MARÒ: SALVATORE GIRONE È RIENTRATO IN ITALIA

di Angelo Barraco
 
“E' un momento commovente, sono contento di essere qui ringrazio chi ha fatto in modo che si potesse arrivare a questo sviluppo. L'Italia è bella, amo l'Italia , ringrazio tutti, siamo un bel popolo”. Sono state queste le prime parole che ha pronunciato il Marò Salvatore Girone non appena è ritornato nella sua casa a Bari.    Salvatore Girone è rientrato in Italia dopo ben 3 anni di assenza. E’ atterrato all’aeroporto di Ciampino poco prima delle 18 a bordo del Falcon 900 dell’Aeronautica militare ed è stato accolto calorosamente dalla sua famiglia e dai suoi figli che lo hanno abbracciato. Giunto in aeroporto, Salvatore Girone ha salutato il Generale Claudio Graziano e il Capo di Stato Maggiore della  Marina, Ammiraglio di Squadra Giuseppe De Giorgi. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha scritto su Twitter il seguente post “Anche #Salvatore Girone finalmente in Italia. Un impegno preso dal mio primo giorno da Ministro. Un impegno che continua”. Girone invece è stato accolto a casa dal Presidente della Regione Puglia, da tanti striscioni di benvenuto e palloncini tricolore. Il suo commento è stato “E' un momento commovente, sono contento di essere qui ringrazio chi ha fatto in modo che si potesse arrivare a questo sviluppo. Amo l'Italia, l'Italia e' bella”. Sono trascorsi tre anni e tre mesi dall’ultima volta che era stato in Italia poiché aveva usufruito di un permesso concessogli dall’India per le elezioni politiche. Un ennesimo ritorno in Italia era avvenuto in data 22 marzo 2013 per Girone e Latorre.  Il suo rientro oggi  è dovuto a seguito dell’accoglimento, da parte della “sezione feriale” della Corte di New Delhi, della richiesta avanzata dall’Italia nel rendere immediato il suo rientro per tutta la durata del procedimento arbitrale.


La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha inizio il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani, Valentie Jalstine e Ajesh Binki vengono uccisi da colpi di arma da fuoco, a bordo della loro barca, a largo delle coste del Kerala. I principali accusati per la loro morte sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che prestavano servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. I due Marò sostengono di aver sparato in aria come avvertimento. Il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali a sud dell’India. Il 19 febbraio 2012 ai due marò scatta il fermo, per il governo indiano non vi è dubbio alcuno che, trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane, si debba attuare la legge territoriale. Per l’ambasciatore Giacomo Sanfelice, l’episodio era avvenuto su una nave battente bandiera italiana, oltretutto l’episodio era avvenuto in acque internazionali. Il 20 febbraio 2012 il villaggio di Kollam, nel cuore dell’India del Kerala, diventa un’area piena di una folla inferocita e di militanti politici che inveiscono contro i Marò che giungono in quel villaggio per l’avvio del procedimento giudiziario. I militanti politici gridano “Italiani mascalzoni, dateci i colpevoli, giustizia per i nostri pescatori, massima pena per i marines”. Il 24 marzo 2012, la Corte del Kerala afferma che l’atto compiuto dai Marò “E’ stato un atto di terrorismo”, e tale affermazione accende la tensione tra Italia ed India. Il 10 aprile 2012, dall’India arriva la notizia che la perizia balistica andrebbe a sfavore di Latorre e Girone. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum conferma che i proiettili sono compatibili con i mitragliatori usati da Latorre e Girone. Il 5 maggio 2012, dopo 80 giorni di sosta forzata presso il porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie salpa dopo aver ottenuto i permessi. La nave fa rotta sullo Sri Lanka e con essa vi sono 24 uomini di equipaggio e 4 militari dell’unità antipirateria, non partono ovviamente Latorre e Girone. Il 13 maggio 2012 anche il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura torna in India per proseguire l’azione per il rilascio dei Marò e afferma il suo essere ottimista e che non vi è alternativa al rilascio. Il 25 maggio 2012, dopo aver passato 3 mesi nel carcere indiano di Trivandrum, Latorre e Girone vengono trasferiti in una struttura a Kochi e viene loro concessa la libertà su cauzione e il divieto di lasciare la città. Il 20 dicembre 2012 la loro richiesta di poter avere un permesso speciale e poter trascorrere le festività natalizie in Italia viene accolta, con l’obbligo di tornare in India entro in 10 gennaio. Latorre e Girone atterrano il 22 dicembre a Roma e ripartono il 3 gennaio. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha giurisdizione sul caso e chiede che il processo venga affidato ad un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana concede ai due Marò il rientro in Italia, per quattro settimane, per votare. Il 9 marzo 2013 il governo indiano avvia a New Delhi le procedure per la costituzione del tribunale speciale. L’11 marzo 2013 l’Italia decide che i due Marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a giungere ad un accordo. Il 12 Marzo 2013, New Delhi convoca l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, esigendo il rispetto delle leggi. Il giorno successivo, 13 marzo, il premier indiano Manmohan Singh minaccia seri provvedimenti e vi sono anche le dimissioni dell’avvocato Marò in India, Haris Salve. Il 14 marzo 2013 la Corte Suprema indiana ordina all’ambasciatore italiano Mancini di non lasciare l’India. Vi è anche un intervento di Napoletano che propone una soluzione basata sul diritto internazionale. Tre giorni dopo la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere l’immunità diplomatica di Mancini, la reazione che ha l’Italia è quella di accusare l’India di Evidente violazione della convenzione di Vienna. Il 20 marzo 2013, la procura militare di Roma sentirà i due Marò e riferisce che sono indagati per “Violata consegna aggravata”.




MARÒ: SALVATORE GIRONE RIENTRERÀ IN ITALIA

di Angelo Barraco
 
New Delhi – Il Tribunale dell’Aja ha deciso e accolto la richiesta italiana, Salvatore Girone sarà in Italia durante l’arbitrio. Le modalità del suo rientro non sono ancora concordate. Massimiliano Latorre rimarrà in Italia fino al 30 settembre del 2016, lo ha deciso la Corte Suprema indiana che ha esteso la sua permanenza.
 
La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha inizio il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani, Valentie Jalstine e Ajesh Binki vengono uccisi da colpi di arma da fuoco, a bordo della loro barca, a largo delle coste del Kerala. I principali accusati per la loro morte sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che prestavano servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. I due Marò sostengono di aver sparato in aria come avvertimento. Il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali a sud dell’India. Il 19 febbraio 2012 ai due marò scatta il fermo, per il governo indiano non vi è dubbio alcuno che, trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane, si debba attuare la legge territoriale.

Per l’ambasciatore Giacomo Sanfelice, l’episodio era avvenuto su una nave battente bandiera italiana, oltretutto l’episodio era avvenuto in acque internazionali. Il 20 febbraio 2012 il villaggio di Kollam, nel cuore dell’India del Kerala, diventa un’area piena di una folla inferocita e di militanti politici che inveiscono contro i Marò che giungono in quel villaggio per l’avvio del procedimento giudiziario. I militanti politici gridano “Italiani mascalzoni, dateci i colpevoli, giustizia per i nostri pescatori, massima pena per i marines”. Il 24 marzo 2012, la Corte del Kerala afferma che l’atto compiuto dai Marò “E’ stato un atto di terrorismo”, e tale affermazione accende la tensione tra Italia ed India. Il 10 aprile 2012, dall’India arriva la notizia che la perizia balistica andrebbe a sfavore di Latorre e Girone. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum conferma che i proiettili sono compatibili con i mitragliatori usati da Latorre e Girone.

Il 5 maggio 2012, dopo 80 giorni di sosta forzata presso il porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie salpa dopo aver ottenuto i permessi. La nave fa rotta sullo Sri Lanka e con essa vi sono 24 uomini di equipaggio e 4 militari dell’unità antipirateria, non partono ovviamente Latorre e Girone. Il 13 maggio 2012 anche il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura torna in India per proseguire l’azione per il rilascio dei Marò e afferma il suo essere ottimista e che non vi è alternativa al rilascio. Il 25 maggio 2012, dopo aver passato 3 mesi nel carcere indiano di Trivandrum, Latorre e Girone vengono trasferiti in una struttura a Kochi e viene loro concessa la libertà su cauzione e il divieto di lasciare la città. Il 20 dicembre 2012 la loro richiesta di poter avere un permesso speciale e poter trascorrere le festività natalizie in Italia viene accolta, con l’obbligo di tornare in India entro in 10 gennaio.

Latorre e Girone atterrano il 22 dicembre a Roma e ripartono il 3 gennaio. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha giurisdizione sul caso e chiede che il processo venga affidato ad un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana concede ai due Marò il rientro in Italia, per quattro settimane, per votare. Il 9 marzo 2013 il governo indiano avvia a New Delhi le procedure per la costituzione del tribunale speciale. L’11 marzo 2013 l’Italia decide che i due Marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a giungere ad un accordo. Il 12 Marzo 2013, New Delhi convoca l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, esigendo il rispetto delle leggi. Il giorno successivo, 13 marzo, il premier indiano Manmohan Singh minaccia seri provvedimenti e vi sono anche le dimissioni dell’avvocato Marò in India, Haris Salve. Il 14 marzo 2013 la Corte Suprema indiana ordina all’ambasciatore italiano Mancini di non lasciare l’India.

Vi è anche un intervento di Napolitano che propone una soluzione basata sul diritto internazionale. Tre giorni dopo la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere l’immunità diplomatica di Mancini, la reazione che ha l’Italia è quella di accusare l’India di Evidente violazione della convenzione di Vienna. Il 20 marzo 2013, la procura militare di Roma sentirà i due Marò e riferisce che sono indagati per “Violata consegna aggravata”.
 



MARÒ, L'ITALIA VUOLE GIRONE A CASA: "RISCHIA ALTRI 4 ANNI IN INDIA"

di Angelo Barraco
 
L’Aja – È iniziata la prima giornata di udienza per far rientrare in patria Salvatore Girone, attualmente in India dove dovrebbe rimanerci per tutta la durata del procedimento arbitrale in merito alla vicenda che vede Massimiliano Latorre e lo stesso Girone accusati di aver ucciso due pescatori indiani a Kerala. L’udienza si svolge davanti al Tribunale arbitrale internazionale su richiesta italiana ed è stata aperta dal presidente russo Vladimir Golitsyn, successivamente ha parlato l’agente del governo italiano, l’ambasciatore Francesco Azzarello. Nel pomeriggio di oggi parlerà nuovamente l’India. Tra quattro settimane ci sarà la sentenza. Azzarello stamane ha aperto l’udienza con queste parole: Dato che il procedimento arbitrale “potrebbe durare almeno tre o quattro anni”, Salvatore Girone “detenuto a Delhi, senza alcun capo d'accusa per un totale di sette-otto anni” e determinando “grave violazione dei suoi diritti umani”, deve “essere autorizzato a tornare a casa fino alla decisione finale”. 
 
In merito all’arresto dei due fucilieri, Massimiliano Latorre ha postato sul suo profilo facebook il 19 febbraio 2016 un video con foto inedite che riguardano proprio l’arresto. Il video è accompagnato dalla seguente frase “Questo accadeva il 19 febbraio 2012, 4 anni fa, cioè quando ci portarono in carcere”. Massimiliano Latorre rimarrà in Italia fino al 30 aprile, lo ha deciso la Corte Suprema indiana che ha esteso la sua permanenza. Girone si trova in India. Lo scorso agosto i procedimenti per i due Marò erano stati sospesi a seguito di un’ordinanza del Tribunale per la legge del mare di Amburgo e la loro situazione/posizione era stata congelata. La vicenda. La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha inizio il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani, Valentie Jalstine e Ajesh Binki vengono uccisi da colpi di arma da fuoco, a bordo della loro barca, a largo delle coste del Kerala. I principali accusati per la loro morte sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che prestavano servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. I due Marò sostengono di aver sparato in aria come avvertimento. Il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali a sud dell’India. Il 19 febbraio 2012 ai due marò scatta il fermo, per il governo indiano non vi è dubbio alcuno che, trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane, si debba attuare la legge territoriale. Per l’ambasciatore Giacomo Sanfelice, l’episodio era avvenuto su una nave battente bandiera italiana, oltretutto l’episodio era avvenuto in acque internazionali. Il 20 febbraio 2012 il villaggio di Kollam, nel cuore dell’India del Kerala, diventa un’area piena di una folla inferocita e di militanti politici che inveiscono contro i Marò che giungono in quel villaggio per l’avvio del procedimento giudiziario. I militanti politici gridano “Italiani mascalzoni, dateci i colpevoli, giustizia per i nostri pescatori, massima pena per i marines”. Il 24 marzo 2012, la Corte del Kerala afferma che l’atto compiuto dai Marò “E’ stato un atto di terrorismo”, e tale affermazione accende la tensione tra Italia ed India. Il 10 aprile 2012, dall’India arriva la notizia che la perizia balistica andrebbe a sfavore di Latorre e Girone. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum conferma che i proiettili sono compatibili con i mitragliatori usati da Latorre e Girone. Il 5 maggio 2012, dopo 80 giorni di sosta forzata presso il porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie salpa dopo aver ottenuto i permessi. La nave fa rotta sullo Sri Lanka e con essa vi sono 24 uomini di equipaggio e 4 militari dell’unità antipirateria, non partono ovviamente Latorre e Girone. Il 13 maggio 2012 anche il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura torna in India per proseguire l’azione per il rilascio dei Marò e afferma il suo essere ottimista e che non vi è alternativa al rilascio. Il 25 maggio 2012, dopo aver passato 3 mesi nel carcere indiano di Trivandrum, Latorre e Girone vengono trasferiti in una struttura a Kochi e viene loro concessa la libertà su cauzione e il divieto di lasciare la città. Il 20 dicembre 2012 la loro richiesta di poter avere un permesso speciale e poter trascorrere le festività natalizie in Italia viene accolta, con l’obbligo di tornare in India entro in 10 gennaio. Latorre e Girone atterrano il 22 dicembre a Roma e ripartono il 3 gennaio. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha giurisdizione sul caso e chiede che il processo venga affidato ad un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana concede ai due Marò il rientro in Italia, per quattro settimane, per votare. Il 9 marzo 2013 il governo indiano avvia a New Delhi le procedure per la costituzione del tribunale speciale. L’11 marzo 2013 l’Italia decide che i due Marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a giungere ad un accordo. Il 12 Marzo 2013, New Delhi convoca l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, esigendo il rispetto delle leggi. Il giorno successivo, 13 marzo, il premier indiano Manmohan Singh minaccia seri provvedimenti e vi sono anche le dimissioni dell’avvocato Marò in India, Haris Salve. Il 14 marzo 2013 la Corte Suprema indiana ordina all’ambasciatore italiano Mancini di non lasciare l’India. Vi è anche un intervento di Napoletano che propone una soluzione basata sul diritto internazionale. Tre giorni dopo la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere l’immunità diplomatica di Mancini, la reazione che ha l’Italia è quella di accusare l’India di Evidente violazione della convenzione di Vienna. Il 20 marzo 2013, la procura militare di Roma sentirà i due Marò e riferisce che sono indagati per “Violata consegna aggravata”. Il 21 marzo 2013 è un giorno in cui tutto si capovolge, Palazzo Chigi annuncia che i due Marò torneranno in India, precisando che in cambia è stata ottenuta un’assicurazione scritta sul trattamento e la tutela dei diritti dei due militari, viene precisato anche che l’India ha garantito che non ci sarà la pena di morte. Il 22 marzo 2013 i due Marò rientrano in India e si trasferiscono all’ambasciata italiana a Delhi. Il ministro degli esteri indiano Salman Kurshid dichiara che il processo in India che vede imputati i due Marò non prevede la pena di morte. Il 25 marzo 2013 è costituito il tribunare per giudicare i due militari, a New Delhi. Il tribunale ha potere di imporre pene solo fino a 7 anni di carcere. L’11 novembre 2013, durante le indagini vengono ascoltati altri 4 militari che si trovavano a bordo della Enrica Lexie. C’è una perizia della marina secondo cui gli spari arriverebbero dalle loro armi e non dalle armi di Latorre e Girone. Il 28 marzo 2014 vi è una nuova svolta sul caso, la Corte Suprema indiana accoglie il ricorso presentato dai due fucilieri. I giudici hanno sospeso il processo a carico dei Marò presso il tribunale speciale. Il 12 settembre 2014 i giudici indiani danno a Latorre il via libera per un rientro di 4 mesi in Italia per problemi di salute. Il 16 dicembre 2014 la Corte Suprema indiana ha negato le istanze di Latorre e Girone. Latorre chiedeva un’estensione del suo permesso in Italia. Girone chiedeva invece di poter trascorrere le festività in Italia.



MARÒ, COMELLINI (PDM): SALVATORE GIRONE STA MALE, INTERVENGA CROCE ROSSA

di Luca Marco Comellini*

Dopo aver letto alcuni tabella di stampa riportanti le dichiarazioni di Salvatore Girone che chiede di poter fruire anche lui di un periodo do convalescenza in Italia, non posso fare a meno di ricordargli, come ho fatto oggi in occasione di una cordiale telefonata, dell'esistenza della lettera che lo scorso 8 luglio 2014 il Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, dr. Peter Maurer, indirizzò al Presidente della Croce Rossa italiana offrendosi, qualora i due militari o i loro familiari lo avessero richiesto, di valutare la questione sotto il profilo umanitario e di intervenire nei confronti del Governo italiano e di quello indiano.

Salvatore, come già avviene per il suo collega Massimiliano, adesso ha bisogno di un periodo di convalescenza
. Le condizioni di assoluta solitudine nella quale è costretto, privato degli affetti familiari, non contribuiscono certamente in modo favorevole alla sua piena guarigione e rientrano tra quelle ragioni umanitarie che avrebbero dovuto suggerire ai Ministri Pinotti e Gentiloni di dare seguito a quella lettera del Presidente Peter Maurer che anche a loro fu inviata tramite la Missione italiana a Ginevra.

Ovviamente i due ministri non possono dire di non essere a conoscenza di quella offerta di aiuto che dal luglio 2014 si troverà in qualche scrivania dei loro uffici e per questo motivo oggi, invece di fare dichiarazioni sullo stato di salute di Salvatore Girone che possono essere facilmente smentite, dovrebbero spiegare, dopo che il rappresentante del Governo italiano davanti ai giudici dell'Itlos ha ampiamente fatto riferimento alla "questione umanitaria" per censurare lo stato di detenzione che si protrae da oltre tre anni, quali siano stati i reali motivi e gli inconfessabili interessi che li hanno spinti ad ignorare l'offerta del Comitato internazionale della Croce Rossa.

Sono convinto che se i due militari e i loro familiari avessero potuto decidere liberamente non avrebbero esitato a chiedere l'intervento del comitato internazionale della Croce Rossa già il 12 luglio 2014 quando gli inviai la lettera del Presidente Peter Maurer."
*Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm),




MARO', SALVATORE GIRONE: "STO MALE, VOGLIO TORNARE IN ITALIA"

di Angelo Barraco
 
Si continua a parlare dei Marò e precisamente di Salvatore Girone che è stato colpito da febbre Dengue, una malattia tropicale che viene trasmessa tramite le zanzare.
Ci sono 4 sierotipi diversi di virus, ed è possibile infettarsi prima con uno e poi con un altro, se nella zona circolano più sierotipi.
 
Il fuciliere Salvatore Girone inizialmente era stato ricoverato in ospedale ma sin da subito la situazione non era grave, due medici italiani era andati ad assisterlo e a consultarsi con i colleghi indiani. Girone è stato dimesso di recente dall’ospedale poiché le sue condizioni di salute sono state ritenute buone ed i medici italiani che sono andati ad assisterlo sono stati rimandati indietro. I due medici hanno collaborato con i colleghi indiani e valutato le terapie da applicare al fuciliere.
 
Intanto Girone dal suo canto dice di essere ancora ammalato e che i suoi valori non sono perfetti come lo erano prima che contraesse la malattia. Girone vorrebbe curarsi nella sua casa natale, aggiunge “così come spetterebbe ad ogni dipendente statale militare. Ma io non posso visto il mio stato detentivo illegale”.
 
Per Massimiliano Latorre invece il rientro è stato possibile e sono per lui altri 6 mesi in Italia, una decisione arrivata nella mattinata del 13 luglio 2015 dalla Corte Suprema indiana che ha scelto di prolungare la permanenza per motivi di salute. Ricordiamo inoltre che già nel 2014 Latorre era stato trasferito nel nostro paese per curarsi a seguito di un’ischemia transitoria. I due rimarranno separati. Intanto il processo continua, la nuova udienza è fissata per il prossimo 13 gennaio e servirà per fare il punto sulla situazione. La decisione era attesa dopo la sentenza pronunciata ad Amburgo dal Tribunale del Mare lo scorso 24 agosto. 
 
La vicenda: La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha inizio il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani, Valentie Jalstine e Ajesh Binki vengono uccisi da colpi di arma da fuoco, a bordo della loro barca, a largo delle coste del Kerala. I principali accusati per la loro morte sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che prestavano servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. I due Marò sostengono di aver sparato in aria come avvertimento. Il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali a sud dell’India. Il 19 febbraio 2012 ai due marò scatta il fermo, per il governo indiano non vi è dubbio alcuno che, trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane, si debba attuare la legge territoriale. Per l’ambasciatore Giacomo Sanfelice, l’episodio era avvenuto su una nave battente bandiera italiana, oltretutto l’episodio era avvenuto in acque internazionali. Il 20 febbraio 2012 il villaggio di Kollam, nel cuore dell’India del Kerala, diventa un’area piena di una folla inferocita e di militanti politici che inveiscono contro i Marò che giungono in quel villaggio per l’avvio del procedimento giudiziario. I militanti politici gridano “Italiani mascalzoni, dateci i colpevoli, giustizia per i nostri pescatori, massima pena per i marines”. Il 24 marzo 2012, la Corte del Kerala afferma che l’atto compiuto dai Marò “E’ stato un atto di terrorismo”, e tale affermazione accende la tensione tra Italia ed India. Il 10 aprile 2012, dall’India arriva la notizia che la perizia balistica andrebbe a sfavore di Latorre e Girone. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum conferma che i proiettili sono compatibili con i mitragliatori usati da Latorre e Girone. Il 5 maggio 2012, dopo 80 giorni di sosta forzata presso il porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie salpa dopo aver ottenuto i permessi. La nave fa rotta sullo Sri Lanka e con essa vi sono 24 uomini di equipaggio e 4 militari dell’unità antipirateria, non partono ovviamente Latorre e Girone. Il 13 maggio 2012 anche il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura torna in India per proseguire l’azione per il rilascio dei Marò e afferma il suo essere ottimista e che non vi è alternativa al rilascio. Il 25 maggio 2012, dopo aver passato 3 mesi nel carcere indiano di Trivandrum, Latorre e Girone vengono trasferiti in una struttura a Kochi e viene loro concessa la libertà su cauzione e il divieto di lasciare la città. Il 20 dicembre 2012 la loro richiesta di poter avere un permesso speciale e poter trascorrere le festività natalizie in Italia viene accolta, con l’obbligo di tornare in India entro in 10 gennaio. Latorre e Girone atterrano il 22 dicembre a Roma e ripartono il 3 gennaio. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha giurisdizione sul caso e chiede che il processo venga affidato ad un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana concede ai due Marò il rientro in Italia, per quattro settimane, per votare. Il 9 marzo 2013 il governo indiano avvia a New Delhi le procedure per la costituzione del tribunale speciale. L’11 marzo 2013 l’Italia decide che i due Marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a giungere ad un accordo. Il 12 Marzo 2013, New Delhi convoca l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, esigendo il rispetto delle leggi. Il giorno successivo, 13 marzo, il premier indiano Manmohan Singh minaccia seri provvedimenti e vi sono anche le dimissioni dell’avvocato Marò in India, Haris Salve. Il 14 marzo 2013 la Corte Suprema indiana ordina all’ambasciatore italiano Mancini di non lasciare l’India. Vi è anche un intervento di Napoletano che propone una soluzione basata sul diritto internazionale. Tre giorni dopo la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere l’immunità diplomatica di Mancini, la reazione che ha l’Italia è quella di accusare l’India di Evidente violazione della convenzione di Vienna. Il 20 marzo 2013, la procura militare di Roma sentirà i due Marò e riferisce che sono indagati per “Violata consegna aggravata”. Il 21 marzo 2013 è un giorno in cui tutto si capovolge, Palazzo Chigi annuncia che i due Marò torneranno in India, precisando che in cambia è stata ottenuta un’assicurazione scritta sul trattamento e la tutela dei diritti dei due militari, viene precisato anche che l’India ha garantito che non ci sarà la pena di morte. Il 22 marzo 2013 i due Marò rientrano in India e si trasferiscono all’ambasciata italiana a Delhi. Il ministro degli esteri indiano Salman Kurshid dichiara che il processo in India che vede imputati i due Marò non prevede la pena di morte. Il 25 marzo 2013 è costituito il tribunare per giudicare i due militari, a New Delhi. Il tribunale ha potere di imporre pene solo fino a 7 anni di carcere. L’11 novembre 2013, durante le indagini vengono ascoltati altri 4 militari che si trovavano a bordo della Enrica Lexie. C’è una perizia della marina secondo cui gli spari arriverebbero dalle loro armi e non dalle armi di Latorre e Girone. Il 28 marzo 2014 vi è una nuova svolta sul caso, la Corte Suprema indiana accoglie il ricorso presentato dai due fucilieri. I giudici hanno sospeso il processo a carico dei Marò presso il tribunale speciale. Il 12 settembre 2014 i giudici indiani danno a Latorre il via libera per un rientro di 4 mesi in Italia per problemi di salute. Il 16 dicembre 2014 la Corte Suprema indiana ha negato le istanze di Latorre e Girone. Latorre chiedeva un’estensione del suo permesso in Italia. Girone chiedeva invece di poter trascorrere le festività in Italia.



MARO': SALVATORE GIRONE RICOVERATO IN OSPEDALE A NEW DELHI

Redazione
New Delhi
– La situazione spiegano fonti mediche non è grave, ma due medici italiani sono comunque partiti per andare ad assisterlo. Un sanitario è del policlinico del Celio e uno dell'Aeronautica militare. I due hanno incontrato i colleghi indiani e hanno affettuato una prima visita al fuciliere di Marina italiano.Il ricovero in ospedale è precauzionale, come sempre avviene in questi casi e come accaduto già in passato con altri soldati italiani in missione all'estero. Ma la situazione potrebbe peggiorare. Il ministero della Difesa segue da vicino la vicenda di Girone. Il ministro della Difesa Pinotti ha già sentito il fuciliere di Marina, trattenuto in India da più di tre anni.

"Deve rientrare" Gianni Rezza, direttore del dipartimento Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità (Iss), è convinto che la situazione, pur non grave, dovrebbe spingere le autorità indiane a lasciare partire Girone per rientrare in italia. "Il primo episodio di febbre di Dengue tende a non essere grave, dà febbre molto elevata, cefalea anche forte soprattutto retrorbitale, dolori muscolari – spiega -. Normalmente, però, dura qualche giorno e tende a risolversi spontaneamente. Più pericoloso è un eventuale secondo episodio di Dengue, che è facile si verifichi in una zona, come l'India, dove circolano diversi sierotipi virali".

"La Dengue – prosegue – è una febbre da virus, una malattia tropicale trasmessa da zanzare (Aedes soprattutto). Ci sono 4 sierotipi diversi di virus, ed è possibile infettarsi prima con uno e poi con un altro, se nella zona circolano più sierotipi. Quindi bisogna cercare di non esporsi una seconda volta, perché in quel caso spesso la sintomatologia è più grave, con possibili episodi emorragici. Diciamo sempre di evitare l'esposizione a zanzare alle persone che sono state infettate una prima volta. Questa volta la malattia si potrebbe risolvere spontaneamente, però credo sia importante non esporre questa persona a un secondo episodio. È un motivo sanitario valido per farlo rientrare".




I PIZZINI DEI MARO’

di Luca Marco Comellini*

Ho riflettuto molto prima di scrivere queste poche righe, sull'opportunità o meno e sull'eventuale rischio che quanto segue potrà ben facilmente essere strumentalizzato dagli amanti della militarità interventista o dai nostalgici del ventennio stile ”armiamoci e partite”.
Purtroppo, o per mia fortuna, come ex militare e come cittadino impegnato politicamente nella tutela dei diritti dei militari, dopo aver ascoltato le dichiarazioni che i due fucilieri di marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, hanno fatto nel corso della video conferenza con i membri delle commissioni parlamentari lo scorso due giugno, mi pongo delle domande alle quali vorrei che proprio i due “marò” dessero quelle doverose risposte che, a questo punto diventano irrinunciabili.

Non mi voglio soffermare sulla questione che ormai tutti conoscono: la morte di due pescatori indiani. Non voglio commentare il senso di disagio e forse di abbandono che esprimono in modo chiaro e diretto all'interlocutore politico dall'altra parte della webcam. Non voglio esprimermi pro o contro la loro presunta innocenza per fatti che li hanno visti protagonisti, per questo ci sono i processi, i tribunali. Anche in India.

Voglio soltanto riflettere su due particolari frasi delle accorate dichiarazioni di Salvatore Girone: “abbiamo obbedito a degli ordini”, “abbiamo mantenuto una parola, quella che ci era stata chiesta di mantenere”.

Il 15 Marzo scorso intervenendo ad un convegno sulla pirateria marittima e sulla questione dei due “marò”, organizzato da un istituto scolastico di Napoli, ho invitato Latorre e Girone a raccontare la loro verità e ascoltando quelle due frasi quasi gridate con rabbia ho avuto la netta impressione che quell'altra verità esista realmente. Una verità che non deve essere raccontata, che è soffocata da un patto scellerato che non ha nulla di dignitoso e che rischia di essere compromesso da chi, giustamente, oggi ha ragione di temere per la propria sorte.  Il muro di solida omertà militaresca costruito attorno alla vicenda sembra vacillare e rischia di sgretolarsi. Adesso può bastare veramente poco per farlo cedere rovinosamente e neanche la dorata prigionia dell'ambasciata che i vertici militari e il governo gli hanno chiesto di sopportare potrebbe essere sufficiente a tenerlo in piedi.
Massimiliano e Salvatore rivolgendosi ai membri delle Commissioni parlamentari hanno chiesto agli italiani di riconoscere la loro innocenza. Bene, richiesta perfettamente legittima ma ora vorrei che rispondessero alle mie domande, alle domande che ormai troppi, tanti italiani si pongono  perché la dignità e l'onore con cui dicono di aver adempiuto al loro dovere non può ammettere l'esecuzione di ordini contrari alla legge o l'esistenza di una patto che nasconde la verità.

Qual'è dunque quell'ordine a cui hanno obbedito, qual'è questa “parola” data e a chi, e per quale ragione? Queste domande si fanno più inquietanti e allora le frasi pronunciate da Girone, se lette in relazione al radicale cambiamento del governo indiano e all'avvicinarsi della ripresa del processo in India, assomigliano a dei “pizzini”.

*Segretario del partito per la tutela dei diritti dei militari e delle Forze di polizia (Pdm)




MARO': "SOFFRIAMO CON DIGNITA'"

di Maurizio Costa

Roma – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due Marò che da due anni si trovano in India accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio del 2012, hanno incontrato un gruppo di parlamentari italiani per ricevere conforto e soprattutto sentire la vicinanza del Governo e del Popolo italiano.

Sono ormai due anni che i fucilieri della Marina non possono tornare a casa e, dopo la prospettiva di una possibile pena capitale avanzata dal Governo indiano, la situazione è ancora molto complicata.
La commissione di parlamentari, guidata dai Presidenti delle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, si è recata a New Delhi per incontrare i militari, in vista della scadenza del 3 febbraio, data entro la quale i capi d'accusa dovranno essere formulati definitivamente.
I due Marò sono stati molti umili parlando della situazione: "Siamo soldati, dobbiamo soffrire con dignità." – ha detto Latorre – "Ci auguriamo di tornare con onore." "Al mattino si lavora, poi sentiamo le nostre famiglie. Nel tardo pomeriggio facciamo ginnastica." questa la giornata tipo raccontata dai due fucilieri.

La Commissione formata da Casini, Cicchitto, Elio Vito e Nicola Latorre, insieme ad altri parlamentari, si recherà all'Ambasciata italiana a New Delhi, dove vivono i due Marò, per capire da vicino lo stato dei militari.

LA STORIA

Tutto è cominciato il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani vengono trovati morti sulla loro imbarcazione al largo della costa del Kerala, nel sud dell'India. Secondo la versione dello Stato Maggiore della Marina italiana, gli uomini a bordo dell'Enrica Lexie, che dovevano proteggere l'imbarcazione da eventuali attacchi di pirati, tra cui i due Marò, avrebbero solamente sparato tre colpi di avvertimento per dissuadere un'imbarcazione che si stava avvicinando troppo alla petroliera protetta dai fucilieri italiani. Secondo la versione indiana, l'incidente avrebbe causato la morte dei due pescatori in acque indiane e quindi i presunti assassini dovevano essere giudicati dal Governo indiano. L'Ambasciatore italiano in India, Giacomo Sanfelice di Monteforte, dichiarò che l'Enrica Lexie di trovava in acque internazionali e che comunque i Marò si sarebbero attenuti alle norme internazionali contro la pirateria; infatti, i fucilieri, prima di sparare i colpi di avvertimento, avrebbero imposto l'alt al perschereccio più di una volta, anche attraverso numerosi segnali luminosi. Tra l'altro, i proiettili trovati nei corpi dei pescatori non corrisponderebbero a quelli usati dei militari italiani.
Il 19 febbraio 2012 i due Marò vengono portati nel porto di Kochi per poi essere trasferiti nella sede della polizia in maniera coercitiva. Il sottosegretario Staffan De Mistura segue il caso e dichiara che l'imbarcazione batteva bandiera italiana e le acque erano internazionali e quindi il caso doveva essere giudicato dal Governo italiano o da una Commissione internazionale. Intanto, il 5 marzo, Latorre e Girone vengono trasferiti in carcere. Il 30 maggio l'Alta Corte del Kerala concede la libertà su cauzione dei due militari, con l'obbligo di firma e con il divieto di allontanarsi dalla zona.
I due Marò ottengono un permesso per tornare a casa per le vacanze di Natale e intanto il caso viene affidato ad una corte speciale indiana. Il 21 marzo 2013 i Marò tornano in India con l'assicurazione da parte del Governo asiatico di non applicare la pena di morte, giudizio che però adesso sembra poter essere applicato.

La situazione, dopo due anni, dovrebbe essere vicina alla risoluzione. In caso contrario, il rischio che aumenti la frattura tra Italia e India è altissimo e il destino dei Marò ancora incerto.

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CASO MARO’, COMELLINI (PDM): RICONOSCERE STATO PRIGIONIA A TUTELA DEL LORO STATUS MILITARE

Redazione

Roma – "Riconoscere ai due marinai del battaglione San Marco trattenuti in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, lo stato di prigionia previsto dal Codice dell’ordinamento militare non è solo una tutela della loro posizione di stato, è una chiara azione politica che ha un suo preciso significato.”- Lo dichiara Luca Marco Comellini, segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze  di polizia (Pdm) –  “Il Presidente del Consiglio Enrico Letta, e quindi il Ministro della difesa, Mario Mauro, dovrebbero comprendere e condividere una simile scelta che, oggi, mi sembra sia rimasta forse l'unica soluzione possibile per rimettere la questione davanti agli organismi internazionali.”.