ROMA, LA 'NDRANGHETA NEL VIDEOLOTTERY E GIOCHI ONLINE: 11 ARRESTI

Redazione

Roma – Blitz antimafia contro il gioco on line illegale. Agenti del Servizio centrale investigazione criminalita' organizzata della Guardia di finanza (Scico) e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato (Sco) stanno eseguendo 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei componenti di un sodalizio, vicino a varie organizzazioni mafiose, che gestiva illecitamente gran parte delle attivita' di videolottery e gioco on line a livello nazionale e anche all'estero. Tra gli arrestati figurano un boss della 'ndrangheta ed un noto imprenditore del gioco on line collegato a clan camorristici. Sequestrati beni mobili ed immobili per decine di milioni di euro.

Ci sono Nicola Femia, ritenuto dagli inquirenti importante boss ‘ndranghetista e di Luigi Tancredi detto anche “il re delle slot” tra gli undici arrestati nell’ambito di un’operazione svolta dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, la Squadra Mobile della Questura di Roma e lo Scico della Guardia di Finanza. Associazione a delinquere a carattere transnazionale volta a commettere una serie indeterminata di reati attraverso una rete illegale di gioco on line, aggirando, in tal modo, la normativa di settore e omettendo fraudolentemente il versamento dei tributi erariali per la concessione di gioco, al fine di realizzare plurime truffe ai danni dello Stato. Questa la contestazione formulata nei confronti degli indagati all’esito di articolate indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma a contrasto della presenza della criminalità organizzata nel settore dei giochi e delle scommesse. Per il solo Luigi Tancredi, considerato il vertice dell’organizzazione criminale, è stata altresì riconosciuta l’aggravante “mafiosa” ex art. 7 della legge n. 203 del 1991, poiché ha avvantaggiato il clan dei Casalesi, nell’affermarsi nel settore delle scommesse illecite on line. Il Tribunale di Roma, a seguito di specifici accertamenti patrimoniali condotti dalla Guardia di Finanza, ha inoltre disposto il sequestro di numerosi beni mobili ed immobili riconducibili direttamente o indirettamente ai principali indagati, per un valore di circa 10 milioni di euro, tra i quali spiccano società che hanno tra i propri asset sale giochi e attività di ristorazione oltre ad autovetture, correnti e depositi bancari. Spiccano poi appunto le figure di Nicola Femia, importante boss ‘ndranghetista che dalla provincia di Ravenna dirigeva, sul territorio nazionale ed estero, un’intensa attività illecita nel settore del gioco on line e delle videolottery e di Luigi Tancredi, detto anche “il re delle slot”, soggetto referente per le mafie, soprattutto quelle calabresi e campane, per la gestione dei siti illeciti per le scommesse sul web, non autorizzati dall’Amministrazione per i Monopoli. Il Tancredi – figura già nota alle cronache giudiziarie – è risultato essere l’indispensabile cerniera tra gli interessi della criminalità organizzata nei forti guadagni derivanti dal gioco illecito ed il mondo della tecnologia informatica, in virtù delle sue capacità di realizzare “chiavi in mano” risorse web dedicate al gioco online. Lo stesso, infatti, è uno dei più noti imprenditori del settore economico della raccolta del gioco in rete ed è molto conosciuto in campo nazionale ed internazionale per aver avviato dei veri e propri casinò virtuali, molti dei quali, nella home page, contengono estremi di concessioni asseritamente rilasciate da autorità governative di Paesi caraibici, notoriamente considerati “paradisi fiscali”.




ROMA, PANTHEON: SEQUESTRATI RISTORANTI DELLA NDRANGHETA

di Silvio Rossi

Roma – Di nuovo la ristorazione romana nell’occhio del ciclone. Come già accaduto più volte nei mesi passati, le indagini della DIA si concentrano su personaggi che hanno “diversificato” la loro attività criminosa investendo nella ristorazione romana.
In questa occasione, l’indagine ha portato nella giornata di ieri al sequestro di due ristoranti in pieno centro storico, intestati a Salvatore Lania, quarantasettenne calabrese, legato alla famiglia Piromalli. Le attività sequestrate sono “La Rotonda” e “Il Faciolaro”, due tra i locali più noti della zona intorno al Pantheon, uno degli angoli della capitale più frequentati da turisti, presenti nella città eterna tutto l’anno.

Il nome di Lania era già emerso nell’inchiesta che aveva portato alla confisca del “Cafè de Paris”, il famoso bar della dolce vita che è entrato nelle mire della cosca Alvaro. Nell’inchiesta erano emersi i suoi rapporti con alcuni personaggi appartenenti al giro di amicizie della cosca. In particolare sono stati evidenziati gli interessi collegati a un traffico internazionale di merci importate clandestinamente dalla Cina attraverso il porto di Gioia Tauro, e destinate in Repubblica Ceca.
Infatti, oltre ai due ristoranti, è stata oggetto di sequestro un’altra attività collegata al Lania, un negozio di souvenir, sempre nella zona del Pantheon, chiamata «MiΧ».

Questa nuova indagine si innesta in un filone che unisce la ristorazione, non solo a Roma, con la criminalità organizzata. Sempre più spesso vengono alla luce gli investimenti che camorra, mafia e ‘ndrangheta hanno realizzato nel settore del consumo di cibo. Il costante flusso di denaro che un ristorante, specie se in zone turistiche, garantisce, è un ottimo veicolo per “lavare” denari sporchi.
Anche la Coldiretti pone l’accento sull’interessamento del settore da parte della criminalità organizzata: “Sono almeno 5000 i locali della ristorazione nelle mani della 'mafia and company' nel nostro Paese che approfitta della crisi economica per penetrare in modo sempre più massiccio e capillare nell'economia legale”.

L’arresto di Lania si inserisce in un quadro di attività che la DIA sta svolgendo in più regioni, un’inchiesta partita da Gioia Tauro che ha interessato, oltre la capitale, anche Campania e Toscana. In totale sono state sequestrate dodici società, per un valore di oltre duecento milioni di euro. Il valore dei soli due ristoranti supera i dieci milioni di euro.




ROMA, ‘NDRANGHETA CAPITALE: SCOVATO IL LATITANTE ANTONIO MOLLICA

L'operazione ha dimostrato la presenza di un bunker nel territorio romano e ciò è una novità che rappresenta un ulteriore elemento che depone per le conclusioni che il G.I.P. ha tratto all’esito delle indagini della Squadra Mobile e della Direzione Distrettuale Antimafia romane
 

 

di Cinzia Marchegiani

Roma
– Con un’operazione da manuale la Polizia di Stato stana il latitante Antonio Mollica in un bunker dove si rifugiava dopo esser sfuggito all’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale lo scorso 9 gennaio quando, nell’ambito dell’operazione “Fiore Calabro” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, erano stati arrestati Placido Scriva e Domenico Morabito. I poliziotti che bussarono alla sua porta non lo trovarono in casa. La sua latitanza è però durata meno di venti giorni. La Polizia di Stato stamattina ha arrestato il quarantasettenne Domenico Antonio Mollica, il terzo nella lista del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma a dover finire in carcere per i reati di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, commessi per favorire l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante in Calabria e a Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio.

Il bluff è stato scoperto proprio alle prime ore di stamani, quando gli Agenti della Squadra Mobile di Roma hanno bussato all’uscio di casa e la moglie ha aperto la porta, di Mollica però non vi era nessuna traccia. Ma la Polizia, convinta della sua presenza nell’abitazione, ha chiesto la collaborazione dei Vigili del Fuoco, per esplorare eventuali intercapedini. Particolarmente interessante è parso subito il sottotetto dell’appartamento, una palazzina terra cielo nel comune dell’alta provincia di Roma. L’assenza di visibili vie di accesso a quell’area, ma la contestuale presenza di prese d’aria esterne, hanno indotto gli operanti ad abbattere il solaio; al secondo colpo di mazza, dalla soffitta si è sentita una voce dire “Scendo, scendo”. L’accesso al sottotetto era abilmente camuffato all’interno di un armadio a muro, il cui pannello superiore scorrevole ha rivelato l’esistenza di una botola dalla quale il ricercato, calandosi da una corda strumentalmente attaccata all’architrave del tetto, è uscito. Il sottotetto ha rivelato la presenza di un locale, scaldato dalla canna fumaria, dove era presente un giaciglio, acqua, documenti e un santino ritraente la Madonna di Polsi.

La presenza di un bunker nel territorio romano è una novità e rappresenta un ulteriore elemento che depone per le conclusioni che il G.I.P. ha tratto all’esito delle indagini della Squadra Mobile e della Direzione Distrettuale Antimafia romane.




ROMA, MAXI OPERAZIONE “FIORE CALABRO”: ARRESTATI TRE PLURIGIUDICATI AI VERTICI DELLA 'NDRANGHETA CALABRESE

 

Da alcuni anni gli odierni arrestati, già colpiti da precedenti provvedimenti di sequestro di beni, avevano lasciato la loro terra di origine trasferendosi nei comuni di Rignano Flaminio e Morlupo ove, avvalendosi di una serie di prestanome, sono riusciti a penetrare nel tessuto economico della zona nord della provincia di Roma, acquistando aziende commerciali, attività di “compro oro”, società che gestiscono la distribuzione di fiori, imprese di allevamento e vendita di carni, attività di ristorazione ed altro
 

di Cinzia Marchegiani e Simonetta D'Onofrio

Roma – La Polizia di Stato nella mattinata di venerdì 9 gennaio ha dato avvio ad una immensa operazione contro la ‘ndrangheta calabrese radicata a Roma e provincia, denominata “Fiore calabro”.

L’indagine svolta dalla Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con quelle di Reggio Calabria, Milano, Mantova e Viterbo è stata indirizzata verso personaggi appartenenti ad alcune note famiglie della ndrangheta che, da diverso tempo, si sono trasferiti in questo territorio a seguito della cruenta “Faida di Motticella” che negli anni ‘80/’90 vide contrapporsi nei paesi aspromontani di Africo, Bruzzano Zeffirio e la sua frazione “Motticella” le ‘ndrine le due opposte fazioni africesi dei Palamara-Scriva-Mollica-Morabito (cui appartengono gli indagati), da una parte, e quella dei Morabito-Palamara-Speranza, dall’altra, mietendo oltre cinquanta vittime.

E’ stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Scriva Placido Antonio, Morabito Domenico e Mollica Domenico Antonio, elementi di vertice della ndrangheta calabrese appartenenti alle ‘ndrine Palamara-Scriva-Mollica-Morabito operanti nel settore jonico della provincia di Reggio Calabria con ramificati interessi criminali ed imprenditoriali in questa capitale ed, in particolare, nella zona nord della provincia di Roma.

Gli indagati – tutti pluripregiudicati per associazione a delinquere di stampo mafioso, porto d’armi, omicidio, stupefacenti, sequestro di persona ed altro – sono ritenuti ora responsabili del reato di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso ovvero dall’aver commesso il reato per favorire l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante in Calabria e a Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio.

L’attrito tra le ‘ndrine scaturisce in occasione del sequestro della farmacista Infantino Concetta (avvenuto il 25.01.1983) per il quale si ritennero responsabili i Mollica, seguito circa due anni dopo dall’assassinio di Scriva Pietro, allora considerato il boss del clan Scriva-Mollica, operato per mano di Mollica Saverio, che rappresentò l’incipit della spaventosa spirale di sangue e omicidi.

Da alcuni anni gli odierni arrestati, già colpiti da precedenti provvedimenti di sequestro di beni, avevano lasciato la loro terra di origine trasferendosi nei comuni di Rignano Flaminio e Morlupo ove, avvalendosi di una serie di prestanome, sono riusciti a penetrare nel tessuto economico della zona nord della provincia di Roma, acquistando aziende commerciali, attività di “compro oro”, società che gestiscono la distribuzione di fiori, imprese di allevamento e vendita di carni, attività di ristorazione ed altro.

Val la pena di evidenziare il ruolo ed il carisma criminale degli odierni arrestati ad iniziare da Scriva Placido Antonio, referente principale dell’omonimo clan calabrese, attualmente residente a Rignano Flaminio e coniugato con Mollica Antonietta, sorella dei più famigerati Mollica Saverio e Mollica Domenico Antonio entrambi da anni residenti nella provincia di Roma, il primo condannato di recente per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito della nota operazione “Crimine”, il secondo oggetto dell’odierna misura cautelare in carcere.

Proprio le indagini dell’operazione “Crimine” avviate dalla Squadra Mobile reggina hanno consentito di documentare il tentativo di Mollica Saverio e Velonà Giuseppe, quest’ultimo indagato anche nell’odierna operazione “Fiore Calabro”, di aprire la “Locale” di Motticella, circostanza emersa nel corso di alcune conversazioni ambientali captate all’interno della lavanderia “Ape Green” di Siderno (RC) intercorse al cospetto di Commisso Giuseppe alias “U Mastro”, una delle massime autorità criminali della ‘ndrangheta calabrese.

La presente indagine “Fiore Calabro” va quindi a toccare gli interessi criminali della ‘ndrangheta calabrese nel settore della cd. “economia legale” confermando, ancora una volta, la natura verticistica e unitaria della 'ndrangheta calabrese, l’organizzazione criminale più temibile nel panorama mondiale.

Contestualmente all’esecuzione della misura cautelare in carcere è stato, infatti, eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni nei confronti di aziende commerciali, attività imprenditoriali, conti correnti nonché numerosi beni immobiliari – abitazioni civili e terreni agricoli situati in Rignano Flaminio e Morlupo (RM), ritenuti nella disponibilità degli esponenti della ‘ndrangheta e dei loro affiliati per un valore di almeno 100 milioni di euro, in corso di compiuta quantificazione.

SEQUESTRI E DECRETI DI PERQUISIZIONE

Si evidenziano, in particolare, i sequestri della quote sociali e di ogni altro bene di pertinenza delle seguenti imprese commerciali:

“LA BOUTIQUE DEL GIOIELLO di Santa SCRIVA”, nella titolarità di SCRIVA Placido Antonio e SCRIVA Santa, operante nel settore della compravendita di oggetti preziosi, situato nel quartiere residenziale di Prati-Trionfale;

“BIOS OTTICA FOTO SRL” a Morlupo nella titolarità di CINTI Massimiliano e RONCACCI Tiziana ma riconducibile agli interessi di MORABITO Domenico cl. 67;

L’azienda SCRI.ITALBEST s.r.l. di SCRIVA Natale, sita a Campagnano (RM), attiva nel settore della compravendita di allevamento di bestiame, situata in una collina di diverse decine di ettari ai confini con il territorio di Morlupo, nella disponibilità del clan SCRIVA;

Il 50% della società ABIS s.r.l. a Morlupo, operante nel settore del commercio di prodotti da forno, alimentari ed affini, intestate a WACHOWICZ Renata Marta, prestanome di origine polacca dell’odierno arrestato MORABITO Domenico.

Inoltre sono stati sottoposti a sequestro oltre dieci immobili ad uso abitativo e commerciale situati tra i comuni di Rignano Flaminio e Morlupo riconducibili a Morabito Domenico e Mollica Domenico Antonio nonché conti correnti e autovetture in uso ai vertici del clan di ‘ndrangheta.

Sono stati, inoltre, eseguiti numerosi decreti di perquisizione locale, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma nei confronti di ulteriori indagati ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta nonché nei confronti di alcuni soggetti, residenti in questa provincia ed in altre regioni d’Italia, risultati coinvolti, quali vittime, in un vasto giro di usura.

Tre le persone arrestate dalla Polizia di Stato, elementi di vertice della ‘ndrangheta calabrese appartenenti alle ‘ndrine Palamara – Scriva – Mollica – Morabito, operanti nel settore jonico della provincia di Reggio Calabria e con ramificati interessi criminali e imprenditoriali nella zona Nord della provincia di Roma, ma anche nella Capitale, ritenute responsabili dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che ha coordinato le indagini, di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, reati commessi per favorire l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante in Calabria e a Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio.

Tra le attività sequestrate dalla Polizia di Stato una gioielleria compro oro, una azienda di allevamento bestiame, macellazione carni e produzione di latticini, un negozio di ottica nonché numerosi conti correnti bancari e diversi immobili, per un valore complessivo che supera i cento milioni di euro.

Il comunicato ufficiale della Questura di Roma ricorda che a febbraio 2014 è stato confermato in Cassazione con ben 53 conferme, 49 pene rideterminate il maxi troncone d'appello del processo Crimine, scaturito dalle sentenze di primo grado comminate dal gup di Reggio Calabria nei confronti di 119 imputati, arrestati nella storica operazione di p.g. che ha svelato la natura unitaria della 'ndrangheta.

 

Non solo Mafia Capitale. Le ‘ndrine calabresi hanno esteso in maniera capillare i loro interessi nel territorio laziale. Nell’operazione “Fiore Calabro”, scattata stamattina, sono stati posti sotto custodia cautelare tre commercianti presenti a Roma e nei paesi a nord della capitale. Gli arrestati, appartenenti alle ‘ndrine Palamara-Scriva-Mollica-Morabito operanti nel settore jonico della provincia di Reggio Calabria, erano l’anello di collegamento tra l’organizzazione situata nella regione di origine e il territorio romano. Si tratta di Scriva Placido Antonio, Morabito Domenico e Mollica Domenico Antonio, elementi di vertice nell’organizzazione malavitosa.

Contestualmente sono stati disposti i sequestri di alcune attività commerciali intestate agli arrestati, o a prestanomi, ma direttamente riconducibili agli interessi degli stessi. In particolare è stata sequestrata una gioielleria in Circonvallazione Trionfale (a pochi passi dal Palazzo di Giustizia di Piazzale Clodio) di cui era titolare Placido Antonio Scriva, un negozio di ottica a Morlupo e un alimentari sempre nella cittadina sulla Flaminia, intestati a prestanome, ma riconducibili a Domenico Morabito, e un’azienda di commercio carni di Campagnano di proprietà della famiglia Scriva.


Sono stati inoltre posti sotto sequestro oltre una decina d’immobili riconducibili a Morabito e a Mollica. Gli arresti odierni attestano un duro colpo all’organizzazione, che contava numerosi affiliati, sempre nella provincia di Roma, e che aveva organizzato anche una rete di usura che coinvolgeva vittime in diverse province italiane.

Le operazioni di polizia hanno riguardato, oltre alla Squadra Mobile di Roma, anche le unità di Reggio Calabria, Milano, Mantova e Viterbo.
La ‘ndrina Palamara-Scriva-Mollica-Morabito si è attestata nella capitale a seguito della “Faida di Motticella” che negli anni ‘80/’90 vide contrapporsi nei paesi aspromontani di Africo, Bruzzano Zeffirio e la sua frazione “Motticella”. Tutto iniziò col sequestro della farmacista Concetta Infantino, avvenuto nell’83, che ha visto coinvolti i Mollica, seguito circa due anni dopo dall’assassinio di Pietro Scriva, allora considerato il boss del clan Scriva-Mollica, operato per mano di Saverio Mollica, che rappresentò l’incipit della spaventosa spirale di sangue e omicidi.




ROMA NDRANGHETA: SEQUESTRATO IL GRAND HOTEL DEL GIANICOLO OLTRE AD ALTRI BENI PER CIRCA 7 MLN DI EURO ALLA COSCA GALLICO.

Redazione

Roma – Prosegue, senza soluzione di continuità, l’aggressione ai patrimoni illecitamente acquisiti da parte di soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta.
Su disposizione del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, la Polizia di Stato ha eseguito due provvedimenti di sequestro dei beni nei confronti dell’Avv. MINASI Vincenzo cl.56 e dell’imprenditore MATTIANI Pasquale cl.’63, entrambi ritenuti contigui alla cosca di ‘ndrangheta “GALLICO”  operante sul territorio di Palmi e con ramificazioni nel nord Italia.
I provvedimenti di sequestro traggono origine dalle nuove tranche dell’operazione “COSA MIA”, frutto di indagini coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
L’avvocato Vincenzo MINASI è stato ritenuto, nell’ambito della suddetta operazione, “consigliori” della famiglia Gallico e curatore dei loro interessi economici. Lo stesso ha, infatti,  costituito società sia nel nord Italia che all’estero col fine di acquistare diversi immobili in nome e per conto della predetta cosca.
Il Tribunale – Sez. Mis. Prev. di Reggio Calabria, accogliendo le risultanze delle correlate indagini patrimoniali, ha disposto a carico del MINASI il sequestro di diversi beni mobili, immobili e società in Lombardia e Calabria e più in particolare:
•    Un fabbricato e due appezzamenti di terreno siti nel comune di Alserio (CO);
•    Due fabbricati di cui uno a tre piani fuori terra con seminterrato sito in Como;
•    Un fabbricato a tre piani fuori terra con seminterrato sito nel comune di Fino Mornasco (CO);
 
       
QUESTURA di REGGIO CALABRIA

•    Due terreni siti nel comune di Rizziconi (RC) di oltre 30.000 ettari;
•    Quote sociali e patrimonio aziendale della società “SAK s.r.l.”, avente sede legale in Alserio (CO) esercente l’attività di gestione di ristoranti, pizzerie, tavole calde e fredde, bar e gelateria con commercio al minuto;
•    Quote sociali e patrimonio aziendale della società “INTERCISA s.r.l.”, avente sede legale in Fino Mornasco (CO) esercente l’attività di intermediazione e consulenza per la cessione e l’affitto di beni mobili ed immobili ed aziende;
•    Tre veicoli di cui un fuoristrada HAMMER, una Jaguar ed una moto;
•    Due polizze assicurative e conti correnti.
    Il provvedimento di sequestro a carico di MATTIANI Pasquale, fa seguito ad analoghi provvedimenti eseguiti nei decorsi mesi di novembre’13 e gennaio’14. In quelle occasioni venne sequestrato un ingente patrimonio, comprendente società e numerosi beni mobili e immobili tra cui due alberghi a quattro stelle, l’hotel “ARCOBALENO” sito in Palmi e il prestigioso «GRAND HOTEL DEL GIANICOLO» sito in Roma.
Con quest’ultimo provvedimento il Tribunale – Sez. Mis. Prev. di Reggio Calabria ha sequestrato una lussuosa villa a due piani fuori terra con ampia corte, sita in località panoramica di Palmi, di proprietà del predetto MATTIANI Pasquale.
         Il valore del patrimonio complessivamente sequestrato ammonta a circa sette milioni di euro.




ROMA: TRE ARRESTI PER L'OMICIDIO DI 'NDRANGHETA

Redazione

Roma – Sono considerati responsabili di omicidio avvenuto un anno fa e di traffico di stupefacenti le tre persone arrestate, ieri, dalla Squadra mobile di Roma.

Le indagini hanno portato all'individuazione di un vero e proprio commando del quale faceva parte anche un uomo arrestato nel luglio scorso.

Il gruppo criminale, il 24 gennaio 2013 aveva attirato Vincenzo Femia, 67 anni in una zona isolata della Capitale, con la scusa della conclusione di un affare legato alla droga e lo aveva ucciso a colpi di pistola.

Tra gli arrestati ci sono due fratelli e l'indagine degli investigatori ha messo in luce il ruolo dei 4 sicari. Nel luglio scorso, dopo il primo arresto, gli agenti erano risaliti al covo nel quale era stato trovato un vero e proprio arsenale.

Secondo gli investigatori, Vincenzo Femia era uno degli esponenti di spicco e referente della 'Ndrangheta per Roma da vent'anni; sicuramente un personaggio di "primo piano" nella malavita della Capitale.

Femia, originario di Reggio Calabria, risiedeva da molti anni a Roma ed era un sorvegliato speciale. Aveva precedenti per associazione mafiosa, traffico internazionale di stupefacenti, tentato omicidio e armi, apparteneva alla cosca di San Luca, conosciuta per la strage di Duisburg in Germania nel 2007.