SENATO, RIFORMA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: APPROVATO IL DDL

di Angelo Barraco
 
Oggi è stato approvato il ddl, in Senato, sulla riforma della pubblica amministrazione. Nessun astenuto tra i votanti, ci sono stati 145 si e 97 no, una maggioranza cospicua ha approvato il testo. Soddisfatto anche il premier Matteo Renzi che esclama il suo entusiasmo per quanto avvenuto con un Tweet: “Un altro tassello: approvata la riforma pa #lavoltabuona un abbraccio agli amici gufi”.
 
Il testo prevede delle misure che hanno fatto storcere il naso a molti; analizziamole. Intanto gli incarichi non saranno più a vita e c’è la possibilità di essere licenziati se l’ultimo incarico ricoperto viene valutato negativamente, il testo inoltre prevede uno spostamento di risorse dal Corpo Forestale dello Stato ai Vigili del Fuoco. La norma è stata contestata e al Pantheon è stato allestito un presidio organizzato dai sindacati della Forestale. Si introduce inoltre la possibilità di pagare bollette e multe attraverso il credito del telefonino (se sono micro somme sotto 50 euro).
 
Cambiano i numeri per le emergenze, per chiedere aiuto non sarà più necessario chiamare 113, 115 o 118 ma basta chiamare soltanto il 112.
 
E dulcis in fundo, la norma introduceva un emendamento che era stato approvato in commissione Affari costituzionali alla Camera aveva sollevato i malumori di molti poiché secondo la norma, nei concorsi pubblici si doveva tenere conto non soltanto del voto di laurea ma anche dell’ateneo di provenienza. La norma era stata definita classista, discriminatoria e anticostituzionale e colui che l’ha firmata, ovvero il deputato Marco Meloni (Pd), dopo l’ok, aveva aperto un riesame della proposta e aveva spiegato che il suo intento era quello di togliere il voto minimo. Spiegando che La sua originaria proposta emendativa prevedeva semplicemente l'abolizione del voto minimo di laurea quale filtro per la partecipazione ai concorsi pubblici. Successivamente, nell'ambito di una riformulazione dell' emendamento presentata dal relatore del provvedimento d'intesa col governo, si è introdotto un criterio di delega rivolto a parametrare il voto minimo di laurea a due parametri, da precisare comunque in sede di decretazione delegata: uno, forse eccessivamente ampio e tale da definire una differenziazione tra atenei, relativo a 'fattori inerenti all'istituzione', e un altro, certamente più chiaro e condivisibile, relativo al voto medio di laurea di 'classi omogenee di studenti.
 
Dopo i malumori, dopo l’intervento di Alberto Campailla, Portavoce Nazionale di Link Coordinamento Universitario, che ha così commentato la norma: “Questa norma classista rappresenta un ulteriore attacco agli studenti e a quegli atenei, soprattutto del sud, già oggi fortemente penalizzati per via delle scarsissime risorse che ricevono dal Fondo di Finanziamento Ordinario” aggiungendo inoltre che “si tratta, di fatto, di un forte indebolimento del valore legale del titolo di studio, che si sta facendo passare in sordina, con un vero e proprio colpo di mano” arriva finalmente una bella notizia, il voto minimo di laurea viene abolito e tutto possono accedere ai concorsi pubblici, inoltre tutti potranno accedere via web ai documenti della P.A.