Centro studi Confindustria: nel secondo trimestre 2023 Pil italiano quasi fermo

La dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre “è stimata molto debole, quasi ferma” e le attese per il terzo trimestre “sono poco più positive”: flettono l’industria e le costruzioni mentre prosegue la crescita moderata dei servizi, trainati dal turismo.

La crescita è “frenata dai tassi alti” e anche “il traino estero all’export di beni si è arrestato”.

Del resto la Germania “è in recessione” anche se secondo gli esperti durerà poco.
E’ questo il quadro di sintesi tracciato dal Centro studi di Confindustria (Csc) nel report Congiuntura flash, che arriva alla vigilia dei nuovi dati dell’Istat sul Pil italiano attesi lunedì.




Economia, Moody’s scommette sull’Italia: rialzo Pil 2022 al 3,7%

Moody’s vede per l’Italia quest’anno una “performance economica migliore del previsto, sempre vincolata comunque all’approvvigionamento energetico”.

Lo si legge in un una ‘credit opinion’ sul credito sovrano italiano della società statunitense, che non presuppone un’azione sul rating, nella quale Moody’s spiega di aver rivisto al rialzo la
previsione sul Pil della penisola per il 2022 al 3,7% dal precedente 2,7%.

Giovedì l’agenzia di rating aveva invece abbassato le stime sul prodotto interno lordo dell’eurozona per l’anno prossimo, portando le previsioni per l’Italia a un calo dell’1,4%.

Secondo Mood’y però “il nuovo governo mancherà i suoi obiettivi fiscali a causa di un contesto economico che nel 2023 rimarrà difficile per tutto l’anno, poiché l’inverno 2023-24 accuserà notevoli venti contrari alla crescita economica”. 

A proposito della Nadef, Moody’s conferma che l’obiettivo di disavanzo 2023 sia “sostanzialmente superiore a quanto previsto dal governo Draghi a settembre (4,5% del Pil contro il 3,4%), ma le misure più costose proposte in campagna elettorale, che comporterebbero disavanzi di bilancio più elevati, non sono all’ordine del giorno nel 2023”.




Istat, Pil cala dell’8,8 percento nel 2020

Nel 2020 il Pil italiano è calato dell’8,8% (dato grezzo) mentre nel quarto trimestre del 2020 è sceso del 2% rispetto al trimestre precedente e del 6,6% rispetto al quarto trimestre del 2019. Lo rende noto l’Istat in base alle stime provvisorie.

Il dato è lievemente migliore delle attese che indicavano un calo del 9%.

Per il periodo ottobre-dicembre il consensus degli analisti indicava un calo tra il 2% e il 2,2%. In termini destagionalizzati nel 2020 il pil italiano è sceso dell’8,9%.

Il Pil acquisito per il 2021, quello che si otterrebbe se la variazione di tutti e 4 i trimestri dell’anno fosse zero, è positivo, pari a +2,3%.

L’economia italiana, spiega l’Istat commentando i dati, registra, dopo il robusto recupero del terzo trimestre pari a +16%, una nuova contrazione nel quarto “a causa degli effetti economici delle nuove misure adottate per il contenimento dell’emergenza sanitaria. Tale risultato – continua l’Istituto di statistica – determina un ampliamento del calo tendenziale del Pil: da -5,1% del trimestre precedente a -6,6%”. Il quarto trimestre ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al quarto trimestre del 2019. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, ovvero agricoltura, silvicoltura e pesca, industria e servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta.

“Oggi dalla Commissione Ue nuovo finanziamento all’Italia di 4,5 miliardi per il lavoro” nell’ambito del programma SURE di sostegno alla cig: lo annuncia su twitter il commissario all’economia Paolo Gentiloni.

Nel quarto trimestre 2020 torna in calo il Pil dell’Eurozona: -0,7% nella zona euro e -0,5% nella Ue-27. In Italia il calo è di -2%, il secondo più alto dopo l’Austria (-4,3%). Terza peggiore è la Francia (-1,3%). Sale invece in Lituania (+1,2%) e Lettonia (+1,1%). Il calo europeo, segnala Eurostat nella stima flash, segue il forte rimbalzo del terzo trimestre (+12,4% nella zona euro e +11,5% nella Ue-27).

“In base alle prime stime sulla crescita annuale per il 2020, basate sui dati trimestrali, il Pil nella zona euro è calato del 6,8% e nella Ue-27 del 6,4%”: è quanto sottolinea Eurostat nella nota che accompagna la stima flash sul Pil del quarti trimestre 2020.




Crescita Italia, Pil fermo a zero. Zingaretti: “Questo governo sta uccidendo la speranza degli italiani”

Il Pil italiano nel secondo trimestre del 2019 è rimasto fermo sia rispetto ai tre mesi precedenti che su base annua. Lo rileva l’Istat nelle stime (dati corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati). Si registrano quindi variazioni nulle, ‘crescita zero’, in entrambi i confronti: congiunturale e tendenziale.

Il Prodotto interno lordo dell’Italia è risultato “stazionario” nel secondo trimestre del 2019, rallentando dopo il “marginale recupero” congiunturale del primo trimestre dell’anno. In termini tendenziali invece si registra una, sempre lieve, accelerazione: la crescita zero succede a un Pil negativo per lo 0,1%. Per l’Istat continua così la “fase di sostanziale stagnazione”, visto che per il quinto trimestre consecutivo la variazione congiunturale si attesta intorno allo zero.

La crescita del Pil acquisita per il 2019 (quella che si otterrebbe se i restanti trimestri dell’anno si chiudessero con una variazione nulla) risulta nulla.
La variazione congiunturale del Pil nel secondo trimestre del 2019 è pari a zero, ma c’è stato un arrotondamento per difetto, infatti rispetto al primo trimestre il Prodotto interno lordo guadagna circa 100 milioni. Una cifra che però non basta a far scattare il segno più davanti al dato. Fin qui la prospettiva congiunturale, a livello tendenziale invece l’aggiustamento è per eccesso, si sono infatti persi circa 180 milioni.

“Sebbene il quadro internazionale rimanga complesso, la crescita dell’economia italiana dovrebbe gradualmente riprendere nella seconda metà dell’anno. Pertanto, la previsione di crescita media annuale del Def (0,2 per cento) è ancora raggiungibile”. Così in una nota il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, dopo la crescita zero del secondo trimestre certificata dall’Istat. “Dobbiamo perseverare nello sforzo di rilanciare la crescita dell’economia in un contesto di stabilità finanziaria e sostenibilità sociale ed ambientale”.

“Il dato era atteso e riflette in larga parte il rallentamento in atto nell’economia dell’eurozona”. Così il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria dopo che l’Istat ha certificato crescita zero nel secondo trimestre. Una valutazione, prosegue una nota del Mef, “in linea con le stime più aggiornate” del ministero che “descrive una situazione di complessiva stagnazione dell’attività economica”.

Il dato dato sulla crescita zero nel secondo trimestre “non ci sorprende, sono molti mesi che vediamo l’economia italiana sostanzialmente ferma”, commenta il capoeconomista di Confindustria Andrea Montanino, interpellato dall’ANSA. “Vediamo qualche piccolo segnale positivo che potrebbe ripercuotersi sull’andamento del Pil ma difficilmente nel 2019 andremo oltre la crescita zero che avevamo previsto o solo di qualche decimale”. E avverte: “Anche se avessimo una seconda parte del 2019 più positiva ormai l’anno è compromesso”.

“Crescita zero. Questo governo sta uccidendo la speranza degli italiani. Organizziamo l’alternativa: vogliamo lavoro, scuola, sanità investimenti”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd Nicola Zingaretti.




Economia italiana, Istat: rallenta il Pil e previsioni di crescita riviste al ribasso

Mancano poche settimane alla fine dell’anno e all’orizzonte non si intravede nessuna ripresa economica. La crisi continua e nessuno sa dirci quando finirà. Quanto emerge dalle Prospettive per l’economia italiana nel 2018-2019 diffuse ieri dall’Istat, sono chiare: rallentamento del Pil e previsioni di crescita riviste al ribasso per quest’anno.

Nell’anno in corso, il processo di ricostituzione dello stock di capitale è atteso proseguire a ritmi sostenuti influenzato sia dal proseguimento del ciclo espansivo dei mezzi di trasporto sia dalle condizioni favorevoli sul mercato del credito. Gli investimenti fissi lordi sono previsti crescere del 3,9% nel 2018 per poi decelerare nel 2019 (+3,2).

L’attuale scenario di previsione è caratterizzato da alcuni rischi al ribasso rappresentati da una più moderata evoluzione del commercio internazionale, da un aumento del livello di incertezza degli operatori e dalle decisioni di politica monetaria della Banca Centrale Europea. L’utilizzo dei nuovi dati e il mutamento dello scenario internazionale e nazionale, spiega l’Istat, hanno portato a una revisione al ribasso del tasso di crescita del Pil per il 2018 (-0,3 punti percentuali). La revisione è dovuta prevalentemente al rallentamento del commercio mondiale (0,6 punti percentuali la stima al ribasso per l’anno corrente) con conseguenti effetti sulla stima di importazioni e esportazioni (-2,1 e -2,7 punti percentuali rispettivamente). Il contributo della domanda estera netta è comunque risultato invariato e pari a zero.

Di segno negativo la revisione del contributo della domanda interna al netto delle scorte (da +1,5 di maggio a +1,3) determinata dalla diminuzione della spesa delle famiglie e degli investimenti (rispettivamente -0,3 e -0,1 punti percentuali). Il contributo delle scorte è stato invece rivisto al rialzo di un decimo di punto. Inoltre, dal rapporto Istat emerge che nel 2018, la spesa delle famiglie e delle istituzioni sociali private in termini reali è stimata in deciso rallentamento rispetto agli anni precedenti +0,9%, con un recupero nel 2019 (+1,2%), quando beneficerebbe degli effetti positivi delle politiche fiscali indicate nella Legge di Bilancio. La domanda anche per il 2019 sarà la stessa: come si può uscire dalla crisi senza incrementare l’occupazione? Un’altra domanda: come si possono creare dei posti di lavoro, quando si stanno studiando dei sistemi informatici, che sostituiranno l’uomo?

Marco Staffiero




Ue allarmata sui piani di bilancio italiani ma Tria rasserena l’Eurogruppo: “Il debito / Pil scenderà nel 2019”

Primo test in Europa per la manovra dopo la pubblicazione della nota di aggiornamento del Def. “Adesso cercherò di spiegare quello che sta accadendo e come è formulata la manovra”, ha detto il ministro entrando all’Eurogruppo e rispondendo alle domande dei giornalisti. Il ministro ha invitato i partner europei a stare “tranquilli”, e ha anche rassicurato sul fatto che “il debito/pil scenderà” nel 2019.

Ma il percorso per il ministro dell’Economia sembra tutt’altro che in discesa. “Aspettiamo la bozza di legge di stabilità” ma “a una prima vista” i piani di bilancio italiani “non sembrano compatibili con le regole del Patto”, dice il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis entrando all’Eurogruppo. “Ci sono regole e sono uguali per tutti perché i nostri futuri” di Paesi dell’Eurozona “sono legati” – avverte il ministro dell’economia Bruno Le Maire rispondendo a una domanda sull’Italia. “Noi riduciamo il debito, rispettiamo le regole e stiamo sotto il 3% non per soddisfare la Commissione Ue ma perché crediamo che ridurre la spesa pubblica, introdurre riforme sia buono per i francesi”, ha aggiunto.

Perplessità anche anche dal commissario agli affari economici, Pierre Moscovici: “Per il momento quello che so è che il deficit del 2,4%, non solo per l’anno prossimo ma per tre anni, rappresenta una deviazione molto, molto significativa rispetto agli impegni presi” dall’Italia.

Parole, queste di Moscovici, che mettono in allarme i mercati: lo spread vola a 282 punti e Piazza Affari chiude in calo

Tria potrebbe rientrare già stasera a Roma da Lussemburgo al termine dell’Eurogruppo in anticipo, dunque, rispetto alla consueta missione di due giorni che prevede per martedì anche la riunione Ecofin.

Al suo posto potrebbe quindi partecipare al vertice dei ministri economici dell’Unione il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. Il ministro potrebbe rientrare per chiudere il lavoro sulla nota di aggiornamento al Def prima della trasmissione al Parlamento.

“Abbiamo gettato le basi per una manovra seria e coraggiosa, che guarda alla crescita nella stabilità dei conti pubblici”, scrive su Facebook il premier Giuseppe Conte. “Una manovra che vuole offrire una risposta alla povertà dilagante, ai pensionati, alle famiglie, ai risparmiatori danneggiati dalle crisi bancarie, che non taglia un euro al sociale né alla sanità. Una manovra che inizia ad abbassare le tasse e che scommette sul più grande piano di investimenti della storia repubblicana. Una manovra che segna la svolta per il rilancio del Paese e lo sviluppo sociale”, aggiunge.

“I soldi ci sono basta farli girare” così il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini parla a Genova delle coperture della manovra finanziaria. “Se la gente lavora, investe, spende la gente compra e paga le tasse; lo Stato incassa di più e il debito diminuisce”.

Il punto non è sforare in termini di deficit, il punto è spiegare lo sfioramento se lo sforamento comporta più crescita e più occupazione per il Paese, cosa che renderebbe sostenibile la manovra per ridurre il debito e per incrementare crescita e occupazione – dice il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, chiarendo a Radio Capital la sua posizione su Def e reazione dei mercati – Questo è il messaggio: se lo è spiegatelo caro Governo, se non lo è correte ai ripari e modificate la vostra linea di azione perché se fosse solo ricorso al deficit per fare i punti che sono oggetto dei fini di Governo, quindi incremento del debito pubblico, né il mercato ci farà uno sconto né l’Europa”. Il ministro Giovanni Tria “in linea teorica dice cose condivisibili bisogna però entrare nel merito dei provvedimenti. Quanto in termini di risorse questa manovra prevede per per la crescita, con quali provvedimenti? Quale è il quantum delle risorse legato allo sviluppo ed alla crescita?”




Pubblica amministrazione: debiti pari al 3% del prodotto interno lordo

Sul fronte debiti altri dati negativi per il nostro paese. Sul lavoro, oltre i vari lanci pubblicitari dei singoli politici, rimane preoccupante la piaga della disoccupazione giovanile e non. Rimane impossibile uscire da una crisi economica di queste proporzioni quando non si vuole e non si riesce per mancanza di uomini e idee a fare risollevare il bel paese. “L’Italia ha il record negativo in Europa per il maggiore debito commerciale della Pa verso le imprese fornitrici di beni e servizi, pari a 3 punti di Pil, vale a dire il doppio rispetto alla media Ue dell’1,4% del Pil. E nonostante si siano accorciati a 58 giorni i tempi medi di pagamento degli Enti pubblici, in molte aree del Paese rimangono ritardi allarmanti superiori a 100 giorni”. Lo sostiene una analisi di Confartigianato sui pagamenti nel 2016 di 6.547 amministrazioni pubbliche per una somma di 115,4 miliardi riferiti a 23,7 milioni di fatture emesse dai fornitori.

 

In generale, il 61,9% degli Enti pubblici non rispetta i termini fissati dalla legge sui tempi di pagamento in vigore dal 2013. A farsi attendere oltre i 30 giorni è il 64,8% dei Comuni e il 54,5% degli altri Enti pubblici. Per quanto riguarda il servizio sanitario nazionale, il 46,9% degli enti non salda le fatture entro il termine dei 60 giorni stabiliti dalla legge. Sfuggono ai termini di legge anche gli Enti pubblici che gestiscono imposte e contributi: Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Equitalia, Guardia di finanza, Inps e Inail, pagano in media i loro fornitori in 50 giorni, con picchi di 91 giorni per Agenzia del Demanio e 69 giorni per la Guardia di Finanza. A livello regionale i maggiori ritardi si registrano in Molise, dove la Pa paga i propri fornitori in 107 giorni. Seguono la Calabria con 98 giorni, la Campania con 83 giorni, la Toscana con 81 giorni e il Piemonte con 80 giorni.

 

Sul fronte opposto, la regione più virtuosa è la Provincia autonoma di Bolzano dove gli Enti pubblici impiegano 36 giorni per onorare i loro debiti. Secondo posto per il Friuli Venezia Giulia con 39 giorni, seguita dalla Valle d’Aosta con 41 giorni, Lombardia con 43 giorni, Veneto e Provincia autonoma di Trento a pari merito con 47 giorni. Per quanto riguarda le province, gli imprenditori subiscono i peggiori ritardi a Catanzaro con 111 giorni di attesa. Non va meglio a Vibo Valentia dove bisogna aspettare in media 110 giorni, e a Campobasso dove gli enti pubblici pagano le fatture in 109 giorni. Seguono Benevento e Reggio Calabria con 105 giorni. In vetta alla classifica delle province in cui tutti gli Enti pubblici rispettano i termini di legge per pagare i fornitori vi sono Mantova e Sondrio, entrambe con una media di 25 giorni. Seguono Gorizia con 31 giorni, Brescia con 32 giorni, e Trieste con 33 giorni.“Nonostante i miglioramenti ottenuti anche con le continue iniziative di Confartigianato – sottolinea il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – c’è ancora molto da fare per garantire alle imprese il diritto ad essere pagate nei tempi stabiliti per legge. La soluzione è semplice e Confartigianato la indica da tempo: si tratta di applicare la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori verso la Pa”.

Marco Staffiero




PIL, trimestre 2017: lieve aumento dei consumi delle famiglie. La domanda estera è nulla

Nel secondo trimestre del 2017 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,5% nei confronti del secondo trimestre del 2016.

Sia la crescita congiunturale del PIL, sia quella tendenziale sono rimaste invariate rispetto alle stime preliminari diffuse il 16 agosto scorso.

Il secondo trimestre del 2017 ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e due in meno rispetto al secondo trimestre del 2016.

La variazione acquisita per il 2017 è pari a +1,2%.

Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna registrano aumenti, con una crescita dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dello 0,7% gli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono cresciute, rispettivamente, dello 0,7% e dello 0,6%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per 0,3 punti percentuali alla crescita del PIL (+0,2 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, +0,1 gli investimenti fissi lordi e contributo nullo della spesa della Pubblica Amministrazione, PA). Anche la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del PIL (+0,1 punti percentuali), mentre il contributo della domanda estera netta è risultato nullo.

Si registrano andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto dell’industria (+0,6%) e dei servizi (+0,4%), mentre il valore aggiunto dell’agricoltura è diminuito del 2,2%.

Il prossimo 3 ottobre l’Istat diffonderà le nuove serie dei conti economici trimestrali coerenti con la revisione dei conti economici annuali che verrà pubblicata il 22 settembre e che riguarderà essenzialmente le stime annuali relative al 2015 e 2016.




Pil, l'Istat rivede la crescita del 2015: è più bassa del previsto

Pao. Canz.

L'Istat ha reso noto a marzo che il PIL italiano ha subito nel 2015 un lieve rialzo dello 0,7%. Nel 2014 era cresciuto dello 0,1% con una revisione al rialzo di 0,4 punti percentuali rispetto alla lieve diminuizione di 0,3 stimata a marzo. Un risultato poco meno inferiore della stima prevista dell'0,8%. Ci si attendevano risultati al rialzo più incoraggianti e il tanto agoniato raggiungimento dell'1% richiese una accellerazione e una volontà non da poco conto. I dati pubblicati sono incoraggianti ma sembra che il Pil arranchi e subisca in modo pesante la morsa  delle banche. Scendendo nei dettagli, nel comparto industriale l'Istat calcola che gli investimenti fissi lordi sono cresicuti nel 2015 dell'1,3% grazie ad incrementi del 18,2% delle attrezzature e delle macchine e all'0,8% dei prodotti di proprietà intellettuale e una lieve scesa degli investimenti in costruzioni dello 0,4%. Il settore terziario registra invece una revisione al rialzo pari a 0,5 punti percentuali riguardanti sopratutto attività scentifiche, professionali, amministrative e tecniche che hanno raggiunto + 1,3% punti percentuale contro + 1,2 punti percentuale relativi ai servizi di comunicazione e informazione. Le attività assicurative e finanziarie + 1,2 punti mentre solo le attività immobiliari tendono al basso con un -0,7 punti percentuale. Riguardo le società non finanziarie, la quota di profitto è pari al 41% mentre il tasso di investimento al 19,3%. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato un aumento di crescita dello 0,9% sia in termini di potere d'acquisto che in valore nominale. I consumi nazionali aumentano dell'1,0% e le esportazioni di beni e servizi del 4,3%. In agricoltura, silvicoltura e pesca umenta il valore aggiunto del 3,7%. Palazzo Chigi tira un sospiro di sollievo nel constatare che da i conti economici nazionali pubblicati dall'Istat la pressione fiscale del 2015 sia rimasta invariata assestandosi al 43,4% cioè non ha subito variazioni dal 2014 rettificando e correggendo le stime di aprile scorso pari a 43,5% per il 2015 e a 43,6% per il 2014.




PIL, SECONDO L'ISTAT L'ITALIA TORNA A CRESCERE MA LA DISOCCUPAZIONE RESTA

Redazione
 
Roma – Da una parte il Pil che cresce e dall'altra dati davvero scoraggianti per quanto riguarda la disoccupazione. Ma ogni occasione è buona per esultare. E il premier lo fa con un post su Fb
 
 
 

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Avviso: post urticante per gufi e talk.La verità, vi prego, sui numeri.Dopo mesi di editoriali, chiacchiere,…

Pubblicato da Matteo Renzi su Martedì 1 marzo 2016

 

L’Istat ha reso noto che il PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano, è aumentato dello 0,8% nell’anno 2015. Una prima stima resa nota a metà febbraio, riportava il Pil a +0,7%. Invece la previsione nella nota al Def, risalente al mese di settembre, indicava il rapporto deficit/Pil a +0,9%. Nel 2015 è stato del 2,6%, dopo che nel 2014 ha raggiunto il 3%. Nel 2015 il debito italiano ha raggiunto il 132,6%, il massimo raggiunto dal 1995. Nella nota di Previsione del Governo –DEF- era superiore rispetto a quello definitivo, ovvero 132,8%. Nel 2015 il debito ha raggiunto circa 2.170 miliardi di euro. Scende anche la pressione fiscale e arriva a toccare il 43%, il livello più basso dal 2011, quando aveva raggiunto il 41,6%. Vi è anche un aumento degli investimenti lordi in Italia, che aumentano dello 0,8%, un rialzo che arriva dopo 8 anni, precisamente dal 2007. Ma l’Istat ha rivelato anche dati importanti che riguardano la disoccupazione, che nel mese di gennaio si aggirava attorno all’11,5%, invariato da agosto. Secondo l’Istat vi è una diminuzione dello 0,4% degli inattivi che vanno dai 15 ai 64 anni. Il calo sarebbe determinato dalla componente femminile che si aggira attorno ad una fascia d’età compresa tra i 50 e i 64 anni. Quindi il tasso degli inattivi scende al 35,7%, contemporaneamente vi è una crescita degli occupanti, che raggiungono lo 0,3%. Crescita determinata dai dipendenti permanenti. L’occupazione raggiunge il 56,8% e vi è una crescita, rispetto al mese precedente, dello 0,1 punti percentuali, su base annua invece gli occupati crescono dell’1,3%, i disoccupati raggiungono il -5,4% e gli inattivi invece -1,7%. Vi è inoltre un calo degli inattivi che riguarda il periodo novembre-gennaio ed è pari a -0,3% e vi è un incremento di disoccupati di +0,3% ma una un aumento degli occupati. Sta realmente cambiando qualcosa?




PIL SPESA ALIMENTARE: CROLLA IL CONSUMO DI PASTA

Redazione

A trascinare verso il basso il prodotto interno lordo (PIL) è il crollo dei consumi che prosegue all’inizio del 2014 ed è stato pari ad oltre il 2 per cento per gli acquisti alimentari con punte, in valore, del 4 per cento per la verdura e del 5 per cento per la pasta, che rappresentano componenti di base della dieta delle famiglie secondo l’Ismea. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati Istat sull’andamento del Pil nel primo trimestre del 2014 nell’evidenziare che l’unico segnale positivo è, nonostante tutto, l’aumento congiunturale dell’agricoltura. A causa della crisi, i consumi alimentari degli italiani sono scesi sui valori minimi dagli anni ottanta con la spesa alimentare per abitante che era sempre stata tendenzialmente in crescita dal dopoguerra, fino a raggiungere l’importo massimo nel 2006 per poi crollare da allora, progressivamente ed in misura crescente ogni anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat sui consumi finali delle famiglie a valori concatenati. Una leggera inversione di tendenza positiva è attesa per il 2014 perché – conclude la Coldiretti – sarà proprio la spesa alimentare, che rappresenta la seconda voce dei budget familiari, a beneficiare maggiormente del bonus di 80 euro al mese per alcune categorie di lavoratori dipendenti, disoccupati e cassintegrati che destinano una quota rilevante del proprio reddito all’acquisto del cibo.