PASSA LA RIFORMA DEL SENATO: ADDIO AL BICAMERALISMO PERFETTO

Redazione

L'Aula del Senato ha approvato il ddl riformecostituzionali, cosi' come modificato durante l'iter a palazzo Madama. I voti favorevoli sono 179. I voti contrari sono 16, 7 gli astenuti.
Hanno votato a favore delle riforme costituzionali solo i partiti di maggioranza che sostengono il governo. Le opposizioni (M5S, Lega, FI e Sel), fatta eccezione per i fittiani che hanno votato contro, non hanno partecipato al voto. Tra i 'dissidenti', nel Pd Tocci, Mineo e Casson; in Forza Italia Bocca e Villari hanno invece votato a favore, in dissenso dal gruppo. Si sono astenuti i senatori tosiani, cosi' come la senatrice a vita Cattaneo (i voti di astensione al Senato equivalgono a voto contrario). Dalla maggioranza fanno osservare che i voti dei verdiniani sono solo voti "aggiuntivi" e non "determinanti".

"grazie a chi lavora per Italia piu' semplice" – "Grazie a chi continua a inseguire il sogno di un'Italia piu' semplice e piu' forte: le riforme servono a questo. #lavoltabuona". Cosi' il premier Matteo Renzi su twitter dopo il si' del Senato sulle riforme.

"Semplicemente una bellissima giornata. Per noi ma soprattutto per l'Italia. Grazie a chi ci ha sempre creduto. E' proprio #lavoltabuona". Lo scrive su twitter il ministro Maria Elena Boschi, dopo il via libera del Senato al ddl riforme.
Riforme: addio al bicameralismo, nasce il 'Senato dei 100'

"Il Senato ha appena approvato il Disegno di Legge di riforma costituzionale, che ora tornera' alla Camera. E' stato un percorso lungo e segnato da momenti tesi e altri sorprendenti (85 milioni di emendamenti non si erano mai visti): non sono state settimane facili". Lo scrive su facebook il presidente del Senato, Pietro Grasso. "Come Presidente ho l'obbligo di assicurare che il Senato proceda nei propri lavori e che tutti i senatori abbiano l'opportunita' di discutere e dare il proprio contributo. Qualche volta, purtroppo, e' stato necessario sanzionare i comportamenti di un singolo per evitare che fossero scalfiti i diritti di tutti i suoi colleghi: il confronto e il dibattito sono l'essenza stessa della democrazia ma quando si valicano i confini dell'educazione e del rispetto reciproco – e alcuni volgari episodi hanno veramente trasceso ogni regola del Senato e del buon gusto – e' il Parlamento intero, e con esso ogni cittadino e cittadina, a essere offeso", aggiunge la seconda carica dello Stato. "Alcuni mi hanno accusato di essere 'schierato' con la maggioranza, altri di essere 'il leader delle opposizioni'. In coscienza posso dire che in un clima cosi' infuocato ho fatto di tutto per rimanere imparziale senza lasciarmi condizionare dalle ragioni degli uni o degli altri. Non e' mio compito entrare nel merito di un provvedimento o giudicarne il contenuto. In questo caso, una volta terminato l'iter parlamentare, saranno i cittadini a decidere, attraverso il referendum, se questa sia o meno una buona riforma della nostra Costituzione", conclude Grasso.

Parla Giorgio Napolitano, le opposizioni lasciano l'Aula. L'ex Capo dello Stato prende la parola a Palazzo Madama per dare il suo imprimatur alle riforme costituzionali (attese ora alla Camera), e la contestazione di Forza Italia e grillini assume caratteristiche senza precedenti: a gruppi quasi compatti si alzano e se ne vanno.
Era stato annunciato, ma questo non elimina per nulla l'effetto delle immagini: l'unico politico ad essere confermato al Quirinale al termine di un mandato presidenziale, tra gli applausi scroscianti di tutti i settori del Parlamento, oggi e' sottoposto ad un trattamento quasi umiliante.
E' Silvio Berlusconi a dare il via, lontano dall'Aula, alla protesta. La sua prima osservazione e' tutta politica: "Il combinato disposto di questo Senato, con una sola Camera che legifera, e il fatto che un solo partito puo' prendere il comando, ci porta verso una non democrazia".
Piu' esplicito Roberto Calderoli: e' la riforma come la sognava Licio Gelli.
Poi ancora Berlusconi ed il gruppo decidono la protesta.
Il M5S, da parte sua, fa lo stesso. Sui banchi delle opposizioni sono lasciate cartelline bianche rosse e verdi che, poste una accanto all'altra, danno l'effetto di tanti Tricolori.
Sel, Lega e ancora M5S scelgono l'Aventino, lasciano del tutto l'Aula. Fi rientra ma non partecipera' al voto.
Il Pd censura i contestatori e difende Napolitano. "Sono intollerabili le critiche di Berlusconi e le contestazioni di esponenti di FI e M5S nei confronti del Presidente emerito", dice Alessia Rotta, della segreteria del partito. Certo, quelle che oggi lasciano il Senato non sono riforme condivise.
Le opposizioni non hanno scelto una linea comune al momento del voto finale. Lega e 5 Stelle hanno optato per l'Aventino, abbandonando l'Aula. Sel ha deciso di non partecipare al voto ma, come ha annunciato la capogruppo De Petris, restano nell'emiciclo. Stessa scelta per Forza ITalia, che dopo l'intervento del capogruppo Romani ha lasciato i banchi dedicati al gruppo e si e' riversata nell'emiciclo senza partecipare al voto (applaudendo alcuni passaggi del dissidente Pd Tocci), anche se diversi senatori azzurri hanno lasciato l'Aula. Gli unici a restare in Aula e votare contro, al momento e salvo cambiamenti per gli altri gruppi, saranno i Conservatori e Riformisti di Fitto.




RIFORMA DEL SENATO: È QUASI FATTA. MARTEDÌ IL VOTO FINALE

Redazione

Il presidente del Senato Pietro Grasso ha annunciato che le dichiarazioni di voto finale sul ddl Boschi e il voto avverranno in Senato martedì prossimo, 13 ottobre, dalle 15 in diretta tv. Il Senato ha infatti approvato l'ultimo articolo del ddl Boschi, il 41. I sì sono stati 165, i no 58, gli astenuti 2. La riforma del Senato è dunque ad un passo dall'approvazione da parte di Palazzo Madama. Oggi gli ultimi sì agli tabella rimanenti. Durante l'esame dell'articolo 38 del provvedimento, un emendamento all'articolo in questione con il voto segreto è stato bocciato con 145 no, 110 si e 5 astenuti. Durante le votazioni segrete la maggioranza si abbassa circa di 10/15 unità. Nel voto successivo la maggioranza è arrivata a 169.

Ieri è stato dato il via libera agli tabella delle riforme che introducono il nuovo federalismo, tra l'altro aumentando le materie su cui sarà possibile la devoluzione delle competenze dallo Stato alle Regioni. Ma il colpo di scena è arrivato dall'accoglimento da parte del governo di un ordine del giorno di Raffaele Ranucci (Pd) che impegna l'esecutivo a presentare a breve una riforma che tagli il numero delle Regioni. La presentazione di un emendamento dell'esecutivo sulla discussa norma transitoria certifica l'intesa interna al Pd, mentre l'opposizione si divide e dentro forza Italia si registra una spaccatura verticale. Il Senato ha approvato l'articolo del ddl Boschi che riscrive l'articolo 117 della Costituzione, cioè l'assetto federale. Il nuovo testo abroga le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, e riporta in capo allo Stato alcune materie, tra cui la tutela dell'ambiente e dei beni culturali, l'energia, le infrastrutture strategiche, la protezione civile. In più nel nuovo articolo 117 c'è la cosiddetta clausola di salvaguardia dell'unità nazionale: lo Stato potrà riprendersi alcune competenze "quando lo richiede la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica della Repubblica o lo rende necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale".

A compensare la centralizzazione di alcune competenze, c'è però l'approvazione di un emendamento di Francesco Russo (Pd), fatto proprio e riformulato dal governo, che amplia le materie che potranno essere devolute dallo Stato alle Regioni, purché esse abbiano i conti a posto. Potranno essere devolute l'organizzazione della giustizia di pace, l'istruzione, le politiche attive del lavoro e la formazione professionale, la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, e il governo del territorio. L'emendamento di Russo aggiunge a tali materie le "disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali" e il commercio con l'estero. Ma ad animare il dibattito ci ha pensato un ordine del giorno di Raffaele Ranucci che impegnava il governo a presentare una riforma che riduca il numero delle regioni, prima che entri in vigore il ddl Boschi.




RIFORMA DEL SENATO: FARE E FAREMO!

di Alberto De Marchis

Non sente nulla Renzi e va dritto come stesse parlando dal pulpito di piazza Venezia. Non è una corbelleria scrivere che sembra Benito che incita la folla e intanto costringe tutti a piegarsi alla sua volontà. Sulla riforma del Senato "il governo è sempre disponibile a migliorare il testo, ma non a stravolgerlo". Così il ministro Maria Elena Boschi annuncia la linea dura del governo, con il premier Renzi che rincara la dose: "Nessun golpe, decidono i cittadini". Ma con l'esecutivo che impone la "tagliola" sul dibattito per le riforme, le opposizioni lasciano l'Aula e marciano verso il Colle.La maggioranza ha ottenuto il contingentamento dei tempi, dopo la preoccupazione espressa mercoledì sera dal presidente Napolitano al presidente del Senato Grasso. Le riforme saranno dunque votate entro l'8 agosto, ma le opposizioni (M5S, Lega e Sel) sono insorte e hanno deciso una azione eclatante salendo insieme al Quirinale per protestare con il Capo dello Stato. La protesta è scattata dopo le parole del presidente del Consiglio che ha confermato la ferrea volontà di "non mollare" e di andare fino in fondo contro qualsiasi ostruzionismo, politico e non. "In Italia c'è un gruppo di persone che dice no da sempre, e noi senza urlare diciamo "sì". "Piaccia o non piaccia le riforme le faremo!". "Io ho preso un impegno con i cittadini, quel 40,8%, che mi hanno votato. E su quell'impegno mi gioco la carriera", è la determinazione del premier. La decisione della "tagliola" sui tempi, spiegano ambienti governativi, non è stata presa per timore sull'esito del voto – "la maggioranza c'era comunque" – ma per evitare di essere in balia di una lunga estate o, peggio, di un rinvio a settembre. Una posizione davanti alla quale, per la prima volta, l'opposizione si compatta: Sel, M5S, Lega ma anche alcuni componenti del gruppo misto al Senato hanno scelto di fare sentire la loro voce. In testa al corteo vero il Colle ci sono stati i senatori: i capigruppo Gianmarco Centinaio per la Lega, Vito Petrocelli per il M5S e Loredana De Petris di Sel. Ma a loro si sono uniti anche tanti deputati. Al Quirinale le opposizioni sono state ricevuto dal segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra. Giorgio Napolitano, indisposto, non ha potuto ricevere i gruppi parlamentari che con tanta urgenza chiedevano un incontro con lui, di fatto insediandolo nella non facile posizione di mediatore di una battaglia che potrebbe diventare davvero sanguinosa. Ma ciò non toglie che il presidente sia stato minuziosamente informato da Marra delle preoccupazioni delle opposizioni e abbia preso il pallino in mano per cercare di far uscire uscire dall'impasse il dibattito al Senato. Certo, l'obiettivo del lavoro del presidente rimane, sottolineano fonti parlamentari, il varo a tutti i costi di una riforma, quella del superamento del bicameralismo paritario, per la quale Napolitano si spende da anni, convinto che il Paese abbia bisogno di un restyling. Dure le parole dei grillini: "Napolitano fermi questo scempio, se rimarrà sordo a questo ultimo grido di allarme nulla sarà più come prima".




RIFORMA DEL SENATO: IL CONSIGLIO DEI MINISTRI APPROVA ALL'UNANIMITA'

Redazione

Roma – Approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri il ddl di riforma costituzionale del Senato e del Titolo V della Costituzione lo ha annunciato il premier Matteo Renzi in conferenza stampa.

La nuova assemblea si chiamerà Senato delle Autonomie, non sarà elettiva e sarà composta da 148 senatori, compresi i 21 tra senatori a vita e personalità nominate dal Presidente della Repubblica.
 
La riforma del Senato "mette la parola fine a una discussione trentennale", ha commentato il premier. "Noi – ha spiegato Renzi – approviamo un ddl che intende superare il bicameralismo perfetto con quattro paletti: no al voto di fiducia, no voto sul bilancio, no elezione diretta dei senatori, no indennità per i senatori".  "E' una grandissima svolta per la politica e le istituzioni".

"Sono assolutamente certo – ha aggiunto, affiancato dal ministro Maria Elena Boschi che ha poi spiegato i dettagli del ddl e dal sottosegretarioalla presidenza del Consiglio Graziano Delrio – che non ci saranno tra i senatori persone che non colgano la straordinaria opportunità che stiamo vivendo. Sono certo che la stragrande maggioranza dei senatori non potrà scacciare questa speranza. Io sono convinto che non ci sia alternativa". "Non so se ci sarà il lieto fine ma questo è un buon inizio, il governo dice basta con i rinvii, mettiamo in campo il ddl costituzionale che ha una sua forza straordinaria".

Sulla tenuta del Pd che appare non così scontata, incalzato dai giornalisti, Renzi ha ostentato sicurezza: "Io non sono preoccupato". Quanto a Silvio Berlusconi, che ha parlato di mancato rispetto degli impegni da parte del Partito Democratico per lo stop imposto alla legge elettorale per dare priorità alla riforma del Senato, Renzi ha ricordato che al Nazareno tra i due leader era stato concordato non solo l’Italicum, ma un intero pacchetto di riforme comprendente, appunto, il superamento del bicameralismo. "Il Pd rispetterà l’impegno e sarà coerente" ha tagliato corto.

“Voglio essere l’ultimo presidente del consiglio ad avere ricevuto il voto di fiducia dall’aula di Palazzo Madama” ha poi aggiunto l’ex sindaco di Firenze.

Il ddl costituzionale prevede anche una revisione del Titolo V della Costituzione, con il riordino della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni; l’abolizione del Cnel, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Renzi ha poi detto di auspicare che almeno in prima lettura il ddl possa essere approvato prima delle elezioni europee di fine maggio.

Il premier ha quindi spiegato che "da giovedì (sarà) a tempo pieno sulle questioni interne immaginando di presentare il Documento di economia e finanza tra martedì e mercoledì della settimana prossima". E ancora: "Entro fine aprile saranno affrontati i temi di fisco, pubblica amministrazione, innovazione e riorganizzazione dello Stato".

"I decreti per gli 80 euro in più nella busta paga dei lavoratori saranno approvati nella settimana di Pasqua". Tale tempistica – ha promesso il presidente del Consiglio – consentirà ai lavoratori con i redditi più bassi di vedere gli 80 euro nella busta paga di maggio.

Il ministro Boschi ha poi illustrato i dettagli della riforma. "Rispetto alla bozza del 12 marzo – ha detto la Boschi – ci sono delle modifiche. Innanzitutto cambia il nome: torna a chiamarsi Senato, ma si chiamerà Senato delle autonomie. Per la composizione c'è una apertura a discutere sulla proporzionalità per quel che riguarda le Regioni purché con le Regioni si trovi un accordo che ancora non c'è".

Sarà composto da 148 persone, mentre oggi i senatori sono 315; 21 nominati dal Quirinale e 127 rappresentanti dei consigli regionali e dei sindaci. Il ddl prevede una composizione paritaria di tutte le Regioni e tra Regioni e sindaci, ma c'è "la disponibilità a esaminare una composizione proporzionale al numero degli abitanti di ciascuna Regione". Ha sottolineato poi la Boschi che "gli ex presidenti della Repubblica e i senatori a vita faranno parte del Senato. Per il loro ruolo super partes entreranno dunque nella Camera meno politica"

"Il Senato – ha concluso la Boschi – mantiene la competenze per le leggi costituzionali. E dunque su quelle che sono le regole fondamentali per il nostro vivere insieme rimane una doppia lettura tra Camera e Senato per una maggiore garanzia".