Pier Paolo Pasolini, l’impegno civile costante a favore della società dei deboli

Ricordo, con mio figlio sulle spalle, in mezzo a grande folla, a Campo dé Fiori, allorché in un freddo pomeriggio di novembre del 1975 Alberto Moravia, a Roma, diede palese sfogo al  suo dolore per l’ignominia dell’assassinio di Pier Paolo Pasolini: “i poeti sono materiale raro, ne affiora uno ogni secolo”:  i presenti commossi e addolorati, il grande scrittore in visibile turbamento, ai piedi del monumento di Giordano Bruno. Quale fatale coincidenza: Giordano Bruno e Pier Paolo Pasolini, due autentici e  genuini martiri della libertà  e del libero pensiero, due miti e umili e dolci  creature, messi a morte dalla violenza ed arroganza e fondamentalismo  del potere, non uso alla convivenza con la  qualità non comune di siffatti  personaggi, infastidito  anzi mortalmente ostile alle loro parole e attestazioni.  Infatti PPP fu vittima non del miserabile giovincello che era con lui bensì come ripetutamente  affermato e sostenuto pur se non provato né tantomeno approfondito e indagato, del potere occulto  di quel momento  storico sulla scena del Paese, potere intriso di viltà e di ipocrisia e, nel complesso, di  bieca ignoranza. Anche Giordano Bruno, secoli prima, arso vivo dalle gerarchie perché non aveva  voluto rinnegare le proprie idee e pensieri di fronte all’arroganza delittuosa e pochezza morale nonché ferocia del potere clericale imperante.

Non vogliamo ricordare di Pier Paolo Pasolini il suo impegno di poeta o quello di significativo e rivoluzionario cineasta, di artista pittore, di indagatore e protettore dei deboli delle borgate  romane, o quello di giornalista  e divulgatore e nemmeno della sua figura di poeta e di grande scrittore o della sua professione di fede per  Marx e per Cristo: il suo contributo impagabile va individuato e messo in evidenza nell’impegno civile costante a favore della società dei deboli. I grandi nemici invisibili e perciò ancora più micidiali, sono il capitalismo e la globalizzazione che  non tenuti sotto intelligente e severo controllo dal potere politico, hanno devastato  e stanno continuando a  devastare la società  dovunque nel mondo, rendendo l’uomo schiavo, solo un consumatore di beni quasi tutti inutili, preda e succube completo del mercato e in generale, ecco la disgrazia,  non dispone di antidoti e di difese culturali e morali atti a tutelarlo e perciò  progressivamente subisce le conseguenze che il capitalismo mondiale persegue e ambisce: precarietà, paghe basse, delocalizzazioni, cementificazione selvaggia e criminale del Paese, la corruzione generalizzata, privilegi inauditi di certe categorie, la proletarizzazione della comunità, al fine di ingrassare le proprie attività e accrescere i profitti. Ed è in tale specifico contesto  di autentico pur se non consapevole vero e proprio ‘genocidio’ dell’uomo da parte del sistema capitalistico  e finanziario che Pier Paolo Pasolini spiattella e appalesa i soli veri colpevoli imperdonabili del disastro sociale cui si è pervenuti essendo venuti meno o non effettivi, i rimedi  e le difese che al contrario sarebbero stati obbligati istituzionalmente a fornire la scuola prima di tutti e la televisione e poi la classe politica specificatamente democristiana, “il nulla ideologico mafioso”, detentrice da sempre del potere  e, non per ultima, la più ‘pericolosa’ e micidiale di tutti, la giustizia/ingiustizia che condanna i deboli e protegge i potenti. Nessuno prima di lui e dopo di lui ha avuto il coraggio civile e la libertà assoluta di coscienza,  sulla propria pelle e a proprie spese, di evidenziare  senza mezzi termini lo stato dei fatti dell’Italia, mettendone in luce  ripetutamente i tanti mali:  tale suo impegno solitario è stato possibile portarlo alla conoscenza del pubblico italiano grazie alla sensibilità e disponibilità di alcuni giornali, specie il Corriere della Sera dell’epoca e il Mondo.  E’ vero, altri sensibili scrittori e giornalisti non  hanno fatto mancare le loro denunce, come Antonio Cederna in particolare con riferimento agli abusi edilizi, ma nessuno con la forza e la costanza e soprattutto la profondità e la chiarezza storica di Pier Paolo Pasolini. Il concetto chiarificatore come nessun altro, atto a  descrivere il consumismo e i suoi effetti deleteri, si chiama   “omologazione antropologica”, espressione scientifica da lui coniata, non consente di aggiungere niente altro al già espresso concetto di “genocidio”  della gente: la società si è uniformata al basso, si è ‘borghesizzata’ perché anche la borghesia ha perso il suo spazio tradizionale: ora bassi e alti si incontrano, sono ‘omologhi’!

La scuola diventa produttiva di realtà sociale generalizzata e costruttiva, se guarda in faccia gli scolari seduti sui banchi e ne interpreta uno per uno, i sogni e le necessità vere e non solo e esclusivamente ‘t’amo pio bove’. La televisione come strutturata, vuota, formale, tutta apparenza, parolaia, retorica e patetica, falsa,  è solo veleno continuo per la comunità,  perciò va eliminata,  finché non si rigenera.

L’analisi della società italiana è stata portata avanti col massimo approfondimento e coraggio  e in merito ricordo in particolare, per gli interessati, due libri che contengono i suoi famosi editoriali  “Lettere luterane” e “Scritti corsari”: sono questi interventi giornalistici che qui hanno la preponderanza, ma peso concettuale e insegnamenti  di gran lunga superiori sono  da rinvenire nei suoi romanzi, nei suoi films, e ancora di più  nei suoi libri di poesie.

Quanto in particolare, a mio avviso,  urtò e anche spaventò la classse politica e il potere furono gli ultimi suoi interventi sulla stampa allorché iniziò a  proporre anzi a propugnare  che il ‘palazzo’  -altra sua espressione per indicare il potere-  venisse messo sotto pubblico processo, che un ‘processo’   agli uomini politici dell’epoca, citati  per nomi, venisse celebrato davanti agli italiani.  Qui ci arrestiamo, nella commemorazione.  




2 novembre 1975, all’idroscalo di Ostia viene ucciso Pier Paolo Pasolini

Sono passati 45 anni da quel 2 novembre 1975, nel quale all’idroscalo di Ostia, è stato ucciso Pier Paolo Pasolini.

Fra le iniziative per rendere omaggio al poeta e regista c’è il debutto del documentario: In un futuro aprile – Il giovane Pasolini di Francesco Costabile e Federico Savonitto, distribuito online dalla Tucker Film puntando sul circuito digitale dei cinema italiani di qualità. www.iorestoinsala.it, che lo renderà disponibile nelle programmazioni virtuali di 50 sale italiane.

L’appuntamento è fissato per lunedì 2 novembre e la visione sarà introdotta, alle 20.30, dai due registi, collegati in live streaming via Zoom e intervistati dal critico Federico Pontiggia. Il film non fiction racconta Pasolini e la sua giovinezza friulana. Assieme a Costabile e Savonitto, la ripercorre il cugino del poeta, Nico Naldini, qui nella sua ultima intervista, nella quale ricorda come “l’arrivo dei Pasolini a Casarsa all’inizio dell’estate, dopo un soggiorno al mare, era per me il momento più felice dell’anno”.

Morte di Pierpaolo Pasolini, noi sappiamo chi sono i mandanti: a.a.a. cercasi Commissione Parlamentare d’Inchiesta

Per l’anniversario, inoltre sulla piattaforma Chili Tv dal 2 novembre sarà disponibile “Pasolini prossimo nostro”, documentario diretto da Giuseppe Bertolucci (2006) che racchiude la lunga intervista del giornalista tedesco Gideon Bachmann con Pasolini, il cast e la troupe di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, sul set del film. “Il documentario (che ha debuttato nel 2006 alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia in Orizzonti Doc) – spiega il produttore Angelo Draicchio – ha la valenza di un definitivo testamento intellettuale” Infine, tra le altre iniziative, quella del che il 2 di novembre alle 18 proporrà in live streaming dal palcoscenico del teatro a platea vuota la lezione-concerto con e l’enfant prodige del violino, Clarissa Bevilacqua e il musicologo Roberto Calabretto. Insieme celebreranno la passione del cineasta per Johann Sebastian Bach con l’esecuzione della Suite BWV 1001 per violino solo, in un evento realizzato in collaborazione con il Centro Studi Pasolini di Casarsa.




Morte di Pierpaolo Pasolini, noi sappiamo chi sono i mandanti: a.a.a. cercasi Commissione Parlamentare d’Inchiesta

Pierpaolo Pasolini e Mauro De Mauro due uomini legati dalla ricerca di una verità che forse è costata la vita ad entrambi: parliamo della morte di Enrico Mattei, fondatore e presidente dell’Eni, avvenuta il 27 ottobre del 1962, quando precipitò, a seguito di un attentato, dall’aereo che lo stava riportando a Milano da Catania.

Una fine, quella di Mattei, che secondo quanto affermato dall’onorevole Oronzo Reale trova il mandante in Eugenio Cefis, ex braccio destro all’ENI di Mattei, che pochi mesi prima dell’attentato era stato costretto alle dimissioni quando il presidente dell’Eni si sarebbe reso conto che Cefis era manovrato dalla CIA.

Eugenio Cefis, secondo quanto emerso da due appunti degli ex servizi segreti italiani civili e militari scoperti dal Pm Vincenzo Calia durante la sua inchiesta sulla morte di Mattei, è stato il fondatore della Loggia P2 e l’avrebbe diretta fino ai primi anni ’80 quando scoppiò lo scandalo petroli.
Pochi giorni dopo la morte di Enrico Mattei, Cefis viene reintegrato nell’ENI come vicepresidente per poi diventarne in seguito presidente. Cefis non fu mai incriminato ufficialmente.

In tutta questa vicenda ecco intrecciarsi i tragici destini, prima di Mauro De Mauro e poi di Pierpaolo Pasolini

Il primo, De Mauro, venne rapito e fatto sparire dalla mafia “perché si era spinto troppo oltre nella sua ricerca della verità sulle ultime ore di Enrico Mattei” come si legge in una sentenza della Corte d’Assise del 2012. Tesi, quest’ultima, riferita anche dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta. Buscetta spiega che i boss mafiosi Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio furono coloro che organizzarono l’uccisione di De Mauro perchè stava indagando sulla morte del presidente dell’Eni e aveva ottime fonti all’interno di Cosa nostra.

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Il primo video servizio trasmesso a Officina Stampa del 7/11/2019

Il secondo, Piepaolo Pasolini, viene barbaramente ammazzato la notte tra il primo e il 2 novembre del 1975. In quel periodo Pasolini sta ultimando “Petrolio”, il romanzo sul Potere che la sua morte violenta gli impedì di terminare. Pasolini riprende quasi alla lettera ampi paragrafi di “Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente” un libro-verità molto documentato firmato da un fantomatico Giorgio Steimetz, che arriva in libreria nel 1972, ma subito viene fatto sparire.

Una documentata inchiesta sul potentissimo e invisibile presidente di Eni e Montedison succeduto a Enrico Mattei: Eugenio Cefis, una delle figure più inquietanti e controverse della storia repubblicana.

Nelle sue mani – ha scritto il politologo Massimo Teodori – Montedison “diviene progressivamente un vero e proprio potentato che, sfruttando le risorse imprenditoriali pubbliche, condiziona pesantemente la stampa, usa illecitamente i servizi segreti dello Stato a scopo di informazione, pratica l’intimidazione e il ricatto, compie manovre finanziarie spregiudicate oltre i limiti della legalità, corrompe politici, stabilisce alleanze con ministri, partiti e correnti”.

Nel 1974 si scoprirà che il capo dei Servizi segreti Vito Miceli – tessera P2 n.1605 – quotidianamente inoltrava informative a Eugenio Cefis, quasi che il Sid fosse la personale polizia privata di Eugenio Cefis che poteva dunque monitorare politici, industriali, giornalisti, aziende pubbliche e private. Temi brucianti, che Pasolini tratta contemporaneamente sia nel romanzo Petrolio che sulle pagine del Corriere della Sera.

Petrolio esce come opera postuma incompiuta di Pierpaolo Pasolini e in stadio frammentario nel 1992. Una delle fonti di quel romanzo, in cui pare che Pasolini avesse delle rivelazioni sul caso Mattei, era proprio questo libro, ma il capitolo in questione, “Lampi sull’Eni”, venne misteriosamente sottratto dalle carte dello scrittore.

Una trama oscura che passa attraverso il libro che Pasolini stava ultimando, Petrolio, e la sceneggiatura per un film di Rosi sul Caso Mattei a cui Mauro De Mauro lavorava. Un puzzle intricato che passa attraverso la loggia massonica P2, i servizi segreti deviati e la lotta per il potere di personaggi senza scrupoli.

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Il secondo video servizio trasmesso a Officina Stampa del 7/11/2019

E’ la mattina del 2 Novembre 1975 quando Pierpaolo Pasolini viene trovato morto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Il poeta è stato massacrato di botte e investito più volte dalla sua stessa auto, un’Alfa Romeo 2000 GT.
Ad essere accusato dell’omicidio è Pino Pelosi, un ragazzo di diciassette anni arrestato dalle forze dell’ordine dopo essere stato fermato la notte stessa alla guida dell’auto del Pasolini.

Pelosi confessa di aver ucciso Pasolini perchè quest’ultimo voleva avere un rapporto sessuale non consensuale. Avrebbe quindi ferito Pasolini, per legittima difesa, con una mazza per poi finirlo passandoci sopra più volte con l’auto del poeta.
La ricostruzione di Pelosi, come accertato da autorevoli testimonianze esterne e pareri della magistratura, appare fin da subito distorta. Gli abiti del ragazzo non presentano tracce di sangue ed è ampiamente improbabile che un uomo della stazza di Pasolini non sia riuscito a difendersi contro un ragazzino.
La sentenza di primo grado a carico di Pelosi lo condanna quindi per omicidio volontario in concorso con ignoti. Ma chi erano questi ignoti?

A sorpresa, nel 2005, Pelosi ritratta e dopo esattamente 30anni, dichiara di non essere stato solo quella tragica notte.

La novità sostanziale che emerge dal racconto di Pelosi è che con lui non c’era una banda di ragazzini, ma uomini dall’accento siciliano non ben identificati, a bordo di un’auto targata Catania. Queste persone avrebbero massacrato Pasolini e il ragazzo sarebbe stato solo un capro espiatorio.
Un riscontro interessante al nuovo racconto di Pelosi è che nei giorni seguenti l’omicidio una telefonata anonima alla Polizia segnalò che la notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 una macchina targata Catania seguiva l’Alfa di Pasolini.

Nel 2016 la dottoressa Marina Baldi, nota genetista forense, su richiesta dell’avvocato Stefano Maccioni, legale della famiglia Pasolini, ha valutato la perizia tecnico-biologica effettuata nel 2013 dal RIS di Roma, contenente i risultati delle analisi genetiche sui reperti in sequestro e forniti dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma.

Ebbene, sono emersi 5 profili genetici riconducibili a 5 soggetti ignoti di cui uno che, nel momento in cui c’è stato il contatto con la vittima era ferito, con ferita recente perché perdeva sangue.

La genetista Baldi nella sua relazione ritiene che si debba tentare di eseguire nuovi test con i campioni di DNA delle persone ignote individuate sui reperti, soprattutto alla luce delle novità in campo tecnico, come la Next Generation Sequencing (NGS) con amplificazione massiva parallela, che consente analisi di pannelli di geni di dimensioni inimmaginabili fino a qualche anno fa. Una realtà in campo scientifico che permette le associazioni di alcuni assetti genetici con alcune caratteristiche fisiche, quale colore degli occhi, della pelle, dei capelli ed alcuni tratti somatici.

E’ una verità che deve essere cercata, sia dal punto di vista giudiziario che dal punto di vista scientifico.




Accadde all’Idroscalo – L’Ultima notte di Pier Paolo Pasolini: intervista esclusiva a Fabio Sanvitale

 
di Angelo Barraco
 
 
“Accadde all’Idroscalo – L’Ultima notte di Pier Paolo Pasolini” è un libro scritto da Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani che ripercorre l’omicidio di Pasolini e le dinamiche avverse che nella notte che va tra il 1 e il 2 novembre 1975 hanno portato alla brutale uccisione del celebre artista sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, Roma. Il libro verrà presentato Mercoledì 7 dicembre 2016 alle ore 16,00 presso la Sala Rubino del Palazzo dei  Congressi-Roma EUR. La morte di Pier Paolo Pasolini è ancora avvolta da una fitta cortina di dubbi e sono numerosi misteri che attanagliano da tempo giornalisti, ex investigatori dell’epoca o semplici curiosi che hanno seguito la fama e le lodi del promettente ed eclettico artista che attraverso una trasposizione visionaria della realtà ha raccontato il mondo impregnandolo sulle bobine e tergiversando su fogli ingialliti e corrosi dal tempo leggiadre note di disincanto e poesia che hanno ammaliato giovani menti e acceso la luce del sapere nella mente di chi non ha mai voluto conoscere. Ma a Ostia non si sono accese le luci del sapere ma senza esitazione e con iraconda veemenza si è scatenata sul poeta la violenza di chi ha deciso la sua fine. Il suo corpo fu trovato alle 6.30 da una donna. Pino Pelosi fu incriminato per il delitto e quella stessa notte fu fermato alla guida dell’auto di Pasolini, dichiarò agli inquirenti che quella sera fu avvicinato da Pasolini presso la Stazione Termini, precisamente al Bar Gambrinus, in Piazza dei Cinquecento, e inviato a salire in macchina dietro promessa di lauto compenso di denaro. I due avrebbero cenato presso la trattoria Biondo Tevere e poi si sarebbero diretti verso l’Idroscalo di Ostia dove Pasolini avrebbe avanzato delle richieste di natura sessuale che Pelosi non sarebbe stato però disposto a soddisfare, sarebbe poi nato un diverbio e il giovane sarebbe stato minacciato con un bastone fino a quando non se ne impossessò e lo percosse fino a lasciarlo inerme per terra. Gli abiti di Pelosi non mostravano tracce di sangue, lo stesso salì a bordo dell’autovettura di Pasolini e schiacciando l’acceleratore salì più volte con le ruote sulla cassa toracica del poeta che morì poco dopo. L’uomo venne condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti. Due settimane dopo, un’inchiesta di Oriana Fallaci su “L’Europeo” ipotizzava premeditazione e il coinvolgimento di altre due persone. Un giornalista ebbe modo di colloquiare con un giovane che dopo tante esitazioni dichiarò di aver fatto parte del gruppo che cagionò la morte del poeta. Ma la collaborazione fu solamente iniziale poiché il giovane si rifiutò di proseguire la neonata collaborazione e non fornì ulteriori informazioni dichiarando che avrebbe rischiato la vita se avesse parlato e che non il gruppo d’azione non avrebbe avuto intenzione di uccidere Pasolini. Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani hanno cercato risposte concrete alle innumerevoli domande che da anni risuonano nella mente di tutti coloro che hanno vissuto la vicenda o che la conoscono di riflesso. Hanno scritto un libro ricco di documenti inediti e che fornisce un movente dell’omicidio diverso rispetto a quello noto ai più. La scena del crimine è stata analizzata al microscopio, sono state rilette le carte da cima a fondo ed è stata offerta un’analisi dettagliata di uno dei delitti più misteriosi d’Italia. Non si tratta di un semplice racconto della vicenda ma di uno svisceramento storico avvenuto attraverso quei luoghi e quegli elementi che hanno reso l’evento in oggetto unico e caratteristico e attraverso i racconti di vecchi investigatori, testimoni dell’epoca, fascicoli mai aperti prima d’ora sono state portate alla luce le vicissitudini di un processo che trova contraddizioni concrete nelle tesi avanzate e non trova invece spiegazioni su elementi mai chiariti a fondo. Fabio e Armando raccontano quei luoghi, particolari inediti, parlano delle tante piste seguite per rendere giustizia ad un uomo che della vita voleva farne un film, ma non voleva essere lui il protagonista di quel triste epilogo. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo intervistato Fabio Sanvitale, Giornalista investigativo, scrittore ed esperto di cold cases internazionali.
 
– Accadde all’Idroscalo: come nasce il libro e da dove nasce la volontà di ripercorrere l’argomento che riguarda la morte di Pasolini? 
Abbiamo scelto di indagare nuovamente sul caso Pasolini perché era evidente a tutti che ci fossero ancora molti punti oscuri. E poi perché credevamo e crediamo che alla sua morte si debba la verità di una soluzione, anche se sono passati più di quarant’anni. Tutte le ipotesi che circolano, gli scenari, le trame, sono stati uno stimolo in più, una sfida in più che ci ha stimolato a capire come erano andate le cose.

 – Cosa è emerso di nuovo rispetto a ciò che precedentemente era noto?
 Diverse cose. abbiamo analizzato la scena del crimine come mai prima era stato fatto e questo ci ha consentito di ricostruire l’esatta dinamica di chi ha fatto cosa quella notte all’idroscalo di ostia. Abbiamo capito se gli aggressori erano andati per uccidere o no. abbiamo individuato un movente alternativo rispetto a quelli che girano oggi. Abbiamo sottratto l’esame di petrolio ai letterati e a gli studiosi per riportarlo nella logica investigativa, per capire se davvero quell’abbozzo di libro è stato o no causa della morte di pasolini. Abbiamo trovato connessioni di parentela sorprendenti tra alcuni personaggi di questa storia, che nessuno ha approfondito davvero.abbiamo esaminato a fondo le indagini svolte dal carabiniere renzo sansone nel 1976, quelle che individuarono i fratelli borsellino, al punto da poter dire chi fu il suo informatore. Abbiamo trovato documenti inediti.

– Come reputa la tesi ufficiale in merito alla morte?
 Chiaramente lacunosa. Il pregiudizio culturale ha impedito all’epoca di considerare che ci potessero essere più persone coinvolte nel delitto. Quest’ultima versione è stata superata dall’ultima inchiesta, quella del 2010-15, che è invece giunta alla conclusione che assai probabilmente c’erano altri con pino pelosi, che è quello che tutti pensavano d’altronde. Ora almeno è scritto da un giudice.
 
 – Cosa non ha funzionato nel corso delle indagini?  
Non ha funzionato, appunto, la presenza di un pregiudizio culturale nei confronti di pasolini. Omosessuale, inviso a parte delle sinistra, a tutta la destra. Pasolini si sentiva isolato e in effetti si era posto in una posizione di solitudine, con le sue idee. Lo stato l’aveva incriminato e denunciato già una trentina di volte per i reati più vari prima della sua morte: come aspettarsi che avrebbero indagato serenamente quando morì? C’era un reo confesso, c’ero uno spiazzo squallido a fare da cornice a un incontro sessuale. Tutto tornava. Tornava talmente tanto che nonostante ci fossero ottimi investigatori (capo della mobile era  Masone, questore era macera) non riuscirono a vedere che pelosi non era solo. Ogni omicidio è anche un fatto culturale e qui questo dato ha agito in maniera potentissima. Pasolini era un corpo estraneo e fu espulso dal paese con la sua morte, dopo che tante volte si era tentato di farlo in vita, con polemiche e denunce.

– Pino Pelosi è da ritenersi il solo e unico responsabile? 
Naturalmente no. sappiamo che con lui c’erano i fratelli borsellino, mentre la presenza di johnny mastini era e resta indimostrabile, come lo è il fatto che avesse bisogno di un plantare, d’altronde…
 
 – Com’era l’ambiente che frequentava Pasolini in quel periodo?
 Pasolini frequentava tutti. Intellettuali, malavitosi di piccola tacca, sbandati, gente di periferia, grandi scrittori. Di tutti era curioso, da tutti era interessato. Tanti sono stati testimoni di questo: era uno che si sporcava le mani, non un intellettuale avulso dalla società.
 
 – Com’era Ostia in quegli anni? 
Ostia era un centro che si stava sviluppando. La parte dell’idroscalo si stava ripopolando dalla fine della seconda guerra mondiale. Si trattava di lottizzazioni abusive, intendiamoci. Quando parliamo dei baraccati dell’idroscalo non dobbiamo pensare che ci abitassero, all’idroscalo! Quella notte c’era pochissima gente nelle baracche, per quasi tutte quelle erano le case al mare, quindi edifici provvisori dove si veniva d’estate. L’idroscalo era già allora anche zona di malavita. E intorno si costruivano case popolari, si cercava di bonificare, processo che si accelerò dopo l’omicidio. 
 
– Quali sono le sue considerazioni sulla vicenda? 
Credo che negli ultimi anni si sia affermata una linea complottista che non convince né me né armando palmegiani. Oggi molti scrivono di questa teoria dandola per scontata, ma vorrei vedere quanti di quelli che ne parlano sul web hanno davvero letto petrolio o questo è cefis. Si parla per dire, non tutti intendiamoci! Poi bisogna analizzare i fatti e le prove con grande attenzione e lucidità. Noi crediamo che l’ultima inchiesta abbia fatto tanto e che ancora qualcosa si possa fare. ma sono passati più di quarant’anni ed è stato perso tantissimo tempo. Una persona che potrebbe dire com’è andata c’è: è pino pelosi. Ma non lo farà mai, perché così i giornalisti continueranno a cercarlo.



PIER PAOLO PASOLINI: LA PROCURA HA CHIESTO L'ARCHIVIAZIONE DELLA NUOVA INDAGINE

Angelo Barraco

Pier Paolo Pasolini, poeta italiano ucciso il 2 novembre 1975 presso l’Idroscalo di Ostia. Sugli abiti che indossava la notte in cui è stato barbaramente ucciso sono stati individuati almeno cinque codici genetici, di cinque persone quindi, a cui però non è stato possibile dare un nome. La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione della nuova indagine che si basa sui fatti di 39 anni fa. Quest’ultima indagine che ha portato all’isolamento dei cinque profili di DNA era stata aperta dopo la denuncia presentata, nel 2010, da Guido Mazzon, un cugino del noto poeta. La richiesta di archiviazione, formulata dal procuratore aggiunto Pierfilippo Lariani e Francesco Minisci sarà presto sul tavolo del gip. Ricordiamo che l’unico condannato per la morte di Pier Paolo Pasolini rimane Giuseppe Pelosi, condannato a 9 anni e 7 mesi di reclusione. Per gli inquirenti non è stato facile svolgere questo tipo di indagine poiché non sono riusciti a collocare i dna identificati in un arco temporale. Elementi raccolti in questi anni come testimonianze che parlavano di un’aggressione ai danni di Pasolini da parte di tre persone non sono stati utili e sufficienti in questi anni a dare risposta ai mille interrogativi che girano intorno alla morte del noto poeta.




RIETI, 40 ANNI SENZA PASOLINI: A PALAZZO VECCHIARELLI LA TAVOLA ROTONDA "CI MANCHI PIER PAOLO!"

Redazione
Rieti – Il 24 Luglio dalle ore 18, a Rieti nel chiostro di Palazzo Vecchiarelli, si terrà la Tavola Rotonda dal titolo "CI MANCHI PIER PAOLO! 40 anni senza Pasolini" porterà le dirette testimonianze di esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo che hanno operato in qualche modo nell’universo pasoliniano. Sarà analizzato il suo rapporto con lo sport, con il calcio sua grande passione, e ci interrogheremo sulla possibilità di un senso del tragico nell’evento rituale che può essere una partita di pallone.

Durante questo incontro il regista Giorgio Barberio Corsetti presenterà l’articolato progetto “PIER PAOLO!”, promosso dalla Regione Lazio con il Progetto ABC Arte Bellezza Cultura e dal Comune di Rieti. L’idea di base parte dalla realizzazione di una serie di interventi e percorsi formativi, che si sviluppano nell’arco di circa due mesi, vedono coinvolti gli artisti professionisti e non dei nove Comuni de Il Cammino di Francesco, e comprendono: Laboratori di recitazione e drammaturgia per allievi attori, drammaturghi, attori non professionisti del territorio; una Tavola Rotonda, con esperti dell’opera pasoliniana; uno Spettacolo/Evento finale in forma di partita di calcio che debutterà i primi di Settembre presso lo Stadio del Rugby Fassini a Rieti, cui prenderanno parte tutti i partecipanti ai laboratori, calciatori professionisti, tifosi, appassionati giovani e anziani, artisti del territorio, ed esperti dell’opera pasoliniana.
Con i suoi scritti, le sue opere, i suoi interventi nei grandi giornali nazionali, Pasolini è attuale più che mai. Ha predetto, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, molti dei meccanismi e degli avvenimenti che la politica di allora, lo sviluppo della società e il modello culturale che si stavano imponendo, avrebbero provocato. Oggi possiamo guardare a lui come una delle voci più accorate e profonde schierate contro le ingiustizie, gli atteggiamenti corrotti e subdoli dei potenti, la deriva a cui uno sviluppo economico dissennato e la speculazione che ne conseguiva, avrebbero portato. Ma Pasolini non era solo voce, era anche corpo: quell’insieme di particelle che contiene l’anima, il cuore, la mente. E il corpo ci tiene in contatto con la terra, con il centro infuocato del mondo.

All'iniziativa interverranno: Giorgio Barberio Corsetti (regista teatro e opera), Antonio Calbi (direttore Teatro di Roma), Lucy De Crescenzo (produttrice del film “Pasolini” di Abel Ferrara), Roberto Rustioni (regista e attore), Roberta Nicolai (registae operatrice culturale), Agostino Raff (curatore incontri "Poeti a L'Isola del Cinema"). Modera: Marco Spagnoli (critico cinematografico e Direttore del 'Giornale dello Spettacolo').