Romano, romanesco e romanoide, dai nonni ai ragazzi 2.0: il poeta Roberto Ciavarro erede della scuola di Trilussa

Il dialetto romanesco, o “romano”, ha subito un’accelerazione della sua evoluzione all’inizio del xx secolo, quando si accentuarono i flussi migratori dalle altre zone del Lazio e dal resto d’Italia, e in tempi più recenti anche dall’estero, verso la Capitale. Il fenomeno ha dunque comportato un afflusso di molte altre popolazioni, ognuna con propri usi, costumi, tradizioni, e con un proprio dialetto originario che nel tempo, ha finito per fondersi e confondersi con il dialetto romanesco autentico, originando una connotazione linguistica dialettologica ibrida, ossia quel vernacolo che attualmente viene parlato, nella Capitale e zone limitrofe, il quale è una sorta di espressione coagulata tra diverse parlate locali definita dai media “romanoide”.

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Gli anni ’70 e ’80

Un significativo cambiamento del dialetto romanesco avviene intorno agli anni settanta e ottanta dove il vernacolo di Trilussa e Belli, progressivamente si impoverisce a causa dei grandi stravolgimenti sociali che hanno interessato i quartieri più popolari della Capitale, dove ancora era possibile incontrare una romanità “pura”.
In quel periodo quartieri come quelli del centro storico, di Trastevere, San Lorenzo, Testaccio, si trasformano da zone tipicamente popolari e basso borghesi a zone di classe e di moda con un massiccio ricambio di popolazione.

Una certa cinematografia e la ghettizzazione del romano

Un’altra importante causa della morte del romanesco puro e soprattutto della ghettizzazione del romano è da ricercarsi in quella cinematografia che, a partire dagli anni 1950, neorealismo a parte, ha fatto dell’idioma romano uno stereotipo di ignoranza, cafonaggine e pigrizia.

Il romanesco nell’area metropolitana di Roma

Il dialetto romano moderno viene parlato quotidianamente da quasi tutti gli abitanti dell’area metropolitana di Roma; la maggioranza di essi possiede anche la padronanza della lingua italiana grazie alla forte scolarizzazione, ma essa viene utilizzata più spesso nelle situazioni formali, e risulta meno utilizzata nella vita quotidiana. Il dialetto romanesco vero e proprio, inoltre, è originario esclusivamente della città di Roma dacché nell’area appena circostante (Velletri, Frascati, Monte Porzio, Monte Compatri, Rocca Priora, Lanuvio…), la parlata autoctona cambia sensibilmente, e il romano lascia il posto alle parlate laziali, anche se recentemente questi dialetti nell’area di Roma stanno andando sempre più a scemare lasciando il posto al romanesco che vista la sua vicinanza all’italiano tradizionale sta prendendo sempre più piede nelle zone limitrofe. Ormai però anche gli idiomi di queste località della provincia romana si vanno modificando; i dialetti per esempio di Frascati, ed in generale di tutti i Castelli Romani o di Anzio, col tempo si sono avvicinati di più a quello romano e similmente è accaduto in grandi città delle province vicine. Solo la gente più anziana del posto parla ancora il dialetto locale, ormai la maggior parte dei giovani ha una parlata più vicina a quella romana moderna.

E a cercare di mantenere viva la cultura dialettale di Roma è il poeta Roberto Ciavarro, romano di nascita, che scrive in un dialetto piu’ vicino ai giorni nostri, prendendo spunto come dice lui “piu’ da Trilussa che dal Belli entrambi grandissimi poeti ed artisti”. Ha scritto, nel tempo, un centinaio di sonetti che presto saranno raccolti e presentati in un libro.

Irene Tagliente