Arrestato un mito della criminalità romana: in manette il “Bufalo” l’ultimo boss della banda della Magliana

A 70 anni controllava ancora lo spaccio della capitale

Il mondo della criminalità organizzata romana subisce un altro duro colpo con l’arresto di Marcello Colafigli, figura storica e ultimo grande boss della famigerata Banda della Magliana. Nonostante i suoi 70 anni, Colafigli, il “Bufalo” detto anche Marcellone, è uno dei boss dell’organizzazione criminale romana nota come la Banda della Magliana tra le più potenti e pericolose mafie italiane tra la fine degli anni settanta all’inizio degli anni novanta. Il Bufalo continuava a esercitare un’influenza significativa sul traffico di stupefacenti nella capitale, confermando la sua capacità di adattamento e resilienza nel mondo della malavita.

Un’eredità criminale senza tempo

La Banda della Magliana, attiva principalmente negli anni ’70 e ’80, è stata una delle organizzazioni criminali più potenti e influenti d’Italia. La sua capacità di infiltrarsi nei più alti livelli della società e di collaborare con altre organizzazioni mafiose ha lasciato un segno indelebile nella storia della criminalità organizzata italiana. Marcello Colafigli è stato uno dei membri più temuti e rispettati, conosciuto per la sua brutalità e il suo carisma.

L’arresto di un mito del crimine

L’arresto di Colafigli è avvenuto grazie a un’operazione congiunta delle forze dell’ordine italiane, che da tempo monitoravano le sue attività. Nonostante l’età avanzata, Colafigli era ancora considerato un pericolo pubblico per la sua capacità di orchestrare e gestire il traffico di droga a Roma. Le indagini hanno rivelato che, sebbene non fosse più in prima linea, continuava a tirare le fila del commercio illegale, sfruttando una rete di collaboratori fedeli.

Il controllo dello spaccio nella capitale

Roma, una città che ha sempre avuto una complessa rete di criminalità organizzata, ha visto negli ultimi anni una recrudescenza dello spaccio di droga. Colafigli, con la sua esperienza e le sue connessioni, è riuscito a mantenere il controllo su una parte significativa del mercato. Utilizzando metodi vecchi e nuovi, ha saputo evolversi e adattarsi ai cambiamenti del panorama criminale, garantendo la sua posizione dominante.

Il significato dell’arresto

L’arresto di Marcello Colafigli rappresenta una vittoria significativa per le forze dell’ordine italiane e un duro colpo per la criminalità organizzata romana. Tuttavia, solleva anche interrogativi sulla capacità delle vecchie figure criminali di mantenere il controllo su attività illegali nonostante l’avanzare dell’età. La detenzione di Colafigli potrebbe portare a un riassetto delle gerarchie criminali nella capitale, creando un vuoto di potere che altri potrebbero cercare di colmare.

La cattura di Marcello Colafigli segna la fine di un’era per la Banda della Magliana, simbolo di un passato criminale che continua a influenzare il presente. Il suo arresto è un chiaro segnale che, nonostante il passare degli anni, le forze dell’ordine non smettono di perseguire la giustizia e di combattere la criminalità organizzata. Resta ora da vedere come evolverà la situazione a Roma e chi tenterà di prendere il posto di Colafigli nel complesso e pericoloso mondo dello spaccio di droga nella capitale.

La Banda della Magliana: Storia di una delle organizzazioni criminali più potenti d’Italia

Le Origini

La Banda della Magliana prende il nome dal quartiere Magliana di Roma, dove alcuni dei suoi membri fondatori vivevano e operavano. La sua nascita risale alla metà degli anni ’70, quando un gruppo di giovani criminali, originari di diversi quartieri romani, decise di unirsi per formare un’organizzazione capace di controllare il mondo del crimine nella capitale. Tra i fondatori si annoverano nomi come Maurizio Abbatino, Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, e Danilo Abbruciati.

L’ascesa al potere

La Banda della Magliana si distinse sin dall’inizio per la sua capacità di organizzarsi in modo strutturato e gerarchico, con una divisione precisa dei ruoli. In breve tempo, riuscì a monopolizzare diverse attività criminali a Roma, tra cui il traffico di droga, il gioco d’azzardo, le rapine e il racket delle estorsioni. La sua ascesa fu facilitata da una serie di alleanze strategiche con altre organizzazioni criminali, come la Camorra, la ‘Ndrangheta e la Mafia siciliana, nonché con settori deviati dello Stato e dei servizi segreti.

Gli Anni d’Oro

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, la Banda della Magliana raggiunse l’apice del suo potere. La sua influenza si estese ben oltre i confini di Roma, arrivando a coinvolgere figure di spicco del mondo politico, finanziario e giudiziario italiano. La banda era nota per la sua efferatezza e per la capacità di eliminare chiunque si mettesse di traverso ai suoi piani. Questo periodo fu segnato da numerosi episodi di violenza e regolamenti di conti interni ed esterni.

Le Connessioni con il Potere

Uno degli aspetti più inquietanti della storia della Banda della Magliana è la sua capacità di tessere legami con settori deviati dello Stato e con la massoneria. Queste connessioni le permisero di ottenere informazioni riservate e protezioni istituzionali. La banda fu anche coinvolta in alcuni dei misteri più oscuri della storia italiana, come il caso del Banco Ambrosiano, il rapimento di Emanuela Orlandi, e la P2 di Licio Gelli.

Il Declino e la Caduta

La fine degli anni ’80 segnò l’inizio del declino della Banda della Magliana. Una serie di arresti e delazioni interne portarono alla disgregazione dell’organizzazione. Molti membri furono arrestati, altri furono uccisi in faide interne, mentre alcuni riuscirono a fuggire all’estero. Le forze dell’ordine italiane intensificarono la loro azione contro la banda, riuscendo a smantellare gran parte della sua struttura operativa.

L’Eredità della Banda

Nonostante la sua disgregazione, la Banda della Magliana lasciò un’eredità duratura nella storia della criminalità italiana. La sua capacità di infiltrarsi nei più alti livelli della società e di collaborare con altre organizzazioni criminali ha rappresentato un modello per altre bande. La storia della Banda della Magliana è stata oggetto di numerosi libri, film e serie televisive, che hanno contribuito a mantenerne vivo il ricordo nell’immaginario collettivo.

La storia della Banda della Magliana è un esempio emblematico di come un’organizzazione criminale possa crescere e prosperare sfruttando le debolezze e le complicità delle istituzioni. Nonostante la sua fine, l’influenza della banda si fa ancora sentire, e le sue vicende continuano a rappresentare un monito sulla pericolosità delle connivenze tra criminalità e potere.




L’ombra della Banda della Magliana nell’operazione “Gerione”: sgominata organizzazione criminale a nord della Capitale

Uno degli arrestati, rapinatore seriale, attualmente detenuto, forniva dal carcere disposizioni operative al fratello, per cui tramite “pizzini” e conversazioni intrattenute con cellulari illegalmente detenuti, continuava a gestire l’attività di traffico di stupefacenti tra Roma, Castelnuovo e Morlupo

Questa mattina, i Carabinieri di Bracciano, con il supporto del Nucleo Elicotteri di Pratica di Mare, del Nucleo Cinofili di Santa Maria di Galeria, della Compagnia di Ronciglione, della Compagnia Roma Casilina e delle Compagnie del Gruppo di Ostia, hanno eseguito un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Tivoli, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 12 soggetti, tra cui 2 donne, destinatari di misure cautelari (4 in carcere, 2 agli arresti domiciliari, 4 all’obbligo di dimora e 2 all’obbligo di presentazione in caserma), residenti nell’area nord della provincia romana e, in particolare, tra i comuni di Castelnuovo di Porto e Morlupo. Ai 12 indagati, tutti italiani, sono contestati, a vario titolo, i reati di “concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, incendio, porto e detenzione illegale di armi da fuoco”.

L’attività d’indagine, convenzionalmente denominata “Gerione”, ha avuto inizio a maggio 2019, a seguito di un arresto in flagranza di reato per detenzione di 6 kg di hashish e delle munizioni, operato da personale del Comando Stazione Carabinieri di Castelnuovo di Porto nel comune di Morlupo. È emerso infatti che quanto rinvenuto era riconducibile a un altro soggetto del posto, già noto alle forze dell’ordine, il quale avrebbe costretto con minacce e violenza l’arrestato a detenere per suo conto la droga.

Le indagini hanno permesso di acquisire importanti elementi di reità a carico dei componenti di una famiglia di Morlupo, nota alle cronache locali poiché collegata, in passato, alla famigerata Banda della Magliana.

È stato acclarato addirittura che uno degli arrestati, rapinatore seriale, attualmente detenuto, forniva dal carcere disposizioni operative al fratello, per cui tramite “pizzini” e conversazioni intrattenute con cellulari illegalmente detenuti, continuava a gestire l’attività di traffico di stupefacenti tra Roma, Castelnuovo e Morlupo. Durante queste conversazioni, il detenuto è arrivato ad organizzare una spedizione di droga e sim card diretta alla casa circondariale, mentre in alcune occasioni si è limitato a piazzare delle scommesse sugli eventi calcistici del momento.

Nel corso dell’indagine, gli investigatori sono riusciti ad individuare il canale di approvvigionamento del mercato locale di stupefacenti, rifornito con spedizioni periodiche di ingenti quantitativi provenienti dal quartiere Casal Bruciato di Roma. Il gruppo era talmente ben organizzato che uno dei corrieri utilizzati, dipendente di una tipografia, per non destare sospetti effettuava il trasporto dello stupefacente mediante l’utilizzo di un mezzo della propria ditta.

Dall’attività investigativa è emersa anche una rete di contatti e connivenze tra svariati soggetti locali che, in maniera non sempre consenziente, forniva appoggio all’attività di spaccio condotta dalla compagine criminale. Tra questi figura una donna di Morlupo la quale sarebbe stata costretta a detenere e spacciare lo stupefacente. Un’altra donna, invece, colpita dalla misura cautelare poiché organicamente inserita nel gruppo criminale, si occupava della riscossione dei pagamenti relativi alle vendite al dettaglio di stupefacenti.

Gli arrestati, che godevano di un tenore di vita particolarmente alto grazie ai proventi dello spaccio, non si facevano scrupolo a risolvere dissidi privati e controversie nate in seno al traffico di stupefacenti mediante atti di violenza efferata. In un caso, avrebbero danneggiato una concessionaria auto con una molotov, poiché un’autovettura di grossa cilindrata acquistata presso quella rivendita aveva presentato dei problemi meccanici.

La Compagnia Carabinieri di Bracciano ha eseguito le misure cautelari e il sequestro preventivo, disposto dal Gip, di beni mobili, immobili e conti correnti, per un valore di oltre seicentomila euro (tra cui una villetta ubicata a Morlupo e due autovetture), oltre a numerose perquisizioni a carico di soggetti vicini al gruppo criminale di Morlupo.

Nel corso delle fasi operative dell’esecuzione dell’ordinanza, questa mattina, i Carabinieri hanno arrestato, in flagranza di reato, un’altra persona, vicina al gruppo criminale, per reati inerenti gli stupefacenti, e sequestrato una pistola a salve completa di cartucce, 65 g di hashish, 10 g di marijuana e 4.150 euro in contanti.




ROMA, CASO ORLANDI: CONCORSO IN SEQUESTRO DI PERSONA. QUESTA L’IPOTESI DI ACCUSA PER MONSIGNOR PIETRO VERGARI

Angelo Parca

Indagato per concorso nel sequestro di Emanuela Orlandi Monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant’Apollinare. La decisione sarebbe nata ripercorrendo i rapporti che legavano il boss della banda della Magliana al Monsignore. Infatti proprio De Pedis fu tra i maggiori benefattori di don Vergari e dopo la sua morte l’ex rettore ottenne dal Vicariato il permesso per far tumulare Renatino all’interno della basilica. Sarebbe stato il  Papa in persona a dare l’ordine di fornire la massima collaborazione al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al capo della Mobile Vittorio Rizzi, al fine di fare definitivamente chiarezza sulla questione della tomba e porre quindi fine al danno di immagine che ne sta ricavando l'intera Chiesa. Al vaglio degli inquirenti anche l’autorizzazione da parte del cardinale Poletti alla sepoltura del boss all’interno di Sant’Apollinare. “Mio marito era un uomo generoso nell’aiutare i poveri, nonché i sacerdoti e i seminaristi” affermò nel 2005 alla Dia la moglie di Renatino, la quale fu mandata da Monsignor Vergari a parlare direttamente col Vescovo vicario di Roma, cardinale Poletti. Si presuppone che il colloquio tra la vedova di De Pedis e il Cardinale Poletti  si incentrò sopratutto sulle notevoli offerte fatte dal boss, quantificabili in ben 500 milioni circa delle vecchie lire. Ma il Cardinale Poletti qualcosa di strano dovette intuirlo tanté che dopo l'incontro con la vedova e dopo aver parlato con l’ex rettore Vergari autorizzò solo la sepoltura e non il funerale. “È una notizia importante che conferma la volontà di capire e di accertare i fatti”, dichiara Pietro Orlandi, fratello di Emanuela. Intanto il medico legale, Cristina Cattaneo insieme alla squadra di esperti che stanno esaminando le ossa prelevate dalla cripta della basilica, ne hanno identificate alcune al fine di sottoporle ad esami più specifici.

tabella PRECEDENTI:

24/04/2012 ROMA, VICENDA EMANUELA ORLANDI: ENTRO FINE MAGGIO APERTURA TOMBA DE PEDIS
01/04/2012 CASTEL GANDOLFO, ALESSIO CAMPI: IL CASTELLETTO DELLA BANDA DELLA MAGLIANA E’ CASA NOSTRA
26/02/2012 ROMA ARRESTATO ENRICO NICOLETTI L'EX CASSIERE DELLA BANDA DELLA MAGLIANA