GIORGIO DOCET

Alberto De Marchis

Prodi a Mali, Bersani che ha dissolto il partito come un’aspirina, Grillo che grida al golpe, e poi improvvisamente un barlume di lucidità: la politica non è stata capace a mettersi d’accordo, dunque i partiti alla stregua di paperelle senza guida, hanno implorato Napolitano di rimanere al Quirinale. Bene o male si possa assorbire la notizia, perlomeno si è usciti dal mirino di Bersani che ha tenuto in ostaggio gli italiani per puro egoismo. Dopo tanti no, l’uomo del Colle ha detto sì, quando si è sentito sicuro che tutti, tranne ovviamente i contestatori, avessero saggiato il panico del vicolo cieco. Si è dovuto chiedere disperato aiuto a papà Giorgio che ha già pronti gli otto punti dei saggi e per ispirarsi a San Tommaso ha fatto firmare un patto a tutte le forze politiche. Poi si è iniziato a votare… Napolitano, Giorgio Napolitano, Napolitano Giorgio, Rodotà, G. Napolitano…. Settecentotrentotto voti, più del primo mandato e i contestatori sterili sono rimasti a bocca asciutta. Si può strillare “Rodotà” pretendendone l’elezione senza dialogare con nessuno? Assurdo, tanto che lo stesso professore ha preso le distanze dal modus operandi sensazionalistico mettendo acqua sul fuoco di una protesta inutile. Adesso Giorgio è nelle piene facoltà di formare un governo politico (quello che avrebbe dovuto fare Pierluigi). La squadra sarà espressione degli ultimi consensi elettorali, a 50 giorni dalle elezioni tanto, molti di noi italiani hanno cambiato idea e preferenze. Un Governo del presidente con lo scopo di approvare i saggi punti e poi chissà. Adesso ricominceranno i “no”, le smorfie gli tsunaminy di piazza ma la differenza è che Giorgio docet e quindi il Parlamento dovrebbe andargli dietro almeno per non mostrarsi psichedelico come il centrosinistra che ha la speranza di sentirsi risollevato per aver mostrato un briciolo di credibilità, almeno nell’elezione di Napolitano.