MONTI E LA TELA DI PENELOPE

Emanuel Galea

Dimentichiamo per un attimo le ragioni e le motivazioni di Penelope nell’aver escogitato lo stratagemma del “lenzuolo funebre”  passato alle cronache come la famosa tela che Penelope tesseva durante il giorno per poi disfarla la notte. Focus sul fatto: fare per poi disfare. Quando il 16 novembre 2011 Silvio Berlusconi lasciò Palazzo Chigi,  al termine della cerimonia di consegna della campanella del Consiglio dei ministri al nuovo presidente Mario Monti,  l’Italia, si disse e percepì, fece un sospiro di sollievo poiché vide nel professore bocconiano il promesso “salvatore della Patria”.

In quei giorni lo spread Btp-Bund toccò livelli record, oltre 570 punti e intanto, si fece avanti lo spettro del default seguito dal  panico a piazza affari. Titoli come “Berlusconi credibilità Italia sotto zero”, “Nessuna credibilità internazionale” apparsero sulle testate dei giornali locali ed estere e molti riproposero il sorriso sarcastico di Sarkozy e l’ammiccamento ironico della Merkel, purtroppo molto eloquenti. Questo il quadro della situazione Italia in quel momento.

Poi venne Monti, il senatore a vita, così l’Italia e non solo, a suo dire, è rifiorita.  Lentamente lo spread ha sfebbrato, l’azienda nostrana ha arretrato lievemente dal vortice che stava per fagocitarsi l’intero stivale, il panico a piazza affari si è, in un certo senso, e non tanto, dileguato. Monti, bandiera viva dell’Italia, trionfa in Europa e lo stesso Obama vede nella sua politica un format da seguire. Monti abilissimo a tessere la tela, lavora notte e giorno e mai, crediamo noi, avrebbe potuto immaginare che la tela della speranza potesse diventare il lenzuolo funebre inanellato con la credibilità di tutta una nazione. Il governo Monti inciampa sulla strana vicenda dei due marò mostrando una tela tarlata. La storia è ben conosciuta e si può fare a meno di ripeterla ancora una volta. Il governo italiano, dal professore guidato, rincorre una rissa di luoghi comuni e finisce per compromettere le relazioni diplomatiche tra due nazioni. All’inizio della faccenda le trattative transitavano su binari normali, l’onore dell’Italia, rappresentato dall’ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancini, fu alto. I due marò godevano di trattamenti particolari. Poi, qualcosa si è rotto.

Dopo la regolare venuta natalizia, i due marò tornano di nuovo a casa per le votazioni ma questi non verranno riconsegnati alle autorità indiane. Un gesto che si è concluso con una genuflessione: umiliati, i due marò, vengono accompagnati dal sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura vengono riaccompagnati e riconsegnati nelle mani delle autorità indiane. I maligni domandano, se in tutto questo pasticcio c’entrano in qualche modo gli “elicotteri Augusta” e tutti i pasticci a loro connessi. Se questi due marò, che ormai saranno guardati con sdegno, sbeffeggiati, indicati come quelli che volevano fare i furbi, siano in qualche modo merce di scambio. Se così fosse sarebbe molto triste e grave.

L’Italia che con arroganza credeva di fare stupida una nazione, che guarda caso, è una dei maggiori paesi emergenti, oggi si trova prostrata ed umiliata davanti ai suoi partners. Monti aveva costruito una credibilità; aveva tessuto il suo governo e, non crediamo alla storiella che la responsabilità sia tutta di un semplice ministro,  ha affossato il nome dell’Italia e lo ha reso lo zimbello dell’Europa e non solo.  Qualora si verificassero fondate le chiacchiere che tutto questo pasticcio meschino ed improvvido sia stato fatto per fini di scambi commerciali, quel lenzuolo funebre che Penelope preparava per il  suocero Laerte, anche senza volerlo, rischia di avvolgere il buon nome ferito e prostrato del Bel Paese.