Salvatore Parolisi degradato da caporal maggiore: intervista all'avvocato della famiglia di Melania Rea

di Angelo Barraco
 
PERUGIA – Salvatore Parolisi è stato degradato da caporal maggiore dell’Esercito. La Corte di Appello di Perugia ha accolto la richiesta della Procura generale in merito all’applicazione della pena accessoria prevista dalla sentenza definitiva di condanna per l’omicidio della moglie Melania Rea, per il quale l’uomo  sta scontando 20 anni di reclusione. E’ stato inoltre trasferito dal carcere militare di Santa Maria Capua Vetere a quello di Bollate e si apprende inoltre che consequenzialmente al provvedimento perderà lo status di militare e verrà interdetto dai pubblici uffici. Salvatore Parolisi aveva annunciato che il 3 ottobre avrebbe presenziato in Tribunale dei minori a Napoli per un’udienza che riguardava un’istanza attraverso il quale chiedeva di poter vedere la figlia Vittoria. Una vicenda giudiziaria complessa quella di Salvatore Parolisi poiché la divisa da lui indossata con orgoglio e che rappresentava il nostro paese, la nostra sicurezza e la nostra patria, si è sporcata dell’indelebile sangue di una giovane vita spezzata per sempre, il sangue di Melania Rea. Moglie dell’ex caporalmaggiore, di 29 anni scomparsa misteriosamente il 18 aprile del 2011 e rinvenuta cadavere in data 20 aprile dello stesso anno nel boschetto delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto, a seguito di una telefonata anonima intorno alle 14.40/15.00 che informa le forze dell’ordine della presenza del corpo della donna. Un corpo martoriato da ferite da arma da taglio e una siringa  infilzata per fare emergere uno scenario legato al mondo della droga e una probabile rapina finita male. In realtà la donna è stata aggredita alle spalle e colpita con 35 coltellate. Le manette ai polsi del marito si chiusero il 19 luglio del 2011. La Cassazione ha respinto un nuovo ricorso della difesa per la concessione delle attenuanti generiche ed è stata confermata la condanna a 20 anni per l’ex caporalmaggiore. I giudici hanno stabilito che la donna è stata uccisa in un impeto d’ira ed è stata escluso l’aggravante della crudeltà. Era stata chiesta una pena di 30 anni, il 27 maggio scorso il collegio di Perugia ha ridotto la condanna a 20 anni senza riconoscere le attenuanti generiche. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo intervistato in esclusiva l’Avvocato Mauro Gionni, legale della famiglia Rea che ha parlato con noi delle ultime novità che riguardano Salvatore Parolisi.
 
-E’ stato avviato su Parolisi un provvedimento che lo porterà alla perdita del suo status di militare: come avete reagito a questa notizia?
Noi abbiamo scritto al Ministro per provocare questa cosa. Diciamo che era inconcepibile che lui mantenesse uno stato in qualità di condannato con una detenzione diversa da quella dei cittadini normali quindi abbiamo sollecitato questa cosa.
 
– Come reputate la pena inflitta a Parolisi?
Noi ritenevamo che l’aggravante della crudeltà ci fosse, la Cassazione ha ritenuto di no e questo sposta ovviamente il reato nei termini di pena in cui sono stati inflitti non tanto per il fatto delle coltellate ovviamente per le quali effettivamente ci vuole la finalità al di là dell’omicidio ma la crudeltà determinata dalla consapevolezza in capo alla madre della presenza sul luogo della figlia quindi anche la crudeltà di ordine morale non solo fisica. Però la Cassazione così ha deciso. 
 
– La famiglia Rea come vive questa situazione?
Questo dovreste chiederlo a loro, cioè non saprei rispondere a questa domanda, nel senso che non so perché io sto qui ad Ascoli. Hanno la bambina a casa, hanno questa impegnativa che richiede un impegno costante sotto mille punti di vista insomma non è facile.
 
– Parolisi si è sempre professato innocente, ha sempre detto di essere innocente. Come reputa questa sua esposizione mediatica?
Sono scelte di posizioni che non ci riguardano, che non mi riguardano. Ciò che ha scelto di fare lo ha scelto quando lo ha fatto, anche mi pare prima dell’intervento degli avvocati, quindi insomma è un problema odierno difficile da affrontare con due parole d’intervista l’esposizione mediatica dei procedimenti penali e dei delitti. Sicuramente quelle cose che ha dichiarate sono state utilizzate.
 
– Quindi hanno avuto un peso…
Bhè certo, le dichiarazioni che gli imputati rendono anche al di fuori del processo prima sono tutte utilizzabili. Non è che vengono costretti, sono escluse che dichiarazioni che l’imputato rende se poi diventa imputato davanti ai Carabinieri, davanti alla Polizia Giudiziaria cioè in luoghi nei quali ci può essere l’idea che qualcuno possa indurlo a dire cose che non vuole, ma la regola non vale per chi va in televisione spontaneamente e va a raccontare una modalità di un fatto senza che qualcuno lo abbia costretto ad andarci. Quindi in questo caso per esempio sono state utilizzate le sue dichiarazioni, le sue ricostruzioni, anche quelle fatte nelle varie sedi televisive e nelle varie sedi giornalistiche.




OMICIDIO MELANIA REA: CONFERMATI 20 ANNI AL MARITO PAROLISI

di Chiara Rai

Alle sue sceneggiate in tv ci abbiamo creduto in pochi, ma lui ha continuato a professare la sua innocenza nonostante tutte le prove volgessero a suo sfavore. Confermata dalla Cassazione la condanna a venti anni per Salvatore Parolisi, il militare che ha ucciso la moglie Melania in un bosco del teramano dove la donna era scomparsa l'11 aprile del 2011. Il ricorso di Parolisi contro la condanna ridotta nell'appello bis è stato "rigettato", come aveva chiesto stamani la procura della Cassazione. Dunque è stato convalidato quanto deciso dalla Corte di Assise di Perugia, nel secondo processo d'appello, con la sentenza emessa il 27 maggio 2015, che ora è definitiva.

Era il 18 aprile 2011 quando Melania Rea, 29 anni, scomparve sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dove era andata per trascorrere qualche ora all'aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla loro bambina di 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, l'unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l'ha mai vista entrare. È lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l'allarme: Parolisi chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il corpo della donna viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo. L'autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un'altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno più segnali. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L'avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno 2012, a più di due mesi dall'omicidio della moglie Melania. L'arresto arriva invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era creata con l'amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verrà confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l'ordinanza del Tribunale del Riesame dell'Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo del 2012 dal giudice Marina Tommolini, Parolisi viene condannato all'ergastolo il 26 ottobre del 2012. Il caporalmaggiore dell'Esercito viene condannato al massimo della pena, con isolamento diurno, per l'omicidio della moglie dal gup Marina Tommolini. A Parolisi il Gup commina anche tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potestà genitoriale, stabilendo inoltre il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e di 500mila euro per i genitori di Melania. Il 30 settembre 2013 arriva la sentenza di secondo grado: Parolisi viene condannato a 30 anni dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila per l'omicidio della moglie Melania Rea. Nel ricorso presentato dai suoi legali Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, insieme anche al noto penalista Titta Madia, la difesa di Parolisi chiede alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza di condanna. Il 10 febbraio 2015 la Cassazione annulla l'aggravante della crudeltà nei confronti di Salvatore Parolisi.




MELANIA REA: I SEGNI SULLE GAMBE DI MELANIA NON SAREBBERO RICONDUCIBILI A PAROLISI

Redazione

Teramo – E se Salvatore Parolisi non fosse coinvolto nell'omicidio della moglie. Questo dubbio comincia ad affiorare con ancora più decisione in quanto gli indizi che avrebbe dovuto incastrare Parolisi, in realtà mancano. Dopo l’impronta di scarpa, un’altra traccia potrebbe scagionare Salvatore Parolisi, accusato del delitto della moglie Melania Rea. I segni lasciati sulle gambe della povera Melania qualificati dalla perizia come "striature a linee parallele da sovrapposizione" "con alta probabilità non sono riconducibili alla cerniera del giacchetto indossato dalla stessa – sostiene uno dei due legali difensore di Parolisi, Nicodemo Gentile. Lo rileva la prima consulenza effettuata al riguardo dall’ingegner Reale – il solo ad aver effettuato le misurazioni tecniche – che ha escluso che i segni da contatto sulla cute di Melania corrispondano, contrariamente a quanto rilevato nella sentenza di appello, alla zip dell’indumento della donna.  Tali segni, che, da subito, anche gli investigatori hanno interpretato quali tracce probabilmente lasciate dalla manica della maglia o del maglioncino imbrattato di sangue dell’offender, rappresentano la firma dell’assassino (che per la difesa non è il marito di Melania) poichè Parolisi, come risulta da più elementi, testimoniali e di fatto, non ha mai cambiato gli indumenti, in quanto, nel pomeriggio del 18 aprile 2011, è uscito da casa in maniche corte e pantaloncini e così è rimasto fino alla sera. Siamo di fronte ad un ulteriore indizio di innocenza – prosegue l’avvocato Gentile – poiché questo dato tecnico rafforza ancora l’evidenza di una scena criminis che straripa di segni e tracce che non appartengono a Salvatore Parolisi, ma a soggetti che, ad oggi, rimangono ignoti". Questo ulteriore elemento (dopo quello per cui l’impronta di scarpa isolata alla base del chiosco situato alle Casermette di Civitella del Tronto (Teramo) nei pressi del quale venne ritrovato il corpo senza vita di Melania uccisa con 35 coltellate, corrisponde ad un numero non superiore al 40 mentre Parolisi calza il 43) supererebbe i rilievi dellaCorte di secondo grado, aprendo a scenari diversi. La difesa ha chiesto alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza appello anche sotto questo profilo. Parolisi in Appello è stato condannato a 30 anni per il delitto di Ripe di Civitella mentre in primo grado dal gup di Teramo venne condannato all’ergastolo. Il 10 febbraio la Suprema Corte si pronuncerà.E staremo a vedere quali altri scenari si potrebbero aprire.