta di ABC per riconoscere il soggetto in crisi. Un po’ come quando notiamo degli elementi salienti di una patologia fisica imminente e, quindi, portiamo al pronto soccorso una persona, sappiamo come soccorrerla. Così dovrebbe essere anche in caso di rischio di suicidio”.

I segnali a cui prestare attenzione

Ma a quali segnali prestare attenzione?

“Alle verbalizzazioni – spiega Maurizio Pompili – frasi come “a che serve vivere”, “non ce la faccio più”; all’alterazione delle abitudini, ad esempio quelle del sonno (sonno disturbato, insonnia o ipersonnia); all’aumento del consumo d’alcool. O ancora il soggetto può ritirarsi dagli amici e dagli affetti, cimentarsi in attività rischiose, fare una sorta di testamento (regalare oggetti a lui cari, dare via cose a cui è molto legato). Infine, bisogna prestare attenzione ai cambiamenti d’umore: se un soggetto precedentemente angosciato appare improvvisamente risollevato, come se avesse risolto i suoi problemi dall’oggi al domani, potrebbe aver preso la decisione di suicidarsi. Ha capito come risolvere il suo problema nel modo più estremo”.

“Quando si notano questi segnali – aggiunge il professor Pompili – bisognerebbe avvicinarsi in maniera molto empatica al soggetto, non lasciarlo solo e portarlo all’attenzione di un operatore della salute mentale. È importante tenere a mente che chi si toglie la vita non vuole morire. Vorrebbe vivere, a patto che si riduca il livello di sofferenza che si trova a sperimentare. Il suicidio è visto come la migliore via di uscita di questo dolore, laddove tutte le altre soluzioni hanno fallito. Riducendo, quindi, questo dolore possiamo aiutarle a salvarsi”.

I dati di Telefono Amico Italia

Nel solo 2021 quasi 6.000 persone hanno chiesto aiuto a Telefono Amico Italia per tematiche relative al suicidio, di questi la maggioranza sono state donne, il 57%.

Per quanto riguarda l’età si registrano due diverse tendenze nei due principali servizi dell’associazione – il numero unico nazionale 02 2327 2327 e il servizio di chat WhatsappAmico, raggiungibile al numero 324 011 72 52 – connaturate alle caratteristiche e all’utente tipo di ognuna. Alla linea telefonica sono arrivate in maggioranza segnalazioni relative al suicidio di adulti: il 22% da persone tra i 46 anni e i 55, il 19% dalla fascia tra i 56 e i 65 e da quella tra i 36 e i 45. Le chiamate da giovani sono, comunque, state per il 14% di persone tra i 19 e i 25 anni e per il 6% ragazzi dai 15 ai 18 anni. Le proporzioni si ribaltano, invece, nel caso del servizio WhatsApp. Qui la maggior parte delle richieste d’aiuto sono arrivate da persone tra i 19 e i 25 (il 28%), da ragazzi tra i 15 e i 18 anni (il 22%) e dalla fascia tra i 26 e i 35 anni (il 18%).

La provenienza di chi nel 2021 ha chiamato per segnalazioni relative al suicidio è per il 21% Sud e Isole e per il 16% Nord Ovest, seguono con percentuali minori il Centro (9%) e le regioni del Nord Est (7%). La maggior parte di chi chiama, e la quasi totalità di chi utilizza il servizio d’ascolto su WhatsApp, decide comunque di non fornire questa informazione.

“I servizi di ascolto delle organizzazioni che sono impegnate a supportare chi si sente in difficoltà sono un presidio importante per la prevenzione – commenta Monica Petra, Presidente di Telefono Amico Italia – ma da sole non bastano. Occorre sempre di più sostenerle e creare una sinergia con le istituzioni pubbliche affinché si possa mettere in atto una vera strategia nazionale di prevenzione del suicidio. La mozione parlamentare approvata a giugno dalla Camera dei Deputati è stato un passo fondamentale in questa direzione: oltre a riconoscere il suicidio come importante problema di salute pubblica, impegna, infatti, il Governo a realizzare una strategia nazionale che fornisca una guida per le diverse aree di intervento”.

L’evento di sensibilizzazione

In occasione della Giornata internazionale per la prevenzione del suicidio – sabato 10 settembre – grazie al supporto dei centri locali distribuiti su tutto il territorio nazionale Telefono Amico Italia organizza in 16 piazze italiane l’evento di sensibilizzazione “Non parlarne è 1 suicidio”. In occasione dell’iniziativa i volontari dell’organizzazione incontreranno i cittadini invitandoli a scattare una fotografia all’interno di una speciale cornice e a condividerla, per lanciare il proprio messaggio di prevenzione da una piazza reale a quella virtuale dei social network.

“Sui problemi mentali grava ancora una sorta di tabù – conclude Monica Petra – una tendenza a non parlarne, nel caso del suicidio temendo l’emulazione. Questo porta molte delle persone e dei ragazzi che sono in una situazione psicologicamente precaria a non parlarne e non cercare aiuto, per paura di essere giudicati. Dare voce a quello che ci tormenta, alle nostre fragilità e a eventuali pensieri suicidi è, al contrario, il primo passo per superarli e un tassello fondamentale in materia di prevenzione”.

La campagna di sensibilizzazione di Telefono Amico Italia “Non parlarne è 1 suicidio” è sostenuta da numerosi artisti e influencer, tra cui: gli attori Barbara Bonanni, Sergio Vespertino e Patrizio Cossa; i cantautori Erica Mou, Cosimo “Zanna” Zannelli, L’ Aura e Jacopo Ratini; i cantanti Chiara Gallana aka “Aba” e Francesco Baggetta; il musicista Daniele Bagni e il cantante Max Rivara, componenti del gruppo EMOTU; lo scrittore Gianluca Gotto; l’influencer Elisa D’Ospina; la blogger e influencer Katia Pedrotti; la tik toker Elisa Altamura.

Per sostenere i progetti di Telefono Amico Italia in prevenzione al suicidio e aiutare l’organizzazione a rispondere alle numerose richieste d’aiuto: https://www.telefonoamico.it/preveniamo-il-suicidio/




FIUMICINO: SI SUICIDANO DUE LAVORATORI ALITALIA

di Silvio Rossi

Giornata nera oggi per l’Aeroporto di Fiumicino e per Alitalia. Nel giro di poche ore, a distanza per motivi diversi, due lavoratori della società aeroportuale sono morti suicidi. Il primo evento ha riguardato Maurizio Foglietti, un pilota esperto, cinquantenne, che pochi mesi fa aveva guidato l’aeroplano che aveva portato a Palermo il Presidente Mattarella, imbarcato su un volo civile come un normale passeggero, con tanto di foto mentre stringe le mani all’equipaggio.
Foglietti aveva subito una sospensione dall’azienda dopo che la sera di Pasqua aveva esploso alcuni colpi di pistola contro la parete di casa, durante una lite col fratello. L’episodio aveva certamente scosso il pilota, che pochi giorni dopo è stato coinvolto in un incidente automobilistico, in cui è risultato positivo all’alcool test, e gli era stata ritirata la patente. 

Il suicidio sembra sia avvenuto per impiccagione, ma i Carabinieri intervenuti mantengono il riserbo sulle circostanze, in attesa che si faccia la necessaria chiarezza.
Alle 14, invece, proprio in corrispondenza delle piste, è stato trovato il corpo di un operaio quarantunenne, capo squadra della movimentazione bagagli di Alitalia. Il corpo era appeso a una tettoria di una struttura nella zona di collaudo dei motori.

Sembra non siano stati trovati sul corpo biglietti o messaggi che possono spiegare quanto avvenuto, anche se alcune voci, non verificate, parlano di una probabile crisi coniugale alla base dell’insano gesto. MV, padre di due figli, è stato trovato da alcuni colleghi, che hanno avvertito la Polaria, che sta effettuando le indagini.




L'ERA DEI SUICIDI… PER IL POPOLO SOVRANO

di Cinzia Marchegiani

Quest’era sarà ricordata come l’economia dei suicidi. Numeri senza appello che rispecchiano la crisi e la frustrazione di chi ha perso lavoro e sa che difficilmente ne troverà un altro. Condizioni sconvolgenti che gettano nello sconforto molte persone che vedono perdere tutta la propria stabilità per politiche economiche incomprensibili. A mettere nero su bianco con statistiche che riguardano soprattutto le famiglie interviene l’Osservatorio Fallimenti CERVED, leader in Italia nell’analisi del rischio del credito che con fedeltà riporta dati impressionanti. La Lombardia è la regione più colpita in termini occupazionali, il Terziario e costruzioni i settori più coinvolti mentre è in forte diminuzione le procedure non fallimentari (-16,4% vs 2013) e le liquidazioni volontarie (-5,3% rispetto alle 91 mila dell’anno precedente). Cerved conferma che è stato un anno di luci e ombre il 2014 fotografato dal loro Osservatorio su Fallimenti, Procedure e Chiusure di imprese. Complessivamente, secondo i dati raccolti dal leader in Italia nell’analisi del rischio del credito, sono 104 mila le aziende che hanno chiuso i battenti nell’ultimo anno, tra fallimenti, procedure concorsuali non fallimentari e liquidazioni volontarie. Un dato che segna comunque un’inversione di tendenza (-3,5%) rispetto al valore massimo del 2013. Dall’inizio della crisi nel 2008, sono fallite più di 82 mila imprese dove lavoravano circa 1 milione di addetti. La serie storica dei dati mostra chiaramente come i costi occupazionali siano stati elevatissimi, fino a raggiungere il picco nel 2013 quando 176 mila lavoratori hanno perso il posto di lavoro. Il dato 2014 è in miglioramento rispetto allo scorso anno (175 mila posti; -0,5%) in quanto si è ridotta la dimensione media delle imprese che hanno portato i libri in tribunale. I posti di lavoro persi sono comunque più che raddoppiati rispetto al 2008: un incremento percentuale del 136%. A livello geografico, l’area più colpita nel 2014 è il Nord Ovest, con oltre un terzo di impieghi persi, circa 59 mila (314 mila tra 2008 e 2014), di cui ben 40 mila solo in Lombardia (220 mila).
Dal punto di vista settoriale, le aziende del terziario sono quelle più coinvolte, con 29 mila posti persi nei servizi non finanziari e 27 mila nella distribuzione. In ambito manifatturiero, colpisce il caso del sistema moda dove l’emorragia occupazionale ha toccato i 9 mila posti di lavoro. “L’anno da poco concluso presenta, accanto ad aspetti negativi, anche elementi incoraggianti – commenta Gianandrea De Bernardis, Amministratore Delegato di Cerved – la crescita record dei fallimenti del 2014 e le conseguenze sull'occupazione riflettono l’onda lunga della crisi, dovuta a più di sei anni di recessione e debolezza economica. D'altra parte, il calo delle liquidazioni volontarie è il termometro di un ritorno di fiducia da parte degli imprenditori che fa ben sperare per i trimestri a venire.”

Ma il dato sui fallimenti il 2014 regala il nuovo record:”Nel quarto trimestre del 2014, 4.479 aziende sono state dichiarate fallite (+7% vs 2013), il massimo osservato in un singolo trimestre dall’inizio della serie storica nel 2001. Nel corso dell’ultimo anno, i fallimenti aziendali hanno superato il tetto di 15 mila, segnando un nuovo record negativo da oltre un decennio e un incremento del +10,7% rispetto al 2013."

Dati impressionanti che trovano correlazione con il report dei numeri di suicidi di imprenditori e lavoratori che non riuscendo a vedere strade alternative, hanno preso decisioni irreversibili, guidati dalla paura dell’ignoto e della perdita di dignità che ha prevalso in modo determinante. Una cartina al tornasole beffarda la situazione italiana da cui emergere anche le responsabilità di politiche di sostegno, praticamente assenti. “La disoccupazione colpisce direttamente la salute degli individui e, ovviamente, gli studi hanno proposto un'associazione tra la disoccupazione e il suicidio” è l’analisi di uno studio appena pubblicato sulla rivista Lancet Psychiatry che ha analizzato retrospettivamente i dati pubblici per il suicidio, la popolazione, e l'economia dal database di mortalità dell'OMS e database World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale dal 2000 al 2011.

Lo studio spiega nel dettaglio: “un tasso di suicidi più alto preceduto un aumento della disoccupazione (ritardato da 6 mesi) e che l'effetto era non lineare con effetti maggiori per bassi tassi di disoccupazione di base. In tutte le regioni del mondo, il rischio relativo di suicidio associato con la disoccupazione è stata elevata di circa il 20-30% nel corso del periodo di studio. Nel complesso, 41.148 (95%) i suicidi sono stati associati con la disoccupazione nel 2007 e 46.131 nel 2009, indicando 4.983 i suicidi in eccesso dopo la crisi economica del 2008.” Gli autori di questo studio, il Dr Carlos Nordt, Ingeborg Wamke, Prof Erich Seifritz e Wolfram Kawohl ritengono che i suicidi associati con la disoccupazione sono pari a un numero a nove volte più elevato di morti di suicidi in eccesso attribuiti alla più recente crisi economica e indicano che le strategie di prevenzione devono essere incentrate sia sui disoccupati che sull'occupazione, poiché le condizioni vanno monitorate non solo in tempi difficili, ma anche in tempi di economia stabile.
Guardando meglio ci si accorge che lo studio riguarda l’analisi fino all’anno 2011, ma sappiamo che la situazione si è aggravata, anzi è precipitata negli ultimi 4 anni, basta ricordare i tg nazionali e regionali, che con una cadenza quasi settimanale, riportava l’annuncio di suicidi che provenivano esclusivamente dalla disperazione di chi aveva perso un lavoro, o perché l’impresa ha dovuto dichiarare fallimento… Questa è la fotografia fredda dell’economia dei suicidi che sembra nessuno abbia responsabilità.