Castelli Romani, psicologia: che cos’è il disturbo ossessivo di personalità

A cura della Dott.ssa Catia Annarilli – Psicologa Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

Si tratta di persone che mostrano una eccessiva preoccupazione per l’ordine, il perfezionismo, il controllo mentale ed interpersonale.
L’insorgenza del disturbo solitamente è nella prima età adulta.
Si possono facilmente identificare alcuni tratti caratteristici del disturbo come ad esempio: la preoccupazioni per i dettagli, le regole, le liste, l’ordine e l’organizzazione rendendo questi aspetti lo
scopo principale dell’attività a discapito del vero compito; un perfezionismo eccessivo che interferisce con il completamento del compito; una eccessiva dedizione al lavoro tanto da escludere qualunque altra forma di attività ludica, di divertimento o di svago; una incapacità di poter gettare via oggetti consumati, vecchi, inutilizzati privi di qualsiasi forma di valore anche affettivo; una incapacità di delegare compiti agli altri a meno che questi non si sottomettano a regole e indicazioni precise; un’avarizia e una parsimonia per il denaro che va accumulato e non sperperato; una forte rigidità e una marcata testardaggine.

La caratteristica principale del disturbo è comunque individuabile nell’eccessiva preoccupazione per l’ordine, per il perfezionismo e il controllo mentale e relazionale, l’obiettivo è quello di mantener il controllo; il perfezionismo è teso alla ricerca di possibili ed eventuali errori, il tutto crea uno stato di tensione continua nella persona e ciò nella maggior parte dei casi compromette il raggiungimento dell’obiettivo del compito.
Gli aspetti sopra descritti sono presenti in un gran numero di persone ma non sempre sono da considerarsi come elementi di disturbo, ne’ possono essere definiti disfunzionali in quanto – nella maggior parte dei casi – trovano spesso un buona forma di adattamento funzionale in un gran numero di professioni e di profili di personalità pensiamo ad esempio ad un chirurgo attento, un ingegnere scrupoloso o un ragioniere preciso.
Le persone che invece, arrivano a chiedere un aiuto psicologico sono tutti coloro che, associati ai tratti caratteristici di questo quadro di personalità, hanno un vissuto emotivo di disagio e sofferenza come stati di ansia, tratti depressivi e, altri ancora, possono avere vissuti di disagio al livello familiare in quanto, frequentemente, i familiari, i coniugi, i figli o i genitori subiscono i sintomi di controllo e di perfezione come elementi paralizzanti le dinamiche familiari e coniugali.

In queste persone il mondo dei sentimenti e degli stati emotivi appare chiuso ed estremamente difficile da gestire, hanno difficoltà a mostrare e parlare dei loro sentimenti e il sistema rigido di regole che si sono imposti è una forma di controllo anche di questo mondo interno, che se privo di tale controllo determinerebbe – secondo la loro personale percezione – una vera catastrofe emotiva.
Chi soffre di questo disturbo raramente prova disagio per le proprie caratteristiche, percependole anzi come fortemente adattive e funzionali, il disagio è invece sofferto da chi entra in contatto con loro: familiari, colleghi di lavoro o partner sono quelli che maggiormente vivono il fastidio del disturbo e che più di tutti soffrono la disfunzionalità adattiva dei sintomi.
L’aiuto psicologico può essere individuale di coppia o anche familiare questo dipende in parte dal tipo di richiesta di aiuto che viene formulata, ma anche da chi si fa’ portavoce della richiesta: se il paziente stesso o un genitore o un coniuge ed infine anche dal tipo di sofferenza.

Bibliografia di riferimento:
DSM V Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, American Psychiatric Association ,
Raffaello Cortina Editore.

Dott.ssa Catia Annarilli
Psicologa Psicoterapeuta
Terapeuta EMDR

catia.annarilli@gmail.com
www.centropsicologiacastelliromani.it




Albano, rubrica psicologia: la famiglia incontra la morte. Resilenza e crescita davanti al dolore

 

A cura della Dottoressa Catia Annarilli – Psicologa Psicoterapeuta 


ALBANO LAZIALE (RM)
– La morte è un evento biologico che mette fine ad una vita ed è l’evento vitale in grado di suscitare nelle persone pensieri carichi di una intensa emotività, è uno degli argomenti che maggiormente crea disagio e tabù, molti muoiono portandosi nella tomba tante cose di cui non sono riusciti a parlare, tanti segreti di cui sono stati custodi durante la loro vita, altri invece riescono ad affrontare molte questioni ma non il tema della morte sia quella naturale a cui tutti andiamo incontro sia quella che si subisce per la perdita di un caro. Il malato incurabile o quello terminale, colui che affronta la morte da vicino attiva intorno a sé diversi sistemi di comunicazione automatici che hanno tutti la funzione di proteggere dall’ansia:


– chi è malato terminale ha la consapevolezza della morte incombente, stato che però non comunica a nessuno, lo custodisce dentro di sé alimentando lo stato di sofferenza interna;
– la famiglia che riceve le informazioni dal medico, aggiunge a queste altre informazioni che ha raccolto da altre fonti per poi aggiustare il tutto e comunicare al paziente e al medico ed infine imposta un discorso che eviti al paziente una reazione ansiosa troppo eccessiva;
– medici e sanitari hanno un loro sistema di comunicazione chiuso basato su dati medici ritarato dall’ansia della famiglia: più il medico è emotivo più userà un gergo che i familiari non comprendono e più questo alimenterà nella famiglia e nel paziente lo stato ansioso;

La maggior parte dei problemi sorgono quando il sistema chiuso della medicina si scontra con il sistema chiuso del paziente e della famiglia e la minaccia della malattia mortale amplifica l’ansia. Nella pratica clinica si è visto come le persone gravemente malate sono molto riconoscenti quando si offre loro la possibilità di parlare della morte, questo tipo di dialogo permette loro di sentirsi rafforzati, li rende partecipi e consapevoli di quello che sta accadendo loro e non solo vittime impotenti, ciò è fortemente in contrasto con la credenza che la persona possa essere troppo fragile per accettare tutto questo.
L’equilibrio di una famiglia è facilmente influenzabile dai cambiamenti da una nascita così come dalla morte di un suo componente e davanti alle perdite la famiglia ha bisogno di un tempo per trovare un nuovo equilibrio, la durata di questa ricerca dipende anche dal grado di integrazione emotiva precedente al disturbo: una famiglia ben integrata può avere una reazione molto forte al momento della perdita per poi però riorganizzarsi abbastanza rapidamente in modo adattivo; al contrario, famiglie meno integrate possono rispondere con una reazione tiepida al momento del fatto salvo mostrare poi sintomi importanti più avanti, sintomi che possono andare da manifestazioni fisiche come malattie gravi ad altri diversi invece più legati a fenomeni di dipendenza (sostanze, alcool o dipendenza emotiva) o alla devianza più in generale. L’onda d’uro emotiva – una sorta di colpo di frusta dopo la morte di un familiare – è un complesso intreccio di contraccolpi sotterranei costituiti da eventi vitali gravi che possono prodursi ovunque nel sistema familiare esteso nei mesi o negli anni che seguono la morte o un evento luttuoso e non ha a che fare con quello che accade subito dopo l’evento ma è più legato ad una certa rete sotterranea di dipendenza emotiva reciproca fra i membri della famiglia. Questa dipendenza è spesso negata e quando si cerca di metterla in luce il sistema familiare si riorganizza per modificarla, nella maggior parte dei casi questo fenomeno di onda d’urto appare dopo la morte di un membro importante della famiglia la cui perdita mette il sistema davanti ad uno stress fortissimo i cui effetti si manifestano a distanza di tempo sui membri rimasti con i sintomi diversi. Ad esempio la morte di un nonno significativo non di rado può comportare – in una famiglia ad alta fusione emotiva – la comparsa di sintomi nei figli e nei nipoti.
Lavorare in psicoterapia con le famiglie che stanno affrontando la morte di un componente significativo o che stanno affrontando una malattia grave terminale può essere un aiuto prezioso ed estremamente utile perché tutela la famiglia stessa da ripercussioni emotive disfunzionali e aiuta tutti a gestire un dolore altrimenti incontenibile emotivamente.

Dott.ssa Catia Annarilli
Psicologa Psicoterapeuta
www.centropsicologiacastelliromani.it
cell. 3471302714

Bigliografia:
Murray Bowen “Dalla famiglia all’individuo” ed Astrolabio, Roma 1979




ALBANO LAZIALE, PSICOLOGIA: DISCALCULIA DI COSA SI TRATTA E COME INTERVENIRE

A cura della Dottoressa Chiara Marianecci, Logopedista

Albano Laziale (RM) – Con il termine “discalculia” si fa riferimento al disturbo all’apprendimento del sistema dei numeri e del calcolo. Generalmente si riscontra in comorbilità con altri disturbi dell’apprendimento come la dislessia (disturbo di apprendimento della lettura) o la disortografia (disturbo della scrittura), ma esistono anche alcuni casi in cui può manifestarsi “pura”, cioè isolatamente. La diagnosi di discalculia viene formulata generalmente intorno alla metà della terza elementare, tuttavia molti aspetti predittivi possono essere colti precocemente, prima di questo periodo. Per l’individuazione delle caratteristiche essenziali per la diagnosi è necessario effettuare valutazione neuropsichiatrica e logopedica con test di livello. Questa la catalogazione degli errori più comuni individuabili da un terapista.
Errori del sistema del numero: errori di conteggio; errori di codifica semantica, ovvero complicazioni nel riconoscere l’ordine di grandezza e di identificazione dei rapporti fra le cifre all’interno di un numero; difficoltà di transcodifica, ossia di scrittura e lettura dei numeri.
In altri casi, il sistema del numero può risultare adeguato ed invece maggiori complicazioni possono evidenziarsi a carico delle abilità di calcolo: non vengono recuperati semplici e rapidi calcoli a mente o le tabelline; errori nelle procedure, come problematiche nell’incolonnamento, nel riconoscimento dei segni, esecuzione delle regole specifiche dell’algoritmo e delle sotto-operazioni, controllo del risultato.
Una diagnosi precoce è indispensabile per permettere un’individuazione delle caratteristiche del disturbo, con la conseguente identificazione delle misure dispensative e gli strumenti compensativi più adeguati per il superamento quotidiano della difficoltà riscontrate dal bambino discalculico, oltre che le strategie di terapia logopedica che possano fungere da sostegno, compenso e potenziamento.

Logopedista Chiara Marianecci
Tel. 3497296063
Email: chiara.marianecci@hotmail.it