Scoperto sistema solare con pianeti sosia della Terra

 

Il più grande sistema planetario mai scoperto con tanti possibili 'sosia' della Terra, a nemmeno 40 anni luce dalla Terrai. Mondi che potrebbero avere acqua liquida in superficie e forse le condizioni per ospitare la vita. La straordinaria scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve a un gruppo internazionale coordinato dall'università belga di Liegi. Aumenta così anche il numero dei pianeti esterni al Sistema Solare finora scoperti.

I pianeti ruotano intorno alla stella Trappist-1, molto più piccola e debole del nostro Sole. "E' un sistema planetario eccezionale, non solo perché i suoi pianeti sono così numerosi, ma perchè hanno tutti dimensioni sorprendentemente simili a quelle della Terra", spiega il coordinatore della ricerca, Michael Gillon. Utilizzando il telescopio Trappist, installato in Cile presso lo European Southern Observatory (Eso), i ricercatori hanno scoperto che tre dei sette pianeti dei Trappist-1 si trovano nella zona abitabile, cioè alla distanza ottimale dalla stella per avere acqua allo stato liquido. Potrebbero quindi ospitare oceani e, potenzialmente, la vita.

I sei pianeti più vicini alla stella sono paragonabili alla Terra per dimensioni e temperatura, hanno probabilmente una composizione rocciosa e si trovano in una zona in cui la temperatura è compresa fra zero e 100 gradi. Il sole di questo sistema planetario, Trappist-1, è una vecchia conoscenza per gli astronomi: era stato scoperto nel maggio 2016 insieme ai tre pianeti che si trovano nella fascia abitabile.

Trappist-1, nella costellazione dell'Acquario, è una stella nana ultrafredda, con una massa pari all'8% del nostro Sole. In termini stellari quindi è molto piccola, solo un po' più grande di Giove. Gli astronomi ritengono che queste stelle nane possano ospitare molti pianeti di dimensione terrestre in orbite molto strette, rendendoli quindi promettenti obiettivi per la caccia alla vita extraterrestre, ma Trappist-1 è il primo di questi sistemi a essere stato scoperto.

"La produzione energetica delle stelle nane come Trappist-1 è molto più debole di quella prodotta dal Sole. Perché ci sia acqua liquida in superficie, i pianeti dovrebbero essere in orbite più vicine di quanto vediamo nel Sistema Solare. Fortunatamente sembra che questa configurazione compatta sia proprio ciò che troviamo intorno a Trappist-1", spiega il co-autore della ricerca, Amaury Triaud, dell'università britannica di Cambridge.

Molti dei sette i pianeti di Trappist-1, osservati anche con il telescopio spaziale Spitzer della Nasa, potrebbero avere acqua liquida in superficie, anche se le distanze orbitali rendono alcuni candidati più promettenti di altri. Modelli climatici suggeriscono che i tre pianeti più interni siano probabilmente troppo caldi per avere acqua liquida. E il pianeta più esterno è probabilmente troppo distante e freddo per averne. Ma quei tre pianeti che si trovano con le loro orbite giusto nel mezzo rappresentano per gli astronomi una sorta di Santo Graal poiché hanno le condizioni ideali per poter ospitare la vita.




ASTRONOMIA: SCOPERTO NUOVO PIANETA AI CONFINI DEL SISTEMA SOLARE

di Domenico Leccese
A scoprirlo sono stati due astronomi del California Institute of Technology, Konstantin Batygin e Mike Brown, che in uno studio apparso su The Astronomical Journal sostengono di avere in mano dei dati decisamente solidi. Questo nuovo inquilino del Sistema Solare, battezzato per ora semplicemente Pianeta Nove, non è stato però osservato direttamente. Un pianeta dieci volte la Terra, che che si trova a una distanza 600 volte quella che ci separa dal Sole. Data la sua incredibile distanza, questo pianeta è stato scovato studiando le perturbazioni gravitazionali prodotte sui pianeti più vicini, come ad esempio Nettuno. La scoperta, se confermata, sarà il coronamento di un'impresa che gli astronomi inseguono da secoli, ovvero la scoperta del misterioso pianeta X e potrebbe rivoluzionare la nostra visione del Sistema Solare.

Tutta colpa della gravità. “Sebbene fossimo inizialmente molto scettici che questo pianeta potesse esistere, man mano che abbiamo continuato a studiare la sua orbita e ciò che poteva significare per il Sistema Solare esterno, ci siamo convinti sempre di più che è là fuori”, ha commentato Batygin, giovane professore di scienze planetarie al Caltech, “Per la prima volta in 150 anni abbiamo una evidenza solida che il censo planetario del Sistema Solare è incompleto”. Per scoprire questo nono pianeta, la cui massa è circa 5 mila volte quella di Plutone, i due scienziati hanno studiato il moto di alcuni degli oggetti più lontani nel Sistema Solare, che si trovano nella lontana Fascia di Kuiper. Questi oggetti infatti mostravano delle orbite decisamente strane, come se il loro movimento fosse  perturbato dal campo gravitazionale di un corpo esterno molto massiccio.

Si tratta di un metodo già utilizzato  nella storia dell'astronomia: in questo modo infatti sono stati scoperti i pianeti Urano e Nettuno, rispettivamente nel XVIII e XIX secolo. Dopo quasi due anni di osservazioni e simulazioni al computer, i ricercatori sono stati in grado di modellare quelle perturbazioni considerando la presenza di un nono pianeta estremamente distante.  C'era grande scetticismo per i due, che nel loro studio hanno vagliato ogni possibilità, compreso il fatto che le perturbazioni fossero dovute a tanti oggetti più piccoli. Eppure anche questa opzione è stata scartata in favore di un unico, grande pianeta agli angoli più remoti del Sistema Solare.

Così distante che per compiere un giro intorno al Sole,
il Pianeta Nove potrebbe impiegare da 10 a 20 mila anni.

Origini misteriose. Da dove viene? Come è nato questo pianeta? Gli autori non lo sanno, ma suggeriscono che potrebbe essere un pianeta gigante come Giove, Saturno, Urano o Nettuno, che in passato è stato vittima di una “carambola gravitazionale” che lo ha scagliato ai confini del Sistema Solare.
Una cosa è certa: se dovesse essere confermato, questo pianeta potrebbe rivoluzionare la nostra visione del Sistema Solare. Quanto al nome, potrebbe non essere così complicato. Forse è davvero arrivato il momento di conoscere il vero Pianeta X
 




GIOVE SCOPERTA: UN SATELLITE DI OCEANI E GHIACCI

di Maurizio Costa

Ganimede è il satellite più grande di Giove e anche del nostro Sistema Solare. Un team di scienziati, diretto da Steve Vance del "Jet Propulsion Laboratory" della Nasa, avrebbe scoperto che questa luna conterrebbe al suo interno degli strati alternati di acqua e ghiaccio. Una scoperta incredibile, che non escluderebbe anche la presenza di vita su Ganimede nei millenni passati.

Già negli anni '70 gli scienziati avevano previsto la presenza di un oceano all'interno del satellite. A quei tempi, però, gli scienziati pensarono che l'acqua al suo interno fosse circondata da due strati di ghiaccio. Adesso, invece, il team californiano ha scoperto che gli strati di acqua e ghiaccio si alternano; la parte più interna della luna, infatti, non sarebbe formata da ghiaccio, come si pensava allora, ma da acqua salata, che, a causa delle altissime pressioni, sarebbe precipitata al centro del satellite. Non ghiaccio, dunque, ma acqua salata. Una scoperta straordinaria che porta a pensare che Ganimede possa aver ospitato forme di vita.

"Ganimede è organizzata come un sandwich." – ha dichiarato Steve Vance – "Prima si pensava che ci fosse ghiaccio nelle profondità del pianeta, ma, dopo approfonditi studi di laboratorio, abbiamo visto che l'acqua salata, ad altissime pressioni, precipita, poiché il sale modifica e rende più dense le molecole del liquido."

I diversi strati della luna sono causati da una sorte di "nevicata al contrario": mentre l'acqua salata precipita sul fondo, il ghiaccio più leggero sale verso l'alto, sciogliendosi man mano, per poi ricadere verso il centro e formare lo strato vero e proprio di ghiaccio stabile. Gli scienziati però rimangono con i piedi per terra: "Non sappiamo se viene raggiunto questo stato di stabilità all'interno del satellite."

Questa scoperta non è che un primo passo nello studio dei satelliti dei pianeti del nostro Sistema Solare; le prossime tappe saranno le lune Europa e Callisto, sempre di Giove, e quelle di Saturno, Titano e Encelado.




2013 – 2016 IL SOLE SI RISVEGLIA DA UN SONNO PROFONDO: UNA TEMPESTA SOLARE POTREBBE LASCIARCI AL BUIO PER MESI

[ VIDEO DOCUMENTARIO – ATTACCO DEL SOLE ALLA TERRA ]

 

Angelo Parca – Chiara Rai

Tutti al buio, isolati e bloccati. Potrebbe avvenire da qui al 2016. Una grande tempesta solare potrebbe avere devastanti ripercussioni sulla terra con un blackout che durerà forse per mesi. Richard Fisher, capo della NASA's Heliophysics Division, sostiene: "Il sole si sta risvegliando da un sonno profondo, e nei prossimi anni – dal 2012 in poi –  ci aspettiamo di vedere livelli molto più elevati di attività solare. Allo stesso tempo, la nostra società tecnologica ha sviluppato una sensibilità alle tempeste solari senza precedenti.

Secondo la Nasa, le nostre reti informatiche e quelle elettriche potrebbero essere distrutte dal picco di attività solare previsto per i prossimi anni. A Washington, non a caso si è aperto il Forum sul Clima Solare promosso dalla Nasa in cui protagonista sarà proprio il picco di attività stellare. L’onda di particelle, tra i suoi effetti, potrebbe sortire anche quello di mandare in tilt i nostri satelliti. Potremmo, nell’arco di poco tempo restare al buio, senza energia elettrica e comunicazioni.

"Non possiamo prevedere ciò che farà il sole se non con un paio di giorni di anticipo", dice Karel Schrijver del Lockheed Martin Solar and Astrophysics Laboratory che si trova a Palo Alto, in California. Il periodo di massima attività solare dovrebbe iniziare quest'anno. "Stiamo cercando di capire come la meteorologia spaziale filtra nella società e quanto male si può provocare", spiega Schrijver. "La cosa moralmente giusta da fare una volta che hai individuato una minaccia di questa portata è quella di essere preparati. E 'come i terremoti di San Francisco. Non prepararsi ad essa avrebbe conseguenze intollerabili ". Né solido, liquido, né gas, il sole è costituito da plasma, il "quarto stato della materia", che si forma quando gli atomi sono spogliati nudi fino ai protoni ed elettroni. Tutte queste particelle cariche rendono il plasma solare un magnifico conduttore di elettricità, molto più conduttivo del filo di rame. Il sole è anche ricco di campi magnetici. La maggior parte rimane sepolto dentro la circonferenza massiccia del sole, ma alcuni tubi magnetici, spessi tanto quanto è ampia la Terra, emergono in superficie come le macchie solari. Questo magnetismo è il coreografo della danza slithery nell'atmosfera del sole e dei poteri del vento solare, lanciando verso l'esterno di un milione di tonnellate di plasma ogni secondo in un milione di miglia all'ora.

Come ci si potrebbe aspettare, questo forno titanico termonucleare fa un sacco di rumore. "Il sole suona come una campana in milioni di toni distinti", osserva Mark Miesch del National Center for Atmospheric Research a Boulder, Colorado. I toni generano increspature sulla superficie solare, tanto che gli scienziati studiano il mapping delle correnti profonde nella zona di convezione, una disciplina chiamata eliosismologia. Le informazioni trasmesse dai sensori helioseismic a bordo della NASA Solar Dynamics Observatory satellitare ha recentemente permesso ricercatori della Stanford University di rilevare fasci magnetici 40000 miglia sotto la superficie solare e prevedere la loro comparsa, giorni dopo, come le macchie solari.

Tali dati forniscono informazioni fondamentali sulle tempeste solari. Le funzioni del sole si possono osservare come una gigantesca dinamo globale, con linee di campo magnetico che circoscrivono da un polo all'altro come una gabbia per uccelli. Linee di campo locali, impigliate con il plasma nella zona di convezione, torsione e del nodo e poke attraverso la superficie, formando anelli resi visibili dal caldo plasma incandescente. Quando cicli croce, vanno in corto circuito, causando enormi esplosioni al plasma vengono chiamati brillamenti solari. Tali razzi rilasciano l'equivalente energetico di centinaia di milioni di megatoni di TNT, vomitando raggi X e raggi gamma nello spazio e provocando l'accelerazione di particelle cariche a quasi la velocità della luce.

Luce UV emessa durante brillamenti solari può anche disturbare le orbite dei satelliti riscaldando l'atmosfera, che aumenta la resistenza. La NASA stima che la Stazione Spaziale Internazionale scende più di mille metri al giorno nel momento in cui il sole agisce. Tempeste solari potrebbero colpire anche l'elettronica di satelliti per le comunicazioni, trasformandoli in "zombiesats," alla deriva in orbita e conseguenti effetti devastanti per il mondo.

A differenza dei satelliti nello spazio, la maggior parte delle reti elettriche non hanno una protezione integrata contro l'attacco di una potente tempesta geomagnetica. Dal momento che i trasformatori di grandi dimensioni sono a terra per la Terra, le tempeste geomagnetiche possono indurre correnti che potrebbero causare a questi trasformatori dei surriscaldamenti, incendiarsi o esplodere. I danni potrebbero essere catastrofici. Secondo John Kappenman dei Consulenti Analisi tempesta, che studia l'impatto del clima spazio sulla rete elettrica, una tempesta solare come quella che si è svolta maggio 1921, oggi spegnere le luci oltre la metà del Nord America. E ancora se si verificasse una tempesta solare dell’ordine di quella del 1859, potrebbe prendere l'intera griglia, e portare centinaia di milioni di persone ad uno stato nuovo di vita “preelectric” (senza elettricità) per settimane o forse mesi e mesi. In poche parole Kappenman annuncia un vero e proprio gioco di “roulette russa con il sole."

Almeno non stiamo giocando con gli occhi bendati. Nel 1859 il mondo aveva pochi strumenti per lo studio del sole, al di là di telescopi e una manciata di stazioni di monitoraggio magnetici. Oggi gli scienziati monitorano costantemente la nostra stella da casa con un imponente flotta di satelliti che possono carpire le immagini di x-ray e lunghezze d'onda ultraviolette bloccate dall'atmosfera terrestre. Il venerabile ACE (Advanced Composition Explorer) sonda, lanciato nel mese di agosto 1997 e ancora forte, controlla il vento solare da un'orbita attorno al punto librazione L1, un posto stabile gravitazionale che si trova un milione di miglia verso il Sole della Terra.

Nel frattempo, il Solar Dynamics Observatory, lanciato in un'orbita geostazionaria a febbraio 2010, permette i download di dati ogni giorno sull'atmosfera del sole, oscillazioni, e il campo magnetico. Tuttavia, resta ancora molto da fare. "Meteorologia spaziale è quando il clima terrestre era di 50 anni fa", dice il fisico Douglas Biesecker del Centro Meteo del NOAA Spazio Pronostico a Boulder, Colorado. Perché l'impatto di un temporale dipende in parte da come il suo campo magnetico si allinea con quello della Terra, gli scienziati non possono essere sicuri dell’intensità della tempesta fino, talvolta, a soli 20 minuti prima che impatta con la Terra.

Così i ricercatori si concentrano sulla previsione della potenziale forza di una tempesta e il suo probabile tempo di arrivo, cercando di stimare un ipotetico tempo per prepararsi.

Di recente il gruppo NOAA ha inaugurato un nuovo modello di computer in grado di prevedere quando una CME colpirà la Terra, più o meno sei ore prima. La modellazione è complessa, in parte perché le CME possono interagire fortemente con il vento solare normale, rendendo il loro avanzamento imprevedibile. "Non abbiamo visto niente di grande in questo ciclo solare ancora" dice Biesecker. "Ma ora sappiamo che, quando verrà il grande, saremo in grado di prepararci".